Prima messa in "Vaticano"

1 Maggio

Levata 5.30. Alle 5.45 il padre mi chiama: le suore mi attendono al cancello. Partiamo quasi subito. Paura di manifestazioni degli studenti. Prendiamo strada laterale. Il campus è stato sgomberato durante la notte. Non incontriamo nessuno. Strada buona, con poco traffico, eccetto camions che vanno in Burkina, Mali, forse in Niger. Il porto di Lomé ha preso il posto di Abidjan, causa della guerra. Sui lati troviamo un gran numero di camion accidentati: riversati ai bordi delle strada e abbandonati.

La parrocchia della SMA

Sosta a Tchébébé. Troviamo giovane prete polacco e un padre che avevo incontrato la sera prima alla Maison régionale, il fratello del regionale. Ci rinfreschiamo. Il giovane - in piena forma - sta studiando lingua e usanze kabyé. Hanno scoperto insediamenti antichi: pipe, terrecotte, strumenti di lavoro. Alle 11 siamo a Sokodé. Sosta dalle Suore. Ritrovo Suor Maria Luisa che avevo conosciuto a Milano.

A Kolowaré

Prima di mezzogiorno siamo a Kolowaré. Mi installo nella cameretta preparata dalle Suore. Suore e chiesa hanno un grande terreno e importanti strutture per i lebbrosi.
Pranzo di festa con budino, torta, compote di manghi. Dopo la siesta visito i luoghi con Suor Etta e Pascal, uomo tutto fare. La chiesa grande e funzionale. Accanto la casa parrocchiale: una struttura ampia con tante camere di passaggio. Abbandonata da 7 anni. Hanno portato via cuciniera, clim, pompa per l'acqua e tutto quello che si poteva prendere. Anche i neons all'esterno della casa.
Con Pascal passo a salutare il suo vecchio padre e alcune famiglie. Mi indica dove posso aver accesso alla rete. Sotto un grande albero vicino a casa sua. Al villaggio si trovano solo alcuni rari punti dove il cellulare ha accesso alla rete. Provo. Funziona. Pascal mi trova cappello e ciabatte nei magazzini delle suore.
Oggi festa del lavoro. Canti, balli, musica tutto il pomeriggio dietro la casa, nella scuola.

2 maggio

Colazione con Sr Etta alle 6.30. Ci incamminiamo tra le costruzioni del lebbrosario per arrivare in “Vaticano”, la cappella e l'insieme delle costruzioni per i vecchi lebbrosi che fanno fatica a muoversi.

Prima messa in Vaticano

Una ventina fra uomini e donne. La maggioranza è cieca. Per la comunione li chiamo per nome. Il nome “vaticano” è legato ad un recinto con casette rosse appartenenti alle suore. Costruite da loro per i lebbrosi. Anche la manutenzione è a loro carico.
All'omelia dialogo con l'assemblea e lascio una frase da ripetere: “la tua parola Signore è lampada per i miei passi, luce per il mio cammino”.
Alle 8 messa comunitaria. Chiesa piena. Corale e bel gruppo di chierichetti con incenso duante tutta la messa. All'omelia dialogo su Paolo e Barnaba. Il presidente del Conseil paroissial mi da il benvenuto alla fine della messa. Rispondo ringraziando. Dopo messa saluto la gente all'entrata della Chiesa.

Capo villaggio e Imam

Con Pascal andiamo poi a salutare capo villaggio: partito a Sokodé. Dall'Imam: partito ai campi. Trovo alcuni saluti utilizzati anche fra gli Anyi e Mossi: kafara, alafia, amina yarabi. Facciamo un giro nel villaggio a salutare alcune famiglie.
Nel pomeriggio viene il catechista Sylvain e prepariamo domande per il catecumenato. Gli parlo dei racconti anyi. Me ne racconta qualcuno kabye. Da utilizzare per la catechesi. Uno interessante sul matrimonio con sequenze nuove che non conoscevo. Mi presenta il lavoro dei catecumeni e i vari programmi.
Dobbiamo preparare insieme domande per l'ammissione dei candidati. Suggerisco domande sulla vita di Mosè. Per alcuni gruppi le domande sono già' pronte. Alcune mi sembrano difficili, specialmente una sul matrimonio. Lo faccio notare. Parliamo del parroco della parrocchia. Suggerisco di andare a salutarlo oggi pomeriggio.

Il parroco della parrocchia

Etta ci dà la macchina e partiamo con Pascal e il catechista Sylvain. Ritrovo la pista di vent'anni fa in Costa d'Avorio. Una ventina di km da Koloware. Sokodé è proprio un grande villaggio. Per arrivare alla parrocchia prendiamo strada sterrata brutta. Sfiorato problema per girare alla missione: una motocicletta stava sorpassando sulla destra.
La prendono bene. Troviamo il presidente del Conseil Paroissial, poi il catechista, poi il parroco appena rientrato da una messa in un villaggio. Giovane, simpatico, cordiale. Ci offre acqua e succo di limone. Do' la nouvelle. Arrivato ieri ci tenevo a presentarmi e a salutarlo. Mi pare abbia apprezzato il gesto. Succede a Charles Kuenin. La missione è stata costruita da Charles. Appezzamento molto vasto. Ovunque la missione ha grandi terreni: gesto oculato. A Koun non abbiamo visto abbastanza lontano, anche se il sottoprefetto ci aveva offerto il terreno.

3 maggio

Levata 5,30. Alle 6 sono in chiesa per la messa e le lodi. Una trentina di persone. Due parole brevi all'omelia tradotte in kotokoli. Colazione alle 6.40. Alle 7 le suore iniziano a lavorare. All'inizio del mese distribuiscono la razione di cibo per il mese agli ammalati più gravi.

La missione: abbandonata da sette anni

Prendo possesso della missione abbandonata da 7 anni. Molto vasta. Costruita con i criteri di una volta, ma funzionale, e con diverse camere di passaggio. Mi installo nello studio e comincio a far passare i libri che Etta mi ha dato. Ce ne sono alcuni sulla lingua tem, di cui il kotokoli fa parte. Un altro bel libro sul francese della Costa d'Avorio. Comincio a studiare qualche frase di kotokoli: i primi saluti.

Giornata continua e rosario alla grotta

Oggi le suore fanno giornata continua. Lavorano fino alle 13. Al mattino si alzano alle 4,40 e sono in chiesa alle 5. Alle 12.30 mi raccolgo nella loro cappella. Hanno un bravo cuoco. Prepara roba locale. Oggi manioca fritta e frittelle con faraona. Alle 17,30 rosario davanti alla grotta. Una trentina di persone. Il catechista dirige e commenta i misteri. Una signora mi ha detto che le ho impedito di dormire durante la predica di ieri alla messa. Mi era già capitato altre volte.

4 maggio: catecumenato e vangelo

Dopo messa arriva Sylvain, il capo dei catechisti con Jean Marie che fa catechesi al collegio. Ci sono una dozzina di catechisti. Prepariamo questioni per il precatecumenato, poi per il primo e secondo anno. Hanno quattro gruppi che fanno catechesi in lingua.
Con Jean Marie facciamo un salto ad Atchibodou a salutare catechista e capo villaggio. Non ci sono. Arriviamo fino a Kparatao dove c'è il telefono. Chiedo se è possibile avere connessione telefonica per internet. No problem, mi dice il giovane. C'è anche la copertura per il cellulare. Si puo' chiamare senza problemi. All'andata mi ferma un doganiere. Voleva salutarmi. Pensava fossi il padre yugoslavo.
Siamo assenti una mezzoretta. Stiamo insieme tutta la mattina sotto la veranda della missione. Questioni a non finire di ogni tipo sul vangelo e usanze tradizionali. E poi sull'omelia dialogata, su come far parlare la gente, coinvolgerla, come fare osservazioni senza mostrare che si è arrabbiati. Verso mezzogiorno rientro dalle suore.
Una famiglia ci porta da mangiare: boulettes di riso e frittelle. Saporite e buone. Siamo nel periodo dei manghi. Ce ne sono a bizzeffe.

5 maggio: il mercato di Sokodé

Dopo colazione Félicité ed io facciamo un salto al mercato di Sokodé, ad una ventina di km. Andiamo nella “macelleria” per comperare carne. Aspettiamo che le donne arrivino con grossi catini in testa con i quarti dell'animale macellato. Félicité è conosciuta e sa farsi trattare bene. Non ci sono tagli della carne, ma solo con osso e senza osso. Telefono al vescovo per salutarlo: fuori per cresime.

L'asilo di Suor Maria Luisa

Andiamo all'asilo a salutare Maria Luisa. Ieri era stata a Tanguieta in Benin, all'ospedale dei Fatebenefratelli. Viaggio in giornata. Meno lontano che andare a Lomé. Ha un bell'ufficio, pulito e in perfetto ordine. Con lei passiamo in tutte le aule a salutare i bambini. Tre classi con una cinquantina di fanciullini. Vado alla posta, ma non offrono connessione internet. Parliamo del telefono a Koloware che non c'è. Mi dicono di andare a trovare il direttore di Togotel, che abita in faccia per chiedere di tirare la linea telefonica fino al lebbrosario.

Una rete di computer

Vado in un negozio accanto alla posta. Hanno una rete con una decina di computer. 300 franchi all'ora. Provo tutta la mattinata, ma con scarsi risultati. Riesco ad aprire alcuni accounts, ma non riesco a scrivere.
Connessione lentissima. Faccio anche un nuovo account galli_silvano@yahoo.fr : lo utilizzo per inviare un paio di mail. Poi con una connessione telefonica normale riesco a scaricare tutta la posta e inviare i messaggi che avevo in memoria. Cerchiamo di mettere una connessione di rete nel mio portatile, ma non riusciamo, anche se sembra tutto o posto. Proveremo di nuovo. Lascio mille franchi per un'ora e mezza di connessione alla rete e la mia personale col portatile Togotel.
Torno dalle suore verso mezzogiorno: coniglio e couscuss saporitissimi, con manghi di prima scelta.

Uffici e Posta

Dopo pranzo accompagno Félicité nei suoi giri....infiniti. Non dipende da lei: uno non è ancora arrivato, l'altro è occupatissimo, il terzo deve arrivare, e poi comincia a piovere forte. Torniamo a casa a prendere fogli per ritirare pacchi per Etta. Suor Petrina, la regionale, è arrivata. In autobus da Lome. Sta mangiando. Passiamo a ritirare gli esami per l'AIDS di alcuni pazienti che le suore stanno seguendo. Andiamo alla posta.
Anche qui tempi lunghissimi. Entro per vedere se la suora aveva problemi, invece no, era la procedura abituale e normale. Il vecchio postier stenta a leggere ed è di una lentezza mortale. Il suo vice è molto affabile e cordiale.
Ci porta lui i pacchi in macchina. Quasi per scusarsi. Finalmente, verso le 17 passiamo a prendere Suor Petrina. Sosta a Kolowaré mentre sta andando in Benin. Ha trascorso due anni a Kolowaré prima di essere regionale.
Etta ha ricevuto oggi lettere con gli auguri di Natale. Spesso le lettere non arrivano, nè qui, nè in Italia. Il francobollo per l'Italia costa 550 franchi, quasi un euro.

6 maggio

Mi alzo verso le 5.15. Piovuto quasi tutta notte. Alla 5.30 sono in chiesa. Pascal aveva suonato le campane alle 4.45. Dico due parole sulla storia del lebbrosario e la nostra storia ispirandomi a Paolo che parla della storia del suo popolo. Dio vede, interviene, ci accompagna ed è sempre presente.

Un giro al dispensario

Il guardiano ci informa che stanotte ha ucciso un serpente poco lontano dalla mia porta.....Le suore mi invitano a tenere la porta sempre chiusa. Dopo colazione, dalle 8 alle 9 faccio un po' di tem con Jean Marie. Registriamo frasi da due libretti. Verso le 9 un giro al dispensario. Félicité mi accompagna in tutti i padiglioni. Ci sono lavori ovunque. Causa pioggia ci sono pochi ammalati: tutti partiti nei campi. Ci sono però diverse mamme venute a far pesare i bambini. Faccio alcune foto con Suor Etta, le due infermiere accanto a lei, qualche mamma con bambino, e mentre il bambino è appeso alla bilancia. Riprendo una mamma mentre riceve uno scampolo inviato da Suor Sabina di Genova. Per ringraziare le donne e mostrare loro dove va a finire la loro roba e il significato del loro lavoro.

Iniziazione alla lingua

Verso le 10 rientro alla missione. Comincio a studiare il tem. Per intanto percorro il volumetto con il tem di base e le frasi più comuni. Poi mi metterò a studiare con il magnetofono.
Mi metto a studiare il tem con la cassetta del mattino. Il cuoco e l'operaio mi ascoltano attentamente. Ridono di gusto, ma sono sorrisi di incoraggiamento. Poi percorro grammatica e elementi culturali tem. Il libretto è fatto bene, molto didattico. Dopo la scuola arrivano due ragazze e mi danno una mano per la lingua.
Alle 17.30 rosario davanti alla grotta. All'inizio poca gente, poi arrivano. Alla fine, per salutare la gente, tiro fuori qualche parola di tem.
Alle 18.45 vespro nella cappella delle suore. A cena scambiamo sui problemi del lebbrosario, come aiutare la gente, responsabilizzarla, sul progetto di una biblioteca per i giovani studenti che non hanno nulla, sui bambini lasciati morire.
Parlando scopro che Sr Félicité appartiene ad una famiglia reale beninese. Ha una certa prestanza nobile.

7 maggio

Alle 4 sento la Moschea vicina che invita alla preghiera con un altoparlante a tutto volume, e non dormo più. Mi alzo verso le 5. Sono in chiesa alle 5,30.

Un clima di non violenza

Ogni giorno recitiamo le lodi tutti insieme con i “Salmi della Savana”, poi alla comunione la preghiera per il Togo. Questa preghiera recitata da tutti, tutti i giorni, in tutto il Togo, crea certamente una mentalità di non violenza, malgrado tutti i problemi del paese.
Dopo colazione provo il furgoncio del dispensario, che qui chiamiamo “bachée” dato che domani devo andare con il capo chiesa e i catechisti ai funerali del padre Henri Bannewart che ha trascorso una vita nei dintorni.
Ne approfitto per arrivare a Kparatao, un villaggio ad una decina di km sulla strada verso Sokodé, e provare la linea telefonica. Dopo qualche problema iniziale, dovuti ai connettori di dimensioni ridotte, riusciamo ad avere la linea e a scaricare la posta, senza andare fino a Sokodé. Suor Etta parte nella campagna per un giro di vaccinazioni.

Visita del capo villaggio

Al pomeriggio arriva una delegazione. E' il capo villaggio con i suoi notabili che vengono a rendermi visita. Li accolgo sotto la veranda. Con me c'è Jean Marie che fa da interprete. Il capo villaggio mi dice che ha saputo che ero passato a salutarlo, e così viene a rendermi il saluto e a darmi il benvenuto nel suo villaggio.
Lo ringrazio della visita e gli dico che sono stato in Costa d'Avorio e che sono venuto per rimanere un po' con loro, per conoscere la sua gente e tutto quello che vivono. Evoco qualche tratto della storia del villaggio ricordando quello che fatto nel 1938 il capo di Kparatao per raccogliere gli ammalati e curarli. Mi piacerebbe poterlo ascoltare con calma quando avrà tempo e opportunità, magari con i suoi notabili.
Rimangono un'ora. Racconto qualche proverbio e una storia. Recepiscono il messaggio: annuiscono tutti e il capo conclude: “Preghiamo Dio perché in questo villaggio non ci siano mai persone gelose che vogliono il male della gente; che possiamo lavorare tutti insieme per far crescere il villaggio”.

Passeggiando con i bambini

Suor Etta torna un po' scoraggiata: c'erano poche persone sotto l'albero dove la gente era convocata per le vaccinazioni.
Dopo il rosario invito i bambini a raccogliere i manghi della missione. Uno stuolo con tre grandi bacinelle.
Le riempiono. Qui posso giocare con i bambini che mi fanno festa senza paura o accuse strane. La gente è ancora molto sana. Passeggio come trent'anni fa a Koun Abronso, con i bambini per mano.
A cena abbiamo ospite il parroco della parrocchia. Tornava dalla visita ad un villaggio. Si ferma fin dopo le 20.30.
Accompagnato da Maria Goretti che frequenta la quinta ginnasio. Per l'occasione Suor Etta tira fuori una colomba arrivata dall'Italia.

8 maggio: i funerali di padre Henri Bannewart

Alle 7.30 partiamo per i funerali di padre Henri a Tchamba. Ha vissuto in Togo 52 anni, gli ultimi anni qui nella zona.
E' stato anche qui a Kolowaré dove ha costruito chiesa e presbiterio.
Tchamba dista 16 km da Kolowaré. Pista ampia e molto buona, anche se ci sono degli avvallamenti dove bisogna stare attenti.
Sono con il capo chiesa Pascal, il presidente del comitato parrocchiale, Germain, un direttore della scuola in pensione, e il catechista Jean Marie. Utilizziamo il furgoncino del dispensario. Arriviamo prima delle 8. Chiesa e presbiterio sono situati leggermente fuori l'abitato accanto ad un collina di laterite da dove si ha una vista magnifica sul paesaggio circostante. Mi dicono che era una collina feticcio sulla quale venivano fare i sacrifici: luogo naturalmente indicato per propiziarsi le divinità.

Per non dimenticare l'opera del padre

Ovunque - qui in Togo - i padri hanno preso grandi terreni per la missione, in cui hanno piantato teck. Mi dicono era il metodo dei tedeschi di cui la gente ha un buon ricordo, molto più apprezzati dei francesi, assicurano. Incontro diversi padri sma del Togo che non ho mai conosciuto, diversi sacerdoti locali, tra cui Richard, originario di Kolowaré, e poi padre Djafalo Bernard che ha preso il posto di padre Henri, il parroco di Thcamba.
Alcuni vengono da lontano, per esempio Gérard Brétillot da una parrocchia di Lomé. Ho la sorpresa di trovare Sr Marcelle Ano-Eba di Bongouanou (Costa d'Avorio) diventata suora marianista. Formazione a Kara, ora è a Tchebebe. Ci invita a passare a bere il caffé italiano perché la sua superiora viene dall'Italia e ne ha sempre in riserva. Scambiamo qualche parola in anyi.
La fanfara sta già suonando sul piazzale della chiesa mentre arrivano le delegazioni. Sono sorpreso di trovare lo stesso disegno della cattedrale di Abidjan: in piccolo, ma identica forma e stile. La sola differenza: ad Abidjan ci sono grandi vetrate laterali, qui semplici nako, vetri apribili.

52 anni tra scorsi in Togo

La cerimonia inizia alle 9: una dozzina di preti e la chiesa quasi piena con le autorità in gran tenuta e in prima fila.
Tutti i canti sono accompagnati dalla fanfara, da una serie di tam tam e da un corno che fa sempre da sottofondo.
All'inizio della messa anche qui come in Costa d'Avorio il presidente del consiglio parrocchiale dà la nouvelle, spiega la ragione della celebrazione: siamo riuniti per far memoria di padre Henri, di tutto quello che ha vissuto nei suoi 52 anni trascorsi in Togo, e in modo particolare nella zona, per non dimenticare il ricordo che ha lasciato e continuare la sua opera.
All'omelia padre Kuntz evoca la figura del padre, i passagi salienti della sua vita, i vari posti dove ha vissuto, le sue priorità, l'attenzione alla cultura, alla storia, alla lingua dei popoli incontrati. Un suo punto particolare era l'attenzione al momento più importante della vita: i funerali.
Aveva creato una corale di donne anziane con il compito di piangere ai funerali, cioè cantare i canti funebri più belli. E poi la sua malattia endemica: la “malattia della pietra”: inguaribile. Ovunque dove è passato ha lasciato tracce costruendo chiese, cappelle, case parrocchiali. Accanto alla sua dimora sempre un mucchio di sabbia e mattoni.
Qualcuno mi dirà più tardi che padre Kuntz, nell'omelia, ha dimenticato un punto importante: il terreno comperato e le piantagioni che padre Henri ha fatto per rendere la chiesa di Tchamba autosufficiente.
Prima dell'offertorio la questua legata ai giorni della settimana, e poi ai Fratelli e Sorelle di Gesù, cioè coloro che non sanno in che giorno sono nati. Danza offertoriale con i frutti della terra: ignami, mais, riso, manghi, più quattro pacchetti di spaghetti infilati in una cesta.

Danze, incontri, ricordi

Alla fine il parroco ringrazia tutti sottolineando i suoi legami strettissimi con il padre Henri, e poi evoca, anche lui, la “corale dei funerali”: ci farà sentire qualche esempio dopo la Messa.
Invece niente canti. Dopo la cerimonia in chiesa, ci raccogliamo sotto gli alberi vicino alla sala parrocchiale “Sant Antonio da Padova”, e iniziano le danze dei vari gruppi. Incontro alcuni funzionari di Kolowaré. Parliamo dei vari problemi del villaggio: telefono, luce, strada, scuola.
Le danze durano fino alle 12,15, poi pranzo alla scuola cattolica. Siamo nella sala delle autorità. Tre portate: antipasto, riso con salsa e pollo, polenta di mais con salsa gombo. Prendo una birra locale. Sono accanto a padre Bernard che ha sostituito Charles Cuenin al villaggio Renaissance. Conosce l'ewe e il mina. Sta iniziandosi alle lingue del nord. Ci invita al suo centro.
Vicino a noi c'è anche il parroco di Tchamba. Mi racconta dei suoi rapporti strettissimi con padre Henri e come un giorno il padre gli abbia salvato la vita. Era rimasto in panne per un paio di giorni su di una strada in foresta in cui non passava nessuno, e finalmente padre Henri lo h a trovato.
Partiamo da Tchamba verso le 14,30. Ne prendiamo due in più. Mettiamo la loro bicicletta nel camioncino. Siamo a casa verso le 15. Mi riposo fino alle 16.
Alle 17,30 le suore ed io andiamo alla grotta per il rosario, ma Pascal ha dimenticato di suonare e non c'è nessuno. Lo recitiamo noi tre con due bambini.

9 maggio: prima messa in “Vaticano”, poi in parrocchia

Alle 7 sono in “Vaticano”. Questa volta da solo. Il catechista ha preparato tutto, e c'è Mathieu, il sarto gobbo, che traduce. All'omelia dialogo con gli ammalati per vedere cosa hanno capito del vangelo. Rispondono a tutte le mie domande. Mostro qualche esempio concreto di che cosa significa amare: padre Henri, i sessant'anni di presenza delle suore al lebbrosario.
Al Padre Nostro contemplo le mani alzate: vedo i moncherini di Veronique che si tendono supplicanti verso il cielo.
Alla messa parrocchiale delle 8 ci saranno cinquecento persone. Vedo una busta con 2.000 franchi per una intenzione di messa. Anche qui stesso metodo: omelia dialogata. Rispondono in parecchi.
Sono un po' a disagio per tutte le questue che fanno o che devono fare, ma la gente non sembra sconvolta. Sono abituati, e poi, mi si dirà, devono imparare ad essere autosufficienti.

Cristiani e musulmani

Mi stupisco per tutte le persone che ci sono in chiesa, dato che siamo in un ambiente totalmente musulmano.
Poi mi dicono che parecchi vengono a piedi da villaggi vicini, o lontani diversi km. Dovremmo andare qualche volta noi da loro. Alla fine della messa alcuni chiedono di confessarsi. Mi rivedo agli inizi del mio soggiorno in Africa, negli anni '70, a Koun Abronso, quando non capivo una parola. La gente si confessa in Kotokoli le mie orecchie sono ancora chiuse.
Dopo messa con suor Etta facciamo un giro nei locali della scuola cattolica per incoraggiare i giovani catecumeni che fanno gli esami di passaggio. Le questioni le abbiamo preparate insieme con il catechista. Abbiamo una parola di incoraggiamento per ogni gruppo.
Etta mi indica il luogo dove vorrebbe aprire una biblioteca, poi la casa di un infermiere, chiusa.
Ne era venuto uno, ma è scappato subito, disperato dalla desolazione dei luoghi.
Oggi Etta ci prepara la pizza inviata da Suor Sabina. Per coronare il tutto alla fine del pranzo caffé lavazza.
Al pomeriggio correggo le composizioni del mattino. Si vede che i ragazzi sono preparati, anche se hanno molto difficoltà ad esprimersi in francese. Lavoro fino alle 17.30, poi adorazione in chiesa. C'è un buon gruppo che prega, anche se non molto numeroso. Terminiamo con i vespri.

10 maggio: cultura tem

Oggi, dopo la messa, benedizione delle sementi. Mi inizio alla cultura tem. Nel libretto di lingua c'è anche una parte culturale molto ben fatta.
Sto pensando ad un numero di Afriche. Studio poi lingua tutta la mattina. Viene Edmond, un giovane con una stampella e cominciamo a registrare i sillabari della SIL: il pre-sillabario e una parte del primo volumetto. Edmond mi dice che è stato lui a togliere tutte le erbe della missione prima del mio arrivo.

Visita del consiglio parrocchiale

Oggi le suore fanno orario continuo e rientrano alle 13,15. Nel pomeriggio ho alcuni incontri alla missione.
Verso le 16.30 arriva il consiglio parrocchiale con il presidente in testa. Vengono a farmi una visita ufficile e darmi il benvenuto. Mi chiedono quanto tempo rimango. Spiego che ho anch'io un capo e devo obbedire. Ho un lavoro da svolgere a Genova e mi posso fermare al massimo fino inizio settembre. Ma ritornerò, se Dio vorrà.

Gli insolubili problemi del villaggio

Poi evocano i problemi del villaggio: acqua e telefono e le varie incomprensioni del passato con reticenze e resistenze.
Vedremo insieme quello che si può fare.
Alle 17.30 rosario.
Un po' prima mi faccio aiutare dai bambini a ripetere i giorni delle settimana. Si spanciano dalle risa. Oggi c'è anche Emilienne, la giovane handicappata. Arriva spinta da una ragazza sul suo carrettino. Sorriso sempre presente. Mi avvicno e scherzo un po' con lei facendomi aiutare a ripetere i giorni della settimana.

Anche qui l'AIDS

Dopo il rosario Etta mi invita al dispensario per vedere una giovane con l'AIDS: molto grave.
Stanno facendo di tutto per aiutarla. Sdraiata su una stuoia. Un giovane le fa un po' di aria con un ventaglio. La suora le ricorda le medicine da prendere e gliele porge.
Parliamo della visita del consiglio parrocchiale e dei loro problemi. Dobbiamo vedere la direttrice della scuola che conosce le condizioni per scavare pozzi nei quartieri. Non si può fare quel che si vuole.

11 maggio

Dopo colazione il cuoco mi chiama. Ha in mano un pollo. “Sai quelli dovevano preparare il pranzo per te, non possono, oggi, e mi hanno dato un pollo per il pranzo di oggi”. Questa gente non ha quasi nulla e dà tutto.

E se facessimo un paio di pozzi?

Alle 8 sono in casa parrocchiale dove abitualmente lavoro al mattino. Arriva quasi subito il presidente del consiglio parrocchiale, e continuiamo i discorsi dell'acqua e del telefono. Mi informa che i genitori che hanno i bambini a scuola non hanno voluto o potuto pagare le quote per raccogliere il denaro neccessario per il pozzo della scuola.
Chiedono che sia la scuola a fornire il denaro. Mi informa poi che il capo villaggio ora è d'accordo perché ogni quartiere raccolga il denaro per un pozzo. Due quartieri stanno facendolo. Suggerisco di offrire il campanile per porre l'antenna per il telefono mobile. E' d'accordo. Devo vedere con le suore.
La scopo della visita era di ricuperare le copie corrette dei ragazzi catecumeni che hanno fatto l'esame di passaggio e di quelli della prima comunione e che devono essere cresimati. I ragazzi hanno lavorato bene.
Uno solo è insufficiente. Lavoro tutta la mattina alla lingua, al francese d'Africa, alle usanze Tem.

Le suore in panne sulla strada

Avevo appena iniziato la siesta che Etta mi chiama: “Sai qualcosa di meccanica? Ci sono delle suore in panne sulla strada nei pressi di Alibi, dobbiamo andare a dare loro una mano”. Prende il volante del furgoncino e via. Arriviamo ad Alibi, niente suore, continuiamo, un secondo villaggio, sempre niente, poi un terzo... non si vede nessuna macchina.
Forse abbiamo capito male o il ragazzo che è venuto per la commissione, tutto fuori di sè, si è spiegato male. Siamo quasi tentati di tornare indietro. Decidiamo di continuare fino a Tchamba. Ad un certo momento vediamo una macchina.
Etta grida: “Ma sono le mie suore di Sokodé!” Da quanto tempo erano ferme sul ciglio della strada? Almeno un paio d'ore. Ma non sembrano distrutte. Si vede che sono abituate a questo genere di problemi. Provo a mettere in moto il motore. Niente! E se mancasse la benzina?
Lo pensano anche loro. Decidiamo di andare a Tchamba a prenderne un po'. Ma non abbiamo nè denaro, nè patente, dalla fretta di partire. Le suore ci danno 3 mila franchi.

Un po' di benzina con un meccanico

Troviamo un distributore e spieghiamo il problema. Le suore sono conosciute da tutto il circondario.
Tutti si prestano. Ci suggeriscono di prendere con noi un meccanico, caso mai ne avessimo bisogno. Ce n'è uno vicino. Gentilissimo. Ci prestano un bidone e via. Dopo una semplice prova - aspirando dal carburatore con la bocca - il meccanico capisce che era proprio la benzina che mancava. Con due foglie di tek fa un imbuto e butta dentro tutto il contenuto del bidone. Ancora un paio di succhiate dalla pompa di benzina per buttarne un po' nel carburatore e la macchina parte al primo colpo.
Suor Etta ritorna a Kolowaré con la macchina delle suore.
Io riporto il meccanico a Tchamba e ne approfitto per far mettere a posto la cintura di sicurezza della bachée che non funzionava. Al mio rientro trovo ancora le suore a Kolowaré. Stavano riprendendo le loro forze.

12 maggio: dal vescovo che non c'è

Dopo messa, alle 7.15, parto a Sokodé con Bernard per acquisti per la casa: travi in legno, bidoni di pittura.
Andiamo prima dal vescovo. Abita un po' fuori, in un quartiere periferico.
Bernard mi assicura che conosce la strada per arrivarci. Infatti ci perdiamo nella campagna. Con l'aiuto di passanti alla fine troviamo. Il vescovo è ancora fuori sede. Il Nunzio ha convocato tutti i vescovi in Benin.
Il vescovo dovrebbe tornare domani. Vedo registro battesimi: 20.000 franchi. Lo prenderò la prossima volta. Saluto il segretario. Passerò di nuovo settimana prossima. Il vescovado è un po' fuori mano, in un luogo isolato e tranquillo.

Pittura e travetti per il dispensario

Un salto dalle suore NDA per la posta e lasciare un po' di manghi. Saluto Maria Luisa.
Mi dice: “Suor Etta non si vede mica tanto spesso”. “E' mica come i preti che sono sempre in giro a spasso.
Lei lavora, e inizia alle 7, tutti i giorni”, rispondo. Andiamo a cercare pittura. Dobbiamo fare due magazzini.
Andiamo poi a prendere due travetti: nel luogo indicato non ce ne sono, ma alla fine li troviamo: 5000 franchi.
Ne approfitto per vedere tessuti e se trovo un abito confezionato. Una signora gentilissima mi accompagna, ma non troviamo nulla.

Ferramenta e tessuti

Trovo un botteghino vicino al magazzino di ferramenta, dove padre Henri di Tchamba andava a comprare la sua merce.
Ha lasciato un gran ricordo. La fanciulla vende solo tessuti, ma niente di confezionato. Prendo due scampoli a 3500 franchi. Cerco una libreria. Ne trovo due ma non c'è assolutamente nulla.
Non riesco a trovare la SIL, l'istituto di linguistica che ha preparato fascicoli sulla lingua tem. Passo da Tchakala per connessione ad internet. Faccio quella normale con 325 franchi.
Scarico e invio posta senza nessun problema. Il capo mi dice che se voglio potrei utilizzare il mio portatile per navigare in internet, ma non per utilizzare outlook. Vedremo più avanti.

Ricordando Tymothée

Tutte le sere alle 17,30, rosario davanti alla grotta. Questa sera, 12 maggio, il catechista Sylvain inizia il rosario con questa intenzione: “Preghiamo per Adji Tymothée, deceduto oggi”.
La suora mi informa: “Stamattina alle 7,30 ho visto che vomitava sangue e ho chiesto ai familiari di portarlo all'ospedale di Sokodé, noi non potevamo fare più nulla, invece lo hanno portato da un guaritore”. Alla sera, verso le 18, parte la luce, ed è buio.
Preghiamo i vespri con due piccoli neons che le suore previdenti hanno in riserva. Di solito, tutte le sere a quell'ora, la luce se ne va e ritorna verso le 2 di notte. Verso le due mi sveglio con la luce accesa in camera.

13 maggio: il primo funerale

Dopo messa viene alla missione Mathieu, il nano gobbo traduttore che è anche sarto, a prendere le misure per le mie camicie. Ma ho sbagliato: ho dimenticato di comprare la fodera. Il tessuto è troppo leggero e ci vuole un rinforzo. Vedremo con le suore se hanno in giro qualche scampolo. Ci sono diversi modelli. Mi consiglia il “provvisorio”.
Mi avvertono che in giornata ci saranno i funerali di Tymothée Adji. Alle 8 sono alla missione.
Sto iniziandomi alla lingua e uzanze tem. Alle dieci mi chiamano: il corteo sta arrivando da Alibi, il villaggio vicino. Accolgo la salma del catecumeno alla porta della chiesa, poi celebrazione della parola in chiesa con omelia. Vanno al cimitero da soli. C'è troppo sole e non ho il cappello. Sono arrivato da poco e devo stare attento. Arrivati al cimitero tolgono la salma dalla bara e la depongono nella terra avvolta in un lenzuolo. La bara si riporta nella camera mortuaria vicino alla chiesa e servirà per gli altri defunti. I Cristiani hanno una sola bara per tutti i funerali, e la conservano con cura.

I problemi del Dispensario

Nel pomeriggio faccio due chiacchiere con Etta sui problemi del dispensario, della gente che lavora, dei miseri salari che ricevano, dei casi disperati che tutti i giorni si presentano.
Al rosario delle 17,30 mi chiedono di commentare i misteri della luce. Mentre aspetto la gente scambio qualche parola in Kotocoli. Ho imparato i giorni della settimana. La mia “maestra” Emilienne - la ragazza del carrettino - è tutta contenta dei miei progressi. Sylvain avverte che domani non ci sarà messa al mattino, ma alle 17,30 delle sera.
Verrà il nostro parroco per incontrarci.
Dopo il rosario il sarto Mathieu passa dalle suore a prendere la fodera della camicia: non va bene, troppo spessa e di un materiale che non lascia respirare. Decidiamo di fare le camicie senza fodera. Metterò sotto un canottiera.

Cena al lume di candela

Come al solito niente luce. Vespri e cena con i due piccoli neon. Per cena preparo un po' di pane arrostito per tutti: “la zuppa arrostita” della mia infanzia. Perfin buona. Etta ne assaggia appena, Félicité mi fa compagnia.
Dopo cena Félicité racconta una storia della sua gente. Non la conoscevo. Alle 21 ci ritiriamo. La luce torna all'una di notte. Per la gente la luce non fa problema perché sono molto pochi quelli che l'hanno in casa: bisogna pagarla, e la gente ha altre priorità.

14 maggio

Alle 6,30 sono in cappella per le lodi. Colazione con le suore alle 6,45. Alle 7 mi sposto nella casa parrocchiale.
Verso le 8 vengono a trovarmi due pensionati del lebbrosario: Raymond Baroma che ha lavorato 41 anni come infermiere generico, battezzato da Mons. Strebler nel 1960, e Bamele Pauline battezzata e sposata nel 1962, sempre da Mons. Strebler. Il suo è stato il secondo matrimonio cristiano a Kolowaré. Il primo quello di Georges Kontoa, il vecchio cieco.

Il mercato di Kolowaré

Mons. Strebler veniva da Sokodé il mercoledì e la domenica per la messa. All'epoca c'erano solo quattro diocesi: Lomé, Atakpamé, Sokodé, Dapaong. I due evocano i problemi del villaggio, per esempio il grosso problema del mercato.
Ne avevano costruito uno nuovo, grande e spazioso, perché il posto che occupava all'interno del villaggio era troppo esiguo. Dopo un po' di tempo il capo villaggio ha fatto spostare di nuovo il mercato dove era prima. Parliamo anche dei pozzi e del telefono. Dico che bisognerebbe agire sugli oriundi del villaggio. Il villaggio é diviso in quartieri per gruppi etnici.
I cristiani hanno chiesto una parte per loro e il capo superiore di Kparatao ha accordato loro un grande appezzamento. Per intanto sono ancora disseminati un po' ovunque.

Bambini che pregano

Oggi a tavola frittata e ignami bolliti. Il cuoco è proprio bravo. Verso le 17 il parroco telefona: non puo' venire per la messa. Mi chiede di sostituirlo. Mentre aspetto in chiesa che la gente arrivi, vedo Cyrille e Benjamin, due bambini di 5 e 7 anni che recitano il rosario nel primo banco della chiesa. Mi avvicino e mi unisco alla loro preghiera, rispondendo alle loro Ave Maria. Io enuncio i misteri e loro dicono la prima parte.
Messa verso le 17,45. Tanta gente, un centinaio di persone. All'omelia accenno ai due bambini e alla loro preghiera. Alla fine della messa arriva il parroco. Saluta le gente, mi presenta il direttore della scuola: chiede una messa per la fine dell'anno scolastico: venerdì prossimo. Passa poi dalle suore e mangia qualcosa con noi. Ci fermiamo a chiacchierare fino alle 20,30.

15 maggio: il secondo serpente

Al mattino lavoro un paio d'ore con Jean Marie per registrare testi in tem. Poi prendo note dalla tesina sul Sida di Padre Urbain che mi ha passato Suor Etta. Viene a trovarmi Blaise, un ragazzo in quatrième, che ha problemi con la scuola. Dice che non riesce più a studiare. Devo vedere con le suore. Alle 14 Sr Etta ed io partiamo a Sokodé. Problemi con il telone del furgoncino che si stacca.
Dobbiamo fermarci un paio di volte per legarlo. Ma è stato fatto male e messo male.
Passiamo a portare la fotocopiatrice rotta, ma il riparatore è assente. Andiamo al mercato per acquisti. Compero due pezze di tessuto per me per un completo. Andiamo per connessione internet. Etta prenota un'ora. Era da tempo che non andava. Passiamo dalle suore a ritirare i pacchi di medicinali di Etta.
Andiamo poi dal padre Michel per info su documenti tem. Lavora con la SIL. Mi procurerà i documenti disponibili e mi farà vedere la sua tesi sui Tem. Ci diamo appuntamento per mercoledì alle 8, così telefonerò anche al vescovo per vedere se c'è e passare a salutarlo. Siamo a casa verso le 18, quando la gente sta tornando dal rosario. Una serata ancora senza luce. Manca quasi tutte le sere. Vespero con ognuno una candela sulle ginocchia.
Mentre ceniamo il guardiano chiama Suor Etta e le mostra un serpente appena ucciso vicino alla mia finestra.
Al mattino le donne ne avevano ucciso un altro vicino al cancello. Da quando sono arrivato è il secondo che il guardiano uccide nel cortile.