Una scuola per Atchibodow

Una malattia da guarire

Pascal, come ogni domenica, mi sveglia alle cinque con la sua musica, che mette a tutto volume nella sacristia non lontana dalla mia camera da letto. La domenica potrei dormire fino alle 5:30. Niente.

Si prega in kabié

Arriva poi discretamente e depone il neccessario per la messa sotto la veranda.
Dopo colazione prego un momento con il breviario sotto la veranda in attesa di Sylvain. Arriva verso le 6:15 e partiamo per Atchibodow. Parcheggio, come al solito, nella piazzetta davanti alla moschea. La suora che fa la catechesi ci ha preceduti ed è già in chiesa.
In attesa della gente mi siedo sotto il portico con il breviario e i testi della messa. Inziamo un po' prima delle 7. Liturgia in kabié.
La suora ha la bibbia in kabié e legge la prima lettura in kabié. Il gruppo è quasi tutto kabié.
Dopo messa avverto che nel pomeriggio verremo con il maestro Barthelemy per fare un incontro sulla scuola.
Siamo a Kolowaré alle 8. Oggi devono venire i preti della parrocchia a celebrare, e io vado altrove. Aspetto un po' e arriva il coadiutore padre Donald.
Alle 8:45 passiamo a prendere il maestro Barthelemy e via a Welu.

La chiesa sotto l'albero

Hanno adibito a chiesa un bello spazio sotto un grosso mango e alcuni altri alberi. Un tavolo vicino ad un muro, ricoperto di un bel tessuto colorato, serve da altare. Per il celebrante una sedia ricoperta con un drappo.
L'appuntamento era per le nove. Mentre la gente sta arrivando prove di canto. Hanno libretti in kabié. Il maestro Barthelemy continua la sua “evangelizzazione” partendo dal segno di croce che fa ripetere a bambini e adulti. Ne approfitto per una breve catechesi, partendo dal vangelo di oggi, sulla Trinità: Gesù che prega il Padre di mandare lo Spirito sui suoi discepoli. Spiego perché noi cristiani facciamo quel segno e qual è il significato.
Il luogo è fresco e accogliente. Conto i presenti: una sessantina. Partendo dalla prima lettura - Filippo che fugge la persecuzione di Gerusalemme e va in Samaria - spiego come nasce la chiesa. Oggi come allora. Anche loro hanno dovuto lasciare le loro terre e cercarne altre. Si sono stabiliti qui. E qualcuno di loro ha sentito il desiderio che la Parola di Dio sia annunciata e accolta dalla sua gente. Ed eccoci qui ad accoglierla.
Ogni tanto, per far tacere il bambino che piange, la mamma coglie un mango dall'albero e glielo dà.

Riso in dono

Dopo messa ci fermiano una mezz'oretta a chiacchierare. Stanno pensando di costruire una tettoia di paglia, dove riunirsi a pregare e per i loro incontri.
Barthelemy suggerisce un luogo centrale, che vada bene per tutti e che non sia troppo vicino alla strada: per la sicurezza e per non essere disturbati.
Parliamo poi delle terre che coltivano, dei loro prodotti e soprattutto del riso che coltivano nelle paludi. Dico loro che sono pronto a comperarne alcuni kili perché lo uso regolarmente.
Prima di partire ci invitano in un casolare vicino. C'è un bel vecchio seduto vicino ad un focolare di tre pietre: i ceppi scoppiettano e sopra c'è una marmitta con ignami che stanno bollendo. Il vecchio degusta la birra di miglio, ne offre anche a noi. Ci sediamo accanto a lui su dei piccoli sgabellini di legno e cominciamo a conversare. Vedo una signora che depone poco lontano una bacinella, dopo un po' arriva il capo chiesa con un sacco: depongono nel sacco il contenuto della bacinella, poi si avvicinano e mi dicono: “Ecco un po' del nostro riso, del riso che coltiviamo noi, è per te”. Chiedo quanto devo: “Assolutamente niente, è un nostro piccolo regalo, siamo contenti di offrirtelo”.
Ritorno a Kolowaré e lo porto al mulino per pulirlo, dato che ha ancora la “camicia”. Come ogni domenica pranzo dalle suore. Si è fermato anche padre Donald. Mi parla del problema del pozzo della parrocchia e del serbatoio. Hanno bisogno una mano. Devo andare a vederli con Gollé per un progetto e preventivo.

Una sscuola per il villaggio

Alle 15:30, con il maestro Michel di Kolowaré che insegna a Atchibodow, ritorno a prendere il direttore Barthelemy e andiamo a Atchibodow per un incontro per la scuola. Ci troviamo sotto il grande albero al centro del villaggio. Poco alla volta arrivano tutti: capo villaggio, anziani, e poi uno stuolo di ragazzi con le loro zappe: stavano zappando poco lontano, forse per un campo comune.
Da tempo sentivo: abbiamo unna malattia grave e vogliamo guarire. La malattia è non hanno la scuola, e ne vogliono una.
Sono venuto con Barthelemy perché è da una vita nella scuola ed è direttore della scuola pubblica di Alibi, conosce tutti e sa come muoversi. Se si inizia, bisogna iniziare bene, con una costruzione in cui i ragazzi si trovino a loro agio per poter studiare.
Barthelemy fa la sua inchiesta: la scuola è privata, sono le famiglie che danno un tanto per pagare i maestri. Hanno una sessantina di bambini, ma al villaggio ce ne sono molto di più: solo una parte va a scuola, sia per mancaza di mezzi, sia di locali, sia forse perché i genitori non vogliono mandarli a scuola, specialmente i Peul che hanno tanti figli, ma non mandano a scuola nessuno: quasi tutti dietro alle loro mandrie.
Barthelemy chiede se il villaggio può dare un muratore, un falegname, portare le pietre per le fondamenta, la sabbia: noi daremmo il cemento e le lamiere per il tetto. Questa è una prima idea. Per la sabbia dicono subito che hanno difficoltà: non è come a Kolowaré che ce n'è in abbondanza, da loro non ci sono corsi d'acqua e di sabbia non ce n'è. Per le pietre pure hanno difficoltà, comunque vedranno. Il muratore ce l'hanno, ce lo mostrano, è seduto con noi, per il falegname e il legname devono vedere, informarsi e cercare. Barthelemy dice poi che bisogna lavorare con il “Plan” - una ONG del Togo che si occupa dei villaggi rurali e delle scuole - e con la direzione scolastica di Sokodé. Dobbiamo parlare con loro per vedere se non hanno già qualche piano di intervento in programma. Andiamo poi a vedere le aule scolastiche. Due costruzioni in terra che stanno crollando. Barthelemy ispeziona poi osserva: per intanto bisogna riparare queste costruzioni, dice, aumentarne la larghezza a sette metri di una e rialzare il tetto di paglia dell'altra: i ragazzi qui non possono lavorare.
All'interno delle “aule” ci sono dei banchi offerti dal Plan: portano il loro marchio. Dunque il Plan conosce la scuola e se ne occupa. Dobbiamo incontrare i responsabili appena possibile per lavorare insieme.
Siamo ormai alle 17. Dobbiamo tornare a Kolowaré. Al mese di maggio, ogni giorno, rosario davanti alla grotta, alle 17;30. Iniziamo oggi. C'è poca gente. Sono tutti al villaggio a danzare perché....hanno vinto le elezioni. Specialmente i Kabié, ma con loro ce ne sono tanti altri.