Il 20 giugno 1993 la popolazione di Ronco Scrivia (Genova) ha vissuto un momento
indimenticabile. Alla presenza del cardinal Gantin, prefetto della Congregazione dei Vescovi e
decano del Collegio cardinalizio, veniva solennemente chiuso l'anno centenario della morte di padre
Francesco Borghero, primo missionario della SMA e fondatore della Chiesa Cattolica in Nigeria e
Benin, paese d'origine del cardinal Gantin.
Padre Borghero nasce a Ronco Scrivia il 19 luglio 1830. A cinque anni lascia il suo paese. Fa gli
studi umanistici nel collegio dei Padri Gesuiti a Voghera. Nel 1949 lo troviamo nel seminario
arcivescovile di Genova dove frequenta i corsi di filosofia e di teologia "con fama di bello ingegno,
con assidua applicazione e con edificante condotta". In seminario sente leggere la storia delle
missioni benedettine in Australia. A partire da quel momento si prepara spiritualmente e
materialmente alla vita missionaria: forgia il suo corpo, già forte di costituzione, abituandolo alle
fatiche, alle privazioni, al vento, al sole, alla pioggia. Con qualche compagno fonda l'Associazione
dei Felici, che si propone di accettare prontamente e con gioia le disposizioni della Provvidenza e
dei superiori.
Nel 1852 segue a Subiaco l'abate benedettino Pier Francesco Casaretto, che aveva fondato,
qualche anno prima, un Collegio per le Missioni Estere. Scrive in una lettera: Nel 1852 essendo io
in età di 22 anni, aveva compiuto gli studi di teologia nel seminario di Genova mia patria,
quando, desideroso di consacrarmi alle missioni straniere, dal reverendo abate Casaretto fui
invitato a ritirarmi nel suo monastero di S. Scolastica presso Subiaco, dove avrei potuto
prepararmi alla missione, imparare alcuna lingua necessaria, e prestando l'opera mia nel
fare la scuola....
Borghero rimane a Subiaco fino al 1857 come insegnate di retorica. Nel frattempo viene ordinato sacerdote il 27 settembre 1854 titulo missionum. Nel novembre 1857, non trovando soddisfazione al suo desiderio di partire in missione, lascia Subiaco e si trasferisce a Roma. Nel giugno del 1858 incontra a Roma monsignor de Marion Brésillac, fondatore della SMA, che lo porta con sè a Lione. Dopo aver insegnato la teologia ai seminaristi della nascente comunità, arriva per lui il momento di partire per l'Africa: siamo agli inizi di gennaio 1861.
Nel giugno del 1859 erano intanto morti di febbre gialla a Freetown, in Sierra Leone, cinque componenti delle prime due spedizioni, fra cui il Fondatore. Padre Borghero arriva il 18 aprile a Ouidah, o come scriveva lui Whydah, da dove avrà inizio l'evangelizzazione del paese. Per quattro anni sarà annunciatore coraggioso e lavoratore instancabile. Nel 1865 lascia l'Africa per raggiungere Lione dove padre Planque, il successore del fondatore, per confrontarsi con lui sui problemi che riguardavano la missione e l'istituto.
Il periodo della sua permanenza in Africa non fu lungo, ma gli fu sufficiente per "piantare la chiesa" in differenti Paesi e lasciare ai suoi successori un futuro pieno di speranza. Fu anche un periodo di grandi prove, di ogni genere: malattie che lo tenevano a letto per mesi, confratelli che continuamente gli morivano accanto, difficoltà con le autorità locali ed europee, incomprensioni dovute ad un approccio diverso dei problemi incontrati per la prima volta dalla nascente comunità. Quando raggiunge nuovamente l'Europa, nel 1865, si trova ad essere l'unico missionario della prima spedizione, ad essere di ritorno dal Vicariato del Dahomey. Vicariato che la Santa Sede aveva sempre rifiutato di erigere, proprio a causa delle condizioni estremamente difficili per vivervi e per annunciarvi il vangelo. Dopo essersi fatto curare a lungo rientra in Italia e diventa precettore di duchi e principi: i Salviati, i Borghese e i Torlonia. Durante la sua permanenza a Roma offre i suoi servizi a Propaganda Fide e a varie comunità religiose. Al tempo del Concilio Vaticano I, lo troviamo testimone attento e amante della vita della Chiesa e ricolmo di speranza sul suo avvenire. Uomo sempre a corto di tempo, non tralascia di scrivere memorie, articoli storico-geografici ed etnologici, commenti biblici. Quando la malattia gli lascia un po' di tregua si butta a capofitto nel ministero, prima in paesi senza prete, poi nella sua stessa parocchia di Ronco Scrivia. Nell'ottobre del 1890 è nominato direttore spirituale del seminario dei Figli di S.Maria Immacolata, in Genova. Non ricoprirà quella carica per molto tempo. Morirà di cancro allo stomaco il 16 ottobre 1892, nel suo paese natale.
P.Borghero ci ha lasciato un lungo e avvincente diario, una relazione sui luoghi visitati e centinaia di lettere. Così si esprime nel diario:
Un missionario deve avere prima di tutto lo spirito degli apostoli, l'amore per N.S. Gesù Cristo a un grado eroico, il desiderio ardente di propagare la chiesa tra tutti i popoli. Consiste in questo il suo principale patrimonio. Ma per servirsene nel migliore dei modi in mezzo agli uomini ha bisogno anche di quei mezzi umani che hanno attinenza alla vita esteriore. Perciò oltre agli studi sacri... il missionario si trova nella necessità di conoscere un certo numero di lingue, di possedere le nozioni elementari dell'astronomia, la geografia, l'architettura, la medicina e la chirurgia spicciola, l'agricoltura. Deve sapere anche servirsi delle sue mani per essere, all'occasione, falegname, fabbro e sarto, senza contare che, più d'ogni altro, deve essere avvezzo alla fatica delle marce a piedi sotto l'ardore del sole, al rigore del freddo. Deve inoltre potersi nutrire delle cose più semplici, accontendandosi di poco, in grado di dormire sulla nuda terra, a cielo aperto quando le circostanze lo esigono.
Tutto questo non sono parole per gli altri, ma lo specchio della sua vita. Tante volte nelle sue lettere ridice a se stesso e agli altri che è solo nelle lacrime che si semina, che la strada del discepolo non può essere differente da quella del Maestro: Grazie alla Divina Provvidenza che ha voluto così - scrive in una lettera -, siamo stati sottoposti alle più terribili sofferenze che mai avremmo pensato di poter sopportare; è giunto infatti il momento di cominciare a imitare il nostro Modello Divino almeno nei dolori.
Umanamente P.Borghero era molto dotato. Non aveva difficoltà ad esprimersi in francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese, senza contare le lingue che aveva imparato in Africa. "Viaggiatore appassionato", come si definsice lui stesso, percorse in lungo e in largo i paesi del Golfo di Guinea, dalla Sierra Leone alla Nigeria, senza dimenticare il Camerun, le Isole Loss e Fernando Po, alla ricerca, tra l'altro, di posti più salubri per i suoi padri. Molto interessanti sono le sue annotazioni geografiche, storiche, religiose, di flora e di fauna, gli schizzi dei luoghi e degli oggetti che si presentano ai suoi occhi. Le sue conoscenze in cartografia gli permettono non solo di correggere le carte che trova su alcune navi, ma di compilare una Carta della Costa degli Schiavi che manderà alla Società di Geografia di Parigi. Di ritorno in Italia, a diverse riprese, scriverà sui giornali di Genova. Fine diplomatico, ma anche intransingente negoziatore, descriverà con dovizia di particolari il suo incontro con Glè-lè, re di Abomey.
Era un'anima ardente, appassionata, vibrante. Dai suoi conterranei aveva derivato un temperamento, un'audacia incline all'avventura..., energico, coraggioso, sprezzante delle comodità, amante della fatica, nonché dotato di uno spirito di osservazione e di larghe vedute, poteva dirsi il tipo dell'organizzatore nato, mentre nei suoi contatti con altre persone lo guidava un fine senso diplomatico. Alle vaste conoscenze scientifiche univa una dottrina teologica sicura, che serviva anche ad alimentare la sua vigorosa pietà. Il Borghero riuniva perciò in se stesso le più ambite qualità di un missionario destinato a tentare una fondazione in un Paese assolutamente nuovo. (1)