Poesia eclettica e corale

Il termine "eclettico" riferito alla poesia, indica non tanto un limite, quanto un dato di fatto: essa nasce da un incrocio culturale tra una sensibilità tipicamente africana e un mondo letterario - quello francese - che le ha dato il mezzo per esprimersi (la lingua), i criteri di composizione e i modelli cui ispirarsi.

Poesia francofona e anglofona

La poesia avoriana è eclettica, ma ha una freschezza originale ed universale ed è nata dall'incrocio tra il fucile e la penna... Il fucile indica la costante tendenza all'impegno di liberare il popolo dalle pastoie occidentali e portare avanti le idee tanto care a Senghor sulla "negritudine". La penna viene dalla colonizzazione francese, che ha permesso all'Africano di iniziare l'opera di conservazione del patrimonio culturale tradizionale e ha favorito l'aggancio con il poeta e leader senegalese, padre della negritudine.
Mentre il mondo africano anglofono percorre una strada a parte, producendo una poesia prevalentemente non impegnata, il mondo francofono prende spunto dalla vita e ha di mira il cambiamento dell'esistenza stessa, influenzata dal realismo francese che insiste sulla necessità di tenere i piedi ben saldi per terra e di non temere di sporcarsi le mani. I poeti, educati in altri contesti culturali, rimproverano ai francofoni l'eccessivo attaccamento agli ideali di Senghor, affermando che la tigre non perde il tempo a dimostrare la sua "tigritudine", ma va alla caccia della preda, l'assale e la divora....
Un giudizio critico sulla poetica avoriana sarà dato con il passare degli anni, visto che siamo agli inizi della letteratura scritta. Per il momento può essere utile analizzare ciò che i poeti della Costa d'Avorio dicono di se stessi, in che contesto si situano e che coscienza hanno nei confronti di quel pubblico al quale essi si rivolgono, come indispensabile coro alle loro composizioni.

Cantori del nascere e del morire

Il poeta avoriano ha coscienza di tradurre in immagine il sentire comune riguardo alla vita e alla morte, usando espressioni belle che siano contemporaneamente un mezzo per creare una coscienza morale. L'intuizione che "la bellezza salva il mondo" non è solo occidentale: i luoghi più belli in Africa sono riservati alla divinità; un bel verso poetico può essere molto più efficace di mille discorsi miranti ad educare il popolo. Ci sono alcune analogie tra l'ufficio di un sacerdote e quello del poeta: entrambi hanno una vocazione, devono cercare di comportarsi bene, ricercano ispirazioni, hanno di mira il bene comune.
La "Musa" chiede molto al poeta, che spesso si paragona al pellicano nell'atto di cibare i suoi piccoli con la sua carne. La poesia, infatti, non può essere altro che frutto spontaneo di un dono, di una intuizione, di una partecipazione che il poeta fa di sé alla gente che condivide la sua esperienza vitale, intesa come un viaggio verso la morte. Questa a sua volta è considerata come un cammino verso l'eternità: vita nella pienezza. Oltre la vita il poeta canta la morte, profondamente toccato da ciò che avviene nel suo vivere privato e in quello del villaggio, là dove la gente danza il nascere e il morire. Chi lo capisce? Chi "ascolta con il cuore", mettendosi sulla sua stessa lunghezza d'onda, riconoscendosi nel suo canto. Egli dà una voce ai sentimenti che nascono in quanti sono testimoni di un fenomeno naturale o del vivere umano. Se nel villaggio capita un disastro, la gente rimane paralizzata dal dolore: il poeta interpreta l'avvenimento e tutti si identificano in ciò che egli afferma. Tutto d'un tratto quel fatto non spaventa più, ha un volto, un nome, un messaggio che esorcizza il fato e da un senso al morire.
Se la gente è testimone di un bel tramonto, rimane semplicemente incantata. Quando il poeta lo canta, gli dà un senso, un valore; lo riscatta dalla "profanità"; lo eleva al rango dei fenomeni divini. Di per sé il creato non ha voce , non ha un linguaggio che sia da tutti percepito. Tutto sembra muto nelle immense foreste e savana di quella terra spietatamente colpita dai raggi del sole: L'estenuante calura paralizza tutto: perfino gli uccelli tacciono nelle ore più calde del giorno. Se il creato è muto, tocca al poeta farlo parlare perché ogni persona tragga vantaggio dai suoi sentimenti, particolarmente intensi quand'egli è testimone del nascere e del morire.
Il poeta fa uscire la creazione dal silenzio, sente la sua voce segreta risuonare dentro di sé e converte tutto in una parola che serve al bene comune: tutti devono approfittare della sua ispirazione, che ha qualche cosa di divino.

Una parola che diventa profezia

Parola che diventa "profezia", intesa in senso etimologico, come discorso profferito davanti all'assemblea, nel nome della divinità.
Così facendo, il poeta realizza l'ideale dell'uomo giusto descritto dal Salmo 18:

I cieli narrano la gloria di Dio
e l'opera delle sue mani annuncia il firmamento.
A giorno a giorno ne trasmette notizia
e a notte a notte.....
Non è racconto, non sono parole,
la loro voce non si ode....

Se il poeta presta la sua voce alla natura, a maggior ragione la dona all'uomo, sentendo come connaturale a sé tutto ciò che capita a un membro del villaggio che, per tradizione, chiama fratello. Ciò che Terenzio attribuiva all'umanità in genere, ha una particolare risonanza in Africa, che vanta tra le sue più grandi virtù la solidarietà: " Homo sum, nihil humani mihi alienum puto." ("Sono uomo, e tutto ciò che è umano mi appartiene"). Il poeta fa sua ogni dimensione umana, dando ad essa una particolare coloritura, facendo emergere dal quotidiano la novità. Egli può essere paragonato ad un innamorato: chi ama scopre sempre qualcosa di nuovo. Quando invece viene meno l'amore, muore anche la fonte dell'ispirazione, muore la parola sulle labbra: tutto cade nella più squallida quotidianità, in cui la luna, il tramonto e le stelle non dicono più nulla.

La gioia di vivere

L'obbligo di cantare gli avvenimenti salienti dell'esistenza, malgrado al sofferenza e la morte, si traduce, in ultima analisi, in una proclamazione della gioia di vivere. Cantata, la morte diventa vita, perché ad essa il poeta dà un'apertura di speranza: fa sognare la bellezza di quell'esistenza in cui non ci sarà più la morte e in cui si capirà il senso di ogni dolore. Dopo aver pianto in privato - in Africa un uomo non deve piangere in pubblico - il poeta dà libero sfogo al suo canto, invitando al gente a scoprire il senso della nascita e della morte e a guardare con fiducia al futuro.

Poeta: espressione e sintesi della comunità

Se il poeta occidentale, in genere, ha bisogna di silenzio e di solitudine per scrivere una poesia, che può essere letta da un individuo, indipendentemente da ogni comunità e contesto specifico, il poeta avoriano è ispirato dalla comunità, della quale si sente sintesi, "persona corporativa", rappresentante, "grande io" (espressione di tutta la comunità). Egli non ricorre a regole fisse, bensì all'armonia, alla musicalità, al ritmo, miranti a creare una sintonia di sentimenti con la comunità, riunita per celebrare un rito, per commemorare un evento, per riprendere forze dopo una calamità o un lutto. Il poeta occidentale può scrivere inseguendo immagini esteticamente belle, per il gusto di contemplare, indipendentemente dal messaggio etico, anzi, escludendo spesso volutamente l'approccio morale. Questo diventa invece fondamentale per il poeta avoriano che si sente investito della responsabilità di insegnare soprattutto ai giovani, ma anche a tutta la comunità, le vie da intraprendere in vista del bene comune: a tutti addita i cammini della speranza.
Punto di partenza e momento forte dell'ispirazione di molti poeti è il ricordo del "regno dell'infanzia". Sui banchi di scuola, lontano dal villaggio, o all'estero a completare gli studi universitari, il poeta pensa al suo passato. La memoria si rifugia nei ricordi idealizzati dell'infanzia: i giochi con gli amici, a contatto con la natura e gli animali, la certezza dell'amore dei nonni e della cura dei genitori, l'acuirsi dell'ingegno per procurarsi qualcosa da mangiare.
Alla celebrazione del passato personale si aggiunge il canto della lotta per liberare il popolo dal giogo coloniale e dai condizionamenti del mondo occidentale: anche i giovani poeti cantano le lotte dei loro padri per l'indipendenza, e chiamano questa loro poesia impegnata " un ritorno all'antichità", un salto di trenta o quarant'anni! Per capire meglio la sua gente ed essere di maggiore utilità, spesso il poeta si ritira in volontario "esilio": si allontana dalla realtà per contemplarla con un certo distacco affettivo ed essere in grado di cogliere ciò che vi è di positivo e stimmatizzare ogni forma di ingiustizia. Benché la sua poesia non sia un'arma immediatamente diretta a cambiare la realtà - in quanto mira a celebrare le meraviglie del vivere e ad essere cassa di risonanza di ogni dolore - contribuisce sovente a porre quelle premesse, in virtù delle quali, la gente trova la forza di reagire al male e di sviluppare sempre di più i valori del vivere comunitario.

La funzione del coro

La gente del villaggio non riceve passivamente il messaggio poetico: stimola il poeta e fa da coro alla sua recitazione. Per "coro" s'intende tanto un gruppo di persone, quanto un solo individuo che rappresenta tutta la comunità ed ha la funzione di annuire, accentuare, ribadire le idee più forti espresse dal poeta o dall'oratore. Questo coro influenza il poeta, a seconda delle parole che ribadisce, considerandole più importanti di altre. L'alternarsi del versetto poetico con l'intervento del coro genera spesso un procedere che è tipicamente legato ad una traduzione orale e alla tendenza dialogica. Ad esempio, il poeta afferma:
"Ho visto un bambino giacere sull'erba".
Il coro riprende la parola "erba" e la ripete più volte. Il poeta inizia il suo secondo verso con la stessa parola, chiamata "parola d'attacco":
"Erba verde trapunta di fiori". E il coro ripete la parola "fiori".
"Fiori freschi al mattino, già appassiti alla sera...." ecc.
La poesia che ne risulta si presenta con caratteri paragonabili alle onde del mare, con flussi e riflussi, che creano una specie di maglia, di rete ove tutto è concatenato dalle parole e dalle immagini più che dal logico susseguirsi delle idee.

Modelli occidentali e "contesto africano"

Ciò che rende africana una poesia non è tanto l'immagine, che può essere analoga nei diversi continenti - nulla di nuovo sotto il sole - bensì il contesto.
In uno specifico ambiente una parola è legata ad un proverbio, ad una storia, ad un mito e ad una tradizione, per cui evita sentimenti ed immagini diverse da quelle evocate nei diversi popoli, specie quelli che si esprimono attraverso una cultura da secoli affidata alla scrittura.
Prima di comporre "poesie africane" i Neri si sono allenati nella loro arte seguendo i canoni occidentali: puro dilettantismo letterario ed esercizio della penna. Mancava il "fucile" , cioè la capacità di essere pensiero militante, impegnato ad aiutare il popolo oppresso.
Si ricorreva al verso alessandrino, di dodici sillabe, in perfetto stile classico, imitando Verlaine e Claudel. Versificazioni più che poesia.
Gli avoriani cominciarono a ritenere poesia quei versi in cui si sentivano liberi di abbandonarsi ad una ispirazione confacente al loro mondo culturale, modulata sul ritmo della loro vita, animata da immagini che prendevano senso in un determinato contesto. Sganciati da ogni preoccupazione di imitare i francesi, i poeti ritennero "africani" quei versi che si presentavano con le caratteristiche della emotività, della ritmicità e della coralità. Per entrare a pieno diritto nel mondo dell'arte, i poeti esigono "libero sfogo del cuore", sintonia di sentimenti con un gruppo di persone e ricorso a strumenti musicali che ritmino la parola e la convertano in danza. Con queste aspettative e ricorrendo a questi mezzi gli Avoriani sono in linea con alcune tendenze espresse nei Salmi, là dove il cantore si rivolgeva al coro, contestuava il Salmo e indicava con quale strumento voleva essere accompagnato. Ad esempio: " Al capo coro, in occasione della battaglia di ...., accompagnato dello xilofono".

L'elemento comunitario

Come si nota, l'elemento comunitario gioca un ruolo importante nell'espressione poetica. Quelle rare volte in cui il poeta concepisce da solo il suo poema, recita ad alta voce, battendo le mani: gesto che sostituisce il coro, imprime un ritmo e sottolinea gli elementi portanti della composizione. Altra caratteristica che accentua la tipicità della poesia avoriana è l'apporto sentimentale con il quale un'immagine è legata alla natura. Pur conoscendo gli elementi della fisica e come si svolgono i fenomeni naturali, per un Africano il tramonto, il tuono, l'acquazzone sono realtà che vanno ben al di là di una pura manifestazione di forze naturali. Più che realtà da contemplare, sono enigmi da interpretare, come cause dirette o indirette di futuri avvenimenti che apporteranno benessere o sventura. Se un uccello vola da sinistra a destra, è causa di sfortuna, di un malessere personale o comunitario. L'eclisse di sole è vista con orrore. I colori del tramonto non sono mai casuali. La stella cadente indica che un uomo importante sta morendo.
Questa concezione non può lasciare indifferente il poeta, il quale non descrive il tramonto, ma lo interpreta, come presagio di gioia o di tristezza per la sua comunità.

L'importanza del ritmo

Più volte è stata accennata l'importanza del ritmo quale nota caratteristica della poesia africana.
Su questo punto gli avoriani concordano: non ha importanza il fatto che la loro poesia sia giudicata il risultato di un incrocio di culture, purché si differenzi dalle altre in virtù del suo modo ritmico di procedere, che rispecchia il ritmo con il quale il bambino è stato cullato, sulla schiena della madre, nei primi tre anni della sua vita. Concetti, immagini e sentimenti, comuni ad ogni persona in tutto il mondo, devono essere ricreati dalla musicalità ritmata di ogni poema, composto per esteriorizzare l'impulso alla danza e alla musica che il poeta sente nel suo sangue.
La maggior parte delle poesie qui riportate rientra nel genere letterario della "poesia compromessa nella vita " in quanto descrive sentimenti provati dall'uomo di fronte al nascere, al morire e agli aspetti salienti dell'esistenza. Nel sentire forte del poeta, che dà libero sfogo ai suoi pensieri ed affetti attraverso il canto, ogni persona si riconosce, accentua le immagini più confacenti alla comunità e si abbandona al ritmo della parola, al ritmo della danza.
 

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