Levata un po' prima delle cinque. Colazione rapida, poi alle 5,30 ci mettiamo in viaggio per Atakpamé. Con me anche Silvana, la volontaria di Novara. Andiamo all'ospedale di Datcha per un controllo. Avevo visto un chirurgo a Sokodé per un'ernia e mi ha detto che è da operare. Già operato di ernia a Datcha nel 2005. Vado da loro, mi conoscono. Ospedale gestito dalle suore Canossiane.
Quasi 200 km. Tempo buono. Dopo Blitta, a Yolombé, ci fanno deviare su una pista. La prima parte è buona, traffico intenso, qualche problema di precedenza con camioncini che vengono dalla parte opposta, un camion rovesciato con il contenuto a terra, ma si va. Ad una rotonda prendiamo a sinistra per andare verso Pagala Gare. Qui la pista è meno buona, in certi posti si passa con difficoltà , si vedono i resti della pioggia, grossi solchi di fango lasciati dai camions. Alcuni giovani ci danno una mano e passiamo. A Pagala un poliziotto ci indica la strada, e troviamo di nuovo l'asfalto.
In poco tempo siamo a Langabou. Altri due poliziotti ci chiedono dove andiamo, e alla mia risposta Atakpamé, dicono: di qui, ma vada piano. Davanti a me due file di camions, nei due sensi, di cui non si vede il termine. Provo ad inoltrarmi in mezzo, ma devo parcheggiare dopo pochi metri in un buco fra due camions. Non si può passare. Qualcuno si avvicina e dice: Passeremo, vado anchâ'io a Atakpamé, devono solo fare un po' di posto là in cima, passeremo prestoâ. Intanto compro alcune banane. Passeggio in mezzo ai camions e chiacchiero con gli autisti. E' da quattro giorni che sono qui fermo, vengo da Lomé, non c'è più strada davanti, mi dice sconsolato uno. Uno dei piloni del ponte di Langabou si è incrinato e la strada verso il nord è interrotta, più nessuno passa.
Sono le 9,30. Per arrivare ad Atakpamé ci sono ancora una sessantina di km, e altri dieci per Datcha. Vista la fila dei camions e il traffico immobile, decido di tornare indietro. Un giovane mi aiuta a far manovra e ad uscire dal buco. A marcia indietro raggiungo di nuovo i poliziotti sulla piazza e prendo la strada del ritorno. A Pagala gare riprendo la pista. Dopo un centinaio di metri un poliziotto mi corre dietro in moto: "Non ha visto che la strada è interrotta, si fermi e stia tranquillo, le faremo segno di passare quando è ora.
Metto la macchina sotto un grosso albero vicino alla chiesa e
visitiamo i luoghi. Accanto un giardino con in fondo una grotta con
la Madonna di Lourdes. Con Silvana facciamo una preghiera alla Madonna. Da un cancelletto
laterale entriamo poi in chiesa: grande e spaziosa. Una lampada a petrolio
davanti al Santissimo.
La casa parrocchiale è in faccia alla chiesa. Entro a salutare il parroco. Trovo il coadiutore. Molto cordiale.
Vado a chiamare Silvana, ci fa sedere nel salone e ci offre un sciroppo di limone: un prodotto
dei monaci di Zobegan. Conosce bene Albert Tafou, il sacerdote togolese di
Atakpamé che opera nella parrocchia di Silvana a NO. Eâ' pronto ad accoglierci
per la notte se avessimo problemi. Vedo dei soffitti molto belli e lo faccio
notare. "Sono i tuoi padri che hanno costruito la missione, padre Klein".
Una volta uscito chiacchiero con quelli che sono accanto alla nostra macchina, tiro fuori qualche parola in kotokoli. Anche loro in attesa del segnale di partenza. Ad un certo momento vediamo una fila di pulmini e macchine che arrivano dalla nostra strada. Aspettiamo ancora un po', ma nessun segnale di partenza. Decido di partire. Dopo alcuni km troviamo una fila di camions, e ci mettiamo in coda. Ritrovo il poliziotto: "Non le abbiamo disubbidito, abbiamo visto che diversi veicoli sono arrivati a Pagala e pensavamo che la strada fosse aperta". "Ma no, c'è un grosso camion con un container ribaltato, stiamo cercando di liberare la strada, tutto è bloccato". Comincia a fare caldo, sono le 10,30. Gli autisti dei camions sono distesi su delle stuoie sotto i loro veicoli.
Con un fazzoletto in testa vado a rendermi conto del problema e mi accorgo che ci vorrà parecchio tempo per disincagliare il mezzo. Intanto la gente che incontro scherza con me: "Ehi, il bianco africano, vedi, questo è il Togo". Un gendarme sbotta: "Hai visto il nuovo ponte fra Bassar e Tindiassé, crollato, vengono dalla Francia, arrivano qui e dicono che sono ingenieri, chissà che studi hanno fatto, intanto Tindiassé non è più in Togo, isolato, il ponte nuovo, appena costruito, spazzato via dall'acqua". Rispondo in kotokoli: "suruu gè tom, suruu tawei: la pazienza è la cosa più importante, la pazienza non deve mai finire". L'atmosfera è distesa, si scherza e si ride insieme. Là accanto, un buldozer che gira attorno al camion inclinato, non sapendo bene cosa e come fare. Intanto più lontano parecchia gente sta dandosi da fare per aprire un passaggio accanto alla pista.
Decidiamo di tornare a Pagala Gare, ma dopo qualche km dobbiamo tornare indietro, adesso la pista è bloccata anche davanti. Fa molto caldo e non si può rimanere in macchina. Prendiamo alcune grosse foglie e ci sediamo accanto ad altra gente sotto un boschetto. Il nostro poliziotto, anche lui, stanco, si stende sotto un cespuglio e dorme. Era partito alle 4 da Sotoboua, mi aveva detto. Scherziamo in kotokoli. Chiedo, "dolo ni? e la sete?" E il saluto durante la quaresima, hanno sete, ma non bevono. Poi dico loro: "voi siete musulmani e pregate, siete in quaresima. Noi siamo cristiani, abbiamo anche noi le nostre preghiere". Ci mettiamo a pregare il rosario. Si avvicinano per sentire cosa diciamo. Dopo un po' vediamo passare una serie di camioncini, furgoncini, vetture.
Un giovane ci dice: "Andate là davanti con la macchina, magari un passaggio lo trovate!" E lo troviamo, e ne troveremo tanti altri sulla pista tutta bloccata. In tanti, con premura, si avvicinano e ci indicano dove si può passare. Accanto ai camions si trova, ovunque, uno stretto passaggio. Nei punti più difficili, qualcuno, sempre, indica il passaggio più sicuro e ci accompagna. Oltre alla fila dei veicoli, ciò che intralcia la pista sono i camions in panne, incagliati, o chinati sui fianchi. Ai bordi della pista si vende di tutto. Un giovane si avvicina con dei ventagli. Ne compriamo tre per 100 franchi, così Silvana può sventolarsi e trovare un po' di aria.
Arrivati alla rotonda riprendiamo il tratto per Yolombé.
Pulita, niente fango, niente traffico, incontriamo solo un Grader che sta
piallando la pista. All'uscita lunga fila di veicoli in attesa. Non li lasciano
entrare fin quando la strada non è percorribile.
Alle 15,30 siamo a Sokodé. Andiamo a fare benzina. "Non
ne abbiamo più, la strada è interrotta, e mancano i rifornimenti, vai laggiù,
all'entrata di Sokodé, da Shell, qualcosa troverai", mi dice l'amico di Total.
Torniamo indietro e riusciamo a fare il pieno.
Alle 16 siamo a Kolowaré. Al posto di fare 400 km ne
abbiamo percorso solo 300. A messa prego per tutti quelli che sono sulla strada.
Dopo messa racconto le avventure a suor Etta. "Ieri sera, ci dice, ha telefonato
Jean Baptiste, il tuo regionale. Era a Kpagala gare. E' partito alle 16 ed è
arrivato a Lomé a mezzzanotte"