Inutile lotta per abolire la schiavitù e i sacrifici umani.
13 DICEMBRE 1861: Il re, informato di tutto, volendo
evitare una simile conversazione (allo scopo di mettere fine ai
sacrifici umani ndr), e anche spinto dai suoi consiglieri,
mi ha dunque inviato Tchiudato per dirmi che non si poteva in
nessun modo parlargli di questi argomenti. Per farla breve, il
re mi mandava a dire che io, grazie alla mia qualità di
capo della religione dei bianchi, ho potuto parlargli di queste
cose impunemente; ma se qualcun altro avesse mai osato parlargliene,
il re non avrebbe avuto bisogno del permesso di nessuno per mettergli
le mani addosso e chiuderlo in prigione. I sacrifici umani erano
necessari alla conservazione del regno23; del resto parlare di
questi argomenti è pura stupidaggine: i bianchi hanno le
loro tradizioni e così pure i neri. Se avesse voluto, il
re era forte abbastanza per sostenere un attacco degli inglesi;
e se voleva poteva anche cacciarli da Porto Novo (di cui si era
recentemente impossessato). Per quanto riguarda le guerre annuali,
il re mi mandava a dire: "Forse che I bianchi vogliono venire
a immischiarsi nelle faccende del mio regno?". Gli rispondo
che io non dico queste cose al re da parte di nessun governo e
che non sono incaricato di nessuna missione politica, ma che parlo
da prete cristiano e né più né meno secondo
gli ordini di Dio. Allora mi domandano come ha fatto Dio a darmi
questi ordini. Certo la mia risposta li fa riflettere, senza però
capire niente delle cose d'ordine spirituale. Il re mi faceva
riferire che, per quanto riguarda il commercio degli schiavi,
i governi di Europa l'avevano sempre favorito e perfino richiesto,
gli inglesi come gli altri, quantunque attualmente vi siano contrari,
e che al re non interessa che noi crediamo che tale realtà
impedisca il commercio e l'agricoltura. Infine si conclude che
nelle mie conversazioni con il re non avrei più dovuto
abbordare questi argomenti, perché altrimenti saremmo arrivati
a una rottura delle nostre relazioni.
26-27 DICEMBRE 1861: I sacrifici umani continuano
tutti questi giorni. Di notte si sentono delle urla cadenzate
da musiche infernali; sono tutte cose che fanno parte delle cerimonie.
E' proibito a tutti di uscire di notte. Solamente gli stregoni
possono andare in giro. Si odono dei canti lugubri che vanno al
di là di ogni immaginazione. Io ho sentito qualche pezzo
di musica cantata, altrettanto infernale, ma con un ritmo più
misurato.
29 DICEMBRE 1861: Seguendo le mie guide mi sono trovato,
senza saperlo, sulla grande piazza d'armi, affollatissima. Tutto
l'esercito era presente. Si vedevano da ogni lato trofei di vittime
umane poste su dei patiboli a forma di arco di trionfo. Volsi
via i miei occhi da uno spettacolo simile. Ai miei rimproveri
fatti per avermi portato in un luogo simile, le guide si scusarono
dicendo che l'altra strada era sbarrata e che non sapevano che
ci fossero tutti questi cadaveri in bella mostra. Frotte di avvoltoi
attirati dall'odore delle vittime svolazzavano dappertutto. Un
po' oltre siamo quasi soffocati da un puzzo orribile di cadaveri
ammucchiati da parecchi giorni di sacrifici.
1 SETTEMBRE 1862: Dato che siamo obbligati a procurarci degli operai per le costruzioni, senza i quali la missione non avrebbe potuto svilupparsi, siamo stati obbligati a reperire i soli operai che si trovano nel Paese: gli schiavi. Avevamo ricevuto da Propaganda Fide delle istruzioni di ritenerci liberi in coscienza di comperare degli schiavi. Il sunto di queste istruzioni è che, essendo l'uomo padrone della sua libertà, non può esserne privato senza volerlo, e che di conseguenza deve dare il suo consenso se lo si vuol prendere come schiavo. Allora noi prendiamo di comune accordo queste risoluzioni: 1) che dobbiamo ottenere il consenso degli schiavi; 2) che non li consideriamo schiavi, ma persone che abbiamo liberato; 3) che saranno obbligati a lavorare fino al giorno in cui avranno pagato con il loro lavoro il prezzo del loro riscatto; 4) che noi li tratteremo con la più grande carità possibile e che forniremo loro il mezzo di istruirsi nella fede e lasceremo loro tutta la libertà nella scelta di farsi cristiani. Di conseguenza abbiamo chiesto al Jevogan di presentarci dodici schiavi. Oggi siamo invitati dal Jevogan per vederli. Andiamo io e il padre Lafitte. Fanno sfilare davanti a noi dieci uomini belli, ma incatenati al collo, secondo l'uso. D'altra parte, sapevano già chi eravamo. Vedendoci si mettono a saltare di gioia, come pazzi, con le loro catene al collo. Domandiamo loro se acconsentono a venire a lavorare per noi; la loro risposta non si fa attendere, sono pazzi di gioia nel vedersi liberati da questa loro servitù. Tuttavia, il vedere dei nostri simili così incatenati davanti a noi, quasi nudi, nutriti di stenti, ci fa talmente male al cuore, che io dico a padre Lafitte e lui a me: "Andiamocene di qui", tanto questo spettacolo ci fa male al cuore.
Chiediamo al Jevogan di mandarceli subito. Grande emozione
presso i missionari: ognuno vuole essere il primo a liberare questi
disgraziati dai loro ferri. Noi abbiamo preparato loro una bella
casa di bambù, con un letto e delle stuoie per ciascuno,
più due vestiti completi. Li conducono a noi verso sera.
Si gettano a terra in segno di omaggio verso di noi, ma noi li
facciamo subito rialzare. Il fabbro apre a martellate gli anelli
della catena di ferro e io chiedo l'onore di aprire e liberare
il primo dalle catene. Gli altri missionari e i ragazzi fanno
altrettanto con una fretta ammirevole e con la grande gioia di
poter liberare il loro prossimo. Il Jevogan chiede che
gli vengano consegnati gli stracci che gli schiavi portavano attorno
alla cintola; noi li sostituiamo con vestiti nuovi, e conduciamo
gli uomini alle loro abitazioni. Ognuno si getta sul suo letto
ricoperto da una stuoia, con le gambe all'aria e facendo movimenti
con le gambe ormai libere. Si porta loro del cibo e altri piccoli
regali; lo spettacolo è tanto più felice quanto
più triste era stato quello delle loro catene. Sembra che
queste persone rinascano in un mondo di felicità. Tutti
questi uomini provengono dalla città di Schaga che il re
del Dahomé ha fatto distruggere. Però fra di loro
ci sono alcuni del paese haussa e di altri paesi che sono
stati presi durante la caduta di Schaga. Dopo qualche giorno riceviamo
cinque altri schiavi, riscattati allo stesso modo. Con questi
uomini cercheremo di costruire delle abitazioni sufficienti.
24-25 OTTOBRE 1863: Tramite delle lettere del signor
Daumas e altre di padre Lafitte vengo a sapere che la nostra missione
di Porto Novo è molto contrariata a causa del Protettorato
francese. Ci viene contestato il terreno acquisito, si pretende
perfino che per averne una parte occorrerà farne domanda
a Parigi, al Ministero. E' il colmo dell'assurdità centralizzatrice,
come se da Parigi si potesse vedere o capire i nostri bisogni.
FÉBBRAIO 1864. Nota. Durante il mese di gennaio
e una parte di febbraio abbiamo ricevuto parecchi comunicati inviati
dagli ufficiali della marina, in relazione al nostro progetto
di missione a Porto Novo. Questa missione all'inizio fu permessa
dal re del paese, ma in seguito fu in parecchi modi intralciata
dagli ufficiali di marina, quando Porto Novo fu designato a essere
un paese da porsi sotto il Protettorato francese. Autorizzata
nelle convenzioni ufficiali, contrariata nelle trattative particolari,
è finalmente stata autorizzata, ma sotto condizioni meschine.
Il 23 febbraio il Barone Didelot, comandante della stazione navale,
ci fa pervenire l'atto di licenza a condizione di restare sottomessi
alle leggi riconosciute dall'autorità francese e a condizione
di servirci soltanto del francese nelle scuole che costruiremo.
Questo è chiederci un prezzo ben alto per una protezione
interessata. Ci consultiamo fra di noi e passiamo in rivista tutte
le tergiversazioni del Protettorato per impedire o danneggiare
la nostra azione religiosa, e restiamo d'accordo sulla condotta
da seguire. Rispetto e buona creanza verso gli ufficiali e gli
agenti, senza accettare da loro nessuna regola di condotta in
materia religiosa.
14 NOVEMBRE 1864: Contemporaneamente i dissidi fra
il re e il capo del Protettorato francese si fanno più
grandi e minacciano di diventare motivo di conflitto a mano armata.
Il capitano ci offre di rifugiarci presso di lui in caso di conflitto
armato. Dato che siamo completamente estranei a questo dissidio,
e la gente del posto lo sa, pensiamo di essere più al sicuro
restando a casa nostra. Ringrazio il capitano, che del resto è
sempre stato benevolo con noi. D'altra parte, questo sistema del
Protettorato, suscitato unicamente per favorire una sola parte,
non ha alcuna seria ragione di esistere. Per la gente del posto
non offre nessun vantaggio reale, per i commercianti francesi
non ha altro vantaggio se non quello di soddisfare una qualche
vanità particolare, suscitando una certa dose di gelosia
da parte degli altri negozianti europei.
21 DICEMBRE 1864: Ci viene detto che il Protettorato
francese deve cessare, perché per esercitarlo bisognerebbe
battersi con coloro che si vorrebbe proteggere, e non avrebbe
senso! Tuttavia tutte queste agitazioni gettano la città
nello spavento. 22-23 DICEMBRE 1864: Si vedono lunghe file di persone, soprattutto donne, dirigersi verso l'interno del paese per mettersi in salvo. Di buon mattino l'avviso-scorta24 Le Dialmat parte da Porto Novo. In questo modo ritorna la calma. Gli abitanti rientrano in città e tutto diventa tranquillo. D'altronde questo Protettorato è stato pura utopia senza ragion d'essere, e gli ufficiali di marina l'han capito e hanno dato prova di saggezza togliendosi da una posizione non giusta.
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