Finalmente ritrovo Kolowaré. Una missione da mettere a posto

Dopo quattro mesi di soggiorno-ferie a Kolowaré nel 2004, finalmente sono tornato in modo permanente il 9 gennaio 2005. Qualche tratto di vita quotidiana. Mentre sto facendo colazione arriva Denise con una grossa bacinella d'acqua. Me l'aveva promessa ieri. Acqua pulita da bere. L'ha filtro ugualmente per precauzione. Un filtro cinese comprato a Lomé. Funziona come il fornello a gas: due candele su tre il filtro, e due fuochi il fornello al posto dei tre previsti. Magari riuscirò a sistemare il tutto.
Chiedo a Bernard, il guardiano, - falegname di professione - di mettere a posto la serratura dell'armadio della cucina che non si chiude. Con tutta la polvere che c'è in giro è meglio prendere qualche precauzione. Lo invito poi a mettere una mensola di legno vicino al lavandino. Un tempo, in quello spazio, c'era una lavatrice. Rimangono tubi e connessioni. Sopra la mensola metterò il filtro dell'acqua.
Mi sento chiamare. E' Germain, il presidente del Consiglio Parrocchiale. Viene a salutare. Parliamo della scuola, dei pozzi fatti e dei tre che restano da fare, del collegio di Alibi dove vorrei andare a salutare il Direttore e a fare qualche incontro con i giovani. Mi avverte che nel pomeriggio, in un quartiere di Alibi, c'è una danza. Mi piacerebbe parrecipare, ma ho dato appuntamento al giovane della Nigeria. Devo vedere.

Salutare il villaggio

Dato che è venerdì, giorno festivo per i musulmani, chiedo se si può andare a salutare il capo villaggio, che certamente sarà a casa. Devo anche consegnargli delle foto per lui e i suoi notabili.
Ritrovo il villaggio. Passo al dispensario a salutare il personale e a ricuperare Angela. Ovunque saluti effusivi e entusiasti. Specialmente con alcune vecchie lebbrose che gridano di nuovo: “Lomé, Lomé!” Facciamo qualche foto. E poi i bambini: anasarawa, anasarawa... bianco bianco... non ho neanche una caramella nè un soldo in tasca. Angela fa qualche foto: bambini e giocattoli. Ci fermiamo al “Supermercato”, il botteghino “in” di Kolowaré. Saluto il figlio e la mamma. E' lì che di solito faccio i miei acquisti.
Un nugolo di bambini ci segue e ci accompagnano dal capo villaggio. Lo troviamo nel suo cortile. Dall'espressione del volto si direbbe che è veramente contento di rivedermi. Come lo sono anch'io, del resto. Arriva anche qualche notabile. Ci offre tre sedie: per Germain, Angela, e per me. I notabili si siedono sotto il pergolato, sul cemento. Lo saluto, gli dico che sono contento di essere ritornato. Mi dà il benvenuto, ha pregato perché potessi arrivare in Italia in buona salute, e tornare in buona salute. E' contento di rivedermi e chiede a Dio di continuare a proteggermi e a darmi salute per lavorare insieme. Gli offro le foto, sue e dei notabili, invitandolo a distribuirle. Gli dico poi che spero di rimanere a lungo. Prego per lui affinché Dio gli dia tanta saggezza per governare bene il suo villaggio, per fare in modo che le diverse etnie, di diversa religione, possano collaborare insieme, vivere in armonia come una sola famiglia. Al prossimo incontro parleremo dei tre pozzi che ancora mancano. Mi chiede poi se conosco suor Piera con la quale ha collaborato per diversi anni. Darà una lettera ad Angela per lei. Prima di lasciarci facciamo ancora qualche foto. Con i suoi notabili ci accompagna fino al centro del villaggio.

C'è un bimbo che nasce

Passiamo a salutare Tayrou, il presidente del comitato scolastico, ma non lo troviamo. Al ritorno troviamo una signora che vende banane. Mi faccio prestare centro franchi dal figlio della signora del “Supermercato” perché non ho un soldo in tasca, e compro qualche banana.
Ad un certo momento Suor Etta viene a chiamare Angela: c'è una nascita, la invita ad assistere al parto. Con Germain ritorno alla missione. Mi dice che nel pomeriggio il capo kabié di Alibi organizza una festa con la danza “kamu”. L'avverto che parteciperò con Angela. Di passare verso le 15.
Telefono poi a Tchebebe a suor Rita avvertendola che la sua micro di 5500 euro per il pozzo e pompa è stata accettata dal Novara Center e pubblicata nel loro Notiziario. Appena possibile invieranno il contributo. Un bell'aiuto per tutti coloro che gravitano attorno al loro Centro.
Avevo dimenticato che avevo dato appuntamento a Sampoké, il giovane della sera prima che lavora in Nigeria. Germain arirva puntale alle 15, Angela era già qui. Desolato, spiego con non posso partecipare a causa dell'incontro e poi anche perché abbiamo la messa vespertina.
Angela si ferma e mi dà una mano a mettere a posto la missione: pulisce un armadio dai chili di polvere accumulata, poi mette a posto gli abiti. Una parte in valigie chiuse, un'altra in un grande armadio, dato che c'è polvere ovunque in questo periodo di harmattan, amplificata da quella prodotta dalla fila di camions che passano ogni momento davanti alla missione. Con noi c'è anche Bernard che sta smontando un vecchio altare di legno per farne un tavolo.

Il villaggio e i suoi problemi

Ad un certo momento Bernard mi chiama: “C'è un gruppo di persone che viene a vederti”! Guardo: capo villaggio con una dozzina di notabili. Sono gli amici musulmani che arrivano. Li faccio entrare nel salone, cerco sedie e una panca per fare sedere tutti. Angela mi chiede se dò loro da bere. Non ho abbastanza bicchieri.
Con loro c'è Tayrou, un ex dipendente dei Lavori Pubblici in pensione, che è anche presidente del Comitato scolastico. E' l'interprete del gruppo. Vengono a darmi il benvenuto, a ringraziarmi di essere tornato. Augurano buon soggiorno anche ad Angela.
Esprimono poi la loro soddisfazione per la biblioteca ultimata, per i due pozzi scavati. Si evocano gli altri tre che mancano, il problema del telefono, della scuola. Come dicevo al mattino al capo villaggio ripeto che ciò che conta è collaborare mettendo insieme la nostra povertà. Allora si potranno fare cose grandi. Li informo degli incontri avuti in Italia, dei contatti presi con la signora Bottasso di “Energia Solare” che opera non lontano da noi nel nord del Benin, per i telefoni. Probabilmente verranno a trovarci. Invito poi a sensibilizzare i tre quartieri per i pozzi che mancano: devono volerli e partecipare, altrimenti non si possono fare. Se uno non desidera arrampicarsi su un albero, non lo si può aiutare a salire!

Do something before die

Racconto poi cosa avevo letto su un camion incontrato mentre salivo a Kolowaré: “Do something before die”: (Cerca di ) fare qualcosa prima di morire. E' quello che cerchiamo di fare tutti insieme, piantare qualche albero nel villaggio in modo che i loro figli possano raccoglierne i frutti. Angela aggiunge che l'albero più importante che bisogna piantare è quello della pace, se non cè quella, nelle nostre case, nel villaggio, nel paese, non si può vivere. Ed evoca la Costa d'Avorio dove ha vissuto quarant'anni. Vorrebbe ritornare, ma non può a causa della guerra.
Dò al capo villaggio una copia di Afriche. E' in italiano, ma ci sono sue foto e tante foto del villaggio. Spiego che uscirà un altro numero, tutto a colori, sui Kotokoli, di 48 pagine, con foto di Koloware, sue e dei notabili. Parliamo allora dei Kotokoli, del regno di Tchaoudjo, del sovrano Agnoro che ha fatto costruire il villaggio di Kolowaré per curare i lebbrosi.
Il gruppo rimane un'oretta, dalle 16 alle 17. Angela ne approfitta per fare qualche foto.
Li accompagno al cancello e Tayrou mi dice: “Possiamo continuare?” Questa volta gli offro da bere: sciroppo di limone datomi da suor Rita di Thcebebe. Gli chiedo se aveva ricevuto il mio e-mail. Risponde affermativamente. Aveva aperto apposta un account per tenersi in contatto con me. “Pensavamo arrivassi prima di Natale, mi dice, ma non ti abbiamo visto”. Spiego e gli mostro alcuni numeri di Afriche che ho dovuto preparare prima della mia partenza. No avevo potuto arrivare prima perché il lavoro non era terminato.
Ad un certo momento suona la campana della messa. Lo congedo e mi preparo. “Ci sarà poca gente, dice Sylvain, sono tutti alla festa del capo kabié di Alibi”. Una trentina di persone.
Verso le 19 Bernard mi chiama: “C'è un giovane che vuole vederti, quello di ieri sera”. Era venuto prima, ma c'era il gruppo dei notabili e non è entrato. Mi racconta la sua storia. E' uno dei signori della tratta dei ragazzi, da dodici anni in Nigeria. La sua storia la racconto un'altra volta.

14 gennaio 2005