Tenerife

L'isola più estesa dell'arcipelago emerge dall'Atlantico come una enorme clava dall'impugnatura rivolta verso nord in un ammasso di alte montagne scoscese e inaccessibili, che in un solo punto della costa orientale si addolciscono come per abbracciare Santa Cruz, la capitale. Da questo nucleo montagnoso parte una cordigliera che attraversa l'isola come una spina dorsale. I due versanti lasciano scivolare verso il mare le valli verdeggianti separate da canaloni.

Valli, burroni, pinete

Verso l'estremo sud, burroni dai nomi suggestivi come il barranco del Infierno intagliano le pareti rocciose. A ovest, il maggior vulcano dell'arcipelago, il Teide, strapiomba dall'alto dei suoi 3.716 metri la valle de La Orotava, la più ampia e fertile dell'isola, el rincon mas hermoso de la tierra, come la definì il geografo ottocentesco Humboldt. Teide, nome berbero di origine tuareg, significa pineta; in effetti tutta la zona abbonda di conifere (Pinus canariensis) oltre al mitico e longevo drago (Dracaena draco). La linfa di questa liliacea arborea veniva mescolata a grasso di pecora, polvere di licheni, tufo, urina umana e succo di varie erbe per ottenere vari colori, dal rosso al blu al viola. Servivano a decorare le pareti delle grotte, a dipingere i tamarcos (lunghi mantelli) dei nobili, o per creare nuovi tatuaggi. La dracena canaria si trovava fra gli unguenti e i profumi delle donne romane, mentre i cerusici del Medioevo usavano il sangue del drago per curare la lebbra.

Origine berbera

L'origine berbera nordafricana degli abitanti preispanici di Tenerife è confermata dalla scoperta, nella regione di Icod, sulla costa occidentale dell'isola, di una pietra con incise quattro consonanti dell'alfabeto paleo-libico. Del resto il nome “guance” dato dai conquistatori agli abitanti di Tenerife, e poi esteso a tutto l'arcipelago, è una deformazione della trascrizione spagnola del vero nome dell'isola, che si chiamava “Chinet” in berbero. Sarebbe un'alterazione idiomatica del nome proprio “Veneti”, confederazione di tribù berbere di razza bianca, seminomadi, stanziati fino al primo millennio nella Cabila algerina. Poi nel terzo secolo dell'era cristiana iniziarono una lunga diaspora per sottrarsi all'occupazione romana.

Gli uomini del grande vulcano

Gli isolani venivano chiamati “Wa-n-chinet”, che vuol dire “figlio di Tenerife”, o, letteralmente, “uomo del grande vulcano”: il Teide, che domina e rappresenta tutta l'isola. Per Erodoto, è la colonna del cielo, sostegno del mondo. E' l'Atlante di cui parlano gli antichi, il luogo in cui Virgilio, nell'Eneide, pone il dio Mercurio. Ma il Teide è stato un vulcano terribile, da cui il soprannome medievale di Isola dell'Inferno. A causa delle sue formidabili eruzioni, gli antichi Guanci preispanici lo temevano e lo chiamavano Echeide che significa: colui che fa tremare o che fa paura. Per i latini era Nivaria, dal cappuccio di neve che ricopre la sua vetta che contrasta con il sole e il paesaggio tropicale.

Ogni tipo di vegetazione

Nel parco nazionale del Teide sono rappresentati tutti i tipi di roccia vulcanica, e soprattutto basalti, pozzolane, pomice, ossidiana. Anche la vegetazione è straordinaria, con 1700 specie di cui almeno 500 autoctone e una decina endemiche del parco stesso. In una natura quasi completamente minerale, anche sopra i duemila metri, cresce la violetta (Viola cheiranthifolia), il ranuncolo, il crisantemo selvatico, l'Echium wildprettii e auberanium (l'erba viperina) arborescente, la margherita del Teide, l'erica. Insieme alla foresta di sempreverdi (l'alloro canario, la rossa ocotilla, le conifere, l'avocado) costituiscono una flora che risale al terziario, sopravvissuta grazie all'isolamento, al clima tropicale e all'umidità fornita dal mare di nuvole che circondano il Teide all'altezza di Las Canadas. E' un cratere di una decina di chilometri di diametro, un circo all'interno del quale si erge, 500 metri più in alto, il picco del Teide. Tutt'intorno si trovano le più alte montagne dell'isola. Il Pico Viejo è inattivo, la Montagna Blanca è ricoperta di candida pietra pomice, la Montagna de los Rastrojos di lave viscose, il picco Chachorra termina con un cratere formato da un'enorme esplosione di gas, El Pilon ha eruttato una gran quantità di ossidiana, mentre la Caldera è arida e secca, ad eccezione della piana di Ucanca che resta umida in inverno.

La patrona delle Canarie

Candelaria è un piccolo villaggio di pescatori, aggrappato ai fianchi delle colline e delimitato dalla spiaggia nera. Ma ogni anno, il 15 agosto, migliaia di pellegrini lo affollano per la processione della miracolosa Vergine della Candelaria, patrona di tutte le Canarie. Tutti i fedeli partecipano alla cerimonia vestiti come i loro antenati guanci, con pelli di animali e impugnando l'asta per la custodia del bestiame che serviva anche come difesa. Si tratta della rievocazione dell'apparizione più famosa nella storia religiosa dei popoli cristianizzati. Secondo la leggenda, nel 1392, un pastore, spingendo il suo gregge di capre, vide una donna immobile e muta che sbarrava la strada. Arrivò un altro pastore, ma inutilmente cercarono di passare. Non potendo per usanza locale rivolgerle la parola, tentarono di colpirla con un sasso e poi con un pugnale di ossidiana. Invano. Si ritrovarono entrambi feriti e insanguinati. Fecero allora chiamare il re che, trovando la donna nella stessa posizione, pensò bene di farla accompagnare con la forza a casa sua. Ma era diventata pesantissima, e solo i due pastori, le cui ferite guarirono al suo contatto, riuscirono a sollevarla e a trasportarla in una grotta in riva al mare. E quando gli Spagnoli conquistarono Tenerife, vennero a sapere che in una grotta nei pressi di Guimar si venerava una statua di donna con un bambino in braccio, e celebrarono un Te Deum sulla spiaggia.