LICAONI, PANTERE, BUFALI

UN LICAONE MISTERIOSO

Quand’ero giovane abitavo un piccolo villaggio, con mia moglie e i miei due figli. Un giorno scopro un terreno fertile pieno di igname selvatico. Lo sarchio e vi costruisco attorno una siepe per impedire agli animali selvatici di penetrarvi. Poi lascio un passaggio dove piazzo la trappola: una grande buca coperta di paglia. Qualche giorno dopo vengo a visitare il campo e vedo subito che la paglia é sparita dalla buca. Mi avvicino e trovo dentro tre licaoni, due maschi e una femmina. Che fare? Io non mangio i licaoni e non mi va di ucciderli senza ragione. Decido allora di catturarli vivi. Faccio un nodo scorsoio con una corda che attacco ad un bastone e poi tento di ... pescare una ad una le tre bestie. Così ne prendo uno al collo e lo tiro su; subito tenta di avventarsi su di me per mordermi, ma lo tengo a distanza col bastone attaccato alla corda. Alla fine spezza la corda e fila via. Allora mi fabbrico una seconda corda e ricomincio con il secondo maschio. La stessa scena  si ripete, e via anche il secondo. Finalmente riesco a tirare fuori la femmina e tra mille difficoltà la trascino verso il villaggio per darla in spettacolo. Essa abbaia come un cane domestico e alla fine mi spezza la corda e  via ! pure lei.
L’indomani ritorno nello stesso campo per rimettere in sesto la paglia della mia buca e vi scopro in fondo ancora un licaone maschio, ma molto grosso e strano. Infatti, non mi degna neppure d’uno sguardo e resta tranquillamente seduto in fondo alla buca. Gli do due colpi di lancia, ma neppure si muove. Allora considerando che questo animale si comporta veramente in modo strano mi metto a riflettere. Nessun animale s’era comportato mai in questo modo. Decido che sarebbe male ucciderlo, e incurante del pericolo d’essere morsicato, lo tiro fuori dalla buca e lo lascio partire libero.
Tornato a casa racconto la faccenda agli amici che si lanciano in mille congetture, ma nessuno riesce a trovare la ragione sufficiente a spiegare l’impassibilità del licaone.
Forse uno spirito o uno stregone si nascondeva sotto tali apparenze.
 

FACCIA A FACCIA CON LA PANTERA

Accompagnato da un cane esperto ero uscito a caccia di gran mattino. Era la stagione secca. Portavo due lance sulla spalla sinistra e l’ascia sulla destra. Dopo lunghe ore di marcia arrivo a uno stagno e mi disseto assieme al cane. Poi riprendiamo la marcia. Improvvisamente il cane scopre una pantera stesa ai piedi di un albero e si mette ad abbaiare. Gli do l’ordine di attaccare e in quel momento la pantera sale sull’albero. Mi avvicino per dargli un colpo di lancia, ma quella mi balza addosso e mi morde il braccio sinistro mentre le sue unghie mi straziano la spalla. La lancia mi é caduta di mano, ma con la mano libera afferro l’ascia e do un colpo secco sulla testa del rabbioso animale. Intanto il cane l’ha già agguantata per la coda e io le mollo un’altra botta con l’ascia; é la fine. Nascondo il cadavere per sottrarlo agli avvoltoi e corro al villaggio per segnalare la cosa: il braccio destro e la spalla sanguinanti ne sono la prova. Normalmente si taglia la coda alle prede, ma nel caso della pantera no, a causa del valore della pelle intatta. Le donne non fanno le solite grida di gioia perché la pantera ha rischiato di uccidermi ma, secondo l’usanza, riparto in foresta col capo del villaggio e altri uomini che procedono allo scuoiamento della bestia senza deformare la sua pelle che deve restare intatta e che mi appartiene di diritto. Al villaggio si procede a una cerimonia particolare per la guarigione delle mie ferite: i musicisti vengono a cantare una nenia col nome della bestia che ha provocato le piaghe e dalle piaghe usciranno dei peli di pantera che serviranno come medicine per guarire altre piaghe.
Per contro la carne sarà mangiata esclusivamente dagli uomini perché, se le donne mangiassero di questo animale che affronta l’uomo, diventerebbero a loro volta aggressive nei riguardi dei mariti: questo non é bello!
 

IL BUFALO CRIMINALE

Un giorno d’Ottobre un uomo era andato a sorvegliare il suo campo di sorgo accompagnato dal suo cane «Galdighe». Come al solito, mentre il padrone lavora, il cane gironzola nei paraggi, alla ricerca di selvaggina. Improvvisamente egli scorge un bufalo sdraiato al limite del campo e si mette ad abbaiare. Il padrone accorre per vedere cosa succede e di colpo si vede il bufalo già in posizione di attacco. Sorpreso, non gli resta che galoppare verso l’albero più vicino, ma il bufalo lo raggiunge di corsa, lo inforca, lo sbatte per terra e  si accanisce su di lui, lasciando il poveraccio mezzo morto. I vicini accorrono e lo trovano veramente malconcio in un lago di sangue con una grande squarcio al fianco. Nel frattempo il bufalo era sparito. Ero nel mio campo, quando mi fu riportata la notizia; mi precipito sul luogo dell’incidente e mi rendo conto che le corna hanno forato gli intestini. Lo portiamo al villaggio, un po’ in disparte, per toglierlo alla vista delle donne. Arrivato a casa cerco le piante medicinali per le piaghe. Nel frattempo un uomo aveva già cucito la ferita; una stupidaggine, con l’intestino forato! Non sono d’accordo: la piaga deve poter purgare. Dopo averlo curato lo portiamo a casa sua, in piena notte.
L’indomani all’alba parto con due giovanotti alla ricerca dell’assassino. Dopo aver scoperto le sue tracce camminiamo ancora qualche ora; il solito cane «Galdighe» ci precede.
È ancora lui a scoprire il bufalo disteso sull’erba; alla vista del cane il bufalo fila via. Io mi metto all’inseguimento, mentre i due giovanotti si rifugiano su un albero. Ma appena mi vede vicino, il bufalo mi corre addosso, la testa bassa, in modo così repentino che mi trovo in posizione sfavorevole. Non mi resta che saltare sull’albero più vicino abbandonando  la mia lancia. Il bufalo s’accanisce contro l’albero con tutte le sue forze; se ne va e ritorna alla carica a più riprese. Approfitto d’un momento per ricuperare la mia lancia e mettermi in posizione favorevole; proprio in quel momento il bufalo si gira e riparte all’attacco. Anch’io avanzo su di lui e gli infilo l’arma nel fianco. L’animale lancia tre muggiti di dolore e crolla a dieci metri. Tenta disperatamente di rialzarsi, ma non ci riesce. Per lui la festa é chiusa. Chiamo allora i due giovanotti appollaiati sull’albero; mi raggiungono accanto al cadavere: si tratta di una grande bufala.
La scuoiamo e strappiamo il grasso e la carne dell’addome, poi io compio dei riti che impediranno agli avvoltoi di divorare la carcassa. Poi corriamo al villaggio per avvertire il malato che la vendetta é fatta. Ascolta la notizia, ma non può dire nulla, talmente sta male. Infatti, muore di lì a poco. Mentre alcuni uomini ripartono per ricuperare la carne della bufala, noi scaviamo la tomba per il malcapitato. Così la cerimonia funeraria sarà lenita da un pasto con la carne della bufala assassina.
I figli del defunto mi saranno molto legati per il seguito. Uno di loro sposerà mia figlia e le darà tre figli.