UN COCCODRILLO TERRIBILE

Erano gli anni in cui il signor RANDI lavorava in zona,
costruiva la Scuola Nazionale di Agricoltura di Bailli.
A quel tempo cacciavo i caimani per venderne le pelli
e gli europei venivano dalla capitale per comprarle.

Mi venne un giorno all’orecchio che un coccodrillo strano,
un essere malefico infestava le acque nei pressi di Ngarghe:
aveva già ucciso parecchia gente, senza contare i danni:
reti stracciate in quantità incredibile, piroghe a pezzi.

Tutti i più forti cacciatori s’erano misurati, invano;
era il coccodrillo più feroce mai apparso non solo in zona,
ma in tutta la sottoprefettura, da tempi immemorabili.
Bestia o genio che fosse, io misi un punto d’onore per liquidarlo.

Mi diressi un bel giorno in piroga verso il luogo,
portando tutto il necessario per quel genere di caccia:
una riserva di arpioni a manico corto con galleggiante,
una pila potente e soprattutto il mio famoso talismano.
 
Arrivato a Ngargue quando il sole dardeggiava alto in cielo,
incontrai gli anziani, per aver tutte le informazioni,
poi assoldai il miglior traghettatore del villaggio
e aspettai calmamente la notte per mettermi in caccia.

In piedi a prua tenevo con la sinistra la mia potente pila
e frugavo l’acqua mentre con la destra stringevo l’arpione.
Era una notte buia senza luna, notte ideale per la caccia.
Si udiva solo il grido dei rapaci notturni e lo sciacquio.

Arrivati in mezzo al fiume, ecco un luccichio di luci strane
che il fascio potente della pila mette in movimento:
quattro caimani sbarrano la strada, sono l’avanguardia.
Incoraggio il traghettatore ad avanzare lentamente.

Così li accosto uno ad uno tenendo la pila fissa
e vibro a faccia a faccia i miei arpioni sui brutti ceffi:
si trovano ciascuno con un arpione in fianco e spariscono.
Si nascondano pure, i galleggianti li faranno scoprire col giorno.

Ma ciò non é che giochetto; il grande e terribile,
il coccodrillo più feroce di tutti i tempi é ormai vicino;
si tratta di stare all’erta. Ecco le alte erbe dell’isola,
è lì che si nasconde, é lì il suo spazio sacro;

già mi ha visto e lancia l’urlo di battaglia.
I suoi occhi, veri fanali rossastri al lume della pila
si avvicinano sempre più, sprizzando bagliori di ferocia.
Ordino al traghettatore di restare immobile e attendo calmo.

Solo all’ultimo vibro il mio arpione con violenza cieca.
Non sbaglio mai i miei colpi e anche stavolta é centro;
l’arpione s’infila nel collo del bestione, profondamente.

allora si scatena il terremoto più tremendo, lì nel fiume;
Un’onda selvaggia percuote la piroga e quasi la rovescia,
L’animale impazzito balza con furia in tutti i sensi,
E’ troppo imprudente attardarsi nei paraggi, e filiamo via.

Tanto ci sarà il galleggiante a comunicarci tutte le informazioni.
Arriviamo a Ngarghe quando ormai occhieggia l’alba, vincitori.
Il traghettatore corre a dare subito ai paesani la notizia.
In men che non si dica tutto il villaggio é in piedi.

Gli uomini apprestano le grandi piroghe cariche d’armi
ed esploriamo il fiume in ogni senso per cercare le prede.
Troviamo dapprima i quattro coccodrilli dell’avanguardia,
sono le zucche vuote dei galleggianti a indicare il posto.

Tirando a tutta forza sulle corde robuste dei galleggianti
li facciamo rimontare uno a uno in superficie facilmente
poi li uccidiamo a colpi di lancia: troppo facile!

Ma per il gigante l’affare é incerto, pericoloso.
E nel massimo silenzio continuiamo le ricerche, a lungo,
e scopriamo in un anfratto del fiume il galleggiante famoso.
Ci avviciniamo silenziosi e afferriamo il galleggiante.

Poi lo fissiamo sulla piroga più grande e più robusta
e di colpo a tutta forza tiriamo per farlo risalire;
non solo non esce in superficie, ma ci trascina via con la piroga
che balza in tutte le direzioni.

L’animale pazzo di collera e di dolore a volte emerge brusco
e tenta di rovesciarci a colpi di coda, ma io vigilo a prua
e quando mostra il muso gli appioppo un nuovo arpione.
Così un po’ alla volta perde sangue, rabbia ed energie.

Alla fine tirando in venti uomini sui vari galleggianti
lo trasciniamo a riva e ammiriamo la sua mole.
Qui tenta ancora con le ultime forze di mordere i vicini;
poi trafitto da venti lance s’accascia e muore.

Le donne e i bambini hanno assistito in delirio alla scena
lanciando acutissime grida di incoraggiamento e di trionfo.
Finalmente apriamo emozionati il ventre della bestiaccia:
vi troviamo in abbondanza collane femminili,
anelli bronzei, delle ossa d’avambraccio umano,
amuleti e mille atre cose.

Io mi tengo la pelle e i denti. La pelle la vendo ai bianchi
mentre i denti li uso come medicinali contro le morsicature;
morsicature di vipere, naja, scorpioni ed altri animali.
Dopo quell’impresa la mia fama varca i confini della zona.