Lo storico ricercatore Ismael Diadié Haidara di Timbuctù, ha lanciato un appello in occasione dell' ' VIII° Colloquio
eurafricano del CIRSS che si é svolto nel novembre 2000, affinché siano salvati dalla distruzione i 3000 manoscritti
medievali del fondo Mahmud Kati.
Questa biblioteca familiare di un eccezionale valore documentario, ricostituita nella casa
privata di Diadié Haidara è stata aperta, per la prima volta, il 27 settembre 2000 in
presenza dell'autore. Essa risale all'esilio di Alib Ziyad al Kuti, un visigoto
islamizzato che lasciò Toledo, in Spagna, il 22 maggio dell'anno 1468, per fermarsi a Gumbu, nell' attuale Sahara maliano,
dopo un viaggio di 3000 chilometri senza aver smarrito uno solo dei suoi libri.
A Gumbu i testi, arricchiti da altri manoscritti dell'Askia Muhamma (sovrano dell'impero Songhay
con capi tale Gao), vennero trasmessi alla morte di Ziyad al-Kuti (27 settembre 1593) ai
discendenti diretti come patrimonio parentale. Ma nel XVII° secolo il fondo é stato disperso
nei diversi rami della famiglia Kuti e in varie località della valle del Niger.
Il merito di Ismael Diadié Haidara é stato quello di dedicarsi completamente al ritrovamento e
al raduno di tutti i manoscritti
scomparsi e di riuscire a ricomporre quasi integralmente la biblioteca originale del suo avo
toledano a Timbuctù.
Dei 3000 manoscritti, di cui alcune fotografie sono state esposte nelle mostre sui manoscritti
del Sahara allestite nel 2001 a
Cuneo e a Milano, molti sono stati scritti in arabo classico, altri in arabo andaluso, in
ebraico e in fufuldé (peul).
Il loro contenuto abbraccia tutto la scibile delle conoscenze medievali in terra islamica:
tradizione coranica, giurisprudenza e origine del diritto islamico, teologia e mistica,
storia e genealogia, filologia e grammatica, logica filosofia, poesia, astronomia e astrologia,
medicina e farmacopea matematica e fisica.
Alcune opere fondamentali sono commentate da eruditi di Cordova e di Granada, di Fez e di
Marrakesh, di Kayrouan e di Tripoli, del Cairo e di Bagdad.
Numerosi manoscritti sono compilati in versi da autori prevalentemente africani, di Djenné,
Chinguetti, Ouadane, Oualata e Timbuctù.
Parecchi anche i documenti di carattere giuridico riguardanti la vita degli israeliti, dei
rinnegati cristiani di Timbuctù (Armas), dei musulmani di Spagna e del Portogallo,
la vendita e il riscatto degli schiavi, il matrimonio e i divorzi, la moneta e il corso dei
cambi, il commercio transsahariano dei libri, del sale, della polvere d' oro, dei tessuti,
dei cereali, delle spezie e della cola.
Non mancano le raccolte epistolari
con lettere originali dei sovrani e dei mercanti delle due rive del Sahara.
Attualmente questi manoscritti rischiano di andare irrimediabilmente perduti se non si procede
a rapidi interventi di restauro e di protezione.
Ismael Diadié Haidara, in una lettera indirizzata all'Istituto Internazionale
di Antropologia di Parigi, avverte che per ogni manoscritto che scompare l'umanità si
ritrova più povera
"e che è meglio far luce anche solo con una candelina piuttosto che maledire l' oscurità".