Incontro con i Peul

E' arrivata la prima grande pioggia della stagione. Ma ormai avevo avvertito che sarei andato a Lora. Con il catechista Mathieu partiamo alle 8, passiamo a ricuperare il direttore Barthelemy e via. E' venuta tanta acqua, ma è la prima e la terra è ancora tutta secca. La strada è percorribile senza problemi. Non c'è neppure l'erba alta in mezzo alla strada.

Qualche difficoltà per avvicinare i nuovi arrivati

Poco prima dell'accampamento dei Peul, ne scopro un altro recente, ancora in fase di costruzione. Un nuovo gruppo appena giunto sui luoghi. Un nugolo di bambini fugge in mezzo agli arbusti. Arriviamo nello spiazzo della scuola. I ragazzi e i maestri sono là ad attenderci, ci sono degli adulti, altri arrivano alla spicciolata. Accanto alla strada un gruppo di donne e ragazze peul dell'accampamento vicino, sedute ai piedi di un maestoso albero, stanno intrecciando cestini colorati. Mi avvicino, le saluto, ma parlano solo haussa. Una abbozza qualche parola in inglese. Le invito ad associarsi alla nostra preghiera. Sorridono, poi mi fanno sapere che non possono partecipare per paura dei loro mariti, non sanno se sono d'accordo.
Siamo in 76 sotto la nuova tettoia di paglia che serve come seconda aula scolastica. Il catechista Mathieu traduce in kabié. Utilizziamo i testi del mercoledì di Pasqua: l'ammalato guarito alla porta del tempio e Gesù che si avvicina ai due viandanti. Un invito per tutti a prendere in mano la nostra vita, a non scoraggiarsi, ad impegnarsi seriamente se vogliamo ottenere risultati validi e duraturi.

I problemi del villaggio

Dopo messa facciamo una riunione sui problemi del villaggio, della scuola, dell'acqua. Invitiamo di nuovo le donne e ragazze peul sempre là sul bordo della strada. La preghiera è finita, si parla della vita del villaggio, di problemi che interessano tutti. Si portano nuovi banchi per loro. Si avvicinano, ma non hanno il coraggio di restare, e tornano sotto il loro albero.
Parliamo del certificato di nascita per ogni bambino, se non ce l'hanno, nel mondo di oggi il bambino non “esiste”, poi dell'importanza di mandare i figli a scuola, della sabbia che stanno raccogliendo per la nuova scuola, dei campi in comune per trovare risorse per pagare retta e materiale scolastico, e poi dell'acqua, del pozzo che si doveva fare.

Niente trivellazione anche con il deposito

Quelli del ministero di Sokodé si sono presi gioco di noi. Hanno fatto le trivellazioni altrove, ma non qui, eppure avevamo deposto in banca il libretto con i 150.000 franchi richiesti. Erano venuti a fare il sopralluogo, avevano visto i bisogni, assicurato che sarebbero venuti, invece il programma è terminato e niente pozzo. Forse perché non abbiamo dato abbastanza “mance”, oppure perché troppo poveri, troppo sperduti. Barthelemy, Il direttore della scuola, ha voluto rendersi conto ed è andato al ministero per vedere. Ha trovato un amico, avevano studiato insieme sugli stessi banchi. Gli ha assicurato che il deposito è sempre là, ma che per quest'anno non è stato possibile andare a Lora, il “programma” è stato fatto male, ci sono state malversazioni, sarà per il prossimo anno. Intanto consiglia di fare un pozzo tradizionale, perché non si può vivere senza acqua. E' stato fatto nel villaggio vicino di Kagba. Lo faremo anche a Lora. Pronto a dare loro una mano. L'acqua ci vuole.

Visita e saluto al Capo dei Peul transumanti

Al ritorno ci fermiamo a salutare il capo dei Peul. Questa volta è meno sospettoso e chiacchieriamo a lungo. Ci accoglie sotto una tettoia di frasche. C'è il capo villaggio di Lora, il maestro Barthelemy, il catechista Mathieu. Ci sediamo su delle stuoie. Barthelemy parla in kotokoli al capo villaggio di Lora che traduce in haussa al capo dei Peul che parla solo haussa. Dice che ha inviato i suoi giovani con le mandrie verso il Ghana per cercare terreni dove installarsi. Se ritornano con buone notizie andranno laggiù. Qui sono solo di passaggio. Chiedo se dipendono da lui i nuovi arrivati che stanno installandosi nei paraggi. No, sono dei gruppi diversi non legati alla sua gente.

E la gente scappa e si nasconde

Mentre chiacchieriamo vedo una fila di bambine che arrivano con grossi cesti sul capo: sono andate a cercare i manghi. Siamo in piena stagione. Si dirigono verso le capanne circostanti. Mentre la conversazione continua, osservo la struttura delle capanne: rotonde a cupola, intrecciate con foglie di rafia. Si accede da un'apertura che viene chiusa da una robusta stuoia fatta di canne intrecciate. Dei piccoli capolavori: semplici, essenziali e funzionali. Ma la gente si stenta a vedere. Dico poi al capo che mi piacerebbe salutare la sua gente, è mia abitudine passare per le case. Invece quando arrivo, tutti, donne e bambini, scappano, si nascondono. Alcuni s' intravedono in lontananza. Ogni tanto qualche bambino tira fuori la testa da una capanna e sbircia furtivo, qualcun altro, più coraggioso, passa di corsa, una giovane donna, con abiti sgargianti, osa camminare normalmente poco lontano da noi, per poi scomparire dal nostro sguardo. Il capo sorride e annuisce. La prossima volta dirà alla gente di non scappare.

Aprile 2006