Burocrazia, sicurezza, feste

Aprire un libretto di risparmio a Sokodé

Con Angela, la signora venuta a trovare suor Etta, facciamo un salto a Sokodé. Angela desidera fare foto ai bambini dell'asilo delle Suore. A Sokodé quest'asilo è una instituzione.
Molto “in”. Genitori e bambini sono quasi tutti musulmani, ma li mandano tutti dalle Suore. Io devo mettere a posto la macchina. L'appuntamento è per oggi alle 9 e poi finalmente aprire un conto in banca. Dimentico che ieri giovedì era la Tabaski e del nostro meccanico neanche l'ombra. Proverò al ritorno. Sosta alla UTB (Union Togolaise des Banques). Avevo intenzione di condurre Angela dalle suore mentre facevo le pratiche, ma decide di andare dopo e di rimanere in banca, al fresco.
Incontriamo la nostra suor Rosita e suor Rita, marianista di Tchébébé, la comunità che avevo chiesto il pozzo al Novara Center. Chiedo alla suora se ha avvertito la sua consorella di Kara, suor Lorenza, della nostra visita di lunedì. Tutto a posto e ci attende.
Siamo fortunati. Il direttore c'è. Suor Rita ed io entriamo insieme nel suo ufficio. E' nuovo. Molto accogliente. Faccio alcuni rilievi sulla privacy per non essere circondati dalla gente quando si fanno operazioni come era successo ad una suora qulche giorno fa. Il Direttore si scusa. Ogni volta che andiamo in banca ci accoglierà nel suo ufficio. Se lui non c'è dà ordine al suo vice di fare altrettanto. Mi consiglia di aprire un libretto di risparmio perché sul conto corrente ci sono spese notevoli e non danno nulla. Sul conto corrente la banca prende otto mila franchi al trimestre di tenuta conto e, se gli assegni sono fuori sede, tre mila ogni volta che si fa una operazione. (100 Euro= 65.000 franchi) Dato che non ho grandi progetti o acquisti in vista, opto per il libretto di risparmio e faccio un deposito di centomila franchi. Pensavo di risolvere tutto in breve tempo invece ci vuole quasi un'ora: occorre la lettera del Vescovo, il mio passaporto, e poi anche una fotocopia del passaporto.
Dico al direttore di farla: non possono, non hanno la fotocopiatrice in banca. La porterò la prossima volta. Sul conto della missione di Kolowaré ci sono due firme: quella del vescovo e la mia. Per non lasciare i soldi alla banca se mi capitasse qualcosa.
Suor Rosita avverte Angela che i bambini oggi non ci sono. Ponte anche loro. Dunque niente foto. Ha fatto bene a rimanere con me.
Ci fermiamo un momento nel negozietto che aveva reso il servizio della carta telefonica ad Angela. Si trova quasi tutto, facilmente accessibile, si può parcheggiare comodamente, meno caro dell'altro “supermercato” e il proprietario è gentile. E poi ha un telefono pubblico da cui si può inviare e spedire posta.
Proviamo a fermarci ancora dal meccanico: “E' a casa, se vuoi vado a chiamarlo”! Non facciamo ridere ragazzi, il giorno dpo la Tabaski, ancora festa come ieri! Via a Kolowaré.

Preparativi per la nuova strada

Sto preparando qualcosa da mangiare quando mi sento chiamare. E' il fratello del fabbro El Hadj che mi porta la griglia per il fornello a carbone e un cosciotto di agnello per la festa. Perché possa partecipare anch'io alla loro festa. Come dialogo fra cattolici e musulmani non c'è male. E' un passo consistente che mi trova completamente preparato.
Un dialogo da continuare! Oggi per Kolowaré è un grande giorno. I katerpillar e le macchine che lavorano sulla strada sono arrivate al villaggio. Stanno preparando il manto della strada. Alle 14 esco a salutare i lavoratori. Vedo che uno fa una specie di segno di croce, ma forse ho visto male. Lo saluto in kotokoli: “Io sono di Kpalimé, e sono cristiano, non hai visto il segno di croce? Hai mica un rosario da darmi?”
Entro alla missione, ne prendo uno e glielo offro. Se lo mette al collo tutto felice. Tutto il pomeriggio le macchine lavorano davanti alla missione. C'è molto meno polvere perché un grosso camion passa ad innaffiare la strada prima di deporre lo strato di terra. Il Direttore dei lavori, che va a farsi curare al dispensario, ha assicurato a suor Etta che fra quattro mesi ci sarà l'asfalto fino a Tchamba. Sono indietro di tre mesi sul calendario causa dei fondi arrivati in ritardo.
Verso le 16:30 vedo una grossa macchina fermarsi davanti alla missione. El Hadj con il meccanico mancato alla mattina. Passano a salutare. Sono in festa per una settimana. Almeno! Offro acqua e limone, mostro il numero di Afriche su Kolowaré: mi chiedono se farò un numero anche in francese, dato che il testo è in italiano. Si dilettano delle foto del villaggio. Conoscono tutti. Poi mi chiedono di vedere di nuovo la macchina. Il meccanico non aveva ben capito il problema. El Hadj glielo mostra: manca la griglia di protezione del motore. Dice che può trovarla a Sokodé. Guarda l'olio: ne mancherebbe mezzo litro, di solito queste macchine ne utilizzano 4 e non 3,5.
Ringrazio El Hadji del cosciotto di montone inviato. Si schermisce: “per far la festa insieme”! El Hadji ha una sorella che vive a Varedo, vicino a Milano, col marito e tre figli. L'avevo incontrata qui a Kolowaré durante le vacanze scorse.
Dopo la messa delle 17:30 dò il cosciotto ad Angela. Lo preparerà al forno domenica prossima. Sarà lei la cuora dato che è festa e il cuoco è assente.
Bernard mi dice che è passato Tayrou a vedermi. Di non muovermi domani che verrà con un gruppo di oriundi. Già El Adji mi aveva annunciato che ci sono diversi oriundi al villaggio venuti per la tabaski e per la festa dei lebbrosi. Vogliono incontrarmi. Fanno una riunione e desiderano che sia presente.

22 gennaio: Matrimonio di Christine e fame sulle strade

Oggi alle 10 matrimonio di Cristine, una delle matrone della maternità, figlia del muratore Jacques et Bernadette, con Justin, un cristiano della Chiesa Battista, professore alla scuola media di Alibi. Il rito sarà celebrato nella cappella battisita di Nibawdé. Dobbiamo vedere se desidera celebrarlo poi anche nella chiesa cattolica. Così potrà vivere una vita regolare e accostarsi ai sacramenti. Le suore hanno comperato una batteria di pentole come regalo. Dato che il papà Jacques ha lavorato alla missione invio anch'io un regalino.
I lavori battono il pieno davanti alla missione. Esco a salutare gli operai. “Ho fame, mi dice uno”. “E chi non ha fame” rispondo io. Scambiamo due battute. Vorrebbe anche un calendario. Mi indica il suo capo poco lontano. Si avvicina con il suo furgone. Lo saluto e lo invito a prendere un bicchiere d'acqua. E' un ingeniere di Kpalimé, Jean Awoussou, del sud, cattolico, ha la sorella maggiore suora. Gli dico che sono il nuovo prete cattolico di Kolowaré arrivato da poco. Mi chiede poi un rosario per i figlio. Me ne rimane uno. Glielo dò.
Porto poi all'amico che ha fame un grosso igname da abbrustolire e un calendario. Apprezza. L'altro calendario lo dò a Denise venuta a far pulizie in giardino. Al pomeriggio arriva Aruna Gaulé, l'idraulico che mi ha messo a posto l'impianto dell'acqua e la pompa del pozzo. Gli mostro il numero su Kolowaré e il testo della sua storia. Gliela traduco.
Si riconosce. Gli chiedo di verificare il lavandino della cucina che ha una perdita: la sistema. Dà poi un'occhiata alla candela guasta del filtro, ma non riesce a metterla a posto.
Così pure la terza fiamma, la più grande, del fornello. Cerchiamo di capire tutti e due, ma non riusciamo a risolvere il problema. Devo scendere a Lomé dal rivenditore. Non ha ancora visto i due nuovi pozzi. Andiamo insieme a vederne uno, quello dietro la chiesa. E' amareggiato perché gli agenti hanno chiesto abusivamente 80.000 franchi, circa 120 euro, che non erano richiesti. “Sono soldi che mangiano quelli di Lomé”, dice con tristezza.

Niente accordo per un pozzo e pompe da riparare

Parliamo poi di un problema concernente un quartiere che si era tassato per raccogliere i 150.000 franchi per un pozzo. Avrebbero potuto con 5.000 franchi ripare la pompa poco lontano dal loro quartiere, ma ci sono troppe gelosie e divisioni e poi volevano il pozzo vicino alle loro case. Gli agenti sono venuti per cercare l'acqua e fare il pozzo. Sono venuti tre volte, ma non hanno trovato nulla. Aruna commenta: “In quel quartiere la gente non va d'accordo e poi c'è qualcuno che agisce di nascosto, di notte, per fare del male, “uccidere la gente” - divorare la loro anima - e così il quartiere ha perso i suoi 150.000 franchi. Dopo la terza volta, se non si torva l'acqua, non vengono più. Chiedo se non si può fare qualcosa: “Guarda ho qui i pezzi con me, con 5000 franchi si ripara la pompa e il quartiere ha l'acqua”.
“Va a ripararla, poi vieni che ti dò i 5000 franchi”. Lo accompagna Sylvain, il nostro capo chiesa. Dopo mezz'ora ritornano: “Pompa riparata, ho avvertito il capo villaggio che hai offerto i 5000 franchi per ripararla”.
Andiamo al pozzo della missione che ha sistemato alcuni mesi fa. “Ho una pompa immersa che non costa tanto, vengo e la proviamo, se funziona la tieni, dovrebbe riuscire a far salire l'acqua fino al serbatoio, così non avrai più problemi di acqua, e non dovrai più far pompare”.
Passa a salutarmi Gilbert, un giovane falegname. Mi ha scritto un paio di volte via e-mail. Cercava un corrispondente in Italia. E' scoraggiato dalla città di Sokodé. La vita costa cara e c'è poco lavoro. E' venuto ad installarsi al villaggio. E' anche il responsabile dei chierichetti che cura molto bene. Mi pare un ragazzo affidabile. Cerco di capire se mi può aiutare per la lingua.
Gli dò un testo in kotokoli da leggere: niente, lui è kabié, e poi ha fatto solo le elementari. Gli darò qualche lavoretto alla missione. Intanto lo faccio pompare e innaffiare i fiori.
Mentre innaffia arrivano quattro bambini che si mettono alla pompa al suo posto. Ormai è quasi notte. Dò un paio di caramelle ad ogni bambino e congedo tutti. alle suore, le rispondo, io non ne ho bisogno”. Mi fa pena e tenerezza, ma cosa posso fare? 21 gennaio 2005