Gli studi sui forti africani, queste costruzioni emblematiche
del colonialismo europeo, non sono molto numerosi. Non lo sono
in Italia che ha avuto una partecipazione marginale, e comunque
assolutamente tardiva, alla vicenda coloniale quantunque banchieri
e mercanti italiani, come i Medici e i Marchionni della Firenze
rinascimentale, per esempio, siano stati associati alla corona
portoghese nella prima fase dei traffici con l'Africa Nera); ma
non sono frequenti neppure fuori d'Italia, in quei paesi: Portogallo,
Olanda, Svezia, Danimarca, Francia e Inghilterra che hanno lasciato
queste corpose testimonianze della loro presenza sulle coste dell'Africa.
Iconografia abbondante
Eppure l'iconografia sull'argomento è abbondante, sia
sotto forma di disegni che di tavole incise, inserite nei volumi
di resoconti di viaggi dati alle stampe a partire dalla fine del
Cinquecento per soddisfare la sete di informazioni sulle terre
di nuova scoperta. E, oltre che abbondante, l'iconografia sui
forti è fedele, o comunque più fedele alla realtà
di quanto non lo siano le rappresentazioni degli africani, fantastiche
o mutuate dall'immaginario europeo, oscillanti tra il bisogno
di illustrare uno stato selvaggio, consono alla invocata "missione
civilizzatrice" dei bianchi, e la nostalgia di una perduta
età dell'oro, arcaica e nobile. In molti casi le rappresentazioni
dei forti non si limitano alla veduta panoramica, solitamente
dal mare, talvolta generica e magari ripresa da opere precedenti,
con il semplice cambio della bandiera della potenza occupante,
ma sono corredate da piante, da alzati e da particolari architettonici,
vere opere scientifiche che consentono di indovinare, integrando
la visione con l'analisi del testo, le condizioni di vita più
o meno spaventose, ma sempre disumane, degli schiavi ammassati
nei depositi in attesa dell'imbarco per il Nuovo Mondo, il modo
di vita degli occupanti europei, soldati e mercanti, i loro rapporti
con gli africani dei territori circostanti, la natura dei commerci
tutt'altro che limpidi.
La funzione dei Forti
La funzione assolta dai forti fu infatti molteplice ed articolata,
adeguata in continuazione alle mutanti esigenze europee, e questo
viene messo in luce con rigore. La cronologia della costruzione
dei forti e la loro dislocazione marcano le tappe dei diversi
insediamenti europei. Il cambiamento delle tipologie, delle strutture
difensive, prima dirette verso la terra sconosciuta e intesa come
ostile, poi sempre pi verso il mare, la spia del mutamento dei
rapporti con gli africani, rapporti diventati non certo più
benevoli o giusti ma soltanto basati sempre più sulla corruzione
sotto ogni forma; e soprattutto, la spia della lotta senza esclusione
di colpi tra le potenze europee, la cui attività per il
monopolio dei traffici era affidata a Compagnie chiamate eufemisticamente
"commerciali", ma in realtà vere avanguardie
delle conquiste coloniali.
Le Compagnie commerciali
Il passo di una relazione del 1632 del Governatore portoghese
dell'Angola Fernao de Sousa relativa alla presenza olandese nel
porto di Loango, a nord della foce del Congo, è illuminante
sui caratteri spietati, da vera guerra, che poteva assumere la
concorrenza: "In essa (sulla terra ferma) gli olandesi hanno
una "feituria" (magazzino fortezza) con un fattore.
Al porto vanno tutti gli anni le navi a caricare mercanzie (...).
E, avendo l'occasione sarebbe di molto effetto bruciare la fattoria
degli olandesi, castigare il re (di Loango) e rassicurare i nostri
che sono molto abbattuti".
Un altro elemento obiettivo che rende possibile, oltre che fruttuoso,
lo studio dei forti è la loro esistenza fisica; in alcuni
casi essi sono ridotti a rovine, ma altri sono ancora pressoché
integri nelle strutture principali, offrendo quindi la possibilità
agli studiosi di effettuare riscontri con la rappresentazione
grafica, di individuare le trasformazioni e gli adattamenti apportati
nel tempo, di leggere cioè la storia di questi corpi estranei,
vere escrescenze tumorali sulla terra africana, che però
avrebbero tanto influito sulla vita dei suoi sventurati abitanti.
Il testo poggia prevalentemente su una collezione consistente
di antiche incisioni di soggetto africano, iniziata con l'acquisto
della splendida carta dell'Africa di Willem Blaeu stampata ad
Amsterdam nel 1635, e continuata negli anni successivi sistematicamente
con l'intento di documentare, per quanto possibile, i diversi
aspetti della realtà africana. Oggi la raccolta del Centro
Studi Archeologia Africana già molto ricca, probabilmente
la più completa esistente in Italia, e lo sarà maggiormente
con il proseguire degli acquisti. Essa si pone quindi nel nostro
paese come uno strumento indispensabile per la documentazione
visiva dell'Africa del passato, così come stata rappresentata
dagli Europei.
Ezio Bassani