Hierro

E' una delle isole più piccole e meno conosciute dal punto di vista archeologico. Nell'antichità si chiamava Ecero (forte), ma il suo nome attuale si riferisce quasi certamente al ferro abbondante nelle rocce dell'isola. La parte centrale è formata da un elevato altopiano che culmina nel Mal Paso (1.320 m). Numerose sono le cime di origine vulcanica che degradano verso le coste frastagliate con foreste di pini e faggi. I suoi primi abitanti sono completamente scomparsi ed è ora abitata da Castigliani.

Grotte e graffiti

Alla fine dell'ottocento sono state trovate presso il monte El Julan grotte d'abitazione, graffiti, necropoli, recinti per bestiame, altari e luoghi di culto, ma molti siti sono relativamente recenti. Anni fa uno smottamento nel versante occidentale di un antico cono vulcanico ha portato alla luce vicino a El Hoyo de los Muertos, nella regione di Guarazoca, una necropoli rupestre contenente dei corpi imbalsamati. In una grotta, tra i resti umani, il professor Diego Cuscoy ha scoperto nel 1973 una tavoletta di legno incisa con caratteri libico-berberi. Nelle grotte le mummie sono sempre sdraiate sulla schiena, le braccia lungo il corpo e posate su tavoli di legno, pietre piatte o cavalletti, mai per terra. In altre necropoli (El Barranco de Guayadeque) i corpi erano sdraiati su assi di pino o in piedi di fianco alle pareti.

La descrizione del Torriani

Il primo europeo che lasciò una descrizione della città di Valverde, attuale capitale, fu il Torriani: “Questa isola ha pochi abitanti che vivono in case costruite con pietre secche. Fino a questo momento la città si chiamava Amoco; ma adesso gli spagnoli la chiamano Valverde. E' formata da circa 250 case ed è stata costruita a sette miglia dalla costa”. E' curioso che pochi secoli dopo la città sia rimasta di dimensioni quasi invariate:un molo minuscolo, una baia di terra rossa, le case bianche su sfondo verde.

L'albero che piange

Il clima è arido, le piogge rare e soltanto la costruzione di pozzi e canali consente un'agricoltura di sussistenza e la coltura dei banani. Si narra che, per secoli, gli abitanti raccogliessero l'acqua per bere e irrigare gli orti da un albero che ogni mattina piangeva. Gli indigeni, prima della conquista, lo chiamavano garoe: alto come un noce, aveva lunghe foglie venate sulle quali la nebbia notturna proveniente dall'oceano e ristagnante nella valle si condensava, sciogliendosi a poco a poco ai primi raggi solari e cadendo come una pioggerella. Gli isolani raccoglievano il liquido (pare anche 200 litri per notte) in un bacino di pietra installato intorno al tronco.

Il tradimento della fanciulla

Quando gli Spagnoli sbarcarono per annettere definitivamente l'isola al regno di Castiglia, non riuscirono a capire subito come gli autoctoni potessero sopravvivere senza sorgenti né pozzi. Infatti gli alberi dell'acqua erano stati accuratamente nascosti con paglia e canne nella speranza di veder ripartire gli invasori. Ma una fanciulla innamorata di un archibugiere spagnolo svelò il segreto e pagò il tradimento con la morte.

Si sradica l'ultimo albero

Sembra che l'ultimo albero dell'acqua (Oreodaphne foetus) sia stato sradicato da una violenta tempesta nel 1610. Negli archivi storici dell'isola resta ancora un documento che porta l'ordine manoscritto impartito dal Gran Consiglio di togliere dalla valle gli ultimi resti dell'albero dell'acqua. Da allora gli isolani attingono l'acqua da tre sorgenti naturali e da una grande quantità di cisterne in pietra.