Il predicatore della notte

16 Maggio

Alla messa in "Vaticano" c'è anche Etta. Non verrà alla seconda messa.
Alla messa delle 8 ci saranno 600 persone. Sanno che c'è il padre e vengono anche dai villaggi vicini. A piedi. Da notare: una comunità cristiana in un ambiente totalmente musulmano.
Dopo messa mi fermo a parlare con la gente. Il direttore della scuola mi ricorda che mi aspetta da lui domani alle 8 e che venerdì ci sarà la messa di fine d'anno in chiesa alle 8.

Il gruppo vocazionale

Sto preparandomi per andare a scuola ad incontrare i rgazzi, quando vedo arrivare un gruppo di giovani.
"Siamo un gruppo vocazionale, mi dicono, ci puo' dare una mano?" Sono una decina di ragazzi in del ginnasio e liceo.
Il responsabile è in liceo. In Italia andiamo a cercare noi i giovani, qui vengono a cercarti loro. Faremo un incontro settimanale dopo la messa. Dovevo andare alla scuola per incontrare i ragazzi, invece rimango con loro.

Al mercato di Tchamba

Alle 14 con Sr Félicité andiamo al mercato di Tchamba, a 16 km da Kolowaré. Con il furgoncino. Guida la suora.
Una marea di gente variopinta e di ogni tipo. Si trova di tutto. Parecchia roba e gente viene dalla Nigeria. La suora incontra tante conoscenze: gente venuta da lei al dispensario. Lascio la mia borsa con il computer da una sua conoscente ai bordi della strada. Compera verdura e poi foglie speciali per la salsa. Passeggiamo a lungo. Vedo uno che la chiama da lontano. Evidentemente un suo “cliente”. Ci conduce vicino al suo banco: vende radio e televisioni. Ce ne offre una a colori a 65.000 franchi. Non lontano un parco di motociclette e biciclette. Pare che vengono dalla Nigeria. Entro in un botteghino del telefono e faccio una connessione ad internet.
Con 75 franchi spedisco e ricevo la mia posta. E ad alta velocità... si fa per dire... 50 kbs. Si vede che le linee telefoniche funzionano bene.
Poi mi ricordo che di Tchamba è originaria una delle mogli del presidente. Un francobollo per l'Ialia costa 550 franchi. E non si è sicuri che la lettera arrivi.

Visite a... distanza

Facciamo un salto verso la chiesa che la suora non conosceva. Deve passare in mezzo al mercato con la bachée. Senza una grinta riesce a districarsi tra gente, camions, capre, pecore, bambini, venditori. Andata e ritorno stesso tragitto, stessa ressa e stessa sicurezza.
Tornando ci fermiamo a fare benzina e ne approfittiamo per far sistemare un faro malandato. Vede un bambino che era passato qualche tempo prima al dispensario.
Fa una rapida consultazione, poi invita i familiari a riportarlo al dispensario: ancora anemico e probabilmente con vermi. Domattina devono portargli anche le sue feci “ma non in una scatola di fiammiferi”, raccomanda.
Dopo cena do' una mano a Sr Félicité a contare la quête. Ce sono due: una per la chiesa con 1500 franchi e una per il parroco con 1790 franchi.
Le suore hanno ricevuto un messaggio importante: finalmente è arrivata la macchina per le analisi. Si trova dalle loro suore a Lomé.

17 maggio: visita alla scuola

Alle 8 sono atteso alla scuola. Vado dal direttore che mi invita in un aula dove ha convocato i maestri.
Pensavo di trovarne 6, invece sono 13. Mi spiega: i bambini sono talmente numerosi che hanno dovuto raddoppiare le classi, A e B, e poi c'è anche la scuola preparatoria. Nelle due sezioni alcune classi sono doppie, talmente i bambini sono tanti. In tutto hanno più di 400 scolari. Rimango con loro una mezz'oretta, racconto alcune storie sull'impegno, sul Togo di domani che è nelle loro mani, poi domando se conoscono Hampaté Bah. Uno conosce la frase famosa del vecchio e la biblioteca che brucia, un maestro giovane ha letto Wangrin, ma gli altri non lo conoscono. Mi chiedono come mai sono arrivato a Kolowaré, e come ho fatto per conoscere le suore. Spiego che faccio parte della stessa famiglia dei padri che c'erano prima e racconto come è nata la SMA e le Suore NDA.

E si facesse un gemellaggio?

Mi chiedono di essere in rapporto con una scuola italiana. E' una buona idea per aprire mente e cuore ai nostri scolari di qualche scuola italiana. E poi parliamo dell'acqua che i bambini non hanno alla scuola. Per bere devono andare all'ospedale. Bisognerebbe scavare un pozzo. La direttrice mi spiega che basta deporre alla prefettura 150.000 franchi e poi i pozzo si puo' fare. Sto pensando di dare loro una mano. Passo poi a salutare in tutte le classi assieme al direttore e la direttrice. Ovunque classi numerose.
La maggioranza è musulmana, ma frequentano la scuola cattolica, e tutte le catechesi e la messa. Mi stupisco. La direttrice mi spiega che è la regola: da sempre. La gente lo sa ed accetta senza problemi. Venerdì, alla messa di chiusura, devo tenere presente questo. Passo anche alla scuola materna. Una dozzina di bambini. Ne conosco tre che vengono al rosario alla sera. La scuola è situata su un terreno molto vasto con una grande campo da gioco accanto.
Parte delle aule sono state costruite da padre Henri, altre dalla direzione diocesana, altre dalle suore.

Visita agli ammalati

Dopo la scuola continuo verso il dispensario a salutare gli ammalati e a fare qualche foto. Prima da solo.
Maternità, Vaticano e dintorni. Poi mi accompagna Etta ed entro nei vari reparti. Mi viene incontro uno spettacolo raccappriciante: un cadavere ambulante col volto e corpo sfigurato dalle piaghe. Una epilettica caduta nel fuoco: la gente, al posto di tirarla fuori, era attorno a lei a gridare. Le suore fanno tutto quello che possono. Andiamo a salutare Maryam e Shadia, le due giovani con l'AIDS. Accanto a loro c'è Issouf, un bambino di 9 anni, morsicato da un serpente: dormiva davanti alla porta, e il serpente l'ha pizzicato lì. Gli hanno fatto il vaccino. Etta mi spiega che deve rimanere in osservazione 7 giorni, prima di essere dichiarato fuori pericolo. Mi mostra la gamba gonfia e l'ematoma. Visito tutto l'ospedale, anche i “reparti speciali” per il Peuls, che non possono o non devono mischiarsi congli altri. Entro nel laboratorio per le analisi: ben equipaggiato. Per intanto possono farne solo alcune, ma è arrivato un apparecchio a Lomé che dovrebbe rendere autonomo il dispensario per ogni tipo di analisi. Passiamo poi a vedere un bimbo nato ieri sera: ancora tutto rosa. Facciamo gli auguri alla mamma.

Passeggiando per il villaggio

Continuiamo poi per le stradette del villaggio dove abitano gli ammalati. Ognuno ha una storia, come ad esempio Véronique che ha perso tutto. Le suore le hanno ricostruito la casa e le hanno dato un lucchetto per chiudere la porta. Mi stupisco dell'ampiezza del villaggio. Etta mi ricorda che ha circa 3500 persone. Ad un certo punto c'è una vista magnifica: le montagne sullo sfondo, poi grandi prati e alberi con capanne disseminate, o raggruppate. Passiamo di abitazione in abitazione a salutare la gente. Alcuni sono i miei clienti della domenica. Quelli che incontro in “Vaticano”.

18 maggio: il secondo funerale

“Non solo devo curarli da vivi, ma devo occuparmi di loro anche da morti”, mi dice suor Etta.
Questa mattina alle 5,30 sento suonare l'agonia. La vecchia Anna se ne è andata. Arrivando in chiesa Pascal mi dà ufficialmente la notizia. Funerali in mattinata. Dopo messa vengono da Suor Etta a prendere il lenzuolo funerario e una coperta. Prima di passare nella casa parrocchiale dove lavoro e ricevo la gente, faccio un salto salutare Emilienne, l'handicappata.
La vedo tutte le sere al rosario. Arriva con la sua carretta spinta da deu bambini e le ho promesso tante volte che sarei passato a salutarla. Fra la casa delle suore e l'ospedale si trova un lungo viale delimitato da grandi alberi di manghi.
E siamo in piena stagione. Se ne trovano ovunque. Sui bordi delle strade la gente le vende a grandi bacinelle.

Visita ad Emilienne e a Mathieu

Emilienne si trova all'inizio del viale, all'entrata del villaggio. Devo fare circa cinquecento metri per arrivare da lei.
E' seduta sotto una tettoia di paglia, il carrettino accanto a lei, i suoi pochi prodotti su di una tavoletta sopra un secchio. Dietro alla sua capanna di paglia un'altra identica. Mi sento chiamare. E' il sarto Mathieu, il nano gobbo. E' al ristorante per fare colazione. A base di frittelle di fagioli bianchi cotti su di una piastra di pietra. Un aria appetitosissima. Faccio qualche foto. Mathieu mi invita poi a vedere il suo atélier di sarto poco distante.
Ci sono due macchine da cucire. Sta facendo un paio di camicie per me e un completo. Una camicia è pronta: mancano solo i bottoni. Si mette in posa e faccio un paio di foto. Con lui c'è anche una signora, una sua apprendista, che vuole anche lei la foto accanto alla macchina da cucire. Esco e incontro Bernard, il ministro straordinario dell'Eucaristia.
Mi invita anche lui a casa, e mi mostra i campi di sesamo. Faccio una foto della cucina: una capanna rotonda con una grande apertura. Un po' prima delle 9 sono in casa parrocchiale. Quasi contemporaneamente arriva Denise per le grandi pulizie.
Hanno pulito prima del mio arrivo. Siamo accanto alla pista, e di polvere ne entra in quantità.

Arriva il corteo funebre

Faccio appena in tempo a tirar fuori il mio computer dalla borsa che mi vengono a chiamare. Il corteo funebre sta arrivando.
Lo accolgo sulla porta della chiesa. La deceduta é una cristiana battezzata. Scoprono la bara: benedico e incenso la salma, avvolta nel lenzuolo bianco di Suor Etta, solo il volto è scoperto. Poi entriamo in chiesa per la liturgia funebre. Anche in chiesa tolgono il coperchio dalla bara prima di benedire e incensare la salma. Questa volta mi sono premunito. Cappello e occhiali da sole. Accompagno il corteo al cimitero.
Pensavo fosse dietro la chiesa o nei paraggi. Usciamo e ci inoltriamo per un sentiero in mezzo alla campagna e camminiamo, camminiamo. Davanti a noi due giovani, uno davanti l'altro dietro, con un cuscinetto in testa sui quali è deposta la bara che tengono a posto con le mani. Non deve essere molto pesante. Il sentiero è stretto e bisogna camminare uno ad uno. Guardo dove metto i piedi perché siamo in mezzo alle erbe. Non è impossibile che ci sia qualche rettile. Camminiamo per un paio di km, sotto un sole che ti sferza. Ho tenuto il camice.

Il cimitero in mezzo alla campagna

Ad un certo momento vedo un gruppo di gente ferma in mezzo ad un prato. E' il cimitero. Hanno scavato una fossa a due piani. Un primo livello ad una settantina di cm dal suolo, poi al centro un loculo profondo e ristretto, della largheza di un corpo umano. Vicino alla terra rimossa una serie di bastoni. Benedico la tomba, poi la salma che viene tolta dalla bara. Sul fondo dell'abitacolo della defunta si pone una coperta sulla quale si adagia la salma avvolta nel lenzuolo bianco. La si mette su di un fianco, col volto rivolto ad occidente. Una volta composta la salma, il loculo viene ricoperto con i bastoni deposti accanto alla tomba.
Questo strato di legna separa la salma dal resto della tomba creando all'interno una specie di bara naturale. Nella parte della testa, sopra la legna è posta una stuoia. Terminata l'opera, lo strato di legna e la stuoia sono ricoperti con foglie di tek. Sopra le foglie viene poi spalamata una pasta d'argilla che chiude accuratamente, quasi sigillandolo, l'abitacolo dove è collocata la salma. Alla fine si ricopre il tutto con la terra. Dico due parole sulla “madre terra” che ha nutrito con i suoi prodotti, durante tutta la vita, la nostra sorella Anna e che ora se la riprende nel suo seno: ora è la terra che si nutre di Anna. Tornando dico al catechista Pascal che piacerebbe anche a me essere sepolto in quel modo se dovessi morire qui.
Pascal mi spiega che quei due ettari di terreno, dove si trova anche il cimitero, è stato acquistato da padre Henri per la chiesa. I catechisti hanno il loro appezzamento che coltivano. E poi ci sono alcuni altri ettari dove sorge il complesso del lebbrosario, la scuola, le case delle suore e del padre. Al ritorno sono in un bagno di sudore. Tolgo i miei indumenti e li stendo su degli attaccapanni. Lot, il cuoco delle suore, mi interpella “Hai fatto il bucato?” “No, rispondo, sono troppo pigro, si è fatto da solo”!

Una micro per giovani agricoltori

Suor Etta mi chiede di preparare una micro per il Novara Center.
Per dare una mano ad una decina di giovani: un paio di zappe, un macete, sementi, concime, due pecore ciascuno. La preparo aggiungendone anche un'altra per un pozzo alla scuola. In tutto 1250 euro. Domani spedisco il mail con la richiesta da Sokodé. Al pomeriggio arrivano due tecnici da Lomé che commercializzano e riparano macchine per esami di laboratorio.
Le suore li conoscono. Vanno da loro ad acquistare medicinali. Parlano del loro apparecchio guasto che nessuno sa riparare. Si trova attualmente a Sokodé. Devono ricuperarlo e portarlo da loro a Lomé. Alla sera quasi un miracolo.
La luce non se ne va. Avevamo recitato i vespri alle 17 per precauzione. Rimaniamo a chiacchierare fino alle 21, mentre le suore controllano medicinali arrivati dall'Italia. Diversi sono scaduti. Anche se i medicinali sono ancora buoni per qualche tempo, la gente non si rende conto della reazione giusta e sana che gli infermieri hanno vedendo i medicinali scaduti: “Ecco cosa si invia in Africa, ciò che voi buttate via”.

19 maggio

Dopo messa mi preparo ad andare a Sokodé. Con me ho la mamma di Pascal, il catechista-sacrestano-uomo tutto fare del lebbrosario. Alle 8 sono a Sokodé in parrocchia da padre Michel. Mi comunica spiacente che il responsabile della SIL è ancora fuori, ma che è pronto a darmi una mano per la lingua e documenti sui Temba.

Visita al Vescovo

Telefona al vescovo. Questa volta c'è e puo' ricevermi. Arrivo in vescovado e faccio una lunga chiacchierata col segretario. Anche lui mi parla del responsabile della SIL: gli ha lasciato il suo biglietto da visita per me: M. Weathers Andy “Dawda”.
Direction à Lomé - Quartier Djidolé - B. P. 1525 - Tel. 225.43.46
A Sokodé - B. P. 171 - Tel. 550.17.56 - Cellulare : 913.76.06
Vedo padre Richard, originario di Kolowaré. Evidentemente parliamo ancora del telefono che non c' è.
Il vescovo è occupato. Mi riceve verso le 9. Mi dice che è un figlio della SMA, parla dei tempi difficili di una volta quando i Peul portavano ai padri e agli amministratori anticlericali il latte, parla poi di padre Henri rimasto 50 anni: uno non puo' non amare la gente se rimane una vita!

In Africa da una vita

Vado poi ad acquistare due sacchi di cemento e chiodi per il lebbrosario. Passo in farmacia per medicinali che le suore devono dare ad un loro ammalato che non puo' pagarseli. Un salto dalle suore per ritirare la posta di Kolowaré. Ne approfitto per fare una chiacchierata con Suor Jeanne. E' in Africa da una vita, ed è stanca. Non tarderà a rientrare. Di notte dorme male a causa degli altoparlanti dei musulmani che urlano le loro preghiere ad ogni momento della notte. Passo poi alla posta. La casella postale delle suore è utilizzata da tutto il villaggio.
Trovo un avviso per un pacco arrivato dall'Italia per suor Etta. Non so se me lo danno, non ho nessuna delega.
Entro e chiedo. Nessuna difficoltà. Mi ero presentato a salutarli una settimana prima, e mi conoscono.

Il sito della SMA a Sokodé

Già da tempo avevo pensato di passare a salutare il direttore generale di Togotel di tutta la regione centrale.
Dopo aver girato in alcuni uffici trovo il caseggiato giusto ed entro. Ci sono alcune barriere o filtri da attraversare: un portiere, il segretario, poi la segretaria personale che mi fa compilare un modulo. Alla fine entro. Uno studio con diversi computers. Una persona cordialissima. Gli spiego che vengo per salutarlo, essendo nuovo nella zona.
Poi parliamo del telefono di Kolowaré... che non c' è. Mi informa che stanno provando un nuovo tipo di installazioni in un villaggio fra Kolowaré e Tchamba. Se funziona, vedrà se si potrà utilizzare anche per Kolowaré. Lo invito a pranzo, poi gli lascio l'indirizzo del nostro sito, “caso mai volesse vedere chi siamo”, gli dico. Mi dice: “Veni che lo apriamo!”. Mi fa sedere al suo computer, digito il nostro indirzzo ed ecco il sito della SMA italiana qui a Sokodé con il suono dei suoi tam-tam. “Non é prodigioso, padre, qui a Sokodé possiamo vedere il vostro sito in Italia! Il computer è qualcosa di straordinario!”
Prima di partire mi dà i suoi dati: Alou Balé, Togo Telecom Sokodé. Tel.: 550.0121: ufficio - 550.1292: domicilio - Cellulare: 9046970 Prima di partire vado a comperare una bottiglia d vino per solennizzare un tantino la Festa di Nostra Signora degli Apostoli.
Chiedo poi agli amici di Total se hanno la bombola di gas. Niente, bisogna andare fino a Bafilo. Mi danno il loro numero di telefono: 550.0147. Gli daremo il nostro così ci avvertiranno appena arrivano. Alle 11 sono a casa. Nel pomeriggio grossa pioggia. Vespri in comunità, poi rosario davanti alla grotta.
C'è sempre parecchia gente. Un bel momento di crescita per tutti. Ad ogni mistero vengono proposte intenzioni. Si prega in francese, in temba, in kabye. Dopo il rosario Mathieu mi porta le due camicie. Mi chiede 3000 franchi.
Le suore le trovano care, e poi deve loro un sacco di soldi. Non avrei dovuto pagare. Dopo cena le suore mettono a posto i medicinali arrivati oggi.
Ce ne sono sempre di scaduti, anche se la maggior parte sono buoni e molto utili, specialmente il latte differenziato per neonati.

20 maggio

Oggi Ascensione. Prima messa in Vaticano con gli ammalati che non possono spostarsi.
Sempre un momento molto intenso di preghiera. Alla messa delle 8 un tocco di solennità. La corale si è preparata e tira fuori qualche canto in latino. E noi mettiamo un po' di incenso. Omelia dialogata come al solito: Cristo testa del corpo, non puo' andare solo in cielo, deve portare con lui tutto il resto, anche se è malandato.
Alla fine si annuncia: domani messa di fine d'anno alle 8 per tutti i ragazzi della scuola.
Poi messa comunitaria alle 17,45 con la presenza del parroco. Dobbiamo prepararci alle cresime di domenica.

Gli effetti della globalizzazione

Dopo messa, verso le 10, una graditissima sorpresa. Il telefono funziona quando puo', e questa volta funziona.
Una telefonata dall'Italia. Ieri avevamo spedito, via e-mail, la richiesta di una micro, e ieri sera - in via eccezionale - l'hanno approvata. Le suore stanno dando una mano a dieci giovani agricoltori per lottare contro l'esodo e il traffico dei giovani che vanno a cercare fortuna in Nigeria. Ecco un effetto positivo delle globalizzazione. In un giorno dalle savane sperdute del Togo a Novara andata e ritorno. A pranzo Sr Félicité ha preparato qualcosa di raffinato: ablo e pollo alla griglia. Credo di aver esagerato. Ho finito tutto.

La visita del maestro

Nel pomeriggio sono alla missione verso le 15. Ricevo un maestro. Sta con me tutto il pomeriggio.
Mi racconta la sua storia. Fratello di un prete del paese che studia in Francia. Attirato dalla vita monastica, ha invece optato per il matrimonio e l'insegnamento. Il suo dossier non è ancora stato riconosciuto. E' precario e riceve 10.000 franchi al mese di salario, circa 15 euro. Ecco perché spesso gli scolari fanno lavoro manuale....nei campi dei maestri. Non possono vivere con il denaro che ricevono. Mi racconta degli ostacoli e difficoltà che ha incontrato all'inizio da parte della gente della sua etnia e da altri.
Il suo bambino stava per morire. E' andato dappertutto per curarlo. Da un po' di tempo ha cambiato quartiere e va meglio. Mi chiede di aiutarlo a pregare. Vuole liberarsi da tutte le paure che porta dentro. Desidera qualche preghiera efficace contro quelli che gli vogliono del male. Poi mi parla a lungo di un suo desiderio che cerca di portare avanti: conoscere la farmacopea locale, iniziarsi alle cure tradizionali. C'è una vecchia che sta iniziandolo, ma non vuole che prenda note. Devono andare insieme in una foresta dove ci sono tante erbe, ma non ha i soldi per il trasporto. Mi mostra un dossier sul quale lavora. Mi chiede qualche libro che non posso dargli perché non ne ho.
Mentre sono con lui vengono a salutarmi alcune vecchie che avevo visto all'ospedale.
Vecchie mamme di giovani degenti con l'AIDS. Una è la mamma di Myriam. Oltre ai saluti capisco anche questo augurio: iso fa lada: che Dio ti ricompensi. Le mie orecchie cominciano impercettibilmente ad aprirsi...per le parole che conosco!

21 maggio

Quest'oggi niente messa alle 6. Ci sarà in serata con la presenza del parroco Epiphane.
Ho la messa per la scuola alle 8. Messa di fine d'anno, chiesta dai maestri. Alle 7,30 li sento già cantare in chiesa. Corro. Un pienone. Mai visti tanti bambini! Sapevo che erano più di 400, ma vederli tutti lì davanti fa un certo effetto. All'interno della scuola ci deve essere anche una corale perché hanno preparato canti in francese.
Ed esplodono: canti, tamburi, battiti delle mani, grida. All'omelia, dialoghiamo sul figliol prodigo. I maestri mi avevano detto: “Sai, è meglio che traduciamo in tem perché tanti bambini non capiscono il francese anche se sono a scuola”.

Quanti bambini, quanti!

Dopo messa i maestri mi danno un busta con 1500 franchi: l'obolo dei poveri. Ho quasi vergogna.
Poi mi invitano sulla piazza a salutare i bambini. Non resisto alla tentazione. Corro a casa a prendere la macchina fotografica: non vedrò mai più tanti bambini così. Ogni volta che vedono il flash, urla di gioia. Grido con loro. Lavoro sulla lingua tem tutta la mattinata. Una manovra sbagliata e perdo un'ora e mezza di lavoro.
Non riesco a ricuperare nulla. Pensavo di essere piu' sveglio! Alle 17,30 siamo in chiesa per la messa. Il parroco e la gente arivano verso le 18. Partecipo come fedele.
Ad un certo momento va via la luce. Si continua come si puo'. Dopo messa ci fermiamo a parlare un po' sulla piazza delle chiesa. Dico al parroco che ha dimenticato di avvertire per le confessioni dei cresimandi. Ci mettiamo d'accordo con il catechista. Domani alle 15 sarò in chiesa.

22 maggio

Verso le 7,30 faccio un salto a Kparatao per spedire alcuni mails e fare una telefonata in Senegal.
Ho incontrato sulla strada un ragazzetto che vendeva manici per zappe. Chiedo a Lot, il cuoco, di comprarne un paio.
Va poi al mercato a comprare anche le zappe. Verso le 8,30 vedo arrivare una delegazione: è il comitato dei genitori della scuola.
Ci mettiamo nel cortile adiacente alla casa parrocchiale. Sono venuti a salutarmi e a presentarsi. Parliamo dei loro ragazzi, del loro lavoro a scuola, del Togo di domani, dei ragazzi che devono essere sani, e poi dell'acqua e del pozzo. Chiedo il loro parere, un coinvolgimento e partecipazione dei genitori. Sono tutti d'accordo. Suggerisco che si dovrebbe avere il parere dei genitori e il loro contributo prima delle vacanze, così si scaverebbe il pozzo durante le vacanze e i ragazzi avrebbero l'acqua al loro rientro.

Procedura per i pozzi

Mentre stiamo conversando arriva una motoretta: uno dei responsabili delle Hydroliques villageoises, l'organismo che scava i pozzi, un figlio di Kolowaré, cresciuto all'ombra dei nostri padri e suore.
Ci spiega la procedura corretta da seguire. Se si chiede un pozzo per la scuola non ce lo faranno mai a 150.000 franchi.
Questa cifra è il contributo richiesto, non per scavare il pozzo, ma per la manutenzione del pozzo una volta attivo. E ci spiega come agire. Si chiede un pozzo per il quartiere dove è situata la scuola e poi si trivella. Si potrebbe farne due, ci suggerisce, con 300.000 franchi, uno anche per il quartiere dietro la chiesa, dove c'è l'appezzamento dei cristiani. Dato che vengono con i macchinari, si approfitta della loro presenza. Ed era quello che i cristiani avevano chiesto. Un pozzo per il loro quartiere. Mostrandomi le tubature e il pozzo del padre mi dice che è lui che ha fatto tutte le installazioni e che è un figlio della missione.
Verrà a trovarmi nel pomeriggio per parlare a lungo e da solo. Prima di partire prova la pompa della missione. Funziona perfettamente anche se era in riposo da anni. Mi dice come si potrebbe fare per riattivare l'impianto. Alle 15 sono alla missione. Arriva Pascal. Mi parla della sua famiglia, della moglie, ma che ancora non è sposato. Desidera presentare la moglie al parroco. La sera prima il parroco aveva benedetto un matrimonio durante la messa.

Lebbra e pregiudizi

Mentre parliamo vedo passare i ragazzi della cresima. Sto con loro una mezzoretta, poi li confesso.
Al mio rientro arriva Aruna, l'amico del mattino. Si ferma fino verso le 17,15. Mi racconta la storia del villaggio, la sua, quelle delle suore, del dispensario, dei vari problemi annessi. Interessante il suo curriculum scolastico e professionale. Dato che era figlio di un lebbroso all'inizio ha avuto seri problemi di inserimento: non era accettato. Poi si è rivelato più bravo dei suoi compagni, e poco alla volta li ha superati tutti. Anche lui passato dalla Nigeria. Evoca le difficoltà che si incontrano al villaggio, specialmente da parte di coloro che hanno qualche diploma. Capisco perfettamente. Nessun funzionario ha fatto investimenti a Kolowaré, sembra un villaggio maledetto, anche se ha ormai tanti figli in Togo e in giro per il mondo che occupano posti importanti. Parla con commozione e ammirazione di padre Henri e degli altri padri che lo hanno formato.
Poi ad un certo momento mi dice: “Sai quello che hai fatto arrivando, è stato molto apprezzato. Sei andato a salutare il capo villaggio e l'Iman, ne parlano tutti”. Mi pareva ovvio dato che sono a casa loro. Verrà a mettere a posto l'acquedotto della missione con una pompa yapi, per intanto, poi si vedrà.

23 maggio

Ufficio verso le 6,45 nella cappella delle suore, poi colazione e messa alle 7 in “Vaticano”.
Viene anche Sr Félicité, dato che si prepara a partire per Lomé con un autista. Partirà verso le 10. Dopo la messa delle 8 ritrovo il gruppo vocazionale che mi aspetta. Andiamo nella casa parrocchiale e ci mettiamo sulla terrazza in giardino. Sono sorpreso di vedere il desiderio che questi ragazzi hanno di conoscere la Parola di Dio. Commento un paio di brani di vangelo, racconto qualche storia anyi. Li invito a pregare con il testo di Zaccheo che riprenderemo insieme domenica prossima. Stiamo insieme fino alle 10,30.

Matrimonio musulmano

Poi con Pascal andiamo a salutare il villaggio. Passiamo dal capo villaggio: è fuori.
Troviamo invece l'Imam: dice di pregare perché tutti, nel villaggio diventino o musulmani o cristiani, perché non ci sia più nessun pagano. Passiamo poi in diverse case e arriviamo dove si sta preparando un matrimonio.
vUna grande marmitta con polenta di mais è pronta in mezzo al cortile. Le matrone stanno facendo le parti da inviare nelle varie famiglie: amici e parenti. Mi invitano a mangiare. Passo poi in un cortile vicino dove in una capanna si trova la sposa con alcune sue amiche. Sbircio all'interno: tira su il velo un paio di volte per mostrare il volto. Mentre sono lì a conversare improvvisamente la sposa esce dalla sua capanna, si avvicina e vuole una foto con me. Arriva anche lo sposo. Chiedo che ci sia anche lui. Mi metto in centro. La ragazza mi stringe vicino a lei, quasi per esserne protetta. Metto le braccia sulle spalle dello sposo e della sposa. Chiedo al fotografo di fare due pose, caso mai una andasse storta. Alla fine sono un po' stanco.

La festa della Cresima

Al pomeriggio grande festa per la cresima. La gente, al gran completo, aspetta il vescovo e la delegazione nella piazza della chiesa. Sono tutti in grande tenuta. Puntuale il vescovo arriva poco prima delle 16.
C'è con lui il parroco Epiphane, il coadiutore Urbain che lavora con Etta per il Sida, più l'autista. Li accolgo all'entrata della piazza e andiamo insieme verso la chiesa. Il vescovo mi chiede come va l'acclimatazione: “Non so se potrebbe andare meglio”, rispondo. Prima della cresima il vescovo fa girare i candidati verso l'assemblea e chiede loro se li conoscono, se li ritengono preparati per la cresima.
Tutti urlano: “Sì, sì!”, poi facendoli girare verso l'altare si rivolge a loro e chiede se di notte non vanno a consultare i Féticheurs, se non frequentano i “mercati della notte” (vedere gli stregoni), se sono disposti a rimanere cristiani con “i due piedi”, a non andare in altre chiese, o diventare musulmani. Fa poi professare la fede con parole adatte a loro.

Un sacco di granoturco per il vescovo

La cerimonia dura un po' più di un'ora e mezza. La corale è esplosiva. Solo la loro uniforme è un po stonata, secondo me: due pezzi all'europea, al posto dei bei tessuti che hanno loro. Dopo messa cena al “Centro Culturale”, cioè nella vecchia chiesa.
Due portate e birra locale: frittelle di fagioli e polenta di mais con salsa al gombo. Prendo tutto. Urbain mi invita a trovarlo. Vuole portarmi da padre Perrin.
Pare sia un pranoterapeuta. Ci andrò. Alle 19 tutto è terminato. La comunità cristiana offre al vescovo un sacco di granoturco e due faraone. I cresimandi un pollo. Mentre siamo a tavola, fuori canti e danze. Coi miei ragionamenti da bianco avevo immaginato che se i cresimandi fossero andati, al mattino, nella parrocchia centrale, per essere cresimati con gli altri, sarebbe stato meglio, si sarebbero sentiti parte della grande famiglia parrocchiale. Vista la cerimonia, la festa, la partecipazione, mi sono ricreduto completamente. Chi avrebbe potuto andare a Sokodé? I cresimandi e magari qualcuno della loro famiglia, e tutti gli atlri?

24 maggio: la calzoleria del lebbrosario

Siamo soli, Sour Etta ed io. Félicité è a Lomé. Dopo messa lavoro a mettere a posto documento sui Temba fino alle 9.
Devo aggiungere tutte le note che avevo tralasciato. Verso le 9,30 faccio un salto al dispensario. Passo prima dal laboratorio del calzolaio dove fanno le protesi. Sta mettendo a posto il mio cuscino. Lo riempie con i frutti soffici del kapokier, una specie di cotone. Mi dice che una volta tutto funzionava meglio, tutto meglio organizzato. Adesso il laboratorio è in disuso e funziona al rallentatore. Forse anche perché gli ammalati sono diventati vecchi e non possono più muoversi. Al dispensario assisto a qualche consultazione.
Ad esempio una signora che viene da Sokodé, dove c'è ospedale e tutte le strutture sanitarie. Preferisce fare venti km e venire a farsi curare a Kolowaré dalle suore. Con Suor Etta visito le due gemelline nate qualche giorno fa, poi due neonati del giorno prima, ancora completamente rosa. Andiamo a trovare una signora con l'AIDS. Stanno facendole una trasfusione. Accanto al letto due infermieri e il marito.

Kidim e lidee

Mentre passeggio all'interno del dispensario si avvicina una vecchia e comincia a parlare.
Capisco solo due parole: kidim e lidee : cibo e denaro: ha fame e vuole qualche soldo. Accanto a me c'è suor Etta. Andiamo in fondo alla cinta del dispensario e ammiriamo la distesa dei prati circostanti.
Fra non molto ci saranno ovunque colture: manioca, ignami, sesamo, arachidi. Vediamo una bambina curva a zappare, poi un bambino di tre o quattro anni che, nudo, viene verso di noi su di un sentiero. “Guarda la pancia gonfia, certamente piena di vermi, e poi vedi la grossa ernia ombelicale, non è nato alla maternità”, mi dice Suor Etta.

I padri della SMA nel 1880

Verso le 10,30 passo nella casa parrocchiale e comincio a leggere testi sulla storia del Togo ai tempi dei tedeschi. Trovo qualcosa di molto interessante sui padri della SMA negli anni 1880. Ecco il testo: la missione cattolica d'Agoué (delle Missioni Africane di Lione)gode di un più grande prestigio fra i Neri e gli Europei che la missione metodista inglese, questo si spiega sopratutto per il fatto ch'ella non invia in missione che preti amabili, colti, molto dotati, e sopratutto tolleranti che fanno prova di un apprezzamento corretto della situazione, senza tener conto della nazionalità della gente. Ci si può rendere nella missione di Agoué, di Ouidah, di Porto Seguro, di Lagos, ecc. Che tu sia tedesco o francese, protestante o cattolico, si troverà sempre la stessa accoglienza cordiale, sempre si prenderà cura di voi con un'imparzialità totale” Togo en 1884 selon Hugo Zöller , traduction K. Amegan et A. Ahadji, Lomé 1990,140)

I doni dall'Italia

Suor Etta rientra dall'ospedale alle 13,40. Mangiamo un boccone insieme, poi verso le 15 mettiamo a posto il magazzino degli abiti. Non possiamo fare a meno di constatare con amarezza, disappunto e stizza, quanta roba inutile la gente invia credendo di fare chissà quale gesto. Roba che non serve assolutamente a nulla e che devono pagare per ritirare.
Suor Félicité è ancora più severa di suor Etta, e con ragione. E' un insulto ai poveri e a coloro che si occupano di loro. Bruciamo due cartoni di abiti e cianfrusaglie varie. Mentre sono accanto al falò vengono a chiamarmi.
Il presidente del Consiglio Parrocchiale, con alcuni delegati, è venuto a trovarmi. Ha un cesto di ignami e un pollo.
Hanno già portato diverse volte da mangiare, ma adesso è più serio e più ufficiale. Per ringraziarmi di essere in mezzo a loro. Mi domandavo: “Ma quando questa gente mangia un pollo e ignami?” Il presidente mi chiede se posso andare con lui dal capo villaggio per trovarlo e scambiare sui problemi del villaggio, ad esempio sui due pozzi che vogliamo scavare. Desideriamo non solo informarlo, ma anche che sia d'accordo.

25 maggio

Dopo messa Lot il cuoco mi chiama. Un giovane è venuto per mettere ordine nella casa parrocchiale: zappare e togliere tutte le erbe. Lo accompagno, e con Lot gli mostriamo il lavoro da fare. Vorrei piantare anche qualche tek sui bordi della strada per proteggere la missione dalla polvere, dato che è situata proprio ai lati della strada e non c'è nessun filtro tra la casa e la strada.

Gli sposi ringraziano

Alle 8 Lot mi chiama: “C'è qualcuno che vuole vederti”. Riconosco sotto la tettoia i due sposi di domenica scorsa con tre altre persone, due zii e una zia. Vengono per ringraziarmi della mia visita e del piccolo dono inviato. Mostro loro il numero di Afriche sui tessuti e dico di non dimenticarsi delle foto che voglio pubblicare in un prossimo quaderno... per mostrare un matrimonio e due sposi di Kolowaré. Dopo la loro partenza arriva Angela, e mi racconta la sua storia.
Sola con tre figli, il suo compagno l'ha abbandonata, e non intende più avere nessun marito o compagno. Ha lasciato Lomé, è tornata qui a Kolowaré dove ha la casa, ha messo in piedi un piccolo commercio che le permette di vivere, lei e i suoi figli. E' cristiana e vorrebbe riprendere la comunione che ha lasciato tanti anni fa. Verso le 10 vado a lavorare un paio d'ore nella casa parrocchiale.
C'è un giovane che sta pulendo giardino e cortile: zappa e toglie tutte le erbe. Lavoro alla lingua tem e alla storia della lingua partendo da una tesi di Zakari Tchagbale, Phonologie et Tonologie du Tem, Université de la Sorbonne, Paris III, Paris 1976.

L'offerta del pranzo

Oggi è Angèle che ha portato il pranzo: foutou di ignami con un salsetta a base di pomodori e qualche pezzetto di pesce.
“Come si puo' dire che non è buona questa roba”, dico ad Etta: piatto saporito, appetitoso, e preparato con tanto amore. I poveri non finiscono di sorprenderci. Alle 14,30 siamo di nuovo nel magazzino a mettere a posto gli indumenti accumulati nei cartoni in disordine. Facciamo le stesse riflessioni di ieri: come si puo' inviare questa roba in Africa! Etta aggiunge: “Non si puo' neanche dire perché nessuno ti crederebbe”! Bruciamo ancora alcuni cartoni di merce totalemente inutile. Tornando dal rosario vediamo che la luce c'è ancora. Andiamo in cappella per i vespri, poi mangiamo qualcosa. Etta cena a base di manghi, io mi faccio una zuppetta con pezzetti di pane arrostito. Come al solito va via la luce, e ci sediamo sul divano a chiacchierare. Sono i momenti più belli della giornata.

La bambina arriva all'ospedale, ma manca il sangue

Etta apre il suo cuore pieno di tristezza: “Sylvie, una bellissima bambina di 7 mesi, arrivata stamattina quasi in fin di vita, tutta gonfia, con 3,5 di emoglobina, ho capito che non potevamo fare più nulla, aveva urgentemente bisogno di una trasfusione di sangue. Il pediatra di Sokodé mi ha dato indicazioni precise: quando hanno meno di 6 di emoglobina, manda in fretta. Ma come faccio, dovrei inviare tutti, quando arrivano da noi hanno 4 o 5 di emoglobina! Ma ho capito che Sylvie era proprio grave. Ho dato alla famiglia 15.000 franchi per comperare tutto il neccessario prima di arrivare all'ospedale. Quando si arriva bisogna mettersi in fila, non ci sono urgenze. E poi se non paghi e se non hai tutto quello che ci vuole non ti ricevono. Finalmente arrivano dal dottore, ma mancava il sangue, non hanno potuto fare nulla, la bambina è deceduta. Quest'anno, in gennaio, il dottore mi ha detto che ha visto morire 25 bambini per mancanza di mezzi e di sangue”.

Il “predicatore” della notte

Verso le 20,30 sentiamo delle voci sulla strada. Sembrano due che parlano fra loro, con un tono alterato e a voce alta. Poi sentiamo un cigolio e il cancello che si apre.
Poco alla volta le voci si avvicinano, fino ad arrivare sotto le finestre. Il tono della voce è alto, sono grida o parole sconnesse, forse perché non comprendiamo la lingua: sembra quasi un predicatore che faccia il suo annuncio nella notte. E' buio e non si vede nulla. Le voci continuano imperiose e aspre, ormai a qualche metro da noi. Ci avviciniamo alla finestra.
E' lì sotto. Capiamo finalmente che è un pazzo che grida nella notte: potrebbe compiere qualche gesto sbagliato o insensato.
Decidiamo di chiamare il guardiano che ha il suo abitacolo poco lontano dalla casa delle suore. Una, due, tre, quattro, cinque volte, gridiamo, Etta ed io: niente! Del guardiano neanche l'ombra. Continuiamo a gridare, finalmente il guardiano arriva in pigiama!
Dormiva in pace e l'abbiamo svegliato! Questi poveri guardiani non possono neanche dormire tranquilli! “Vado avvertire suo papà che venga a prenderlo, lo conosco è un matto”, dice Moumouna, il guardiano.
Intanto le voci si erano allontanate. Vedendo il guardiano, l'ammalato si era ritirato da solo. Al ritorno Moumouni dice: “Gli avevano messo dei ceppi di legno ai piedi per tenerlo tranquillo, ma si vede che si è riuscito a liberarsi”. Anche con la protezione... del guardiano, uno da solo potrebbe avere anche paura!

26 maggio

Verso le 6,15, appena dopo l'omelia si scatena un temporale. Continuo la messa, ma ormai la gente non può più rispondere.
La pioggia batte furiosa sui tetti di lamiera e non si sentono più le voci dei fedeli. Sarà così fino alla fine della messa. Ci dobbiamo fermare in chiesa e attendere che la pioggia termini. Mi siedo accanto ai due bambini Cyrille e Benjamin venuti a pregare perché oggi hanno la loro composizione di fine d'anno. Etta è più coraggiosa di me e scappa a casa. Dopo un po' vedo arrivare il guardiano Moumouni con un ombrello. Etta pensa proprio a tutto.

La birra tradizionale

Il tempo rimane incerto anche se la pioggia è terminata, e rimango dalle suore.
Sto raccogliendo materiale sui Kotokoli per un numero di Afriche. Verso le 10,30 esco con la macchina fotografica e vado a visitare alcune famiglie vicino alla chiesa. Denise mi mostra come si fabbrica la birra di miglio. Si mette il cereale sotto un grosso panno bagnato per farlo germinare, poi si pesta per ridurlo in polvere. La farina così ottenuta è fatta fermentare in una grossa anfora ripiena d'acqua, poi alla fine il prodotto fermentato è bollito fino ad ottenere la birra. Quando di incontra nel villaggio una capanna aperta, coperta di stoppie, con appesa una calebasse su un paletto, è il segno che siamo davanti ad un “bar” che vende birra.

Campi vicini e lontani

Dietro all'abitazione di Denise ce ne sono alcune altre. Vedo bambini e adulti che stanno zappando.
“Gafara?”, grido, posso venire? “Bokoni”, mi rispondono, vieni, vieni. I Kotokoli hanno due tipi di campi. Alcuni con i prodotti che si usano di più, come sesamo, arachidi, mais, attorno alle abitazioni, altri più lontani. Faccio alcune foto della gente che lavora e delle loro dimore. Tutti vogliono farsi fotografare. Oggi il cuoco Lot ha preparato gli ignami ricevuti ieri: fritti con spezzettini alle cipolle.
Lot è bravo e fa piatti appetitosi. A tavola c'è un piatto anche per Félicité. Ma arriverà verso le 14,30. Si è fermata a pranzo dalle suore di Sokodé. Ci racconta le sue avventure di viaggio, dell'autista che non conosceva Lomé, dei giri che ha dovuto fare a piedi con le borse piene di roba. Siamo tutti contenti perché è riuscita ad avere tutto. Ha portato anche un apparecchio per le analisi che Etta attendeva da mesi. Farò la cavia per vedere la mia situazione interiore. Arrivate rivista SMA e Notiziario più giornali diocesani di Genova per Etta.
Alla sera Etta ci comunica che la macchina per le analisi non era quella che aspettava.

27 maggio

Dopo messa il presidente del Consiglio Parrocchiale mi informa che domani il capo villaggio riunirà i suoi notabili.
Dice che sarebbe opportuno che andassimo anche noi. Non sono troppo sicuro e suggerisco che potremmo andare dopo, quando ha terminato la riunione. E' d'accordo. Alle 8 sono alla missione.
Sto lavorando con il fascicolo su Kolowaré preparato dalle suore per il 40esimo di fondazione del lebbrosario.

Maternità e Infanzia

Alle 9 vedo Etta che arriva. Ci sono un sacco di donne alla maternità, mi dice, posso andare per fare foto.
Faccio un giro e trovo un pienone. Per ogni donna ci sono uno o più bambini: controllo del peso e vaccino. Ogni mamma riceve poi un indumento per il suo bimbo. Sono quelli che abbiamo smistato in questi giorni. Faccio alcune foto. Ne approfitto anche per fare foto di alcuni campi vicini alle case. Nel pomeriggio, alle 14,15, partiamo a Sokodé.
Etta deve fare diverse compere. Io vado in banca per informazioni: quanto ci vuole per aprire un conto e le modalità di trasferimento di denaro dall'Italia alla loro banca, tempi e spesa. Il direttore mi dà le info richieste, poi mi fa entrare nel suo studio. Mi assicura che per le missioni non ci sono spese e che il cambio tra euro e cfa è fisso. Per l'accredito ci vuole un massimo di 45 giorni. Quando il denaro arriva a Lomé viene direttamente accreditato sul nostro conto.

Info sui Kotokoli

Per aprire un conto ci vuole un minimo di 50.000 franchi.
Passo poi alla posta. Qui ci vogliono solo 5.000 franchi. Il tasso di interesse è di circa il 3,5%. Incontro in banca una signora del Peace Corps. Scambaimo le nostre imprtessioni in inglese. Vado da Tchakala per scaricare la posta, ma dimenticato a casa gli occhiali.
Scarico, aggiorno norton antivirus, ma non rispondo, non riesco a leggere. Parlo con la padrona del nostro sito in Italia e lo vediamo: tessuti, testi in francese - i racconti di Flore Azoumé - i capi di Koun, Bernard Dadié. Ci divertiamo tutto il pomeriggio in attesa di suor Etta. Le dico che vorrei fare qualche pagina sui Kotokoli e che ho bisogno di foto. Vedo uno scanner da loro. Compero qualche cartolina. Potrei scannerizzare da loro. Mi preparerà qualche foto, mi assicura.

33 diviso 10

Incontro il direttore di Togotel della posta che avevo incontrato rapidamente quando cercavo il direttore generale. Era lui che mi aveva dato le indicazioni. Fra una ventina di giorni lascerà Sokodé. Parliamo della velocità delle connessioni, dei computers condivisi: se la connessione è a 33 kbs e i computers collegati sono 10, la velocità sarà di 3 kbs, e non di più, poi dei costi - 59 cfa all'unità -, dei parametri della posta di Yahoo. Chiedo una tastiera. Ne ha in giro una a 8.000 franchi: poco più che in Italia. Me la preparerà per la prossma volta. Sr Etta arriva e fa mezz'ora di lavoro, ma riesce a combinare poco: connessione troppo lenta.
Passiamo dalle suore. E' arrivata Petrina che verrà da noi per la festa. Andiamo a salutare Michel alla cattedrale. Incontro la moglie di colui che lavora alla Sil. Scambaimo info. Mi dà i suoi dati, le dò il mio e-mail. Devo andare a trovarli. Al ritorno passiamo da Urbain.
Lo troviamo. Etta parla del dottore che vorrebbe incontrare e invitare a Kolowaré, ma oggi era occupato. Urbain mi invita domani ad andare a trovare padre Perrin. Sarò da lui alle 8. Siamo di ritorno verso le 18,30. La luce non va via e lavoro fino alle 21,40.

28 maggio: la parola del matitno

Avremo la messa in serata con la presenza del parroco. Verrà verso le 16 per incontrare i catecumeni.
Sono le 6,45 e siamo a colazione. Entra Lot il cuoco: “C'è qualcuno fuori che ha bisogno di voi”. Sbircio e vedo Jeanne, la matrona e Kassem l'infermiere sotto la tettoia. Esco e comincio a scherzare: “Quando si viene al mattino presto per trattare una questione, il problema deve essere proprio importante, perché la parola del mattino è molto più forte e ha molto più valore di quella della giornata”, e aggiungo: “In costa d'Avorio le discussioni e i dibattiti seri iniziano prima dell'alba”. “E' proprio vero annuisce Kassem, anche da noi è così”.

Preparare la festa

Arriva anche Etta e Félicité e ci sediamo accanto a loro.
Jeanne dice: “Siamo venuti a chiedere un permesso per andare a Sokodé”. Dico fra me: “Sto per partire da Urbain e li porto io”. Etta è desolata: “Ma come facciamo, proprio oggi lavora solo Félicité, io devo stare a casa per preparare la nostra festa, fra poco arriva la regionale, poi le suore di Sioux, domani ne arrivano altre”. Jeanne non si scompone e continua: “Di fatto siamo venuti, a nome di tutto il personale, per augurarvi Buona Festa.
Sappiamo che domani è la festa di Nostra Signora degli Apostoli ed ecco un pollo per fare un po' di festa”. Lo tira fuori da un sacco e lo depone davanti a noi. Poi partono in fretta. Alle 7 iniziano il lavoro.

Salutare il vecchio padrePerrin

Alle 7,30 parto per Sokodé. Padre Urbain è leggermente in ritardo.
Lo attendo sotto una tettoia nel prato accanto alla casa. Non ha macchina e arriva con una motocicletta. “Ho celebrato messa e poi sono stato a benedire la salma di un amico, i funerali li fanno in parrocchia, mi preparo e partiamo”. Lo scopo del viaggio era andare salutare il vecchio padre Perrin, ritirato - si fa per dire - a Yomaboua.
Prima sosta in un villaggio dove il padre sta costruendo una chiesa. Salutiamo gli operai che lavorano nel cantiere, ma il padre non è ancora arrivato. Continuiamo. Ad un certo momento Urbain mi grida: “Fermati, fermati”. Aveva visto la macchina di un amico e voleva salutarlo. Facciamo marcia indietro, ma la vettura non c'è più. La vediamo lontano e mi dice di rincorrerla. Finalmente riesco a superarla, segnalo con i fari la nostra presenza e mi metto sulla destra. Alla fine dell'incontro l'amico viene a salutarmi. A Sotouboua incontriamo padre Perrin poco distante della nuova chiesa da lui costruita.
Accanto la vecchia in demolizione. Pronto per partire in un villaggio, era già in macchina. Presentazione e saluti rapidi. Non ci eravamo mai incontrati anche se siamo tutti e due della SMA. Il coadiutore Norbert ci conduce dal parroco Benjamin Kossi Atama che stava facendo un incontro con delle giovani coppie. Ci invita a precederlo in casa parrocchiale. Ci schermiamo, vedendolo occupato, ma insiste. Ci accompagna Norbert, ci offre succo di pompelmo, poi arriva anche il parroco.

Il centro dei Marianisti

Nella campagna di Sotouboua c'è il Centrro dei Marianisti. Ad un paio di km dalla strada principale, in piena campagna.
Andiamo a salutarli. Tutto un cantiere. Il responsabile ci parla dei loro progetti: costruire sulla collina un centro di arti e mestieri per formare e aiutare i contadini. Uno di loro è partito in Europa per cercare attrezzature. Comincia a piovere. Forte. La strada ha grosse buche e ci sono i “Titans” grossi camions, che salgono verso il Burkina e il Mali. Pericolosi. Ad un certo momento devo fare marcia indietro, altrimenti uno mi stritolava. Stava facendo un sorpasso e non poteva fermarsi. Dietro a lui altri lo seguivano. Ci fermiano dalla sorella di Urbain che abita poco distante da Tchébébé.
Un saluto rapido e un invito a preparare qualche cesta di manghi innestati. Andiamo poi dalle suore marianiste. So che la superiora é un'italiana e Suor Marcelle Ano-Eba, la suora avoriana e anyi incontrata a Tchamba, mi aveva invitato a passare a trovarle e a bere un caffé lavazza da loro. Ma niente suore e niente caffé.

Visita ai padri della SMA

In parrocchia ci sono i padri Cezary Wieczprek, Jean Baptiste Musa Biono e Slawomir Kielbasa, tutti SMA.
E' sempre bello ritrovarsi in famiglia. Jean Baptiste è stato in stage in Costa d'Avorio e ci consociamo bene. Viene con noi fino a Sokodé. Sale a Kara prima di rientrare in famiglia nel Congo Zaire. Ha perduto sua madre qualche settimana fa. Al ritorno sosta dalla sorella di Urbain per ricuperare i manghi e... un pollo, poi un'altra ad Adjengre per deporre un paio di lettere in parrocchia dai padri polacchi Fidei Donum. Alle 12 deponiamo Jean Baptiste alla stazione per Kara, poi Urbain al collegio. Alle 12,45 sono a Kolowaré. Vedo nel cortile la macchina della casa. Petrina è arrivata. Aspettiamo Félicité che arriva alle 13. Oggi Lot ci ha preparato fagioli locali. Come sempre le sue vivande sono ben preparate e appetitose. L'incontro con i catecumeni

Alle 16 dovrebbe arrivare il parroco Epiphane per incontrare e interrogare i catecumeni.
Arriva un po' dopo le 17. Sto con lui un'oretta. Dialogo molto vivace con tutti. Ogni tanto mi traduce. Cerca di vedere, non solo la loro preparazione, ma anche la loro situazione matrimoniale. Mi chiede di dire qualcosa sulla preghiera. Messa alla 18. Dopo messa rimane ancora con i catecumeni. Io rientro. Sono arrivate le suore di Sion. Conosco Soeur Jean d'Arc che ha trascorso diversi anni in Costa d'Avorio, Abengourou e Bouake. A tavola siamo in sette. Domani saremo in dieci.

29 maggio

Questa mattina le suore non vengono alla messa parrocchiale.
Alle 5,30 trovo il vecchio Georges seduto sugli scalini della chiesa, ancora chiusa. Il figlio Pascal è andato a cercare la chiave della chiesa. E' sabato, e non c'è molta gente. Giorno di mercato.

Le disavventure di un maestro

Dopo colazione vado subito in casa parrocchiale. Alle 8 arriva il maestro Benjamin e mi racconta le sue disavventure:
la vespa rotta, la moto chiesta in prestito per andare a cercare il pezzo rotto, la moto rubata, la condanna alla prigione, il rimborso con i soldi rubati alla scuola, il delclassamento da direttore a Tchamba a semplice maestro qui a Kolowaré, la donna che le faceva da mangiare che poi ha messo incinta, la casa in cui abita senza porte e finestre, il rimborso alla direzione diocesana. Gli va tutto storto ed è scoraggiato.
Inizio pagine web sui Kotokoli. Oggi festa di Nostra Signora degli Apostoli. Proverò poi a caricarlo da Tchakala.

La Festa delle Suore

Alle 10,45 rientro dalle suore. Sono arrivate nel frattempo le suore di Sokodé.
Messa solenne con canti e tamburi nella loro cappella alle 11. All'omelia parlo del loro lavoro evocando tre punti e atteggiamenti di Gesù in croce: vedere, avere una relazione, intervenire. I giovani e la corale mangiano da noi sotto la tettoia. Un pranzo a non finire, ad opera delle tre comunità: due primi piatti, poi arrosto, pollo, fagiolini, ignami fritti, polenta con salsa appropriata, due dolci con budino, e caffè lavazza! Al pomeriggio le suore di Sioux svaligano i nostri magazzini.
Tutta la roba che avevano messo a posto. Stanno preparando il 50 esimo di presenza con una grande festa per il 26 giugno e hanno bisogno roba per la pesca di beneficenza. Partono verso le 17. Hanno con loro un'autista. Devono fare quasi 150 km su strada non buona.

30 maggio

Solito con Eucaristia in Vaticano alle 7 e alle 8 nella chiesa parrocchiale.
Cominciamo alle 8,20 per aspettare i ritardatari. Faccio l'omelia un po' più lunga del solito: differenza fra cristiani e musulmani, poi esempio del fabbro e del suo lavoro nella forgia: con “vento e fuoco”, da un rottame arroventato e a colpi di martello, tira fuori uno strumento di lavoro. Terminiamo dopo le 10. Dopo messa incontro con il gruppo vocazionale fino a mezzogiorno. A pranzo mangiamo i resti di ieri: eccellenti. Félicité ne ha migliorato alcuni: per esempio arrostendo le polpette di fagioli e la polenta.

Giovani in Nigeria

Alle 15 incontro con un maestro. Deveva venire con la moglie, ma ha un bambino indisposto. Rimane un'ora.
Facciamo il giro dei problemi del villaggio e del grosso problema dei ragazzi che vanno in Nigeria, sfruttati da una organizzazione. Ci sono i “Padroni” che con i camions raccolgono i ragazzi di notte e li portano in Nigeria, passando indisturbati davanti polizia e doganieri. E laggiù sono sfruttati da questi “Signori della tratta”. Li fanno lavorare come bestie nei campi, malnutriti, sfruttati. Poi alla fine ricevono una bicicletta o una radio e tornano spesso ammalati, qualcuno muore per strada, e tanti ...fumano. Vanno in giro con le loro biciclette e radio cassette e diventato sbandati senza nessun mestiere. Per vivere alcuni rubano. C'è un organismo che cerca di ricuperare questi giovani offrendo loro la possibilità di imparare un mestiere. Alle 16 viene un ragazzo del gruppo vocazionale del mattino. Mi parla del suo cammino, del suo desiderio di farsi prete, delle sue difficoltà, della fatica dello studio, della mancanza di mezzi finanziari, e mi chiede di aiutarlo. Era aiutato dalle suore, ora sono partite e non sa come fare. Potrebbe farsi fratello, ma gli pare troppo poco. Suor Etta è partita a Sokodé a cercare il dottor Agossou, il
pediatra dell'ospedale. Viene per visitare alcuni ammalati del dispensario. Casi difficili. Le suore hanno bisogno di un consulto medico. Lo saluto al termine della visita. E' con padre Urbain. Propongo di ricondurli io a Sokodé. Etta preferisce andare lei. Questa sera abbiamo la luce. Vespri solenni in cappella alle 18,40, poi cena con i resti di oggi. A tavola si parla della possibilità per le suore di andare a lavorare anche a Tchamba. Sono state richieste. Attualmente é impensabile. Sono in due. Lavoro fino alle 21. Sto preparando pagine sui Kotokoli.

31 maggio

Quest'oggi festa. Lodi alle 6,30 nella cappella delle suore. Dopo colazione vado subito alla missione. Sto lavorando al sito di Kolowaré. Prendo note dall'Atlas di Jeune Afrique sul Togo per quanto riguarda la Regione Centrale in cui si trova Kolowaré. Passa a trovarmi Jean Marie. Mi racconta che è appena deceduto qualcuno morsicato da un serpente. Al posto di portarlo al dispensario lo hanno portato da un “féticheur”. Morsicato dietro casa, non in campagna. Da un mese che sono qui, già diversi sono morti a causa di serpenti. Il ragazzo visto al dispensario si è salvato ed è tornato a casa. Preparo poi le pagine htm per pagine web da inserire nel sito.
Viene a trovarci la moglie di Sylvain con le tre figlie. Finalmente la incontro.
Il marito è un uomo solido, di una rara dedizione per la chiesa e il villaggio.
E' anche vice presidente del comitato scolastico e presidente della JAC.