I viaggi di Ibn Battuta


L'uomo e l'opera

Quasi tutte le notizie biografiche di questo grande viaggiatore dell'Islam si desumono dalla sua opera. Nato a Tangeri nel 1304, lascia la famiglia per un pellegrinaggio alla Mecca a 21 anni. Non c'è nulla di strano in tutto questo. Ogni musulmano che ne aveva la fisica ed economica possibilità doveva fare il pellegrinaggio. Ma già l'itinerario che segue è sintomatico di tutta la sua vita. Giunto per l'Alto Egitto ad Aidhab, sulla costa del mar Rosso, non può imbarcarsi per il "nobile Higiaz", come avrebbe voluto. C'è guerra tra il Sultano di Begia e i Mamelucchi. Ritorna sui suoi passi e si dirige via terra per la Siria e la Palestina.

Verso la Mecca

Dopo aver visitato Gerusalemme, Baalbek, Damasco, dalla Siria scende in Arabia: nel 1326 Muhammad ibn Addallàh al-Lawati giunge alla Mecca. Una volta compiuto il pellegrinaggio il nostro viaggiatore, spinto ormai unicamente dal demone del viaggio, lascia l'Higiaz per l'Iraq, la Mesopotamia, la Persia. Nel 1328 torna da Bagdad alla Mecca dove si ferma un paio d'anni studiando e pregando: è un mugiawir, o devoto, dedito agli esercizi di pietà.
Nel 1330 inizia un nuovo ciclo di viaggi: imbarcatosi a Gedda visita lo Yemen, la Somalia, Zanzibar; rientra in Arabia dal golfo persico. Dopo aver compiuto un terzo pellegrinaggio alla Mecca nel 1332, se ne torna al Cairo. Dall'Egitto risale poi verso la costa siriana: si imbarca a Laodicea su una nave genovese per sbarcare in Anatolia ad Alaia. Gli itinerari anatolici sono difficili da ricostruire per l'evidente confusione dei ricordi del viaggiatore.

Russia e Constantinopoli

Passa a Sinope il cui emiro vive di pirateria facendo affondare le navi nemiche da esperti tuffatori durante la battaglia. Da Sinope sbarca in Crimea: visita la piana del Kipgiaq o Russia meridionale. Accompagna una sposa del Sultano a Costantinopoli. Il viaggio è fastoso: il corteo accompagnante la principessa è composto da 500 cavalieri, 200 schiavi, 2.000 cavalli, 300 buoi, 200 cammelli, 400 carrozze ed una moschea smontabile. Lui stesso è fatto segno di grandi attenzioni da parte del sultano e delle principesse: riceve 1500 dinàr, una veste d'onore, e molti cavalli, senza contare i vari lingotti d'argento. Attraverso le coste del mar Nero e le bocche del Danubio, giungono a Costantinopoli dove le campane scuotono l'aria e fanno tremare la terra.

Arriva in India

Dopo il soggiorno di un mese riprende in pieno inverno la strada del Kipgiaq, avvolto in pelli di lupo e la barba piena di ghiaccioli. Dalle rive del Volga attraverso il Khuwarizm, la Transoxiana, la Persia e l'Afghanistan, dopo aver varcato l'Hindukush, nel 1333 si affaccia al subcontinente indiano. E' questa la parte centrale dei suoi viaggi. Dopo aver atteso sulle rive dell'Indo l'autorizzazione del Sultano di Delhi, Mahammad ibn Tughlùq, a recarsi alla sua corte, si fermerà poi sette anni nella capitale come Cadì a servizio del Sultano.

Il sultano di Delhi

La parte indiana del viaggio di Ibn Battuta è soprattutto dedicata al Sultano di Delhi. Ne osserva l'eccezionale e contraddittoria personalità che riassume così: "Questo re è fra gli uomini il più amante di far doni e di spargere sangue. Alla sua porta c'è sempre qualche povero che diventa ricco e qualche essere umano che è ammazzato".

La missione presso l'imperatore della Cina

Verso il 1342 il sovrano gli affida una difficile missione presso l'imperatore della Cina: è accompagnato da una scorta di 2000 cavalieri. Reca all'imperatore profumi, stoffe, schiavi e altri regali. L'ambasceria, dopo molte peripezie di viaggio per l'India, andò distrutta da una tempesta nel porto di Kalibùt. Non torna più a Delhi, ma trascorre in India ancora quattro anni, visitando il Malabar, il Bengala, le isole Maldive dove si sposa ripetutamente e riveste ancora una volta l'ufficio di cadì.
Nel 1345/46 si colloca la parte più incerta dei suoi ulteriori viaggi all'estremo oriente. Da Ceylon risale per mare alle foci del Gange, fa un altro giro nel Bengala, ridiscende ancora per mare all'Arcipelago malese e si ferma qualche tempo a Sumatra.

Viaggio in Cina

Intorno al 1346 ha luogo il viaggio in Cina. Si impernia su quattro grandi centri: Zaitùn, Sin Kalàn, Khansà e Khanbalìq che egli avrebbe visitato per interne vie fluviali. La ricostruzione degli itinerari è incerta e disputata. Alcuni mettono in questione anche la realtà stessa dei viaggi.
Dal Catai Ibn Battuta inizia la sua lenta catabasi che doveva riportarlo in due o tre anni in patria. L'itinerario di ritorno è più sommariamente raccontato. Tocca Sumatra, il Malabar, il sud della Persia, l'Iràq, la Siria, la Mecca per un quarto pellegrinaggio, l'Egitto, la Tunisia, la Sardegna, l'Algeria e il Marocco: l'otto novembre del 1349 è a Fez.

La traversata del Sahara

Non ancora sazio di girare il mondo, Ibn Battuta aggiunse due altre sezioni al suo grande viaggio in Oriente: una visita alla Spagna musulmana e l'ardita traversata del Sahara giungendo fino al cuore dell'impero mandingo: Timbuktù e Mali. Rientra per Agades e lo Hoggar: siamo alla fine del 1353.
Nel biennio seguente Ibn Battuta stende la sua opera. Il sultano Abu-Inàn invita il dotto andaluso Ibn Giuzayy a dar forma letteraria ai ricordi del viaggiatore. Alla fine del 1355 o agli inizi del '56 l'opera era compiuta. Ibn Battuta passa il resto della sua vita come cadì in una città del Maghreb.
Perché questo viaggio?
I Musulmani sono sempre stati adusi a larghi e frequenti spostamenti.

I motivi ufficiali del viaggio

Però sotto questo motivi ufficiali ce n'erano altri, anche se velati o coperti da una patina religiosa:

I motivi reali del viaggio

Il viaggiatore sovente si confonde col:

Ibn Battuta inizia come pellegrino e studente di scienze religiose, per proseguire poi senza nessun altro movente se non quello del turista: é un vero appassionato di viaggi. E' conscio della sua originalità. Un giorno incontra un viaggiatore e ha cura di notare tutti i luoghi che costui aveva visitato, lui però lo batte di molte lunghezze. La regola fondamentale che si impone nei suoi spostamenti è: di non ripetere mai un dato percorso per la stessa via.

Che cosa ha reso possibile questo viaggio?

Al tempo di Ibn Battuta il mondo islamico era frantumato da una serie di grandi e piccoli stati indipendenti. Gli stati musulmani avevano perduto la loro simbolica unità da quando nel 1258 i Mongoli avevano posto fine al califfato abasside di Baghdad Sommariamente possiamo dare questo schema:

Civiltà islamica

Marco Polo aveva trovato un gran dominio unitario della razza mongola, mentre Ibn Battuta trova ovunque un frazionamento politico. Ma in quella grande varietà che regna dal Maghreb all'India, c'è però un denominatore comune: la fede islamica.
La civiltà islamica medievale ha una facies comune con tratti uniformi al di sopra di ogni varietà e peculiarità: questo assicurava al viaggiatore una salda base materiale e ideale senza di cui non avrebbe potuto spingersi così lontano. Questi tratti comuni sono:

Il patrimonio comune affratellava i credenti di qualunque razza e stato fossero. Ecco il clima, l'aria che respira i Ibn Battuta. Dove questa viene meno il nostro viaggiatore si trova a disagio, come ad esempio a Costantinopoli e in Cina; conseguentemente si fermerà poco. Mentre altrove, ad esempio nel centro dell'Africa Nera, soggiorna lungamente anche se l'ambiente è rozzo e non molto confacente alla sua personalità: sono musulmani.

Appassionato di viaggi

D'altra parte in quel mondo così frazionato la circolazione delle idee, delle cose, delle persone, era nel complesso di una libertà e facilità estrema; ciò che ha fatto Ibn Battuta sarebbe inconcepibile in una civiltà come la nostra attuale. Si sposta senza chiedere né visti né permessi, grazie al tollerante universalismo della società e mentalità medievale. Deve attendere solo ai confini dell'India; ma questa attesa sarà largamente ricompensata dalla saggia utilizzazione che il Sultano Ibn Tughùq fa degli stranieri.
Parte da Tangeri come giovane pellegrino sconosciuto e subito trova vitto e alloggio assicurati per grazie alla fraternità e socialità dell'Islam. Poco alla volta si fa strada e diventa "qualcuno", viaggia con servi, ancelle, robe. La sua fama di grande viaggiatore gli procura ovunque onorevole ospitalità. E' ricevuto in genere da uomini della sua stessa classe: cadì, giureconsulti, predicatori, imàm, qualche volta anche emiri e sultani. Ricambia i favori ricordando tutti nella sua opera.
I problemi del turista moderno per lui non esistevano. Non sa che cosa siano i limiti e gli imbarazzi della trasferta moderna: vive per un quarto di secolo in trasferta senza mai dover lavorare per procurarsi il sostentamento. h4>L'organizzazione ospedaliera

La ragione è che il viaggiatore medievale si muoveva appoggiato ad una rudimentale ma salda ed elastica organizzazione ospedaliera fondata:

I.B. è un credente. Ciò che solleciterà il suo interesse intellettuale e sentimentale saranno soprattutto i centri della fede islamica. In ordine d'importanza i suoi centri di interesse sono:

Attendibilità dell'opera

Alla corte di Fez si credeva poco ai suoi racconti, almeno secondo le testimonianze locali e contemporanee di Ibn Marzùq e Ibn Khaldùn.
Uno scetticismo quasi totale avvolse l'opera quando verso la metà dell'ottocento fu conosciuta. Le forti riserve concernevano soprattutto la Russia meridionale, Costantinopoli, gli itinerari anatolici, l'Insulindia, la Cina. Le conclusioni di allora furono:
"Pagine a carattere fantastiche che uniscono derivazioni libresche con tradizioni e favole orali raccolte di seconda mano".
Ma, se è vero che esiste una grande confusione nei ricordi del viaggiatore, soprattutto nella ricostruzione degli itinerari e dati, questo non infirma la validità del racconto. Oggi specialisti insigni riconoscono il valore documentario, talora unico e insostituibile, della testimonianza di Ibn Battuta. Egli ha veramente rivelato terre incognite ai suoi contemporanei magrebini e anche incognite o mal esplorate per la storia, geografia, etnologia, etnografia del XIX e XX secolo. Ad esempio i dati da lui forniti hanno permesso di localizzare l'impero del Mali.
Ibn Battuta non era né aveva una preparazione geografica. Gli mancava:

L'unico suo filo conduttore è il ricordo personale dell'itinerario seguito, delle persone incontrate, delle cose osservate, fatte, patite. Tutto è subordinato ad un autobiografismo prepotente.

La debolezza e la forza di I.B. sta

L'importanza e il pregio sta:

Ibn Battuta e Marco Polo

Elementi comuni:

Polo non può strappargli quantitativamente il primato di giramondo.

Differenze: