In primis, dopo che lasciammo il mare, cioè da Honeim, abbiamo viaggiato, sempre
verso mezzogiorno, a cavallo per circa 12 giorni. Nei primi sette giorni non abbiamo trovato
alcun luogo abitato, ma solo pianure di sabbia, grandi come il mare; e coloro che le
attraversano di giorno si orientano con il sole e di notte con le stelle.
Passati sette giorni abbiamo trovato dei villaggi fortificati. I loro abitanti sono gente
molto povera, il loro cibo è quello che possono ottenere con l'irrigazione della
sabbia in un terreno poco fertile. Seminano ma poco. Hanno molti datteri, tanto che con essi
si sostengono.
In questo modo, sempre attraverso i detti villaggi fortificati, siamo venuti fin qui a
Tueto. Nel qual luogo ci sono 18 castelli, racchiusi in una sola cerchia di mura sotto
diversi signori. E chiunque possiede un villaggio fortificato difende coloro che entrano sia
legalmente che illegalmente. Sono quasi tutti consanguinei, e tengono molto al proprio onore.
E se capita qui qualcuno, qualunque ne sia la provenienza, è subito ricevuto in casa
da uno dei signori dei detti castelli, che lo difende fino alla morte e così i mercanti
vi restano sicuri, molto più sicuri che nelle terre dei re, come Themmicenno e la
Tunisia.
Nessuno di essi mi ha mai rivolto una parola cattiva, per quanto io sia cristiano ed
è vero che, non appena sono arrivato qui, fui infastidito perché tutti mi
volevano vedere e si meravigliavano dicendo "questo cristiano è simile a noi".
Credevano che i cristiani avessero la faccia mostruosa. Ma, presto si sono stancati e ora
vado solo dappertutto e non c'è nessuno che mi dica una parola cattiva.
Qui ci sono molti giudei, che vivono bene, poiché sono sotto la protezione di diversi
signori e ognuno difende i suoi: e così hanno buone relazioni sociali.
Qui si commercia per loro tramite e ve ne sono molti che possono essere garanti di somme molto
forti.
Questa regione è lo scalo della terra dei mori, nelle quali i mercanti entrano con le
loro merci e le vendono e portano qui l'oro, e comprano da quelli che vengono dalle coste.
E così è questo luogo di rifornimento, e molti di essi sono ricchi. Tuttavia,
in generale, sono molto poveri perché non seminano e non raccolgono nulla se non
datteri, con i quali si sostengono. Non mangiano carne se non quella dei cammelli castrati,
che sono pochissimi e carissimi.
Ma gli arabi, con i quali siamo venuti dalla costa, portano qua grano e orzo e quelli di qui
comprano per tutto l'anno al prezzo di sei fiorini per una nostra mina.
Qui non piove mai. Ché, se piovesse le loro case verrebbero distrutte, perché
sono fabbricate di sale invece che di canne. Qui non fa quasi mai freddo; d'estate c'è
talmente caldo che sono quasi negri. I bambini di entrambi i sessi, vanno nudi fino a quindici
anni. Questa gente segue la fede e la legge di Maometto. In questi dintorni ci sono da 150 a
250 villaggi fortificati.
Nelle terre dei negri ed in queste abitano i filistei, che vivono in accampamenti come gli
arabi. Sono veramente innumerevoli, e vanno dai confini dell'Egitto fino a ponente e al mare
oceano, a nord della terra di Gazzola, fino a Messa e Zaffi; dominano tutte le città
dei negri, da confine a confine.
Anch'essi sono bianchi, gente bellissima e di corporatura perfetta. Cavalcano senza staffe,
con i soli speroni alle caviglie. Sono governati da re ed i loro eredi sono i figli delle
sorelle: tale è la loro legge. Portano la bocca ed il naso coperti. Ho visto parecchi
di loro e li ho interrogati per mezzo dell'interprete, per sapere per quale ragione tengano
coperti in questo modo la bocca ed il naso. Mi hanno risposto: "Questa è la tradizione
dei nostri padri". Sono molto nemici dei giudei, tanto che nessuno osa andare da loro, ed
hanno fiducia nei negri. Vivono di latte e di carne. Non hanno né frumento né
orzo, ma molto riso, pecore e buoi, ed infiniti cammelli. Ed hanno cammelli di un tipo che
sono bianchi come la neve e corrono in un giorno quanto uomini a cavallo in quattro. Fanno di
continuo grandi guerre fra loro.
Le città che dominano ai confini sono di negri. Parlo di quelli conosciuti da quelli
di qui, ed i loro abitanti sono maomettani. Tra gli uomini molti sono negri, altri pochi
bianchi.
Prima di tutto, Thegida, che ha una provincia e tre castelli; Checoli, anch'essa grande;
Chuchia, Thamblet Geni e Meli; e quella Mella si dice che abbia nove villaggi.
Thora, Oden, Dendi, Sagoto, Bofon, Igden, Bembo; tutte queste città grandissime e
a capo di provincie ed hanno innumerevoli terre e villaggi fortificati, sotto il loro dominio.
Tutte queste città sono sotto la legge di Maometto.
A mezzogiorno di esse, vi sono città e regioni innumerevoli e grandissime, dagli
abitanti tutti negri ed idolatri, che fanno tra loro grandissime guerre, ognuno per difendere
la propria legge o idolatria. Alcuni adorano il sole, altri la luna, altri i sette pianeti,
altri l'acqua, altri il fuoco, altri lo specchio che riflette la loro immagine, e queste stesse
immagini dicono che sono degli dei; altri (adorano) alberi frondosi sotto i quali è
imprigionato lo spirito cui fanno sacrifici, altri statue di legno e di pietra, che con
incantesimi parlano e, come dicono, danno responsi. Quelli di qui dicono di quella gente cose
grandi e mirabili.
Il mio signore di qui, che è il maggiore di questa regione ed ha un patrimonio pari
a 100 mila doppie, ha un suo fratello a Thambet, grandissimo mercante; uomo degno di fede,
dice che stette colà trenta anni e stette il mio padrone, come dice, quattordici anni
nelle terre dei negri; ed ogni giorno mi racconta cose meravigliose di quella gente. Dice che
verso mezzogiorno quelle terre e genti sono infinite e tutti vanno nudi, coprendo soltanto
le loro vergogne, con una specie di panniccello. Hanno abbondanza di carni, latte e riso.
Non hanno né grano né orzo.
Passa attraverso quelle regioni un grandissimo fiume, che in certo tempo dell'anno irriga
tutte quelle terre. E questo fiume scorre presso le porte di Tambet e arriva in Egitto; ed
è quello che attraversa il Cairo. Su di esso navigano molte barche con le quali
commerciano. Dicono che lungo il detto fiume si può discendere fino in Egitto, ma
c'è un certo punto in cui il fiume precipita da una rupe di trecento cubiti, di modo
che dette barche non possono né andare ,né venire. Lo stesso fiume passa qui
vicino, a circa 20 giorni di viaggio a cavallo.
Ci sono alberi che producono burro; di questo stesso burro ne mangiano e ne hanno in
abbondanza qui; ed io ho visto che lo portano a questi delle medesime regioni, perché
si usa benissimo come grasso, come il burro di pecora. E siccome sono sempre in grandissime
guerre fra loro, vendono vicendevolmente i prigionieri, ognuno per due doppie, facendone grande
commercio.
Sono numerosissimi e coprono la terra con la loro moltitudine; e nell'atto carnale sono come
bestie, il padre giace con la figlia ed il fratello con la sorella; e pertanto si moltiplicano
tantissimo, perché ogni femmina partorisce gemelli fino a cinque. Questi dicono che
è tutto vero, perché molti di costoro hanno visitato quelle regioni e proprio a
loro posero davanti della carne umana da mangiare. In queste stesse regioni ed in quelle (dei
negri) non c'è mai stata epidemia.
Se qualche volta vedono uomini bianchi li credono mostri ed il popolo fugge da loro, sostenendo
che sono fantasmi. Non hanno né scrittura , né libri. Sono grandissimi maghi, che
evocano con i profumi gli spiriti diabolici, con i quali, dicono, fanno cose straordinarie.
Mi disse il mio signore che non molto tempo fa a Cuchia (che dista da qui 50 giorni, dove sono
i mauri) venne da mezzogiorno un re idolatra con cinquecentomila uomini, e assediò una
certa città in trincea: gli abitanti della città erano 50 mauri, quasi tutti
negri. A questi assediati sembrava di essere circondati di giorno da un grande fiume, e di
notte veramente da un grande fuoco, e credevano che sarebbero massacrati e fatti prigionieri.
Invero il re che era in città era mago e negromante ed insieme a quello che assediava,
fece questo patto: che ciascuno di loro avrebbe creato per incantesimo un caprone negro e che
i due caproni avrebbero combattuto fra loro. Il signore il cui caprone fosse stato vinto
sarebbe stato considerato vinto. Rimase vincitore il re degli assedianti e prese la
città, ne lasciò uscire una sola anima, ma passò tutti a filo di
spada. Trovò dunque molti tesori, e ora quella città è quasi distrutta,
ma vi comincia ad essere abitata da pochi poverissimi abitanti.
Ogni giorno si narrano molte cose a questo proposito. Le merci che qui richiedono sono molte;
tuttavia fondamentali e molto importanti sono il rame e il sale in tavolette, in verghe e in
pani. Il rame di Romania, che arriva ad Alessandria, in seguito viene consumato dopo nelle
terre dei negri. Spesso ho chiesto cosa ne fanno, ma non c'è nessuno che lo sappia
con precisione. Io capisco che la gente è così numerosa che ciò che si
porta loro è quasi niente. Gli egiziani sono mercanti che trafficano nelle stesse
regioni dei negri con cagnolini e cammelli in numero di cinquecentomila. Da queste parti
questo numero è modesto. Questo luogo è buono, perché gli egiziani e i
mercanti vengono qui dalle terre dei negri e portano oro, chiedendo rame e altre cose.
Là dunque si vende tutto ottimamente. E quando queste cose vengono a mancare, anche
loro smettono di vendere. Questi non vogliono né vendere né comprare, se non
ricavano il 100 per 100 di utile nello scambio. Per questo motivo, quest'anno, per le merci
da me portate ho subìto danni per duemila doppie. Dio sia lodato!
Secondo quanto ho potuto comprendere, confinano con l'India. I mercanti indiani arrivano
in quelle terre (dei negri) e parlano per interprete. Gli indiani sono anch'essi cristiani e
adorano la croce. Dicono che nelle terre dei negri parlano 40 lingue, di modo che non si
intendono l'uno con l'altro. Spesse volte ho chiesto dove si trova e si raccoglie l'oro.
né mai vidi qualcuno che con diretta conoscenza dicesse: così vidi, oppure
così certamente è trovato e raccolto. Per questo motivo si deve pensare che
esso venga da una terra lontana e, come credo, si estragga da una zona particolare". Dice
tuttavia di essere stato in luoghi in cui l'argento vale quanto l'oro.
Pongo fine per il momento, Dio permettendo, a voce, vi narrerò molte cose. Sempre
pronto, in Cristo, ai vostri ordini vostro
Antonio Malfante. p>