IL VESCOVO MISSIONARIO

Una nomina inaspettata(1845)

Il Sinodo di Pondicherry del 1844 aveva anche deciso di domandare all'autorità pontificia la divisione del proprio vicariato in tre vicariati distinti. La domanda è presentata dal padre Luquet che è stato inviato a Roma come delegato per spiegare e sostenere le decisioni del Sinodo. Essa è accolta.
Uno dei nuovi vicariati apostolici è quello che si deve occupare della provincia di Coimbatore, un vasto territorio verso l'interno del paese, sempre nel sud dell'India.
La sera del 30 giugno 1845, Mons. Bonnand chiama padre de Brésillac per comunicargli che nella corrispondenza giunta da Roma c'è la sua nomina a vescovo incaricato di Coimbatore. Egli ne rimane sconvolto. Dirà dopo: “E' forse la sola notte della mia vita che ho trascorso senza dormire”.
Egli è molto giovane, ha 32 anni, e si trova in India da neanche tre anni. Inoltre, per un insieme di circostanze, parecchi confratelli del vicariato non accettano la forma con cui si è proceduto a tale nomina.
Tutto ciò conduce padre de Brésillac a non accettarla e a rimandare indietro le bolle pontificie.
Ma la Santa Sede mantiene la decisione ed egli vi si adegua, dopo aver domandato il parere degli otto confratelli.
In una votazione a scrutinio segreto, a parte uno che si astiene, tutti gli altri si esprimono a suo favore.

Vescovo e Provicario Apostolico(1846)

In una lettera dell'11 agosto 1846, padre de Brésillac comunica a Roma che la sua ordinazione episcopale avverrà il 4 ottobre successivo. Egli scriverà in proposito, in una delle sue preghiere: “Mi sembra che l'episcopato, come ogni altra cosa nella mia vita apostolica, io l'accettai, anche se con molte imperfezioni naturali, soprattutto (o Signore) per la tua più grande gloria e per il gran bene delle nostre care missioni”(SDM, 575).
Egli va ad Ariankupan, uno dei villaggi prossimi di Pondicherry, per un tempo di ritiro spirituale in preparazione all'ordinazione episcopale. Alla fine, egli formula alcune risoluzioni. Il proposito fondamentale per il suo episcopato lo esprime così:
Consacrare più specialmente e con maggiore efficacia di quanto non l'ho fatto finora tutto il mio tempo, tutte le mie facoltà, tutto il mio essere alla gloria di Dio, alla propagazione del Vangelo, all'estensione e all'esaltazione della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana in seno alla quale voglio vivere, agire e morire. Non desiderare nulla, non dire nulla, non scrivere nulla che non abbia come scopo, più o meno immediato, quest'unico fine di tutte le mie azioni e di tutti i miei pensieri(SDM, 578).
In seminario, l'anno scolastico è in corso. Il 18 settembre, Mons. de Brésillac celebra l'ultima S. Messa con gli alunni. Non riesce a trattenere l'emozione per la separazione.
Il 19 settembre, egli lascia Pondicherry insieme con Mons. Bonnand. Essi giungono a Salem dove sono raggiunti da Mons. Charbonnaux. Insieme, il 1° ottobre, arrivano a Carumattampatty, località a 25 chilometri da Coimbatore dove si svolgerà la cerimonia dell'ordinazione episcopale. E' l'unico luogo dove esiste una chiesa degna di questo nome. Vi è anche una piccola casa di sole tre stanze che può ospitare almeno i vescovi.
Mons. de Brésillac aveva invitato anche il vicario apostolico di Verapoly, Mons. Martini, un carmelitano, e padre Canoz, un gesuita, vicario apostolico nominato di Madurai. Nelle sue intenzioni, la presenza dei vari vescovi, con le loro diversità, doveva essere un segno d'unità della Chiesa e l'occasione per uno scambio proficuo sui problemi più urgenti della missione.
L'ordinazione episcopale ha luogo la domenica 4 ottobre, festa della Madonna del Rosario, grande solennità a Carumattampatty, nella chiesa che era già un santuario mariano. I fedeli sono entusiasti. Non hanno mai visto insieme tanti vescovi e sacerdoti. Nonostante la loro povertà, sono venuti da tutte le località della provincia di Coimbatore portando doni. Tutto fu fatto con grande solennità, al suono dei tamburi, in un'atmosfera di caloroso e rumoroso entusiasmo.

Grande povertà e primi problemi

Trascorsa la grande festa, partiti in qualche giorno i vari ospiti e la gente venuta dagli altri villaggi, il nuovo vescovo si ritrova nel silenzio e nella realtà concreta di un nuovo vicariato (ufficialmente è un pro-vicariato) sprovvisto del personale necessario e con mezzi quasi inesistenti. Egli deve affrontare una situazione di grande povertà.
Il territorio è vastissimo. C'è la pianura, ma anche la collina e una parte di alta montagna. A livello di personale ci sono solo quattro missionari. Circa il numero di cristiani, il vescovo, nei rapporti annuali, parla all'inizio di 20.000. Poi essi diminuiscono a causa della disoccupazione e della povertà che provocano una forte emigrazione.
Dal 1850 in poi il numero si stabilizza sui 15.000. I luoghi di culto sono per la maggior parte delle capanne o delle baracche adattate.
Gli infedeli sono “qualche milione”…
Il nuovo vescovo si installa provvisoriamente a Carumattampatty dove, come abbiamo rilevato, esistono una chiesa, una casa dove può abitare e una comunità cristiana. C'è anche una piccola casa che serve per alcuni studenti. A Coimbatore vi sono solo alcune famiglie di cristiani, ma non ci sono né chiesa, né casa.
Nei primi tempi, il vescovo riprende lo studio della lingua tamil. Cerca di conoscere la gente del luogo. Fa delle visite di cortesia presso le autorità. Riguardo alle usanze, egli nota che esistono meno complicazioni che a Pondicherry. Cerca pure di abbozzare con i missionari un piano per l'amministrazione del suo territorio.
La festa di Natale si avvicina e Mons. de Brésillac decide di andare a Ootacamund, una città in alta montagna voluta dagli Inglesi come luogo ideale per gli Europei. Non vi era sacerdote ed egli stesso sceglie di rimanervi per un mese.
Nei “Souvenirs”, è molto bella la descrizione che egli fa del viaggio, salendo tra le montagne, mentre il suo spirito si distende e spesso dialoga col Signore a proposito della missione in India e delle sue prospettive.
Già nei primi tempi, il vescovo si trova davanti alcuni problemi legati al comportamento di qualche missionario non gradito alla popolazione, o alla venuta nel suo territorio di qualche sacerdote considerato scismatico perché appartenente al gruppo legato all'arcivescovo di Goa.
Egli scrive nel suo diario:
L'avvenire è nelle tue mani, Signore, e io non so bene su quale spiaggia ci spinge il vento che soffia in questo momento. Qualunque cosa capiti, sii Tu l'unico movente delle mie azioni, l'unico scopo delle mie imprese, il solo oggetto dei miei desideri. Rendici strumenti docili della tua misericordia verso questi popoli infelici. Dammi per questo l'intelligenza, la forza, il disinteresse, la mortificazione, l'umiltà, lo zelo e tutte le virtù che dovrebbero costituire l'ornamento di un vescovo missionario(SDM, 628).

Incontri con altri confratelli e altri Vescovi (1847)

Mentre provvede alla creazione di qualche struttura per il suo vicariato, Mons. de Brésillac cura le relazioni con gli altri vicari apostolici. Si mette in viaggio, nel 1847, per partecipare all'ordinazione episcopale di alcuni nuovi vicari apostolici, Mons. Baccinelli, carmelitano, incaricato di Quilon e il gesuita Mons. Canoz di Madurai che aveva presenziato alla sua festa di Carumattampatty.
Anche con l'autorità pontificia Mons. de Brésillac sviluppa un contatto che gli consente di far conoscere i propri punti di vista su argomenti generali e particolari dell'attività missionaria.
Il 5 aprile del 1847, egli presenta alla Congregazione di Propaganda Fide un progetto per la fondazione di un seminario nel suo vicariato.
E' un documento importante e meritevole di attenzione. In primo luogo: egli afferma che le famiglie indiane devono vedere chiaramente che si tratta di un seminario e non di un collegio. Secondariamente, egli domanda che gli allievi, dopo qualche mese di prova, possano ricevere la tonsura, la cerimonia con cui, in quel tempo, i candidati erano ascritti allo stato ecclesiastico. Ciò per proteggerli dai condizionamenti locali (per i quali, ad esempio, i matrimoni erano conclusi dai genitori durante i primi anni di vita dei figli) e per offrire loro una formazione di tipo ecclesiastico.
Infine Mons. de Brésillac progetta di fare del suo seminario una casa di preghiera e un luogo di studio. La preghiera dell'Ufficio vi deve essere regolare. Egli scriverà, in altra occasione, che “una delle forze che difettano di più nell'opera delle missioni è la forza della Liturgia”. A Roma la Congregazione di Propaganda Fide accetta il piano di Mons. de Brésillac: come si scrive nella risposta ufficiale del 22 giugno 1847, esso va pienamente d'accordo con le disposizioni pontificie precedenti riguardo al clero indigeno.

Le prime Opere(1847-1848)

Dopo alcuni mesi a Carumattampatty, Mons. de Brésillac sceglie di risiedere in Coimbatore, centro del suo vicariato. Continua le visite nei vari distretti del suo territorio, iniziando da Palghat. Egli ha una cura particolare per i malati. Durante un'epidemia di colera, si dedica a tempo pieno alla loro assistenza, sospendendo la scuola ai suoi studenti.
La popolazione soffre anche per la disoccupazione che colpisce gli operai tessili della zona a causa della siccità. Egli scrive ad un imprenditore importante di Pondicherry per chiedergli se può procurare del lavoro ai molti operai di Carumattampatty.
A Coimbatore promuove qualche opera di bene pubblico come scuola e piccolo ospedale. Per queste opere si finanzia con un prestito ottenuto dando in garanzia quello che rimane delle terre di sua eredità in Francia.
Egli soffre quando la povertà danneggia l'apostolato, come quando non può assumere catechisti e fondare nuove scuole: ”Questi villaggi sono quasi tutti troppo poveri per mantenere un maestro di scuola e io non ho la possibilità di procurarglielo”.
Egli ha uno stile di vita molto austero. Limita al massimo le spese per aiutare i più poveri. Raccoglie un gruppo di ragazzi “paria” (la categoria più povera) cui fa scuola e che sono tutti a suo carico.

Un contributo spirituale importante(1849)

Verso la fine del 1848, Mons. de Brésillac parte per Pondicherry. Un nuovo sinodo è stato indetto e Mons. Bonnand domanda la sua collaborazione. Gli chiede di predicare il corso di esercizi spirituali che precedono l'assemblea.
Il ritiro inizia il 15 gennaio 1849 e dura una settimana. Noi possediamo il testo di questa predicazione “Retraite aux Missionnaires”(RM): in francese è un'edizione di 252 pagine.
E' un testo che va situato non solo nel tempo ma anche nell'ambiente per il quale è stato elaborato.
Mons. de Brésillac spera di far accogliere, durante il ritiro, quell'insegnamento spirituale che considera molto utile a risolvere i problemi missionari e pastorali in discussione. La loro complessità e i relativi giudizi e pregiudizi personali esistenti nell'ambiente gli consigliano una grande prudenza. Non solo scrive tutti gli interventi, ma li fa ascoltare prima ad alcuni confratelli di fiducia. Ad ascoltare la sua predicazione vi è tutto il clero del vicariato: 22 missionari delle MEP, tre sacerdoti diocesani locali e i due vescovi.
I temi del corso sono scelti tenendo presenti le esigenze locali e cioè il fatto che esso è rivolto ad un gruppo di missionari in India dove le particolari difficoltà esigono da tutti attitudini spirituali molto impegnative.
Mons. de Brésillac tiene un discorso umile. Quanto egli propone è qualcosa che propone prima di tutto a se stesso. Il suo è un discorso fraterno, anche se esigente. Le sue parole vogliono toccare con forza e senza mezzi termini i problemi e gli aspetti negativi ai quali occorre porre rimedio.
In questa predicazione la fonte alla quale egli attinge molto spesso è il Vangelo. Su 400 citazioni presenti nel testo, ben 260 provengono dai vangeli. Iniziando il corso egli dice: “Io vengo a voi con il Vangelo in mano”. C'è poi un'altra fonte che si avverte ad ogni pagina. E' l'esperienza personale del predicatore fatta di riflessione profonda, di preghiera spontanea e frequente, di ascesi, di sofferenza, di discernimento delle varie voci con cui Dio parla. E' tale esperienza che gli consente di poter parlare con chiarezza e convinzione ai missionari di certi problemi. Essi sanno e vedono che questo vescovo, che non nasconde i suoi limiti, è uno che fa sul serio, cui piace il lavoro fatto bene e cerca sempre il meglio, che studia e riflette su quello che fa e si fa, col quale si può anche non essere a volte d'accordo, ma che bisogna rispettare.
Tutto il corso si incentra e parte da Gesù Cristo e porta a Lui. Egli è il maestro che insegna ai suoi discepoli: “Figuratevi che sia lo stesso Gesù Cristo in persona che vi predica questo ritiro” , afferma Mons. de Brésillac.
Nelle varie meditazioni vi è anche un dialogo che si svolge con Cristo in una preghiera illuminata e alimentata da un continuo confronto con la sua vita e con il suo insegnamento.
Quella del Cristo è una scuola che offre la sua lezione per ogni aspetto della vita di un missionario. In questo ritiro, non si parte dalla missione per giungere al missionario, ma si parte dal Cristo che manda per giungere al missionario che è mandato. E' il Cristo umile, povero, obbediente che, specialmente con la croce, insegna al missionario come deve vivere ed agire, ovunque si trovi.
Il difficile impegno dell'adattamento o, come si dice oggi, dell'inculturazione della fede cristiana presso il popolo indiano e la sua cultura, trova proprio nell'Incarnazione del Verbo di Dio il supremo termine di confronto.
Nell'insieme, si tratta di un corso che presenta un taglio esigente, anche se accompagnato sempre dal rispetto del limite umano e dalla considerazione della particolare difficoltà in cui si trova il missionario in India. Mons. Bonnand scrive in proposito: “Mons. de Brésillac ha predicato un ritiro eccellente. Esso era redatto secondo le necessità del vicariato e presentato con una convinzione profonda che l'anima ovunque. Esso mi ha veramente sorpreso per il suo proposito dall'inizio alla fine”. Riguardo al predicatore Mons. Charbonnaux afferma: “Egli è stato sublime, chiaro, pratico. Non avevo mai letto né inteso meglio commentare, spiegare l'abnegazione di sé e la necessità di portare la croce in generale e la propria croce in particolare. Non temo che una cosa, ed è che queste istruzioni suppongono una perfezione alla quale sembriamo in genere poco abituati”.

Il Vicariato si sviluppa(1849-1852)

Durante il sinodo di Pondicherry, Mons. de Brésillac si accorge con piacere che la questione del clero locale ha fatto considerevoli progressi nell'animo dei confratelli. Per quanto invece riguarda il problema delle usanze relative alle caste non vi è stata la possibilità di studiarlo. La chiarezza che egli da molto tempo chiede rimane un desiderio inascoltato.
Intanto il vicariato di Coimbatore prende una certa consistenza. Nel 1848, il vescovo dispone di nove missionari. Può contare su un contributo maggiore da parte dell'Opera della Propagazione della Fede che in Francia si occupa di aiutare le missioni. E' in pratica la sola fonte di finanziamento. La popolazione dei cristiani diminuisce a causa della disoccupazione e la povertà aumenta. Le risorse locali coprono solo il 10% delle spese.
Con gli aiuti ricevuti, il vescovo può costruire qualche chiesa e alcune cappelle degne di tal nome. Gli altri luoghi di culto, egli scrive, sono solo delle baracche. A Carumattampatty ha costruito un edificio che serve come seminario. Esso è frequentato da alcuni studenti. Nel 1848, egli ha un seminarista che ha ricevuto gli ordini minori e cinque che hanno ricevuto la tonsura.
Inoltre disegna egli stesso il progetto per la cattedrale di Coimbatore che dovrà ispirarsi alla basilica di San Pietro in Roma. Ne getta le fondamenta.
Sul piano pastorale, Mons. de Brésillac cerca di conoscere la gente e di farsi conoscere. I fedeli fanno presto a stimarlo e ad amarlo. “Voi ci amate tanto! Voi siete talmente colmo di benevolenza per noi”, gli scrivono i seminaristi. Uno dei suoi principi è questo: “Il nostro ministero deve essere prima di tutto un ministero di pace, di dolcezza, di misericordia”(SDM, 270). Il nostro vescovo sa amare ed essere dolce, anche se la forza e la fermezza del suo carattere possono creargli problemi e incomprensioni. Egli è un uomo retto, onesto. Il suo motto episcopale è “Lumen rectis”, luce per i retti.
Il suo proposito di vescovo è: “Nei miei rapporti con gli Indiani, come pure con i missionari, usare sempre la dolcezza piuttosto che la forza, senza debolezza tuttavia e senza scostarmi dall'energia che il Signore ha posto nel mio carattere per sostenere tutto quanto è secondo i principi cristiani e cattolici, secondo le mie convinzioni acquisite in presenza di Dio e nella meditazione del Vangelo (SDM, 578). Il suo grande obiettivo resta il clero locale. Egli vuole preti indiani e vuole che siano ben accolti e valorizzati dai missionari. Vuole pure che abbiano i mezzi necessari per il loro sostentamento, senza dover dipendere dall'aiuto esterno. Egli ritiene che per l'inculturazione della fede la presenza del clero locale è essenziale. Il suo principio è che “la stessa pianta, sotto climi diversi, adotta forme e comportamenti diversi. La coltura deve essere adattata alla temperatura dell'aria e alla natura del suolo. Non ci si deve aspettare lo stesso sapore dai frutti che essa produce nei diversi luoghi del globo”(Mes pensées sur les missions, n. 25). Nel 1850, il pro-vicariato di Coimbatore diventa ufficialmente vicariato apostolico.

L'inculturazione
la regola d'oro(1849-1852)

Nell'ambito dell'inculturazione esiste per i cristiani, come abbiamo già rilevato, lo spinoso problema della divisione delle caste, delle usanze e dei riti malabarici dove convivono principi stabiliti nel tempo e la pratica che non si vuole toccare per timore di conflitti, di rivoluzioni, di scismi da parte dei fedeli. Su questo punto la regola d'oro per Mons. de Brésillac, ora esposto in prima persona, è questa: "Fate in modo di non introdurre nulla contro il volere della gente. Guidate la gente a desiderare quello che volete introdurre. Che essa sia persuasa che le fate un piacere e del bene quando volete introdurre una novità"(Mes pensées sur les missions, n.32).
Occorreva conciliare questo principio con la fedeltà alle decisioni della S. Sede in materia di riti e di usanze. Il giuramento prestato arrivando in India metteva spesso il missionario in una critica situazione di coscienza, con dubbi e timori notevoli. Diventato vescovo, Mons. de Brésillac sente tutto il peso di questa situazione. Egli teme che Roma non la conosca come si deve, ma teme anche che l'autorità pontificia, intervenendo, sia troppo severa.
Con la sua intelligenza e lucidità di analisi, egli percepisce sempre di più l'impossibilità di far uscire la missione in India dalla situazione di stallo in cui si trova da molto tempo. In pratica tutto si riduce alla pastorale dei cristiani. Le conversioni dei non cristiani sono molto rare.