Avventure a Sokodé

Un paio di chiavi mi portano in commissariato

Ho bisogno di un doppio di alcune chiavi. Vicino alla posta di Sokodé vedo una grossa scritta: clè-minute. Entro ma... la macchina non è ancora arrivata. Trovo una ragazza kabié che le fa a mano, con lime e calibro. Mi assicura che andranno benissimo. Ne faccio fare due: 1500 franchi l'una.
Arrivo a casa e non funziona nè l'una nè l'altra. Vedrò con Bernard, il guardiano, che è anche carpentiere, se si può farle funzionare.

Le chiavi non funzionano

Il giorno dopo con tutti i suoi attrezzi, lime e limette, ci prova. Dopo un po' scoraggiato desiste. C'è alla missione anche il carpentiere Dyulé con i suoi apprendisti.
A lui mostro l'altra chiave, quella della porta d'ingresso. Prova la nuova chiave: niente. La serratura si blocca e non si apre più neppure con la chiave buona.
Smonta la serratura, prova e riprova: riesce a far funzionare di nuovo la chiave originale, ma per la nuova, non c'è nulla da fare.
Ormai siamo in aria e decido di tornare a Sokodé dalla signora kabiyé. Smontiamo le due serrature e metto in borsa la parte centrale.
Lascio il muratore Jacques, il falegname Bernard, il carpentiere Dyulé alla missione e via.

Colpa mia: avevo fretta

Arrivo dalla signora e dico: “Le chiavi vanno bene, entrano nella serratura, ma manca qualcosetta perché funzionino”. “Eh sì, mi risponde, ieri avevi un po' fretta e non le ho rifinite bene”. Le dò le due chiavi e serrature. Controlla le chiavi con il calibro, prova a sistemarle, ma alla fine ne fa due nuove. “Perché non compra la macchinetta, piuttosto che farle a mano”, le chiedo. “Costa 200.000 franchi e non ho ancora i soldi, la prenderò comunque, andrò a cercarla in Ghana”.
Mentre la signora lavora dò un'occhiata ad un locale vicino con una grossa scritta: “Prodotti cinesi”. Oltre a prodotti cinesi ci sono anche due lavatrici d'occasione. Sono più interessato a queste che alle medicine cinesi. Chiedo il prezzo e... se funzionano: non lo sa. Ritornerò con più calma.

Il poliziotto mi porta via i documenti

Devo ricaricare il telefonino. Mi fermo vicino ad un botteghino e parcheggio la macchina sul lato opposto della strada. E' un punto di passaggio e la macchina è mal messa. Accendo le luci di emergenza.
Appena entrato nel botteghino vedo un poliziotto che si ferma vicino alla macchina con fare truce. Forse mi teneva d'occhio, non so. Corro e dico che parto subito. Niente da fare. Con volto molto severo e voce decisa mi chiede tutti i documenti: patente, carta della macchina, assicurazione.
Li prende, controlla e mi dice: “Venga a cercarli in commissariato” e se ne va.
Termino di prendere la mia carta telefonica, dimentico di chiedere il resto, e corro aux Hydroliques per cercare Gaulé e chiedergli di accompagnarmi al commissariato. Non c'è. Ci sono solo alcuni suoi apprendisti. Chiedo ad uno di indicarmi dove si trova il commissariato. Ce ne sono diversi e non sa.
Lo carico in macchina e ritorniamo al negozietto dove ho comprato la scheda.
Avevano visto il poliziotto, chiedo loro da dove veniva e dove devo andare: “Polizia stradale, vicino alla Prefettura”.

Il commissario della polizia stradale e il suo perdono

Dopo qualche ricerca arriviamo davanti all'edificio. Un poliziotto mi accoglie molto gentilmente e spiego il problema. Il suo collega con i documenti non è ancora arrivato. Con il telefonino lo cerca. Mi siedo e aspetto.
Ne approfitto per fare una telefonata ad una signora che lavora in un ministero a Sokodé. E' il console del Togo di Torino che in questi giorni l'ha chiamata dicendole che una signora italiana verrà a Kolowaré fra poco. Il console ha poi fatto parlare la signora italiana con quella di Sokodé.
Mi hanno inviato il numero di telefono con un mail invitandomi a mettermi in contatto con lei. Avverto che sono a Sokodé e che fra poco passerò a trovarla. Il poliziotto arriva con i miei documenti e il commissario mi chiama nel suo studio.
“Da dove viene?, mi chiede
“Da Kolowaré, dalla mission catholique
“Cosa fa a Kolowaré?
“Praticamente niente. Sono lì con la gente, prego con loro, faccio loro un po' di compagnia, studio il kotokoli.
In silenzio controlla i documenti.
“A causa di macchine mal parcheggiate succedono facilmente incidenti, mi dice, sono obbligato a darle 5000 franchi di multa. Ha qualcosa da dire?
“Assolutamente nulla, so di aver parcheggiato male. Ad ogni modo, noi preti, in nome di Dio, siamo chiamati a perdonare, è nostro compito, ma voi, in nome dello stato, dovete sanzionare le infrazioni, capisco benissimo. Sono pronto a pagare”.
Sto zitto perché le mie parole non saranno mai belle come il mio silenzio.
“Quanti anni ha, mi chiede guardando la mia patente della Costa d'Avorio.
“Sessantasei, rispondo.
Il poliziotto che mi ha preso i documenti entra di nuovo e parlano fra loro. Questa volta abbozza un sorriso. Alla fine il commissario mi dice:
“Dato che lei è qui per scopi sociali e non per lavoro, il poliziotto è d'accordo di non farle la multa, va bene anche per me, può andare.

La casa di Bernadette

Forse sentendo “sessantasei anni” si sono spaventati, o almeno sorpresi. Lascio un calendarietto a ciascuno, uscendo ringrazio e saluto in kotokoli.
Arrivo davanti alla posta e chiamo di nuovo la signora del ministero. Dopo un po' arriva. E' Bernadette di Kolowaré, la figlia del fratello del vecchio Georges, il cieco che tutte le mattine alle 5:30 arriva in chiesa prima di me. Mi abbraccia come se ci conoscessimo da sempre e mi conduce nel suo ufficio.
Mi presenta al Direttore. Facciamo una lunga chiacchierata su Kolowaré. Vuole assolutamente farmi conoscere casa sua: Abito a Coma, sulla strada di Kolowaré, devi venire a vedere la mia casa, sei già sulla strada per tornare alla missione!
Come faccio a rifiutare? A Coma incontro l'elettricista Jean Louis. Chiedo notizie del gruppo elettrogeno che sta riparando e della radio:
“Per il gruppo bisogna cambiare le fasce dei cilindri, non le abbiamo trovate, la radio non ho ancora cominciato a ripararla.
Questi apparecchi costano poco, ma sono sempre rotti. Sono quelli che utilizzo per registrare le storie kotokoli.
Lasciamo la strada principale ed entriamo in una viuzza in terra. In poco tempo siamo a casa di Bernadette.
Una costruzione in muratura solida e moderna, manca solo il soffitto. Sotto la veranda una gruppo di giovani con libri in mano. Siamo in periodo di esami, e tutti studiano.
Chiedo:
“Appartiene a Gaulé questa casa?
“Ma come hai fatto ad indovinare?
Gaulé, l'idraulico che fa tutti i lavori alla missione e che mi accompagna ovunque a Sokodé, mi aveva parlato di una sua casa che dava in affitto nella zona.
“Gli dirò di metterti il soffitto!
“Gli ho chiesto anche una doccia in più, ma finora niente.
“E la cucina?
“E' quello sgabuzzino là in fondo!
“Cosa posso offrirti?
“Un bicchiere di acqua.
Mi fermo una decina di minuti. Parla del suo lavoro. Non è mai stata assunta in modo definitivo. E' sempre precaria con contratti annuali. Prende poco.
Penso ad alcuni nostri maestri, precari, che ricevono un “sussidio” mensile (salario) di una quindicina di euro al mese.
Prima di lasciarla le dico che l'invito a Kolowaré per una pastasciutta appena la signora italiana sarà arrivata.