Vedo arrivare un furgoncino: é Padre Donald che passa a salutare. Uno dei nuovi sacerdoti della parrocchia di Kulundé di cui Kolowaré fa parte. Arrivato, ammalato, da Lomé. E' diabetico e ha avuto un attacco di iperglicemia. Sa che a giorni parto e mi porta il suo progetto agricolo per la parrocchia e il quartiere da presentare al Novara Center. Dato che ha una camionetta abbastanza alta, gli chiedo se si sente di fare un salto con me a Welou e a Lora. Sono in partenza, abbiamo dei progetti in corso, e lui non conosce ancora i luoghi. E' arrivato da poco in parrocchia. E' d'accordo e partiamo.
Andiamo a vedere la scuola di Welu dove ieri i giovani, a spalla, hanno portato da Kolowaré, i nuovi banchi. Gli indico anche il luogo dove vado a celebrare: un spiazzo sotto gli alberi, poi via a Lora. A Fadadè si lascia l'asfalto e gira a destra. La pista è piena di fango e di acqua. Abbiamo qualche apprensione. Vediamo le traccie dei grossi camions che vanno a ricuperare il carbone. Ci districhiamo bene per un paio di km, poi in una specie di palude, ci impantaniamo. Facciamo diverse manovre, ma niente da fare: la comionetta non si muove più. Dico a Donald di stare tranquillo che vado a cercare aiuto.
Stando bene attento dove metto i piedi, prendo la direzione della scuola. Dovremmo essere a circa due km. Guardo nei campi: c'è solo mais e miglio pronti per la mietitura, ma non vedo nessuno. Ogni tanto grido: oho oho! Nessuna risposta. Ad un certo momento vedo in una radura dei sacchi di carbone e un sentierino accanto. So che ci sono dei casolari peul nei dintorni, e se ce ne fosse uno vicino? Provo ad inoltrarmi, guardo, guardo, ma non vedo nulla, neanche in lontananza. Torno indietro. Continuo. Sono fortunato. Ho un cappello e poi il cielo è coperto. Penso a quello che è successo a padre Roumier. Rimasto in panne in una sulle piste di Lakota, è andato a cercare aiuto, ma non ce l'ha fatta. Anziano, senza cappello, una giornata di sole. E' rimasto per strada.
Scorgo un capannetto aperto, poco lontano dalla pista. Entro. Ci sono segni di vita: un bidone, un focolare con resti di carbone, uno sgabello, ma nessun essere umano. Continuo con i miei oho oho....Sento dei belati lontani. Sulla sinistra un sentierino. Mi ci infilo. Mi vengono incontro due cani, intravedo un casolare. Grido: gafara, permesso? Trovo un uomo e una donna sotto una tettoia. Due bambinette giocano accanto. Saluto, scambio qualche parola in kotokoli, e spiego cosa è successo. L'uomo parla francese. Mi dice che sentiva delle grida, ma pensava fossero i bambini che giocavano. Chiedo se può darmi una mano. Prende una zappa e un macete e mi accompagna. Sulla strada del ritorno scorgiamo un cacciatore nella macchia. Lo invitiamo a seguirci, poi un contadino. Anche lui ci accompagna. Ad un certo momento sbucano due belle ragazze peul con un cesto in testa. Stanno andando al mercato. Ci seguono. Potrebbero aiutare a spingere. Ormai era passata più di mezz'ora ed ero preoccupato per padre Donald.
La sua prima uscita in quella savana e l'ho lasciato solo. Lo ritrovo grondante sangue e dolorante. Visto che non arrivavo aveva strappato grosse erbe per mettere sotto le ruote e si era tagliato un dito. Le ragazze se ne vanno. I nostri tre amici con zappa e macete, tolgono il fango dalle ruote, puliscono la pista, tagliano fronde, poi grossi rami, e li depongono sotto le ruote. Prendo io il volante e faccio qualche manovra, ma niente da fare: le ruote continuano a scivolare e la camionetta non si muove. I nostri tre, guidati da Donald, non si scoraggiano. Tagliano rami più consistenti e robusti e li mettono di traverso sulla pista, portano terra asciutta vicino alle ruote e poi sopra i rami. Padre Donald mi dà delle indicazioni, mi suggerisce come muovermi. A marcia indietro, quasi con un balzo, la macchina si disincaglia. Il padre riprende il volante. Entra in una radura, poi gli dicono di passare in mezzo alle erbe, e ci ritroviamo sulla terra asciutta.