Non portarmi via la mamma

21 Luglio

Piovuto tutta notte. I contadini sono contenti. Alle 7 il muratore chiede di assentarsi un giorno. Mi dice che sono un gruppo di quattro e che a turno lavorano nel campo di uno di loro, e oggi tocca a lui ad andare a lavorare nel campo di altri.

Arriva la ghiaia

Verso le 8 sento suonare il campanello. Si presentano tre ragazzi. Li faccio sedere nel cortile. Mi dicono: “Ci manda Tayrou con la ghiaia”. Guardo fuori del cancello e vedo una fila di ragazzi e ragazze con ceste e bacinelle di sabbia. Tayrou non ha perduto tempo. I ragazzi fanno diversi viaggi. Faccio deporre la ghiaia tutt'attorno alla casa. Ce n'è uno che ha un quaderno con i nomi dei ragazzi e ragazze. Ad un certo momento dò a tutti qualche caramella. Dopo qualche viaggio hanno sete. Porto fuori un secchio di acqua pulita con un bicchiere in plastica e tutti si abbeverano. Lavorano un po' più di un'ora. Vanno a prendere la ghiaia dietro la chiesa, sulla sponda di un fiume dove Tayrou ne aveva lasciato dei mucchi. Era roba sua e poteva darmela. Alla fine mi chiedono dei chwing gum, ma non ne ho. Gliene comprerò a Sokodé. Vorrebbero tornare domani, ma dico di venire venerdì. Domani dovrei essere via.
A pranzo Maria Luisa ci informa che nel pomeriggio ci lascerà. Starebbe ancora ma non ha biancheria da cambiarsi e poi ora sta bene.
Etta la riporta a Sokodé nel pomeriggio. Chiedo di informarsi se c'è un posto per me nella vettura che porta suor Jeanne a Kamboli sabato prossimo per i 25 anni di Padre Emanuele. Alle 14 sono alla missione e trovo quattro bambini che mi aspettano con cesti di ghiaia.
C'è anche una bambinetta di 4 o 5 anni con una lattina piena di ghiaia. Dò qualche caramella ciascuno. Arrivano i figli del muratore e Nadège. Faccio togliere tutta la sporcizia da due magazzini.
Poco dopo arriva anche Jean Marie senior per continuare a scavare le buche per i cocchi. E' apprendista falegname. Alla fine del lavoro gli chiedo di mettermi a posto una serratura del garage. Ma è proprio rotta. Funziona solo da una parte. Va dalle suore ha prendere la cariola per cercare concime per i cocchi, prima di piantarli. Ormai tutto è pronto per preparare il viale con i cocchi.

Il costo di un campo di mais

Viene a trovarmi il presidente del Consiglio parrocchiale. Mi presenta il rosario di Santa Faustina e mi chiede consigli. Come lo recita, va benissimo, gli assicuro. Poi gli chiedo quanto costa fare un campo di mais di un ettaro. Mi dà dati precisi:

    8 kg di sementi per ettaro a 250 franchi il kg: 2000
    20.000 franchi per preparare il campo
    12.000 franchi per sarclage
    12.000 franchi per binage
    40.000 per concime

Poi ci vuole qualcosa per spargere il concime e per la raccolta del prodotto. Dunque circa 100.000 franchi per un ettaro. Sto pensando ad un campo per avere mais per i lebbrosi. Devo vedere con Sylvain. Alla fine mi dice la vera ragione della visita: chiede denaro per mandare al collegio il figlio che.... vuole farsi prete! Devo vedere bene con le suore.
In troppi chiedono soldi per aiuti personali. Non si può dare a tutti.

22 luglio

Alla messa dico due parole su Maria Maddalena. Dio non ha paura dei problemi della nostra vita che può sempre prendere una nuova direzione. Dopo messa vado a Sokodé. Scarico posta a Coma. Telefono a padre Bernard del Centre Renaissance. Mi attende per mezzogiorno.
Passo aux Hydroliques da Aruna e pago fattura per la chiesa di 7.000 franchi. Vediamo il vice direttore preposto alla trivellazione dei pozzi. Vorrei andare in banca ad aprire i due conti. Mi dice di aspettare.
Ci vuole prima un comitato di gestione con un presidente, segretario, tesoriere, e due consiglieri, possibilmente donne. Anche il tesoriere sarebbe meglio se fosse donna.

Permessi per tagliare due tek

Con Aruna andiamo alla direzione des Eaux et Forêts per chiedere permesso di tagliare due tek della missione per ripare il ponte.
Il direttore è stato compagno di scuola di Aruna. Nessun problema, mi dice, e ho fatto bene ad andare a trovarlo. Se qualcuno mi denuncia è al corrente. Mi dice di deporre, per precauzione, una nota in segreteria. Chiedo se hanno alberi. Chiede ai suoi collaboratori: ne hanno ancora di diverse specie, se ho bisogno posso passare a prenderli.

Un saluto al Prefetto

Passiamo a salutare il Prefetto. Una vecchia dimora coloniale tutta fatiscente. Ci riceve subito nel suo ufficio: spazioso, con carte ovunque, e un vecchio computer in disuso sotto un tavolo. Dietro a lui campeggia un immenso ritratto del presidente Eyadema con la scritta: “insieme verso l'avvenire”. Mi presento, dico che vengo per salutarlo, dato che sono nuovo della sua zona.
E' molto cordiale. Mi pare gradisca la visita. Rimaniamo una decina di minuti. Mi chiede come mai sono finito a Kolowaré. Un salto vicino alla posta dove ci sono i mercanti hawsa per comprare una pila per l'orologio.
Non la trovo subito, e compro da un ambulante un orologio a 1500 franchi. La pila la troverò un po' più tardi in un angolo del mercato vicino al nostro fornitore Landoz a 400 franchi.

L'opera di padre Charles

Riporto Aruna aux Hydroliques e scendo a Yao Koupé, al village “Renaissance” fondato da Charles Cuenin. Ne avevo talmente sentito parlare!
Dopo aver girato nelle varie viuzze, trovo la missione: una grande casa a due piani, con una immensa antenna parabolica davanti e un grande garage con diverse vetture. Padre Bernard mi accoglie con molta fraternità nel grande salone. Dopo qualche bevanda e i convenevoli mi porta a fare il giro del Centro.
Dodici ettari offerti a padre Cuenin dal capo villaggio Yao negli anni '80. E il padre ha costruito una serie di abitazioni e laboratori per accogliere gli ex prigionieri. Nel centro ci sono una dozzina di istruttori per istradare i giovani nei vari mestieri: falegnamei, meccanici, muratori, idraulici, scultori. Di solito nel centro si rimane per sei mesi per essere iniziati ad un mestiere, poi escono per cercare lavoro.

Il centro per i prigionieri

Visitamo alcuni laboratori: falegnameria, scultura, informatica, biblioteca, sartoria, due cappelle rotonde, una moschea.
Mi mostra una stalla dove c'erano diversi maiali: tutti morti a causa di peste. Come tutti gli altri della zona. Per sei mesi proibizione di allevare altri maiali. Così pure i conigli: tutti morti. C'è anche un edificio aperto dove si coltivano funghi. Alla fine facciamo un salto dalle Suore. Sono fuori.
Vediamo la loro casa dall'esterno. Anche questa costruita da padre Charles. Una bella dimora con un portico attorno e davanti alle camere. Al centro un giardino. Chiedo a Yannik, l'informatico, di farmi due parole per il direttore des Eaux et Forêts. Le prepariamo insieme, poi le stampa.
A tavola oltre a Yannik e Bernard c'è un giovane sacerdote di Kara. Mi dà alcune immagini della sua ordinazione. Yannik racconta di come sono riusciti a fare l'installazione telefonica. Alou aveva proposto un preventivo di 20 milioni di cfa, poi un tecnico di Kara ha trovato la soluzione con un'antenna e ripetitori, trasfomratori, per 700.000 franchi. Le installazioni locali sono poi a loro carico. E' quasi tutto terminato. Mancano gli ultimi cm di connesisone. Il tecnico potrebbe fare un salto da noi a Kolowaré.

Il mio portatile in rete

A pranzo conosco il vecchio cuciniere de padre Bannewart, ora al centro. Mi chiede notizie del suo campo che ha lasciato al vecchio Georges.
Padre Bernard, per l'occasione, tira fuori una bottiglia di Bordeaux. Yannik mi dà due scatoloni di libri per la erigenda biblioteca. Libri di scuola per le elementari. Una breve siesta fino alle 14, poi a Sokodé.
Passo alla CIB - quella accanto alle nostre suore - per lavorare un po' in internet. Trovo un bravo tecnico di Lomé che riesce a far funzionare il mio computer con la loro rete. Prova poi con Outlook e FTP, ma non riesce a darli dialogare. Alla fine lascio al proprietario 500 franchi più 100 per la telefonata per scaricare la posta. Faccio una chiacchierata con il proprietario sul costo delle fotocopie e telefonate facendogli notare la differenza con gli altri.

La biblioteca Clac: Centre de Lecture et Action Culturelle

Passo a salutare le suore. Vedo solo Jeanne. Conferma che passa a prendermi sabato mattino verso le 6,30 per andare a Camboli.
Visito la biblioteca “Clak”. Hanno parecchi libri di racconti per ragazzi, ma non i libri che mi interessano sui Kotokoli. Il responsabile è molto gentile. Mi accompagna a visitare i vari scaffali. Diversi ragazzi sono intenti alla lettura. Tutti in silenzio. L'unico elemento di disturbo sono io. Rientro a Kolowaré per le 17. Dimentico l'adorazione delle 17,30 e vengono a cercarmi.

23 luglio

Prima delle 7 sono alla missione. Il muratore è al lavoro. Dico che non ho più bisogno dei bambini. Viene presto anche Jean Marie a tagliare alberi: sfronda tutti i “gourmands” , i rami inutili dei Teks. Ieri aveva già sfrondato i nimes.

Quaderni in cambio di ghiaia

Vedo Aléxandre, il falegname, che lavora al tetto della chiesa. Chiedo se può dare una mano per il ponte sull'Adjima. Completamente d'accordo.
Verso le 8,30 arrivano i bambini inviati da Tayrou. Fanno diversi giri con la ghiaia. Dò ad uno di loro 250 franchi per andare a comperare un pacchetto di cicche, poi mando a chiamare Tayrou. Davanti a lui mi danno la lista dei nomi di coloro che hanno portato la ghiaia con le rispettive classi. Darò loro dei quaderni. Mentre gli offro un caffé gli parlo della giornata di ieri, del comitato che bisogna creare per i due pozzi, della visita al Direttore des Eaux et Forêts, del permesso per prendere due alberi di Tek per riparare il ponte. Dovremmo avvertire il capo villaggio.

Breve visita al capo villaggio

Scendiamo insieme a salutarlo. Lo troviamo nel suo cortile. Questa volta è solo, senza notabili. Dico che è già da un po' che non passo a salutarlo e che vengo a vedere come va la sua salute e se non ha troppi problemi con la sua gente. Anche lui aveva avuto la stessa idea e pensava di venirmi a trovare.
Gli dico poi che mi accorgo sempre di più quanto sia grande il suo villaggio e che sono stato sulla collina, dietro l'Adjima, e che ho visto il ponte fuori uso. Chiedo se sarebbe d'accordo che un gruppo di giovani cercasse di metterlo a posto. Anche lui è al corrente del problema e si domandava come fare per rendere il ponte meno pericoloso, più sicuro. E' completamente d'accordo e ci ringrazia di tutto quello che si potrà fare. Racconta poi di padre Bannewart, e di tutto quello che facevano insieme. Anche quando era a Tchamba, veniva spesso a Kolowaré a trovarlo e lavoravano insieme.
Al ritorno chiedo di visitare il cimitero musulmano. Mi dice che devo aspettare qualche giorno perché il sentiero non é agibile. L'Iman vuole farlo pulire prima che vada a visitare il cimitero. Sabato sarà pulito.

Un bimbo in fin di vita

Lascio Tayrou al villaggio e passo a salutare gli infermieri al dispensario. Li vedo tutti chini su di un bambino di quattro o cinque anni. In fin di vita.
Suor Etta lo sostiene. E' stato portato al dispensario dalla nonna. La mamma se ne è andata, il papà è scomparso, e nessuno si occupa del bambino. In fin di vita. La nonna ha chiesto una iniezione per farlo morire. Stanno rianimandolo, cercandolo di dargli qualcosa da mangiare: ha solo una malaria molto forte con anemia accentuata, senza più forze. Lo rivedrò verso mezzogiorno sotto la veranda delle suore. Suor Etta, accompagnata da Cristine, ha portato il bambino a casa per tenerlo sotto contorllo. Gli hanno preparato una pappetta e stanno facendo di tutto per fargli riprendere vita. Hanno fatto cercare i suoi familiari a Sokodé. Vogliono vederli. Proporranno loro un'adozione a distanza: dare qualcosa ogni mese a coloro che si occupano del bambino per aiutarlo a crescere normalmente. L'importante è trovare qualcuno che si occupi veramente di lui. Alle 13,30 sono alla missione. I figli del muratore sfrondano i rami tagliati da Jean Marie in mattinata per portare a casa la legna.
Con Jean Marie piantiamo i cocchi, più fiori. Pompo di nuovo acqua nel sebatoio, ma è troppo pieno e sborda. In alcuni punti è guasto. Jean Marie sale per vedere. Ci sono dei fori provocati dalla ruggine. Cercheremo di fare qualcosa con il prodotto per riparare i tetti.

Il capo villaggio rende la visita

Verso le 16,30 arriva il capo villaggio, l'Imam, e alcuni notabili. Vengono a salutarmi a vedere come sto. Ricambia la visita del mattino.
Gli dico che mi piacerebbe fare una chiacchierata con lui su Kolowaré e la storia dei suoi insediamenti. E' d'accordo, devo solo avvertirlo prima. Prima della messa comincia a piovere. Vedo che arrivano sotto la pioggia le due suore. Félicité è tornata dalla sessione.
Messa sotto la pioggia. Alla preghiera dei fedeli ricordiamo le giovani che hanno partecipato alla sessione. Verso la fine arriva un forte temporale. Terminiamo in fretta perché non si sente più nulla. Dopo la messa tre bambini portano ancora tre cesti di ghiaia alla missione.

24 luglio

Non partecipo alla messa in attesa delle suore di Sokodé che dovrebbero arrivare prima delle 6,30. Colazione rapida verso le 5,30.
Apro la missione alle 6. Di fatto la macchina con le suore arriva verso le 6,45. Ci sono Rosita e Jeanne, più la loro amica autista. Partiamo subito. Le attendevo alla missione. Strada brutta fino a Tchamba. Poi meno. Kaboli dista solo una trentina di km da Tchamba, ma bisogna andare piano a causa della strada. Arriviamo un po' dopo le 8,30.
Pensavo fossimo in parrocchia. Prendo un caffé con un pezzo di pane e marmellata, poi via in chiesa per la cerimonia. Invece ero dalle suore.

Padre Emmanuel e compagni

Attorno a Emmanuel ci sono i suoi compagni di corso. Uno è vescovo di Kandi, in Benin. Un sorriso aperto, cordiale: in sacresita abbraccia gli amici con effusione e fa festa a tutti. La folla mi fa pensare all'Apocalisse: vengono da ovunque: da tutte le parti del Togo, dal Benin, dalla Costa d'Avorio. Tutti covenuti per la festa.
Lunga prcecssione dalla sagrestia attorno alla chiesa accompagnati dalla corale “Santa Chiara”.
All'entrata, al suono del corno e del flauto, si mette in azione una danza di sei ragazze con nacchere ai polpacci. In due gruppi di tre partendo dai lati avanzano verso il centro del portico davanti alla chiesa. Accolgono il festeggiato con i suoi compagni. Mentre entriamo in chiesa è la volta della corale “Santa Cecilia ad accoglierci con i suoi canti.
All'inizio della celebrazione il vice-presidente del Consiglio parrocchiale dà “la nouvelle”, spiega la ragione della festa e chi festeggiamo.

Corali e corno

Durante tutta la celebrazione le corali si susseguono animando ognuna una parte del rito: Oltre alle corali Santa Cecilia, Santa Chiara, c'è la corale Santo Davide, la Goubi, la Kabyé, e la Pira.
C'è anche il corno che sottoliena i momenti più solenni, ad esempio l'annuncio della Parola di Dio e l'annuncio della preghiera eucaristica, mentre alla fine della celebrazione la “Fanfara”, la banda musicale, animerà il lungo momento dei doni al festeggiato, sia quelli della folla, sia quelli in natura del Consiglio Parrocchiale, sia i vari pacchi regalo offerti da privati.

Danze personalizzate con canto

Il momento più significativo è stato dopo la comunione quando davanti al festeggiato, attorniato dai suoi compagni di corso con al centro il vescovo seduti davanti all'altare, una fila di 8 ragazze, in costume tradizionale, sfilavano danzando e cantando.
Ognuna si presentava davanti all'altare, mentre le sue compagne rimanevano dietro di lei, e con un a solo accompagnato e sostenuto da forti movimenti delle braccia, danzava ringraziando e lodando Dio per i 25 anni di sacerdozio di padre Emanuele. Le otto giovani si sono presentate a turno con lo stesso motivo musicale e gli stessi movimenti.
Alla fine una esplosione: si sono messe tutte contemporaneamente a volteggiare danzando in cerchio davanti ai sacerdoti. Il loro movimento ha coinvolto qualche celelbrante che è sceso a danzare con loro, e soprattutto un anziano che si è messo a carponi saltellando e danzando attorno alle ragazze. La folla non ha potuto contenersi ed sono scrosicati applausi a non finire.

La ragione principale della festa

Alla fine della cerimonia padre Emanuele ha ricordato a tutti che lo scopo principale della festa è di ritrovarsi insieme per attingere e ricevere dal Signore energie nuove per continuare il nostro cammino di cristiani nella fedeltà alla Parola del Signore. Tutta l'assemblea è stata poi invitata a continuare la celebrazione nei vari settori apposta riservati per il pranzo.
Padre Benoit di Tchamba ha approfittato dell'occasione per presentarmi alcuni membri della sua famiglia. Al ritorno le due suore e la loro compagna sostano un momento a Kolowaré per un rinfresco.
Suor Rosita mi parla di un suo conoscente che vende zanzariere a 1500 franchi. Devo vedere con lei per prenderne alcune per la missione. Faccio un salto alla missione per vedere i lavori che hanno fatto durante la giornata: pulito e messo a posto gli oleandri, sfrondato alberi, piantoti fiori, e il muratore ha terminato gli zoccoli della casa.

25 luglio

Come al solito messa in “Vaticano” alle 7, poi alle 8 in parrocchia. Dopo messa riunione con i giovani della JAC. Parlo loro del ponte che non c'è sull'Adjima e se possono fare qualcosa dato che ci sono tutti i permessi. Sono tutti d'accordo per ripararlo.

I cristiani di Alibi

Dopo la riunione Sylvain mi dice : « Dobbiamo andare a salutare alcuni cristiani di Alibi e dintorni, sai che stanno cercando un terreno per fare una piccola tettoia e riunirsi a pregare ». Alibi è ad un paio di km scarsi da Kolowaré.
Non mi dispiaceva fare qualche km a piedi, anche per testare la mia gamba. Mi dice che è meglio andare in macchina perché alcuni casolari sono dispersi nella campagna, e poi dobbiamo essere a casa per la funzione delle 17,30. Partiamo verso le 15. Parcheggiamo vicino al nuovo mercato e ci dirigiamo, in mezzo ai campi di mais, verso la casa del direttore delle scuola elementare: due mogli, dodici figli, alcuni già all'università.

Un fascio di legna per 50 franchi

Lo troviamo in mezzo a figli e nipoti. Una corte molto ampia con galline, oche, faraone, tacchini. In un lato il pozzo. Attorno le abitazioni. Ad un certo momento arriva un bambino con un fascio di legna sulla testa. Da vendere.
Una giovane signora con diversi bambini attorno - forse una delle figlie - gielo compra: 50 franchi (150 vecchie lire). Penso al tempo e alla fatica del bambino per raccogliere la legna nel bosco. Per guadagnare 50 franchi. Evidentemente se ne va tutto contento. Com'ero contento io 55 anni fa quando riuscivo a vendere qualche straccio o qualche pezzo di rottame per raggranellare qualche spicciolo.

Il capo villaggio di Alibi

Con il direttore andiamo a salutare il capo villaggio. E' lontanto, in cima al villaggio. Andiamo in macchina. “Siamo fortunati, ci dice il direttore, ecco il capo che sta dirigendosi verso la sua dimora”.
Lo seguiamo discretamente ed entriamo nel cortile. Salutiamo le mogli. Intanto lui entra in casa. Di solito la gente ci riceve fuori nel cortile. Invece ci invita ad entrare. Un bel vecchio ieratico, con una barba bianca fluente, seduto su di una poltrona. Ci accoglie un grande salone rettangolare dipinto di un blù aggressivo.
Ai muri campeggiamo due immensi ritratti del Presidente Eyadema e due sue foto. Una con le due mogli, un'altra, solo, in piedi, vestito di bianco.
Attorno un divano con una federa a fiori marroni e verdi e diverse poltrone. Casa in muratura con soffitto in compensato sotto le lamiere. Sul pavimento dei resti di linoleum. Un lusso. Ci fa sedere accanto a lui.
Il direttore traduce in kabié: “Sono arrivato da qualche tempo, sono qui nel villaggio vicino di Kolowaré, e sono passato a salutarlo, gli dico, so che nel villaggio ci sono musulmani, cristiani, protestanti, e quelli che seguono la religione tradizionale.
Lui è il capo di tutti. Gli auguro tanta forza e saggezza per tenere insieme queste diverse comunità perché tutti collaborino per far crescere il villaggio”.
Si instaura subito un dialogo cordiale. Si vede che è veramente contento della visita. Non finisce di ringraziare, poi implora le benedizioni dell'altissimo su di me, la mia salute, il mio lavoro, il mio soggiorno a Kolowaré. Prima di partire lo ringrazio del terreno che ha dato ai cristiani per fare la loro tettoia dove riunirsi a pregare.

Obbligata a farsi musulmana

All'uscita uno stuolo di bambini ci circonda e ci segue. Uno dei grandi valori dell'Africa è la fecondità: un'esplosione continua di vita che ti accompagna ovunque!
Passiamo dall'infermiere.
C'è solo la moglie con i figli. Sylvain mi mostra una casa in lontananza: “Laggiù abita una giovane donna che aveva seguito tre anni di catecumenato con me. Era pronta per essere battezzata. Suo fratello non ha voluto, e l'ha obbligata a farsi musulmana” In macchina, continuiamo per un po' più di un km, verso due casolari disseminati nella campagna, sulla strada che conduce a Tchamba.
Un grande campo di sesamo sulla sinistra. Hanno appena tolto il sesamo per piantare poi il mais. Ma è già un po' tardi, mi dicono i miei accompagnatori. Si vedono le zucche di sesamo ammucchiate lungo i campi. Sono stupito di vedere le capanne attorniate da grandi foglie di taro. Le conosco bene perché è soprattutto un prodotto forestale, e in Costa d'Avorio ce n'era ovunque. Sylvain mi dice che non è il vero taro, ma una variante, commestibile, ma meno buona dell'altro.

Non portarmi via la mamma

Sylvain vuole soprattutto incontrare il giovane Albert, battezzato qualche domenica fa. E' lui che l'ha preparato. Lo troviamo con la mamma e una sorella.
Sorpreso e felice della visita. La sorella frequentava le medie, ma pare non continui più. Mi sembrava di percepire un velo di tristezza sul suo volto. Ci fermiamo una decina di minuti, poi Albert ci accompagna in un gruppo di capanne poco distante dove abita un'altra famiglia cristiana. Ci inoltriamo in un sentierino in mezzo ai prati. Prima delle abitazioni diversi mucchi di carbone. “Questo è carbone buono, commenta Sylvain, preparato con legna giusta”. Troviamo tre bambini e qualche gallina. Non ho neanche una caramella per i bambini. Devo essere più previdente. La mamma è il papà sono nei campi poco lontani. Albert va a chiamarli. Arrivano veloci e ci sediamo davanti alla lora dimora. Si vede sui loro volti che sono contenti della visita. Parliamo del lavoro dei campi, del mais che sta crescendo bene attorno a loro, e poi del loro carbone. Chiedo se la carbonaia non è troppo lontano. Mi piacerebbe vedere da vicino la produzione. “No, padre, non puoi venire, è troppo lontano”! Papà e mamma ci accompagnano fino ai mucchi di carbone. Vogliono offrircene un sacco. Mentre la donna riempie il sacco sento pianti e grida accorate poco lontano. Era la bambina rimasta nel cortile che piangeva, piangeva, con forti grida. “Pensa che le stai portando via la mamma, è per questo che piange disperata”, commenta Sylvain.

Una macchina da cucire per Justine

Siamo alla missione prima delle 17,30. Trovo Justine, la figlia della famosa “Luisa nel bosco” che non avevo riconosciuta.
Al mattino, dopo la messa, era venuta a salutarmi con papà Gabriel e i bambini. Mi aveva portato i fiori del suo gairdino. Voleva sapere se bastavano. Poi mi parla del suo lavoro di apprendista sarta. “Ogni giorno scendo per lavorare e imparare a cucire, ma poi arrivo a casa e non ho la macchina da cucire e non potrò mai comperarmene una, mi puoi mica aiutare?”. “Ne parlo con degli amici italiani e poi vedremo al mio ritorno”, le dico. Alla sera leggo un articolo interessante sul Togo apparso in “Missioni Consolata”.

26 luglio

Prima della messa apro la missione. Dopo colazione passo a dire al muratore cosa deve fare e parto a Tchamba con i sacchetti delle piantine di palme prese a Sotoboua.

Fiori per il giardino

Arrivo prima delle 8,30. Trovo Padre Benoit e poi il parroco. Gli parlo della missione che sto mettendo a posto. Mi dà una bombola Shell per il gas.
Solo che da noi ci sono soltanto le Total. Il parroco è molto gentile e non ha voluto nulla. Con Benoit cerchiamo fiori e sementi. Me ne dà diverse. Parliamo di forni e focolai tradizionali e di una pentola speciale nigeriana. E' al corrente.
Gli dico di tenermi informato e poi di vedere per una macchina da cucire. Penso a Justine. Al ritorno mi fermo poco lontano dalla missione: scarico e invio posta con 150 franchi.
Mi fermo per comperare carbone dagli amici di ieri, ma non li trovo. Ci sono soltanto i mucchi di carbone. Loro sono certamente ai campi.
Sono a casa verso le 10,30. A pranzo i resti del coniglio di ieri. Lot il cuoco delle suore è molto bravo.
Le suore mi prendono in giro a proposito delle mie prediche, mentre suor Etta sta rosicchiando la colonna vertebrale del... coniglio: “Non devi mangiarla, le dice Félicité, tu devi essere in piedi con la colonna vertebrale diritta, non puoi mangiarla”. Una frase delle mie prediche, e giù a ridere!

Pronto il comitato per il pozzo

Durante la siesta una bella pioggia. Ormai saranno regolari, dicono, al mese di agosto pioverà tutti i giorni. Alle 14 sono alla missione.
I bambini del muratore trasportano terriccio per le nuove aiuole e per preparare un vivaio con i fiori datimi da Padre Benoit. Jean Marie senior pianta l'ultimo cocco e lavora tutto il pomeriggio all'aiuola centrale. Vine una figlia di Sylvain e mi porta diversi kili di riso, ancora da pulire. Ne prendo una parte. Devo portarlo al mulino per togliergli la pula.
Denise mi porta goyave del suo giardino e birra preparata da lei. Arriva Bukala con Sylvain: hanno formato il comitato per il pozzo della scuola. Bisogna andare a Sokodé ad aprire il conto in banca.
Decidiamo di partire giovedì mattino presto. Con i ragazzi prepariamo un posto per fare un vivaio con i fiori portati da Tchamba. Jacques et Jean Marie trasportano due cordoli per delimitare lo spazio.
I ragazzi trasportano terriccio.

27 luglio

Félicité parte alle 6 a Tanguieta, in Benin, con un autista e il giovane Olivier. Fa a fare uno stage per diventare analista di laboratorio qui al dispensario di Kolowaré. Subito dopo messa sono alla missione. Arriva anche il muraotre.
Lavoro a nuovi testi per il sito. Viene Denise e le dò il riso da portare al mulino. Mi portano fiori per il giardino In mattinata arriva il catechista di Tchamba.
Mi dice che per la macchina da cucire ci vogliono 60.000 franchi. Gli dò i due mila franchi del pagne delle suore di Sotoboua che avevo ricevuto alcuni giorni fa tramite un tassista.

Lavori alla missione

Al pomeriggio viene ancora Jean Marie. Sta lavorando all'aiuola centrale. Mi chiede se ho bisogno di un cuoco al mio ritorno. Piuttosto un guardiano, dico, per il mangiare mi sbroglio da solo. E poi magari qualcuno per la lingua. Lavora tutto il pomeriggio a piantare fiori. Jacques sta mettendo a posto la pensilina davanti alla casa, da dove si entra. Toglie tutte le supestrutture inutili. Una volta erano neccessarie perché c'erano due serbatoi per inviare l'acqua in chiesa. Ora abbiamo collegato le condutture all'acquedotto della casa. I bambini di Jacques vengono al pomeriggio e portano via il fogliame del giardino, dopo la pulizia dei Tek.
Venuti due giovani del gruppo vocazionale per lavorare. Non sapevo bene cosa far fare. Parlo loro della grossa ghiaia di cui avrei ancora bisogno.
Verso sera viene Tayrou con due figli a prendere il moule delle vasche rimasto in giardino. Dice che è suo e che l'aveva prestato a padre Henri.
Domani andremo a visitare il cimitero musulmano. Il sentiero è stato pulito. Mentre discutiamo arriva da Sokodé El Adji con lo strumento per le posate. Ma si è accorto che non va bene. Troppo piccolo. Lo tengo ugualmente per mettere altra roba. Anche al pomeriggio lavorato a nuovi documenti per il sito.
Verso le 17,30 comincia a piovere forte. Ne approfitto per contrallare gli scoli dell'acqua. Infatti da un lato della casa i lavori sono fatti male e l'acqua non va dove è stata canalizzata. Il lavoro deve essere modificato. Lavoro alla missione fin verso le 18, poi rientro dalle suore.
Come al solito ancora una sera senza luce. Siamo soli Etta ed io. Félicité si trova a Tanguiéta. Rimaniamo a chiacchierare fino alle 20,30. Ho un grosso raffreddore che mi disturba. Un po' di latte e miele e a letto.

28 luglio

Sono in casa parrocchiale prima delle 5,30 per aprire cancello e magazzini per il muratore. Trovo strano che la chiesa sia ancora chiusa.
Non vorrei che Pascal fosse rimasto addormentato. Di fatto arriva poco dopo e celebriamo la messa come al solito alle 6. Non c'è troppa gente. Sono tutti nei campi a causa della pioggia. Comincia a piovviginare quando arrivo alla missione verso le 7. Indico al muratore come deve modificare la canalizzazione dell'acqua.
Arriva Tayrou e dà anche lui indicazioni al muratore.

Visita al cimitero

La missione è a qualche centinaio di metri dal nucleo centrale del villaggio. Anche se pioviggina ci dirigiamo verso il villaggio passando davanti al dispensario.
Ci fermiamo a salutare i muratori che stanno lavorando alla costruenda biblioteca per i ragazzi. Il cimitero è situato ad est del villaggio, a un po' più di un km in mezzo ai prati. E' una stradina che non ho mai fatto.
Ad un certo momento passiamo accanto ad alcune abitazioni dove mi sembra di riconoscere i due sposini di alcune settimane fa. Mi fermo a salutare. Sono proprio loro. Stanno accudendo una madre anatra con i suoi piccoli. Chiedo della foto che abbiamo fatto insieme il giorno del loro matrimonio. Lo sposo mi dice che non sono riuscite, spiacente. Spiace anche a me.

Come si pianta il mais

La stradina continua in mezzo ai campi. Ovunque gente che lavora, soprattutto giovani e bambini.
Un gruppo sta togliendo le zucche di sesamo per poi piantare mais. Osservo un ragazzo nel campo vicino: cammina in mezzo ai solchi e pianta grani di mais.
Fa un passo, poi con il tallone scava una buchetta nel terreno e vi getta due chicchi di mais. Poi incrociamo un sentiero battuto. “Mi pare che passino di qui in bicicletta”, dico al mio accompagnatore. “Sì, è la gente che abita laggiù, fanno tutti parte della tua chiesa, sono Losso, Lamba, Nawdeba”.

Il cimitero musulmano

Continuiamo e vedo che il sentiero si apre, ampio e spazioso: è stato pulito da poco e... apposta per me. E' l'ultimo tratto che porta al cimitero. Lo troviamo dopo 200 metri. All'inizio i nuovi loculi ancora freschi di terra, poi sotto i tek, gli altri degli anni passati.
Le tombe musulmane non hanno nessun segno di riconoscimento, qualche volta una pietra in fondo al tumulo di terra. Ci incamminiamo sotto il boschetto di tek , poi sostiamo un momento ricordando coloro che sono sepolti, che un tempo facevano parte del villaggio: non possiamo dimenticare che facciamo tutti parte di una famiglia che ci ha preceduto e ci ha messo al mondo. Il villaggio di oggi è nato sulle radici di ieri. “Dietro al cimitero, laggiù in fondo, sono sepolti i non musulmani”, mi informa Tayrou. Forse i rari protestanti e coloro che seguono la religione tradizonale, immagino. Poco lontano, sulla destra, in mezzo agli alberi, vedo l'insieme di case dei cristiani di cui mi aveva parlato.
Non sono mai stato da loro. Devo passare a salutarli. Al ritorno incontriamo l'Iman che conversava sotto un albero con alcuni altri anziani.
C'è anche Mumuni, il guardiano delle suore, fratello dell'Imam. Saluto tutti e in modo particolare l'Imam. Lo ringrazio del permesso che mi ha dato di visitare il cimitero. Dico che non dobbiamo dimenticare quelli che ci hanno preceduti, sono le nostre radici.

Dono delle arachidi

Viene a trovarmi Tayrou con un figlio e mi porta una bottiglia di arachidi tostate. Dice che bisognerebbe mettere ancora parecchia ghiaia.
Vedrà se ne ha in giro dell'altra e la farà portare. Passa a trovarmi il direttore della scuola di Alibi. Si ferma parecchio. Mi parla della sua vita, delle due mogli, dei figli che chiedono soldi per studiare all'estero.
Ha già dato 400.000 franchi ad uno, sta cercando 350.000 per un altro che sta partendo in Germania. Mi parla poi del capo villaggio di Alibi e dei suoi figli, delle macchine inviate dalla Germania. Passa anche Justine e mi chiede se i fiori bastano. Potrebbe portarmene altri. Il padre ringrazia del vestito che gli ho dato.
Alle 18,15 lascio la missione e vado dalle suore. Oggi Lot mi ha portato un fornello a gas. Dovrebbe funzionare.
A cena trovo sul tavolo il raccodo di gomma per bombola a gas e fornello.

29 luglio

Grande pioggia tutta la notte. Dopo messa Pascal porta alla missione la bombola a gas della chiesa con la lampada.
Dovremmo partire alle 8 con il comitato costituito dal villaggio per aprire il conto in banca per il primo pozzo.
Mentre aspetto la gente provo il fornello. Mi pare funzioni, anche se le fiammelle sono ridotte. Sono le piccole gioie della nostra vita. Comincio a diventare autosufficiente.

Il comitato per il pozzo

Finalmente i tre del comitato arrivano. La macchina parte senza problemi. Strada molto brutta.
Salutiamo il meccanico di Kolowaré a Coma, poi andiamo aux Hydroliques. Sono tutti in riunione, ma Aruna ci accompagna dal Direttore. Ci fa entrare nel suo studio e molto cordialmente ci accoglie dandoci le indicazioni per compilare i formulari. Poi cerca una bic perduta e si mette lui a compilarli lui stesso.
Il presidente del comitato ha la carta di identità: non ci sono problemi per i suoi dati. Poi chiede il nome del segretario: è ammalato e non è presente. Scrive ugualmente: Mathieu Kaboli. Poi il nome della tesoriera: qualche problema, perché non ha documenti, ma scrive. C'è con noi anche il vice presidente.... ma non è neccessario. Si decide di cambiare il nome del segretario ammalato con il vice presidente presente. Deve cambiare formulario. Va in un ufficio vicino. Ritorna e dice: “Venite, c'è il mio vice che si occupa dei progetti, conosce meglio di me la procedura da seguire, andiamo nel suo ufficio”.
Mentre cerca il suo vice contemplo le scritte che ha affisso al muro. Testi religiosi cristiani e parole delle Scritture. Deve essere cattolico.Tutti scritti in grossi caratteri e ben in evidenza. Dunque sono messaggi che vuole far passare.

Firma del capo villaggio e timbro: mancano!

Il vice lo avevo già incontrato alcune altre volte. Ci spiega che deve venire uno dei loro animatori e fare una riunione al villaggio davanti al capo villaggio e i suoi notabili e una rappresentanza del villaggio. Nei moduli ci deve essere la firma del capo villaggio, il suo timbro, e si deve segnalare quanta gente ha partecipato alla riunione: uomini, donne, bambini. Manderà un animatore settimana prossima. Se andassimo adesso in banca, anche con il comitato costituito e il denaro, non aprirebbero il conto.
Aruna ci dice all'uscita che un animatore avrebbe potuto venire, in modo non ufficiale, basta che gli pagavamo il trasporto, e compilare i moduli davanti a lui. Ci pare sia meglio seguire la strada normale anche se più lunga e laboriosa.
Al ritorno sostiamo a Coma per fotocopie dei moduli e un giro al mercato. Siamo a casa verso le 11. Hanno pubblicato l'articolo di Etta nel Settimanale Cattolico di Genova. Ci fa piacere.
Prima delle 14 sono alla missione. Cerco di mettere a posto liquigas, ma non va meglio del mattino. Comunque funziona. Arriva ancora Jean Marie senior per lavori alle aiuole. Viene anche Jean Marie giovane a portare fiori e Lot ad assistere ai lavori. Il muratore sta mettendo cordolo attorno all'aiuola centrale con mattoni in cemento.

30 luglio

Oggi festa di Santa Marta. Questo vangelo è sempre attuale. Quante volte vogliamo suggerire agli altri come devono agire, cosa devono fare, come bisogna fare per fare bene il prete, o la suora, non come fanno, di solito, gli altri, ma come vogliamo noi, perché noi sappiamo meglio di loro quel che si deve fare e come si deve fare. Esattamente come Marta.

In panne sulla strada

Faccio un salto a Kparatao, ad una decina di km, dove c'è il telefono, per inviare in Italia un documento importante ad una famiglia amica. Problemi seri all'interno della famiglia. Arrivo a Atchibodo e la spia dell'acqua segna rosso: scritta in grosso: stop! So che devo stare attento all”acqua del radiatore, ma non ricordavo.
Mi fermo e la ventola continua a giarare. Poi ad un certo momento si ferma. Apro il vaso di espansione: vuoto! Sono accanto ad una moschea. Mi avvicino e grido: “Gafara”: posso venire? Nessuna risposta. Vedo una cisterna in cemento. Con una lattina attingo acqua e riempio il radiatore. Faccio per mettere in moto: batteria defunta! Neanche un cenno di risposta. La macchina non si muove. Mi guardo attorno. Vedo arrivare una bicicletta. Faccio un cenno e gentilmente un giovane si ferma. Ma da solo non ce la fa a spingere. Dopo alcuni tentativi si decide di andare a cercare qualcun altro che trova ad un centinaio di metri. In due va meglio. Alla prima spinta la macchina parte. Mi fermo appena posso, lo chiamo e gli dò qualcosa per la birra. A Kparatao metto la macchina in posizione di partenza, caso mai avessi problemi per partire.
Il giovane, proprietario del botteghino del telefono, alla fine mi dice: “Oggi se vuoi venire il capo c'è”. “Preferisco venire con un anziano, e non da solo”, rispondo. Era il giovane che ci aveva accolto quando eravamo passati a salutare il capo che non c'era. Il muratore lavora tutto il giorno all'aiuola centrale del giardino. Sta mettendo un cordolo in cemento tutt'attorno. Aveva ricuperato alcuni mattoni in disuso dalle suore, tolti dall'edificio che si sta ristrutturando per la biblioteca, ma non vanno bene, e glieli ho fatti riportare dalle suore. Eucaristia alle 17,30 con un bel gruppo di gente. Pascal porta in casa parrocchiale il gruppo elettrogeno.
Dopo messa Sylvain mi dice che la moglie è tornata senza che andasse a cercarla. Pensava di andare domani a ricuperarla. Gli avevo dato 2000 franchi come contributo per il viaggio. Voleva ridarmeli. Gliene aggiungo altri due per ripare la bicicletta: costa della riparazione e mano d'opera 4000 franchi.

31 luglio

Dopo messa vado a Sokodé per far riparare la batteria della macchina: cambio acqua e acido della batteria.
Il meccanico di Kolowaré mi aspettava. Lascio la macchina e passo alla CIB per preparare alcuni testi da inviare in Italia. Telefoniamo al proprietario che si trova a Sokodé per info sul prezzo dei computer: 450.000 franchi, pentium 3, 128 di ram, modem incorporato. In Togo, mi pare che come prezzo possa andare. Di usati non ne hanno. Da Landoz per calce, coloranti, pennelli, neon, cemento: 24.000 franchi.
Al ritorno Sylvain e Pascal mi dicono che la calce non basta. Devo prenderne ancora 3 sacchi con altra colla e coloranti. C'è El Adji che mi porta due modelli di porte in ferro. Prende anche misure per le griglie.
Con lui andiamo in chiesa per vedere la scala in ferro. Sarebbe opportuno sostituirla con una a chiocciola, in ferro o in cemento, come alla moschea. Jean Marie Junior ha sfrondato il mango del cortile e piantato qualche fiore. Il muratore ha terminato il cordolo.

Al mercato: acquisti e foto

Alle 14 scendo al mercato, per un passeggiata e comprare qualcosa. Salgo sul campanile della moschea per vedere la scala: andrebbe bene anche in chiesa una così.
Compro un po' di cipolle. Le faccio portare alla missione da due ragazze. Mi fermo a parlare con un venditore di medicine che viene da Tchamba. Ha un bel pannello in legno con dipinti che spiegano e visualizzano l'efficacia dei suoi farmaci.
Gli chiedo se mi permette di fare una foto. “Quanto mi dai?” “Assolutamente nulla”, rsipondo. Accetta e faccio la foto. Al mercato incontro l'elettricista. Lo invito alla missione per una chiacchierata.
Il neon della chiesa che ha riparato è già bruciato un paio di volte. I responsabili della chiesa sono a disagio, sia per il prezzo, sia per il modo di fare, sia per la qualità del lavoro. Tornando dal mercato faccio la strada che costeggia la maternità e che va sulla grande strada verso Tchamba. Si vede uno spaccato del villaggio e di Alibi

Animatori dei loro fratelli

Vengono a trovarmi Lazare e Gilbert che hanno animato i chierichetti per tutto il pomeriggio. Gilbert è falegname a Sokodé, Lazare studente. Sono di Kolowaré.
Gilbert ha offerto alla chiesa le due cassette per la questua della domenica. Sylvain e Pascal stanno ripulendo i muri della missione per dare poi una mano di calce, dopo i lavori delle nuove finestre.
Sylvain si assente un momento. Gli ho detto che il giorno dopo avrei invitato le suore a pranzo. Mi mancavano alcune uova. “Te li procuro io”, mi dice. E se ne parte a prenderle. Ne porta 6, fresche di pollaio. Denise sfronda i rami tagliati da Jean Marie. Lavora tutto il pomeriggio. Porta a casa la legna. Verso le 18 va via la luce. Rosario e vespri al lume di candela. Siamo fortunati. Ritorna prima delle 20.