CAPITOLO 5.




La prova della malattia

Due mesi di febbri malariche.

19 LUGLIO 1861: Venerdì. Sono due mesi che ho avuto i primi attacchi. La malattia è durata esattamente 7 settimane. Dopo questo periodo mi sono trovato agli estremi, ero ridotto a pelle e ossa. Ho perso la barba e i capelli. Le crisi continue duravano sempre sei giorni e il settimo era libero da crisi. Durante questo tempo mi sono astenuto completamente dal cibo. Il 29 giugno ho avuto un attacco così forte che sono svenuto. Padre Fernandez, che era lui pure ammalato e aveva il suo letto accanto al mio, credendomi perso e non sapendo che fare, durante la notte ebbe l'idea di far dire a uno spagnolo che conosciamo (il signor Banus di Barcellona) di darci delle cantaridi, con le quali mi fece due vescicatorie al polpaccio. Dopo 5 o 6 ore, sentendo l'azione delle cantaridi, ho avuto un attimo di conoscenza e ho detto a padre Fernandez: "Que me tran puesto aqui?" facendo degli sforzi per tirarmi via le vescicatorie. Questo caro confratello mi rispose: "Dejelo, dejelo V.M. que les bien" e ho nuovamente perso conoscenza. Il 30 ebbi un momento di libertà, durante il quale ho scritto qualche riga in Europa e ho nuovamente perso conoscenza. La gente del Salam è molto spaventata, perché secondo loro noi non avremmo dovuto avere malattie. Finalmente, dopo sette settimane di questa strana malattia mi sono sentito guarito, ma senza forze sufficienti per potere alzare la testa. Per bere dovevo servirmi di una cannuccia fatta con la piuma di un'oca. Essendo stato a lungo coricato su un banco fatto di palme, alla fine mi sono ritrovato con tre piaghe enormi: una su ciascuna anca e un'altra alle reni, provenienti dalla pressione del banco sulla carne... Ho alleviato un po' il dolore con un cuscinetto di piume proveniente dagli effetti dei nostri confratelli in Sierra Leone, ma avevo bisogno dell'aiuto di altri per girarmi. E finalmente, proprio oggi in cui compio 31 anni, ho celebrato la messa di azione di grazie, ma senza quasi potere arrivare alla fine per la debolezza, non riuscendo a tenermi in piedi sulle gambe.

Missione è anche prendersi come cura degli ammalati.

25-31 LUGLIO 1861: Allo stesso tempo cominciamo la nostra missione curando le piaghe spaventose che sovente rodono letteralmente questi poveri neri. Molti vengono da noi ogni mattino, noi li curiamo con la più grande carità. Ciò che ci ha dato una gran nomea in questo tipo di cura è stata la guarigione di un figlio del cabecero22 Amoua, che aveva un piede completamente in cancrena, ed emanava una puzza così tremenda che i suoi l'avevano cacciato di casa. Il povero ragazzo venne a sedersi presso la nostra porta, sperando che avessimo pietà di lui. Noi lo facemmo entrare e lo tenemmo a casa nostra a lungo, finché fu guarito e restituito ai suoi genitori. Questa guarigione così inattesa ci ha fatto buona propaganda presso quei disgraziati che, per mancanza di cure, sono sovente mangiati da piaghe orribili.

La malattia miete altre vittime tra i Padri.

9 LUGLIO 1864: Il signor Suarez, un bianco di Whydah, mi dà la seguente notizia, che non avrei mai voluto ricevere: padre Noché, che avevo costituito mio delegato e superiore della missione in mia assenza, è morto il primo luglio. Aveva avuto una forte meningite, a causa della sua ostinazione a non volersi riparare dal sole. Il suo zelo ardente gli faceva disprezzare ogni sorta di pericolo. Questa morte, così dolorosa e così inattesa, mi obbliga a non pensare ancora di partire per l'Europa. Il povero Lorenço è stato colpito, come da un colpo di fulmine, da questa morte così improvvisa.


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