"I Cinesi non fanno le loro transazioni con dinar o con dirham; tutto il metallo che si
raccoglie laggiù da queste monete, essi lo fondono come abbiam detto in lingotti,
mentre le compravendite le fanno con dei pezzi di carta, grandi ognuno quanto il palmo di
una mano e stampigliati col sigillo del Sultano.
Venticinque di tali pezzi hanno il nome
di balisht, che equivale per loro al dinar. Quando tali pezzi di carta si lacerano in mano a
uno, questi li porta a un palazzo che è come da noi la zecca, e ne riceve in cambio
dei nuovi, consegnando i vecchi, senza dover sborsare per ciò alcun compenso nè
altra spesa, essendo quelli che si occupano di un tale servizio regolarmente stipendiati dal
Sultano.
A quel palazzo della moneta è addetto un grande emiro.
Se uno va al mercato per comprar qualcosa con un dirham d'argento o un dinar d'oro, non glieli
prendono e non gli badano finché non gli ha cambiati col balisht, e con questo
può allora comprare quello che vuole".
(IV, 254-268, p. 484)