Storie anyi della Costa d'Avorio

Le componenti della veglia narrativa

Comoè Krou nota come fra gli Anyi-Morofoé della zona di Bongouanou le favole sono soprattutto raccontate negli accampamenti in foresta (nomue), piuttosto che nei villaggi : "Nel villaggio, nelle notti di luna, sovente si danza, non c'è il tempo per raccontare favole. Negli accampamenti, dove ci sono solo due o tre famiglie insieme, non si è abbastanza numerosi per danzare. Le sere di luna sono generalmente consacrate a sedute di racconti. A qualcuno che non sa raccontare favole, prendendolo in giro si dice: "Non hai mai dormito in un accampamento...". Invece a colui che conosce molte favole si dirà che è un uomo che non è mai venuto al villaggio".
Fra gli Anyi Bona i racconti sono, di solito, narrati nei villaggi. Una volta che la folla è riunita, all'interno di un'abitazione o in un angolo del villaggio, si cerca fra i presenti colui che darà inizio alla seduta: il primo narratore.
Si può allora notare una certa schermaglia fra i presenti, gli uomini invitando le donne e viceversa. Ognuno vuole lasciare il posto all'altro. Può anche capitare che si mandi a cercare qualche persona che manca, conosciuta per le sue particolari doti narrative.

I preliminari

Mentre si attende l'inizio della seduta, poco alla volta comincia a crearsi l'ambiente nel quale si trascorrerà las serata.
La gente si dispone, di solito, in cerchio su sedie o piccoli sgabelli, oppure si tiene in piedi, mentre i bambini si siedono in terra.
Fra tutti i presenti emerge poi il gruppo dei narratori o narratrici. Di solito non è mai tutta la folla che partecipa, ma un numero ristretto di pertsone.
In uno stesso villaggio si possono avere gruppi di vari tipi. Per esempio a Koun Fao, dove abbiamo raccolto gran parte del nostro materiale, avevamo "due centri di raccolta". Uno nell'abitazione del capo-chiesa Kwame Ahingora, ove il cerchio dei narratori era composto unicamente di uomini, mentre le donne si accontentavano di intervenire con il canto. Un secondo punto di raccolta era l' abitazione della regina-madre, Abena Ndoka, ove gli uomini erano quasi totalmente assenti, anche come spettatori. In questa abitaziione una sola volta è entrato un uomo per prendere parte attiva alla seduta. A raccontare erano le matrone dell'entourage della regina, attorniata da giovani e bambini.

La scena di apertura

Fra i Bona non esiste una particolare scena di apertura: una volta che i presenti sono pronti, e la folla abbastanza numerosa, si inizia la seduta.
Tra gli Anyi-Morofoé di Bongouanou invece ogni seduta si inizia con una apposita scena, in cui il bambino più grande fra i presenti dice: "Bum! ho ucciso un elefante". Gli altri fanciulli rispondono. "Non ci basta, è troppo piccolo". Il dialogo prosegue citando il nome di tutti gli animali, uccelli e insetti compresi, dai più grandi ai più piccoli, giù giù fino alla formica, con cui si conclude l'enumerazione perchè i presenti a questo punto rispondono: "Va bene, ci basta". Si procede quindi alla vendita-acquisto degli animali. Qualcuno, oppure colui che guida la seduta, dice : "Metto la mia selvaggina in vendita", oppure : "Dividiamo la selvaggina". Ognuno si attribuisce una parte di un anumale : zampe, coscie,, cuore, reni, pelle, occhio, un'ala, la coda ecc.
Si passa poi al pagamento della carne "acquistata", per cui ogni acquirente viene interpellato in questo modo: "Paga la carne acquistata". L'interpellato risponde con un canto in cui nomina la parte che si è attribuita. Il canto serve da moneta per la transazione.
Quando tutti hanno pagato, colui che dirige la seduta conclude con un canto attribuendosi le parti della selvaggina che restano. Qual è la funzione di questa scena d'apertura? Secondo Comoé Krou "la scena d'apertura è una vera lezione di storia naturale e di anatomia animale... Le favole mettono in azione ogni tipo di animale. E' indispensabile che i bambini imparino a conoscere questi animali per comprendere le favole.
Abbiamo notato che quando un bambino sente per la prima volta il nome di un animale, chiede com'è questo animale. L'animale allora gli viene descritto, paragonandolo ad un altro della stessa specie o della stessa razza che gli assomiglia. In questo modo la scena di apertura è parte integrante della seduta... che si prepara.. Questa scena mostra come la favola, oltre all'insegnamento morale direttamente impartito, sia anche un mezzo di formazione intellettuale.
Può ancora capitare che questa scena venga omessa, specialmente quando sono gli adulti che iniziano la seduta. Questo è ancora una prova supplementare che essa esiste per l'istruzione dei bambini".

L'inizio della seduta

La seduta può iniziare con racconti, oppure con una serie di canti, chiamati mogue. I canti, all'inizio della seduta, non durano più di qualche minuto e servono per creare l'atmosfera d'attesa fra i partecipanti. Infatti il pubblico diventa attento, concentrato, vigile e il narratore, lo ngoadifue, "l'uomo che sa raccontare", è pronto.
Manca ancora un personaggio: sonan bo o kpene so, cioè "la persona che risponde", che annuisce e lo si cerca fra i presenti.
Questo personaggio, detto ancora ngoa so Kpenefue, "la persona che risponde alla parola", lo chiameremo epicentro o agente ritmico.
La sua funzione è di dialogare con il narratore, ritmando e sottolineando la sua parola.
Il narratore comincia a parlare con un tono di voce su un registro leggermente diverso da quello della conversazione corrente, più acuto. Il narratore non parla solo con la bocca, ma con tutta la persona, vivacizzando al massimo il racconto attraverso le modulazioni della voce, i gesti, la mimica, l'espressione del volto e anche con il silenzio, le pause che fanno parte integrante del racconto. Il fabulatore sa tener desta l'attenzione e cattivare il suo pubblico con tutta una serie di espedienti audiovisivi.
Nella sua elocuzione il narratore non si rivolge mai direttamente a tutta la folla, ma sempre e solo a uno dei presenti, colui che abbiamo chiamato epicentro o agente ritmico. Tutti ascoltano , tutti partecipano, ma fra i presenti emerge l'epicentro, che peraltro può essere cambiato durante la seduta.
Il novellatore non racconta mai tutta la favola in modo continuo, senza interruzioni fino alla fine: egli parla per brevi frasi, per sequenze, riprese e ritmate dal suo epicentro.
Attorno a questi due poli, il narratore che parla e l'epicentro che fa da contrappunto, troviamo la folla che fa da terzo elemento. La parola circola all'interno di un triplice spazio: emessa dal narratore, ricevuta dall'epicentro, ritrasmessa alla folla.