La fondazione di Ouadane viene tradizionalmente attribuita a tre pellegrini, Al-Hadj Yakub, Al-Hadj Ali e Al-Hadj Ethman, che dettero origine alla tribù Ida o Al-Hadj. In seguito nella città vennero a stabilirsi anche i Kunta. Spesso in guerra con i loro vicini, gli Idaw El-Haji strinsero a poco a poco un'alleanza difensiva, ma precaria, con i Chorfa, che andarono anch'essi ad unirsi a loro. Ciascun gruppo si costruì un proprio quartiere nella città, ma furono gli Idaw El-Haji, arrivati per primi, ad erigere l'antica moschea di pietra, anch'essa ora in rovina, e la seconda, circa 200 anni fa, nello stesso stile di quella di Chinguetti.
Ouadane, secondo un'etimologia popolare, significa "confluente di due fiumi", oppure "il doppio fiume delle scienze e dei
datteri". La tradizione riferisce che un tempo, in caso di attacco nemico, si batteva il grande tbol dei Kunta sulla piazza
antistante la moschea. Allora la gente abbandonava in fretta i palmeti e si riuniva nella grande piazza con i bambini e gli animali,
fino a quando il nemico non fosse stato respinto.
Situata strategicamente al crocevia di varie correnti commerciali transahariane - salgemma verso il Sahel sudanese; prodotti
marocchini verso Oualata e Tichitt, oro, avorio, schiavi e pelli del Sudan verso il Maghreb - Ouadane divenne dal XIV
al XVIII secolo uno dei centri economici più attivi del Sahara.
Attirati dal commercio dell'oro, i Portoghesi tentarono di
fondarvi un grosso centro commerciale all'inizio del XVI secolo, ma la reazione ostile delle popolazioni locali mise rapidamente
fine a questo tentativo. Nel 1543-44 una prima spedizione marocchina composta di 1800 cavalieri raggiunse Ouadane.
Nel corso dei secoli XVII e XVIII seguirono altri tentativi più o meno sfortunati per impossessarsi della città.
Il tragitto da Ouadane a Timbuctù attraverso il deserto (circa 1500 km) era talmente frequentato che, secondo la tradizione,
il viandante poteva ogni sera alloggiare in un centro abitato e all'indomani fermarsi per la siesta al coperto. Si diceva inoltre
che una donna potesse viaggiare da sola e senza provviste, poiché non le sarebbero mai mancate la compagnia lungo la strada
e l'ospitalità in una casa al calar delle tenebre.
In quell'epoca, secondo quanto narra un cronista del XVI secolo, circolavano grandi quantità di libri (soprattutto manoscritti
in arabo) che dal Maghreb venivano caricati sulle carovane transahariane e rivenduti nelle città dell'Africa sudanese a prezzi
così elevati da garantire ai mercanti un guadagno superiore a quello di qualsiasi altra merce.
Le carovane che ogni anno scendevano dal Marocco, chiamate lekeher, portavano a Ouadane anche tessuti europei, grano,
tappeti, fucili e munizioni, indumenti di lana e calzature; poi ripartivano con piume di struzzo, schiavi e cammelli. Esse
impiegavano 30 giorni per andare da Ouadane a Timbuctù.
Le relazioni, anche culturali, fra le due città si svilupparono
intensamente e molti intellettuali tra cui il padre del celebre erudito Ahmed Baba di Timbuctù, si trasferirono da una città
all'altra, fondarono delle mederse e insegnarono circondati da discepoli fedeli che dopo la loro morte ne onorarono
la memoria e ne mantennero vive le tradizioni culturali, mentre le tombe dei maestri diventavano meta di devoti pellegrinaggi.
Per l'insegnamento religioso Ouadane diventò una piccola Baghdad: la pietà e le conoscenze teologiche dei suoi imam e dei
suoi ulema ebbero una tale eco che certi dotti della legge islamica di Ouadane vennero accolti e ascoltati nelle case delle
grandi famiglie del Maghreb e dell'Arabia. Si dice che nei secoli aurei di Ouadane si potevano trovare in quest'oasi mauritana
anche 40 case, nella stessa via, ognuna abitata da un ulema, e un adagio medioevale diceva: "La scienza religiosa è di Ouadane,
i datteri del Fezzan e gli schiavi del Sudan".
Mentre Chinguetti godeva della supremazia religiosa e culturale, Ouadane conservava ancora nel XIX secolo un'importanza
politica ed economica che andò però diminuendo via via, a causa delle rivalità tribali, delle inondazioni, della siccità e del suo
isolamento all'estremità orientale dell'Adrar. Questa decadenza politica ed economica determinò ovviamente anche la rovina
dell'artigianato, la cui sede divenne a poco a poco Chinguetti e poi Atar.
Quando i Francesi del comandante Claudel entrarono in città, il 31 luglio del 1909, la decadenza di Ouadane era già iniziata
da tempo; anche i mercanti ebrei l'avevano a poco a poco abbandonata, per trasferirsi nel Sud marocchino.
L'attuale, scarsa popolazione di Ouadane ha scarsi ricordi delle prospere attività di un tempo e si accontenta di coltivare miglio,
orzo, grano e di allevare cammelli. Ciò che è noto della storia della città viene raccontato dai padri ai figli maschi e dai notabili
ai loro rari visitatori.
La strana casba dell'abitato è dominata dalla moschea, il cui minareto serve anche da torretta d'osservazione. Nel suo patio
si trova una nicchia d'argilla in cui l'imam conserva ancora, gelosamente, una decina di libri antichi scritti a mano.
Nella biblioteca di Moustapha Ould Khetta, capo tribù degli Idaoul el-Hadj, sono conservati invece un'ottantina di volumi,
tra i quali un famoso manoscritto di storia e di geografia risalente al XIII secolo, preziosa testimonianza dell'epoca fiorente
del commercio transahariano. Il testo descrive il traffico intenso che aveva luogo tra la Mauritania, Timbuctù, l'Africa del Nord,
l'Egitto ed anche il lontano Yemen; inoltre riferisce che tra Ouadane e Timbuctù sorgevano molte altre città, che erano tappe
obbligate per le carovane e che oggi sono completamente scomparse. Gli altri libri in possesso del marabutto trattano
di religione, giurisprudenza, grammatica araba e astronomia.
La città attuale presenta due zone urbane parzialmente sovrapposte. A fianco dello sperone roccioso e del versante
occidentale dell'altopiano, interamente coperto da case in rovina, certe costruzioni hanno mantenuto le facciate senza finestre,
che servivano un tempo da bastioni. Il promontorio roccioso, all'estremità sud-occidentale dell'altopiano, è occupato dai
quartieri ancora abitati, dominati dal minareto della moderna moschea che si innalza a nord-ovest della città. Nella parte
abitata le strade, chiuse tra le alte facciate delle case, hanno un tracciato in genere rettilineo, ma con bruschi cambiamenti di
direzione.
Le pietre di grès rosa, o più spesso grigio, delle abitazioni sono disposte ad assi paralleli, relativamente regolari. Le facciate
sono raramente decorate, ma i muri erano probabilmente ricoperti in modo uniforme da un intonaco d'argilla, che doveva
proteggerli dalle rare piogge estive. Le cronache locali insistono sulla generale diffusione di un tal genere di rivestimento nei
secoli scorsi e lo considerano una raffinatezza estetica. La mancanza attuale di esso dimostrerebbe quindi la fragilità della
maggior parte delle costruzioni di Ouadane e certamente contribuisce al continuo deterioramento degli edifici da parte dell'acqua
piovana. L'intrico delle rovine e delle costruzioni abitate accentua l'impressione generale di abbandono.
Le condizioni di vita della città, oggi quasi deserta, sono le stesse di 5 secoli fa, per cui, visitandola, si ha l'impressione
di essere trasportati fuori dal tempo: tutto pare così lontano dalla nostra civiltà dei consumi. Il mistero delle stradine strette e
silenziose, la bellezza dei bambini, l'accoglienza calorosa degli abitanti ne aumentano il fascino. Ouadane merita di essere
riscoperta.