Due esperienze in ambienti diversi

Missionario per l'India


Una partenza nella luce della Pasqua

Verso la metà di gennaio del 1842, padre de Brésillac riceve la nomina per il vicariato della Costa del Coromandel, con sede a Pondicherry, nel sud dell'India. Insieme con lui, vi è il padre Triboulot che sarà suo compagno di viaggio.
Per marzo, si annuncia la partenza da Nantes di una nave che può condurli a destinazione. Le settimane che restano trascorrono nello studio dell'inglese e negli ultimi preparativi. La partenza da Parigi è per il lunedì di Pasqua. I giorni di quella Settimana Santa sono particolarmente importanti per la preparazione spirituale che i due missionari vogliono dare alla loro partenza. Non è l'uso comune, ma i due partenti vogliono prepararsi con alcuni giorni di ritiro.
Ascoltiamo quali sono i sentimenti e le indicazioni che padre Melchior offre di tale esperienza, scrivendo nei suoi “Souvenirs”:
“Senza di Te, o Signore, non saprei progredire di un passo nella via che mi è aperta e nella quale desidero entrare con un passo fermo e coraggioso, appoggiandomi all'onnipotenza del tuo braccio. Tutto per Te o mio Dio!!! E' la tua opera!”. Il giorno di Pasqua, vigilia della partenza, alla fine del ritiro, egli scrive: Questo è il giorno che il Signore ha fatto. Esultiamo e rallegriamoci in esso. Questo ritiro è stato buono. Il Signore, mi sembra, ha diffuso su di noi le sue benedizioni…O Dio! Fa che io sia un missionario secondo il tuo cuore. Da oggi posso darmi il dolce nome di missionario. Alleluia. E' proprio oggi il giorno della nostra Pasqua, il “giorno del passaggio”. Noi stiamo per passare dall'Europa all'Asia.! Voglia Iddio che ciò sia per la sua gloria! Ecco le risoluzioni speciali che ho formulato alla fine di questo ritiro.

1. Essere missionario dal profondo del cuore.
2. Non trascurare nulla per far progredire l'opera di Dio.
3. Cogliere tutte le occasioni per predicare la santa Parola.
4. Infine, ed è qui che imploro soprattutto la tua benedizione, o mio Dio, usare tutti i miei mezzi, tutte le mie forze, tutto il mio ingegno per contribuire alla formazione di un clero indigeno(SDM, 78).

Queste risoluzioni, se sono la sintesi di un cammino di seria preparazione, costituiscono anche il punto di partenza che orienterà il procedere del nostro missionario nel paese dove è inviato. Esse ci aiutano a situare e a capire nel modo migliore la sua esperienza spirituale e missionaria.
Il 28 marzo 1842 padre de Brésillac, insieme al confratello padre Triboulot, lascia Parigi per imbarcarsi a Nantes per l'India.

Cenni storici sulla missione in India

La missione in India, che padre Melchior si accinge ad intraprendere, ha una storia e una situazione che ci è utile considerare, anche se molto rapidamente.
Nei tempi moderni l'attività missionaria in India conosce un notevole sviluppo a cominciare dal secolo XVI con l'arrivo dei missionari gesuiti e francescani.
I missionari più noti di quell'epoca sono san Francesco Saverio e Roberto de Nobili, entrambi Gesuiti. San Francesco, giunto a Goa, nel 1542, si dedica specialmente ai Paravers, pescatori di perle, di lingua tamil, che si trovano nel sud dell'India, regione da lui visitata nelle località più importanti.
Roberto de Nobili, giunge a Madurai nel 1606. Si rende conto che la missione cristiana non progredisce. Allora cerca i modi pratici per farsi accettare meglio dagli Indiani. Si mette a vivere in mezzo alla gente, assumendo i connotati di un “sannyasi”, uno dei molti saggi austeri che popolano il paese. Studia la lingua tamil e il sanscrito, considerato come la lingua sacra degli Indiani. Cerca anche di adattare alcuni riti liturgici cristiani alla cultura locale. Il suo comportamento favorisce le conversioni, ma provoca reazioni negative di altri missionari gesuiti. Egli si spiega e ottiene l'approvazione dei suoi superiori e dello stesso papa Gregorio XV nel 1623.

Il conflitto dei riti

Altri missionari giungono in India. I Cappuccini si oppongono alle aperture esistenti verso la cultura locale, vi vedono confusione e pericolo di superstizione. Denunciano all'autorità pontificia quelli che ritengono degli abusi. Il papa Clemente XI invia Mons. de Tournon come Legato in India per un'inchiesta approfondita. Essa si conclude, nel 1704, con la condanna della prassi seguita in genere dai Gesuiti.
Occorre tenere presente che in India ci si trovava di fronte alla difficoltà inerente alla divisione della popolazione secondo le caste, con molte implicazioni teoriche e pratiche nella vita della gente. Vi erano anche quelli che non appartenevano a nessuna casta, i “paria”: ogni contatto con loro da parte degli altri faceva contrarre l'impurità legale.
Sul piano missionario, ci si chiedeva: un indiano, per diventare cristiano, doveva abbandonare la propria casta? I missionari potevano svolgere il loro ministero sia con gli appartenenti alle caste che con i senza casta?
Per quanto concerne i riti, il problema era quello di vedere se era possibile, senza cadere nella superstizione, adattare le cerimonie cristiane alle usanze indiane. Inoltre ci si chiedeva: gli Indiani, diventati cristiani, potevano continuare a partecipare alle feste tradizionali? Alcune di esse erano chiaramente espressione d'idolatria, altre rivestivano piuttosto un carattere sociale. Il problema cruciale era quello di distinguere con sicurezza quali pratiche tradizionali i cristiani potevano mantenere senza danneggiare la propria fede.
Questa controversia, chiamata dei riti malabarici, dura a lungo e causa gravi conseguenze negative alla missione cristiana. Ci sono, infatti, alcuni che difendono una linea rigida, volendo proteggere la purezza della fede e altri che sono favorevoli ad una tolleranza che permetta l'apertura alla cultura locale.
Tra i missionari esistono dubbi talvolta angosciosi. Si ricorre varie volte all'autorità pontificia. Sono promulgati nel tempo vari documenti vaticani. Il loro insieme non è sempre lineare. Si permette di agire in coscienza per il bene delle anime e la più grande gloria di Dio (Clemente XI). Si attenuano alcuni aspetti della condanna proferita da Mons. de Tournon (Clemente XII, 1734). Si esige obbedienza assoluta con la minaccia di sanzioni gravi per i missionari (Clemente XII, 1739). S'interdicono tutte le cerimonie chiamate superstiziose e s'impone ad ogni missionario che giunge in India di fare il giuramento di obbedienza e di fedeltà al decreto del papa (Benedetto XIV, 1744). Ciò affinché i missionari abbiano lo stesso comportamento in materia.
E' in questa situazione che, nella seconda metà del XVIII secolo, giungono in India i missionari delle Missioni Estere di Parigi. Un'altra difficoltà si aggiunge poco dopo, quella che passa con il nome di scisma di Goa. Essa fu il prodotto del conflitto tra il Portogallo, che voleva mantenere gli antichi diritti inerenti al “Patronato” di quella missione, e la S. Sede che voleva invece gestirla secondo le sue giuste esigenze.
Tale conflitto si manifestò soprattutto in occasione della nomina del vescovo di Goa e nella creazione di alcuni vicariati apostolici nel sud dell'India.

L'arrivo e lo stage a Pondicherry

Padre de Brésillac giunge a Pondicherry il 24 luglio 1842, dopo un viaggio di tre mesi e mezzo. Vicario apostolico è Mons. Clement Bonnand, una personalità importante nel panorama missionario di quel paese, un vescovo di grandi capacità e virtù che lascerà il segno anche nella vicenda indiana di padre de Brésillac.
Il nuovo arrivato trascorre alcuni mesi nella sede del vicariato. Si mette allo studio della lingua tamil. Cerca di conoscere la gente, le sue usanze, e di fare il confronto con quanto aveva studiato a Parigi. Si rende conto che i missionari sono meno amati di quello che egli pensava. La complessità e lo stato di conflitto della situazione missionaria cui abbiamo accennato lasciano molti segni. Egli è spinto dal suo cuore ad essere tollerante, mentre esercita il primo ministero nei villaggi attorno alla città di Pondicherry.
L'aspetto che colpisce maggiormente padre de Brésillac, durante il suo stage, è l'accorgersi concretamente di ciò che significa la divisione della popolazione in caste. Esistono suddivisioni in ognuna di esse. C'è l'impossibilità per un individuo di passare da una casta all'altra. I matrimoni si contraggono obbligatoriamente all'interno di ogni casta. Ogni persona colpevole di una grave mancanza ha il terrore di essere cacciata dalla propria casta. Nelle chiese vi sono settori ben distinti per i cristiani appartenenti alle caste e i paria, quelli senza casta. Parecchi cristiani appartenenti alle caste evitano i missionari perché hanno a loro servizio dei paria, quelli il cui contatto rende impuri.
Molto legato alla propria diocesi di Carcassonne e al suo seminario, padre de Brésillac sviluppa anche un dialogo epistolare con i seminaristi che dura per un certo tempo. E' molto interessato a far conoscere la sua esperienza, arrivando in India. Egli sente come un dovere quella che, oggi, noi chiamiamo l'animazione missionaria della propria Chiesa d'origine.
Scrive ai giovani del seminario, con fine diplomazia: “I vostri rispettabili formatori non mancheranno di dirvi come l'opera delle missioni è anche la vostra, come essa è l'opera di tutti i preti, come tutti possono concorrere attivamente ai suoi successi e così aver parte ai meriti che essa procura, anche se non tutti sono chiamati alla grazia di essere missionari”(SDM, 155).