Sotto il Baobab
Il mondo poetico di Bernard Dadié

La parabola della vita

Sotto il baobab, al chiarore della luna, l'anziano narratore di storie intrattiene bambini, ragazzi e giovani per trasmettere, sotto forma di racconto, la "sapienza". Il narratore africano conclude spesso la storia con una sentenza, un proverbio, un aforisma.

Un universo vivente

La tradizione e la saggezza popolare non distinguono il sacro dal profano, la prosa dalla poesia, il sogno dalla realtà. Poesia, proverbio, sapienza codificata nel ritmo dei tamburi parlanti sono sovente inseriti nel rito, nell'incantesimo, nella magia. Rimandano ai riti primordiali. Toccano quel mondo di animali, e di oggetti dove si reincarnano o vivono gli spiriti degli antenati che bisbigliano con il vento tra le fronde, che borbottano nel fuoco scoppiettante, che scatenano la loro ira con il tuono e se vogliono, ti colpiscono con il fulmine
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Passaggio verso un mondo nuovo

Tramonta irrimediabilmente, giorno dopo giorno, questo mondo di favola, che lascia sempre meno spazio ai cantastorie, memoria vivente dei popoli africani, e ai saggi che portano con sé nella tomba tradizioni millenarie. "Quando, in Africa, muore un anziano, è una biblioteca che brucia", ha affermato un saggio che è vissuto in Costa d'Avorio, Amadu Hampaté Ba. (1) Il suo appello per salvare il salvabile è caduto nel vuoto: le autorità tradizionali, re e notabili delle diverse tribù, continuano stancamente a giocare un ruolo di cui i tempi moderni e le autorità civili li hanno già in pratica derubati. Senza eccessiva convinzione, i capi tribù continuano a ritenersi i custodi della tradizione, mostrando un apparato esterno di rigido rispetto dell'antica cultura. I re tuttora hanno un insindacabile potere di giudizio: la maggior parte della gente dei villaggi ricorre a loro per dirimere le controversie. Ma tutto questo fino a quando durerà?.
Nel villaggio storie e proverbi sembrano funzionare ancora. Gli animali mantengono il diritto di parola e i proverbi degli anziani ritmano e determinano parzialmente le scelte fondamentali del vivere. Ma fino a quando? I tempi dell'Africa sono imprevedibili!
Se da un punto di vista politico-economico si può visualizzare la situazione della Costa d'Avorio con l'immagine del "Re nudo" (2), dal punto di vista culturale si può riassumere l'andamento generale con l'espressione usata per annunciare la morte del re: "Al re fanno male i piedi". Non si può affermare che un re muoia. Il suo decesso è paragonato al passaggio di una persona che, essendo stanca e anziana, non può più continuare da sola il suo cammino e deve quindi essere accompagnata nella dimora degli spiriti ancestrali.

La cultura trdizionale

Sarebbe eccessivo affermare che le varie culture tradizionali della Costa d'Avorio siano morte. Se sta scomparendo un tipo di cultura, ne sta nascendo un'altra, irta di contraddizioni, ma pur sempre impregnata dai valori radicati nella cultura tradizionale. Ad essa l'africano si rifà nel momento della prova, del dolore, della crisi personale, che lo obbliga a cercare un senso profondo al nascere e al morire. A questa cultura "fanno male i piedi" nel senso che deve essere aiutata nel passaggio verso i tempi moderni, mantenendo l'anima africana, mentre la gente tenta di dare una risposta agli stimoli e alle sfide (spesso vero insulto alla povertà dei popoli del "terzo mondo") che provengono dell'Occidente e dall'Oriente.
I Paesi africani hanno bisogno di poeti, persone che colgano l'anima semplice del loro popolo che conserva, spesso inconsciamente, valori stupendi. Espressi con immagini belle, questi valori potrebbero ancora diventare forza amalgamante per molte persone che non chiedono soldi, ma semplicemente di vivere un'esistenza degna di un essere umano, un'esistenza che non sia solo ritmo che muove un corpo, come si fa oggi, per dimenticare la tristezza del presente, ma danza fatta al momento opportuno, per lodare quel Dio che non può aver scelto il colore nero della pelle perché sia portatore di tutte le miserie della terra.

Privilegiare l'aspetto positivo

Poeti e scrittori africani dei diversi paesi dovrebbero inoltre far circolare i loro scritti, per cercare di salvare il patrimonio culturale, inserendolo armonicamente nell'evoluzione dei tempi moderni. Uno dei limiti più grandi dell'Africa consiste nel fatto che non c'è comunicazione tra i vari paesi: ognuno soffre e muore, vittima delle stesse ingiustizie, senza che il vicino sappia alcunché. E' più facile in qualsiasi paese africano sapere ciò che capita in Francia che aver notizie del Sahel, del Burkina Faso, della Liberia.
In questo contesto l'Europeo potrebbe aver ancora un ruolo da svolgere nei confronti del "Terzo mondo": prestarsi a fare da cassa di risonanza di esperienze africane, cercando di prediligere l'aspetto positivo, dando per scontato che situazioni negative esistono in ogni paese. Dato che gli africani non scrivono, o producono poco, e fanno fatica a divulgare il loro pensiero, tocca all'europeo mettere e disposizione di tutti le sue ricerche. Lavoro a volte ingrato, perché l'Africano non è più disposto a leggere ciò che lui stesso dovrebbe scrivere; non ama che uno straniero parli del suo paese. Non importa quante cose belle possa scrivere: se una è negativa, passerà per razzista. Uno dei proverbi più ripetuti in Costa d'Avorio dice: "Lo straniero ha grandi occhi, ma non vede". Ciononostante bisogna scrivere. Anche solo per curiosità; Africani di altri paesi potranno leggere, interessarsi a problemi analoghi e decidersi a passare, da una cultura prevalentemente orale, ad una cultura che accetti lo scritto come mezzo normale di comunicazione.

Una comune visione della vita


Siccome i saggi continuano a morire e i giovani, in questo momento, non vogliono essere legati dalle "pastoie" del passato, la raccolta del materiale della saggezza antica servirà in futuro agli Africani, quando decideranno di ritornare a scoprire i valori tradizionali. Benché ogni etnia abbia il suo peculiare modo di concepire la realtà, i popoli che abitano la zona sud del Sahara hanno in comune fra loro non pochi usi e costumi. Il modo di concepire la vita è analogo. La concezione dei valori cambia solo in piccola parte. Solidarietà, ospitalità, attaccamento alla terra, desiderio di vivere in comune, condivisione dei beni, tolleranza, sono caratteristiche riscontrabili tra tutti i Sub-sahariani. Uguali i limiti e le paure. Analoghe le reazioni di fronte agli stessi problemi. Simili i proverbi. Tutto ciò si spiega con il fatto che le condizioni dell'esistenza e le esperienze, soprattutto dei primi anni della vita, sono uguali un po' ovunque. I bambini, appena nati passano nudi sulla nuda schiena della madre e vi rimangono fino a due anni. Vivono in simbiosi con lei, come vivaci germogli di un albero desideroso di produrre nuovi fiori e frutti fino a tarda età. Quando si staccano dal corpo della madre, inizia la vita con i compagni della stessa età, condividendo tutto chiamando papà il nonno e lo zio, "mamma" la nonna e la zia, "fratello/sorella" ogni compagno del villaggio. Assieme s'ingegnano a procurarsi da vivere, con piccoli lavori, con piccoli "furti" giustificati dalla fame. E cominciano le prime esperienze: anche in Africa si gioca a fare "il papà e la mamma" sotto gli occhi guardinghi degli anziani, che tutto tollerano nei ragazzi fino a quando viene il momento di invitarli di astenersi dai "giochi proibiti". Inizia così la vita, non ritmata dall'orologio, ma soprattutto dai bisogni personali. Caldo, complessità di situazioni, mancanza di lavoro qualificato, incapacità o impossibilità di emergere: ovunque la medesima situazione crea una cultura omogenea.
 

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