Storie anyi della Costa d'Avorio

La conclusione delle storie

Altre volte, invece, la finale della storia è legata solo esternamente al testo narrato, anche se ne sembra la conclusione logica. Si danno due casi:
- stesse storie, finali diverse;
- storie diverse, finali uguali.

Stesse storie - finali diverse

Nei due racconti del ragno e dell'aquila, visti più sopra, abbiamo queste conclusioni. In uno:
"Quando dai fuoco alla boscaglia, se vedi l'aquila e lo sparviero girare sopra il fuoco sappi che è a causa dell'inganno del ragno. Ecco la ragione per cui quando tratti un affare con un amico non lo devi ingannare".
Nell'altro:
"Ecco perchè, se qualcuno ti fa del bene, non devi rendergli del male".
Nel primo racconto abbiamo una conclusione doppia. La prima parte del finale rientra nel gruppo di quelle che spiegano la ragione d'un fatto corrente, che l'agricoltore Bona osserva quando accende i cosidetti "fuochi di bosco" : lo sparviero che vola sopra le fiamme. In questo racconto, la ragione del comportamento del volatile è l'inganno del ragno. Vedremo più avanti come lo stesso finale attribuisca a questo fatto una causa totalmente diversa.
Nel secondo racconto, il finale è più semplice: la prima parte è assente. In ambedue i racconti abbiamo una morale finale di sapore parenetico: l'esortazione a comportarsi in modo retto.
Le due esortazioni sono però differenti: un racconto termina con l'invito a non ingannare gli amici, l'altro con l'esortazione a non rendere male per bene. Si tratta, dunque, di vere conclusioni morali, attinenti al senso generale della narrazione, ma che possono variare secondo il narratore, che nella conclusione può mettere in evidenza un aspetto più che un altro. L'aspetto privilegiato non è necessariamente l'elemento più importante del racconto, ma un elemento secondario che interessa particolarmente il narratore. Non si può neppure dire che una conclusione sia più o meno vera, più o meno appropriata dell'altra. Ognuna ha la sua ragion d'essere, pur essendo manifestamente legate alla persona del narratore.

Storie diverse - finali identiche

In questi casi risulta più palese la meccanicità di certe conclusioni e il loro scarso legame con le narrazioni relative.
Probabilmente il genere stesso dei racconti richiede conclusioni piuttosto esterne. Ci sembra di poter individuare il seguente procedimento narrativo. Il narratore vuole spiegare l'origine d'un fatto, per esempio, perchè la jena viva nella foresta, o perchè gli animali siano dispersi nella foresta, oppure perchè l'antilope cavallina abbia le lacrime agli occhi ecc. Il narratore presenta il racconto, generalmente di tipo schiettamente giocoso, poi, alla fine, si aggancia a un particolare per presentare la conclusione che gli interessa. Può anche darsi il caso che il narratore non faccia ricorso a un particolare, ma al senso generale del racconto. In ogni caso, il racconto ha una sua vita a parte, una sua economia interna, slegata e indipendente dal finale. Perchè la jena vive nella savana? Le risposte sono diverse. Vediamone due:
"Il ragno manifesta il suo amore a una donna. Costei risponde che la iena lo ha preceduto e che ormai non può ritirare la parola data. Il ragno manifesta il suo stupore davanti al rifiuto della donna essendo, dice lui, la iena il suo cavallo. La donna è disposta a credere solo se vede il ragno cavalcare la iena. Il ragno, con uno stratagemma, riesce a cavalcare la iena e a passare, più volte, davanti alla casa della donna, sul dorso della iena. La donna, constatata la verità delle parole del ragno, acconsente alle nozze. Mentre i due fanno festa, la iena è legata a un albero in attesa di ricevere un...bue, secondo quanto le aveva promesso il ragno. Si tratta ora di trovare un mezzo per liberarsi dell'intrusa. Il ragno corre trafelato dalla iena dicendole che dei militari lo hanno picchiato, gli hanno rubato il bue, e stanno arrivando per battere anche lei. Costei strappa la corda e fugge nella savana. Da quel momento vive nella savana".
Ecco una prima ragione. La causa della fuga della iena è... la paura dei militari. In rapporto all'insieme del racconto, questo dei militari, è proprio solo un dettaglio minore.
Vediamo un'altra causa:
"Niamien si rivolge al ragno e alla iena affinchè gli procurino un fiore particolare, "l'occhio della terra", per curare suo figlio paralitico. Il ragno approfitta dell'occasione per gareggiare d'intelligenza con la sua compare: le dice in faccia che lui è molto più intelligente di lei e che è capace di farla picchiare come non è mai stata picchiata. La iena nega tutto. L'a- zione comincia. I due se ne vanno alla ricerca del fiore richiesto. Il ragno, con una serie di stratagemmi, fa vedere alla iena il fiore cercato. Ma quando la iena, con l'aiuto di un gruppo di giovani inviati da Nyamien, ritorna sui luoghi dove aveva visto il fiore per raccoglierlo, non lo trova più. Questo succede più volte. Alla fine, i giovani inviati da Nyamien, immaginando che la iena voglia burlarsi di loro e di Nyamien, la battono ben bene. Tutta dolorante, la iena s'incontra con il ragno. Costui, torcendosi dalle risa, le svela il sotterfugio usato, chiedendole chi dei due è il più intelligente. La iena incassa e cerca di ripagare il ragno con la stessa moneta. Non solo non riesce, ma il suo stratagemma le si ritorce contro e rischia di finire accecata. Per la vergogna se ne va a vivere nella savana, lasciando il ragno nella foresta".
Tutto il racconto si risolve in una gara d'intelligenza tra il ragno e la iena, in cui il narratore, si diverte a sottolineare le verie trovate del ragno ai danni della iena.
L'interesse del racconto sta tutto qui. La fuga della iena nella savana è una conclusione conseguente al racconto, ma esterna alla narrazione, anche se il racconto ha un chiaro significato eziologico.
Si è accennato ai due finali diversi dei racconti del ragno e dell'aquila: la prima parte del finale, cioè lo sparviero che gira sopra i fuochi di bosco, si ritrova tal quale nel racconto del ragno che va alla ricerca della coda del più vecchio degli elefanti. Per sfuggire alla morte il ragno si gette nel fuoco: il suo amuleto lo trasforma in sparviero, vola al di sopra del fuoco e vi gira attorno:
"Ecco la ragione per cui quando vai nei campi e vi accendi dei fuochi per bruciare le sterpaglie, se vedi lo sparviero che vola al di sopra del fuoco, sappi che è il ragno che sta cercando il suo amuleto".
Lo stesso fenomeno è spiegato in due modi diversi. Nel primo racconto il volo dello sparviero ha come causa l'inganno che il ragno ha perpetrato contro il suo benefattore.
Costui, per vendicarsi, ripaga il ragno con la stessa moneta, ingannandolo. Il volo dello sparviero, che si può vedere ogni volta che si accendono i fuochi di bosco, non sarebbe che l'iterazione della beffa iniziale che è costata la vita al ragno.
Nel secondo racconto, invece, lo sparviero sarebbe lo stesso ragno, trasformatosi in volatile: lo sparviero vola al di sopra del fuoco, non più per contemplare la sua vittima morente, ma per ricercare il suo amuleto, gettato nel fuoco dalla donna.
Finali di questo genere sono numerosi. Gli animali sono dispersi nella foresta ognuno per proprio conto, per sfuggire al potere del capro, che, con il suo ano malefico, uccide tutti quelli che incontra; oppure per paura d'un infante-prodigio che andava regolarmente ogni giorno a picchiare gli animali. Grosso modo lo schema è il medesimo: all'inizio gli animali vivono insieme. In seguito a una serie di avvenimenti (che costituiscono la base della narrazione con la loro autonomia interna) gli animali si disperdono. Ciò che cambia sono le vicende narrate, mentre la impostazione del problema, o situazione iniziale, e il risultato finale sono i medesimi.
Qual è l'origine delle linee della mano? Sono i segni lasciati sulla mano d'un giovane che ha cercato invano di afferrare la chioma della fidanzata mentre cadeva in un fiume, risponde un racconto. E' un orfano che ha cercato invano di trattenere per i capelli la madre uscita dalla tomba, ma senza riuscirvi, afferma un altro.

Conclusione

Batra kan bo o se be sa wunzi ne, jee one mbaimo di alie o : "il bambino che sa lavarsi le mani si siederà a tavola con gli anziani". Questo proverbio è stato detto da Benoit Kwaku Kra come introduzione al racconto dell' "Infante che va alla ricerca del senso delle cose del mondo".
Era la sera dopo cena, gran parte del villaggio era riunita attorno ai catechisti e ai capi-chiesa, nella grande piazza antistante l'abitazione di Tano Koffi, capo dell'omonimo villaggio da lui fondato. Eravamo riuniti per una veglia narrativa. L'atmosfera si era veramente "addensata", come dicono gli anziani del villaggio; ogni narratore gareggiava con gli altri per imporsi e mostrare i suoi talenti. La seduta era giunta al suo apice. Benoit Kra chiede la parola e narra il suo racconto, rivolto a tutti, ma soprattutto ai giovani catechisti venuti, anche da lontano, per la riunionr: "Voi, che siete convenuti qui e che sedete attorno ai vecchi, potete ascoltare cose riservate agli anziani, potete mangiare a mensa con loro".
Il narratore aveva coscienza di proporre "un piatto diverso dal normale", riservato agli anziani. Questo cibo l'ha servito a tutti i commensali presenti, affinchè potessero assaporarne la dolcezza e sperimentare quanto sia nutriente dividere la mensa con gli anziani.
Abbiamo cercato anche noi, in queste pagine, di gustare qualche briciola della cultura tradizionale degli Any-Bona. Noi non abbiamo fatto altro che servirci a una mensa imbandita da altri, e abbiamo solo "assaggiato" qualche vivanda. Ciò è stato sufficiente per permetterci di untravvedere quale sia la qualità e la quantità del cibo che gli anziani Bona, i Nana, possono offrirci, accettandoci alla loro mensa.
Da noi è stato richiesto "di saper lavar le mani", cioè di avvicinarci a loro con rispetto e di saper stare al proprio posto a "tavola" con loro.