Il problema dei trasporti era molto sentito.
oltre alle merci e alle persone, veniva regolarmente trasportata
la posta E' ovvio come non vi fossero dei tempi fissi di recapito,
visto che durante questi viaggi potevano accadere molti disguidi,
che potevano causare lunghi ritardi talvolta disastrosi.
A Whydah,
per esempio, il 27 ottobre 1727, il Factor Mr.Duport temette un
attacco indigeno e scrisse al quartier generale in cerca di rinforzi.
Detta lettera arrivò solamente due mesi dopo, quando i
superiori erano già stati messi al corrente del pericolo
da altri ed avevano già deciso di non inviare rinforzo
alcuno giudicando la situazione di facile controllo.
Le canoe
della Compagnia (di cui si riscontrano molte tracce nelle lettere
in appendice) potevano essere da tre, da cinque, da sette e da
undici posti e presentavano una doppia fila di rematori più
un Bumboy (capo canoa) a poppa, con il compito di scandire il
tempo. Sul fondo venivano stese delle tavole che permettevano
il trasporto delle merci. Venivano in genere ricavate scavando
un albero della foresta equatoriale ed erano parte integrante
della tradizione indigena e ritenute perfette per quei luoghi,
permettendo anche la navigazione della laguna e il raggiungimento
della spiaggia di Dixcove che, come si è visto, non era
raggiungibile con le navi. L'utilizzo di queste canoe rappresenta
uno dei pochi casi di assimilazione dei costumi dei nativi.
Il trasporto via terra era invece organizzato
mediante lunghe spedizioni di portatori con amache cariche di
casse e speciali anfore, ma veniva utilizzato raramente poiché
comprensibilmente faticoso e dispersivo e comunque solo nei casi
in cui il trasporto via mare era per qualche motivo impossibile.
In ogni stazione fortificata, una campana
segnalava le ore di lavoro e quelle di svago, con appositi suoni
prestabiliti, proprio come su di una nave: durante il giorno,
dunque, venivano scanditi il commercio, i lavori manuali e i compiti
esterni, mentre dopo il tramonto aiutava il trascorrere del tempo
dedicato agli scarso hobbies e lavori serali a lume di candela
o di olio di palma.
La guarnigione osservava un turno di guardia
per tutte le ventiquattro ore, anch'esso debitamente scandito
dalla campana. Vi era una sentinella al cancello, una all'ingresso
del forte e una che camminava lungo il perimetro. Vi era poi una
vedetta con il compito di segnalare ogni avvicinarsi di imbarcazione.
Nel caso che le intenzioni di chi si avvicinava non fossero chiare
(ad esempio se una nave non sbandierava i giusti segnali), questa
sentinella doveva intimare l'"alto là-chi va là",
se necessario per tre volte. Se non otteneva risposte sufficienti,
aveva l'obbligo di sparare con il moschetto verso la nave, fucilata
che serviva sia da ammonimento per quelli di bordo che da allarme
per il personale del forte.
Di notte la sorveglianza si faceva
più serrata: venivano aggiunte due sentinelle a controllare
gli schiavi nei loro miseri dormitori e altre due di ronda sulla
spiaggia per verificare che nessuna imbarcazione lasciasse o raggiungesse
il litorale. La normalità della situazione veniva segnalata
da un periodico "all is well" (tutto va bene), altrimenti
il pericolo andava segnalato dalla sentinella con un colpo di
moschetto. Ogni turno di guardia aveva la durata di due ore.
Da
quel che conosciamo, possiamo dedurre che la giornata iniziasse
davvero all'alba, per due fondamentali motivi: il primo e fondamentale
costituito dalla mancanza di un sistema di illuminazione artificiale
degno di questo nome e il secondo causato dal caldo torrido che,
insopportabile nove mesi all'anno, rendeva ogni tipo di attività
pesantissima in certe ore del giorno. Di qui la necessità
di svolgere il maggior numero di cose prima che il sole fosse
alto nel cielo.