UNA SCELTA DI CHIAREZZA

Alcuni aspetti critici

Mentre gli anni passano, Mons. de Brésillac continua a non ricevere le risposte attese ai problemi posti dalla questione delle usanze locali e dal loro rapporto con la pratica della fede cristiana. Ora che è vescovo, si sente in coscienza obbligato a risolvere i vari dubbi che si manifestano nella gestione ordinaria del vicariato.
Tra i suoi missionari, alcuni non capiscono la sua benevolenza verso gli Indiani, gli creano problemi e, a volte, gli disobbediscono apertamente. Egli ne soffre molto, anche perché è pieno di attenzioni delicate verso di loro. Egli scrive: “La mia felicità è fare piacere”.
Occorre aggiungere che anche l'esercizio dell'autorità nella sua congregazione non lo soddisfa. Nel Regolamento esistente in quell'epoca, essa è esercitata, a livello supremo, dai superiori di Parigi congiuntamente ai vicari apostolici presenti nei vari paesi dell'Asia.
Questo sistema fa sì che, di fatto, sono i superiori di Parigi a intervenire e a decidere, data la grande difficoltà di consultare i vicari apostolici sparsi nell'Oriente. Con la conseguenza che i problemi più urgenti e concreti delle missioni possono non essere studiati e capiti a sufficienza. Per questo Mons. de Brésillac scrive spesso ad altri vicari apostolici e cerca anche di incontrarli per confrontarsi con loro.
Così si fa sempre più forte nel suo spirito il pensiero di rinunciare all'incarico. Com'è sua abitudine, opera un lungo discernimento e domanda con insistenza al Signore di fargli conoscere la sua volontà.

Domande senza risposta

Il 25 ottobre 1849, egli scrive ai superiori di Parigi usando il termine “dimissioni” e inviando unitamente una lettera per la Congregazione di Propaganda Fide dello stesso tenore. Ma questo primo passo non ha seguito.
Il 16 settembre 1850, scrive direttamente a Roma esponendo i propri dubbi e chiedendo di poter lasciare l'India. Nella risposta gli è chiesto invece di inviare un rapporto sulle usanze malabariche e sulle difficoltà che esse causano sul piano pastorale. Egli lo prepara in breve tempo.
Il rapporto di Mons. de Brésillac provoca però una lettera di Propaganda Fide ai vicari apostolici dell'India. Essa chiede che ciascuno si esprima sulle usanze locali permesse ai cristiani. I vicari vi scorgono il contributo del loro collega di Coimbatore. Sembra che essi non gradissero un intervento romano, ma che preferissero lasciare le cose com'erano. Mentre Mons. de Brésillac preferiva che Roma sapesse con esattezza quanto accadeva per poi intervenire eliminando i dubbi esistenti.
Non vedendo giungere risultati concreti, il 26 aprile 1852 egli scrive di nuovo e domanda alla Santa Sede di accogliere le sue dimissioni. In coscienza non si sente di continuare nella posizione di dubbio in cui si trova. Ma anche questa volta la risposta è negativa.
Occorre avere presente che, nonostante tale richiesta di dimissioni, Mons. de Brésillac continua il ministero pastorale con l'impegno di sempre. Ha anche delle consolazioni: qualche missionario è straordinario come dedizione e collaborazione. I seminaristi di Carumattampatty gli vogliono bene e glielo dicono. Così la gente, specie i più poveri.

Un lungo viaggio senza ritorno

Ad un certo momento, Mons. de Brésillac esprime il desiderio di andare a Roma per spiegarsi e per ottenere direttive chiare sulla questione delle usanze malabariche. Il 30 gennaio 1853, egli riceve l'autorizzazione a lasciare l'India per compiere un viaggio a Roma. Intanto, a Coimbatore, egli segue con particolare attenzione la costruzione delle fondamenta della sua cattedrale e ne dirige i lavori.
In una lettera circolare ai sacerdoti del vicariato, egli li informa sul viaggio e sull'intenzione di spiegare all'autorità pontificia la situazione della missione in rapporto alle direttive della S. Sede. Si prepara alla partenza con molta sofferenza: “Perché, o mio Dio, devo lasciare una missione che amo tanto? Tu solo leggi nel mio cuore. Spero che un giorno mi testimonierai che è solamente il desiderio di contribuire alla gloria del tuo nome e della tua Chiesa che mi fa prendere la decisione di ritirarmi”(JDM, 124).

La fede, la speranza, la carità

Dal 26 al 30 ottobre 1853, il vescovo de Brésillac predica a Carumattampatty un corso di esercizi spirituali ai seminaristi che si preparano a ricevere gli ordini minori. La predicazione è sul tema delle virtù della fede, della speranza e della carità. Se oggi conosciamo il testo originale, tutto in latino, è anche perché i seminaristi, dopo la sua partenza, gli chiesero di far loro pervenire il manoscritto. Egli acconsentì con piacere. Rivide il testo e specialmente le numerose citazioni bibliche che aveva inserito a memoria.
Egli inizia il corso spiegando le parole di Gesù agli apostoli: “Non vi chiamo servi, ma amici”(Gv 15,15) e invita i seminaristi a sentirsi gli amici di Cristo e proprio per questo obbligati ad essere migliori degli altri fedeli. Egli prega il Signore Gesù, principio e fine di tutto, davanti al quale stanno tutte le cose, i tempi e i luoghi. Gesù non ignora nessuno dei suoi amici, continua a parlare e a spiegare loro il Vangelo e a portare i discepoli nel deserto perché stiano con Lui.
Mons. de Brésillac invita i seminaristi a vivere di fede, come quella che aveva San Francesco Saverio, apostolo dell'India. Alla meditazione sulla fede unisce quella sulla speranza. La speranza cresce se cresce la fede. La speranza rende tutto possibile, anche quando si sente la difficoltà di essere limitati e peccatori. La carità rappresenta il perfezionamento di tutto. Egli parla della carità perfetta che i seminaristi devono desiderare, guardando sempre l'esempio di Gesù Cristo che si è donato interamente a noi.

Dall'India all'Europa

Il nostro vicario apostolico si prepara a partire. Ha il presentimento che non ritornerà più in India, ma non lo esprime. Impartisce le disposizioni necessarie per il tempo della sua assenza. Il 12 novembre, egli lascia Coimbatore. Si dirige verso la costa occidentale, verso Mangalore e poi a Bombay, dove, il 14 gennaio 1854, s'imbarca per l'Europa. Egli prende il percorso più corto: quello attraverso il Mar Rosso, l'istmo di Suez (non c'è ancora il canale) e il mar Mediterraneo.
Il 1° febbraio, arriva a Aden, il 13 dello stesso mese giunge al Cairo dove rende visita ai vescovi delle diverse denominazioni cristiane. Visita Alessandria. Il viaggio in mare lo porta a Malta. Vi si ferma alcuni giorni e medita sulla vicenda di San Paolo, che vi aveva soggiornato dopo il proprio naufragio. Giunge a Napoli il 14 marzo e vi resta alcune settimane. Visita la città, le chiese, vi predica parlando ai fedeli di lingua francese. Egli alloggia nel Collegio Cinese.

Arrivo e confronto a Roma

Il 19 aprile 1854, Mons. de Brésillac giunge a Roma. E' la prima volta nella sua vita. Arrivando, va ad alloggiare presso i padri carmelitani di San Pancrazio. Vi trova Mons. Martini, vicario apostolico di Verapoli, in India, che conosce bene. Compie la visita delle basiliche, come ogni pellegrino. Ha i primi contatti con i responsabili della Congregazione di Propaganda Fide. Il prefetto è il cardinale Franzoni. Segretario è Mons. Barnabò, una personalità che avrà una grande influenza in questo periodo della vita del nostro Fondatore.
L'8 maggio, ha la prima udienza, di mezz'ora, con il papa Pio IX. Ovviamente emozionato all'inizio, dopo due minuti si trova a suo agio davanti al Papa. Egli racconta: “Niente supera la bontà paterna di Pio IX, pieno di dolcezza e d'allegria, vi mette subito a vostro agio”. Si parla delle missioni e della missione in India. Il Papa invita Mons. de Brésillac a mettere per iscritto quanto desidera far conoscere sui punti critici per i quali è giunto a Roma. “E poi vedremo”, conclude il Papa, come si dice sempre in questi casi... E' quanto ha suggerito Mons. Barnabò. I punti sono:

1) La questione dei riti malabarici.
2) Le missioni in India.
3) Le missioni cattoliche in generale.
4) Lo stato attuale della Congregazione delle Missioni Estere di Parigi.
Mons. de Brésillac esprime il suo disagio nello scrivere su questi argomenti. Preferirebbe solo parlarne. Conosce le complicazioni della situazione indiana. Teme di offendere alcune persone e di provocare qualche intervento troppo severo della Santa Sede. Alla fine accetta per obbedienza e si mette al lavoro. Esso dura fino al 24 giugno.
Nel frattempo, dall'11 al 14 maggio, egli va in pellegrinaggio a Loreto. La visita a quel santuario, come anche a quelli che incontra sulla strada, gli è di conforto nella situazione che sta vivendo.

Un contributo non gradito

Il rapporto che Mons. de Brésillac presenta non piace a Mons. Barnabò. Il segretario di Propaganda Fide ne parla col Papa e poi alla congregazione dei cardinali. Fa capire che il documento non incontra il dovuto gradimento. Almeno in quel momento. C'è, infatti, timore ad impegnarsi su una questione difficile, delicata e pericolosa. Non si vuole nuocere a decisioni vaticane precedenti. Inoltre altre voci provenienti dall'India si fanno sentire in senso diverso.
Il vescovo de Brésillac si rende conto che non c'è speranza di ottenere una decisione pontificia nel senso della chiarezza che desidera. Ne deduce che non può continuare nell'incarico di vicario apostolico. Presenta quindi di nuovo le proprie dimissioni. Più tardi, scrivendo sulle dimissioni egli afferma: “La ragione determinante… è l'imbarazzo del sistema delle caste e la mia ripugnanza ad esercitare il santo ministero in mezzo alla contraddizione pratica in cui essa getta gli spiriti”(SDM, 61).
Con l'animo deluso e amareggiato, Mons. de Brésillac decide di lasciare Roma per ritornare in Francia. Parte il 20 agosto e, transitando per Tolone e Marsiglia, giunge a Carcassonne, nella sua diocesi. Va a rendere visita al vescovo, a vari sacerdoti, al suo seminario, quella casa che gli era sempre rimasta nel cuore.
Il 26 agosto 1854, egli giunge a Castelnaudary, dove molti lo aspettano e specialmente i genitori. Il padre ha 81 anni e la mamma 70. L'incontro è commovente. Le lacrime non si contano. La gioia tanta. Il giovane sacerdote, che era partito 13 anni prima, tornando come vescovo missionario e nella situazione in cui si trova, ha un gran bisogno del calore della famiglia e della sua gente. Si presta volentieri per la predicazione, specialmente in occasione delle feste. Visita varie località della sua regione. Poi parte per Parigi dove giunge il 19 ottobre.
Mons. de Brésillac va al seminario delle Missioni Estere da dove era partito come missionario per l'India. Vi è accolto bene, anche se piuttosto freddamente, com'egli afferma. I superiori dell'istituto non hanno gradito il suo rapporto a Propaganda Fide. Nelle settimane successive, egli insiste presso Mons. Barnabò nella richiesta delle dimissioni. Vorrebbe ritirarsi in Terra Santa, ma vi rinuncia appena gli è detto che il papa Pio IX non è d'accordo.

Un sacrificio che porta frutto

Il 18 marzo 1855, nell'udienza accordata a Mons. Barnabò, il papa Pio IX accetta le dimissioni di Mons. de Brésillac da vicario apostolico di Coimbatore. La notizia è comunicata all'interessato con lettera del 27 marzo della Congregazione di Propaganda Fide.
Le considerazioni e i suggerimenti del vescovo de Brésillac per una migliore missione in India sembrano essere formalmente disapprovati. Ma neanche tre anni dopo, in un Breve, il papa Pio IX afferma di aver saputo da poco che in India la disciplina ecclesiastica non è osservata secondo le regole dei canoni e che non si usa lo stesso metodo per dirigere e amministrare i fedeli. Inoltre, nelle cose importanti, parecchie missioni agiscono per proprio conto. Tra i vescovi non esiste l'accordo di sentimenti necessario e, secondo l'opinione di parecchi, vi capitano cose che domandano una riforma. Uno dei rimedi che il Papa sceglie è la nomina, nel 1858, di Mons. Bonnand come visitatore apostolico delle missioni dell'India.
Per quanto riguarda la congregazione delle MEP, già nel 1856, i superiori di Parigi indicono per il 1860 un incontro dei vicari apostolici in Oriente per studiare la revisione del proprio Regolamento.
Intanto Mons. de Brésillac fa sapere che, con le dimissioni, non ha domandato di lasciare la sua comunità. Alcuni confratelli, vicari apostolici in Oriente, gli fanno giungere delle proposte perché continui il suo impegno in altri territori. Alcuni sacerdoti e religiosi amici gli chiedono di rendersi disponibile per nuovi progetti. Tutti questi suggerimenti, però, non hanno seguito.

Grande sofferenza e grande amore

Con la notizia che le dimissioni sono state accolte, per Mons. de Brésillac la situazione si chiarisce in rapporto all'India. Lo aveva chiesto da tempo. Ciò non toglie che nel suo cuore sensibile la sofferenza è grande e lo scrive nei suoi “Souvenirs”:
Che la mia lingua si attacchi al mio palato, se mai ti dimentico, Coimbatore. Tu dovevi essere per me una visione di perfezione e di pace!…Coimbatore! Tu eri la mia delizia…
Perché dunque abbandonarti, Coimbatore? Mi hai tu rifiutato almeno le gioie del cuore e quelle dell'anima? E' vero che il mio cuore vi fu spesso distrutto e il mio animo immerso in profonde tristezze. Tuttavia gli Indiani mi amavano, perché io li amavo molto. I miei cari Indiani mi amavano forse fino all'eccesso perché il mio affetto per loro era senza limiti…
Alcuni dei miei collaboratori mi erano dei veri amici e tra questi amici ci sono dei santi che saranno forse un giorno posti sugli altari. Altri hanno creduto di dovere usare la contraddizione, ma non è il loro cuore che accuso. Io non me la prendo che con le loro opinioni che essi sostengono per il bene, ma che sono, ai miei occhi, la causa di un male immenso nelle missioni. Esse sono un ostacolo permanente al vero progresso e al solido stabilirsi della religione non solo nell'India ma, nella misura in cui sono condivise da altri operai apostolici, anche in altri luoghi della terra(SDM, 22,24).

Nel 1928, il padre P. Charles gesuita, noto missiologo, parlando di Mons. de Brésillac, come di un uomo d'una lucidità ammirevole, dirà: "La Provvidenza sconcertante di Dio mise quest'uomo sensibile e tenero al centro di una rude battaglia e gli diede l'inflessibilità delle sante ostinazioni". Verso il 20 aprile 1855, Mons. de Brésillac si ritira presso i Cappuccini di Versailles, dove lo avevamo lasciato per camminare con lui dai primi anni di vita fino al concludersi della vicenda indiana.