Lemriya è una regione desertica di difficile accesso, tra Chinguetti e Arawane. È famosa per
il pericolo che rappresenta per le carovane; quando ha inizio l'uragano non è più possibile
distinguere la terra dal cielo e le carovane sono costrette a fermarsi se non vogliono rischiare
di perdersi.
I carovanieri che trasportavano il sale attraverso questa regione solevano
abituare i loro cammelli a bere una volta ogni tre settimane e ciascuno di essi caricava in
sella la quantità d'acqua e di viveri necessaria.
I viaggi avvenivano in inverno. Se veniva a
mancare l'acqua si uccideva un cammello e se ne utilizzava l'acqua immagazzinata nelle viscere.
Si tratta di una pratica utilizzata dal generale d'armata Khalid Ibn el-Walid nel corso della
sua marcia sull'Irak a seguito della celebre battaglia di Yamama, all'epoca della manifestazione
dell'eresia in Arabia. Tradizione vuole che la guida marci in testa e che le persone
appartenenti alla carovana la seguano senza rivolgerle la parola. Se così non fosse perderebbe
l'orientamento e l'intera carovana sarebbe destinata a morire.
Nonostante queste precauzioni,
comunque, succede ancora che un intero convoglio sparisca nel nulla nella regione di Lemriya."
Con queste parole Ahmed Lamine Ech Chenguiti descrive in El-Wasit la zona dello spaventoso
deserto mauritano dove il professor Théodore Monod, ex direttore dell'I.F.A.N. ed esploratore
sahariano impenitente, scoprì infatti, tra le dune dell'Ijafen, lo straordinario relitto di
una carovana carica di rame proveniente dal Maghreb e diretta in Sudan.
Affondate nelle sabbie dell'Ouarane, del Dhar e dello Hodh, tra l'Adrar e il Mali, si trovano
le rovine di antiche città dove facevano sosta, in epoca medioevale, le carovane di sale e di
oro. Si trattava di una pista costellata di pozzi, ormai insabbiati: l'Azenguim. Solo alcuni
cacciatori Nemadi si avventurano su queste terre infuocate di giorno e fredde di notte, per
cacciare le gazzelle di cui vendono la carne ai nomadi.
Per percorrere i 1300 km dell'Azenguim
bisogna calcolare 45 giorni di viaggio, dopo di che si arriva in vista di una strana città, che
sorge sul fianco di una falesia rossastra, Oualata, "la riva dell'eternità".
Essa godette di grande fama e prosperità nel XVI secolo, poi venne eclissata da Timbuctù.
Tuttavia, per cinque secoli costituì il punto d'arrivo della pista transahariana Marocco-Africa
Nera.
Per raggiungere questa città ancora oggi occorre cimentarsi in uno dei viaggi più lunghi e
disagiati del Sahara occidentale. Da Nouakchott, si deve rimanere al volante per 17 ore,
praticamente senza soste, senza mangiare e senza dormire, e percorrere i 1017 km del mare
di dune e tavolati pietrosi del Serir, fino alla località di Nema, all'estremo Est del paese,
dove finisce la strada asfaltata transmauritana.
Da Nema una pista difficilissima, dove si
insabbiano anche le migliori Land Rover e dove si rischia di smarrirsi fra le dune se la guida
non è più che attenta, porta dopo un centinaio di chilometri all'ingresso di un avvallamento
scistoso, il Dhar el-Tichitt, dove gruppi di dromedari si abbeverano a due guelta (laghetti di
sorgente del Sahara) e dove, aggrappate sul pendio della falesia ocra, resistono da 13 secoli
al tempo e alla sabbia le case dello ksar di Oualata.
Fondata nell'VIII secolo col nome di Birou, il borgo originario faceva parte dell'impero di
Ghana, distrutto tre secoli dopo dagli Almoravidi islamizzatori. Nel Medioevo divenne il
capolinea della pista carovaniera transahariana, luogo dell'interscambio commerciale tra il
Sudan e la città marocchina di Sigilmassa.
Dal Nord arrivavano tappeti, oggetti di rame,
datteri, cereali, tessuti, salgemma e libri e dal Sud le carovane risalivano con oro, avorio,
spezie e schiavi. Secondo i cronisti dell'epoca, sul mercato di Oualata gli schiavi valevano
il proprio peso in sale.
Ibn Batuta riferisce che i negri di Oualata erano poco ospitali e pieni di disprezzo per i
bianchi. Il paese era caldo e vi si coltivavano meloni e angurie. L'elemento dominante della
popolazione era costituito dai nomadi Messoufiti e in particolare dalle loro donne, che non
accompagnavano i mariti nei loro viaggi.
Già nel 1352, epoca in cui si trovava a Oualata
Ibn Batuta, la città non era più un mercato vantaggioso come un tempo per le merci di Tlemcen,
soprattutto per via della concorrenza egiziana.
Anche a Oualata prosperavano le scuole coraniche (mederse), frequentate da studenti che
affluivano da tutto il Sahara, dal Nord Africa e dagli Imperi sudanesi, e si costituirono
biblioteche pubbliche e private con migliaia di manoscritti arabi, molti dei quali conservati
fino ai nostri giorni dalle principali famiglie oualatine.
La storia e i personaggi che illuminarono per secoli la vita della città sono immortalati nelle
Cronache di Oualata, scritte in arabo dal grande Bqui Taleb Bu Bekr, morto nel 1917 dopo aver
ricoperto per 50 anni la carica di cadi dell'oasi ed aver riunito una ricchissima bilioteca di
manoscritti arabi.
A Oualata all'inizio del secolo, cioè prima della colonizzazione francese, c'erano sei scuole
coraniche, ognuna di esse con un minimo di l50 alunni mentre un'ottantina di telamid, discepoli
di grandi ulema, impartivano agli adolescenti lezioni di livello superiore.
La maggior parte
degli studenti provenivano dalle altre regioni della Mauritania, dal Mali attuale e alcuni
addirittura dal Marocco e dall'Egitto. Un fatto rilevante è che a Oualata insegnavano anche
le donne della tribù Taggat formate da marabutti.
Gli allievi provenienti da altri paesi erano ospitati nelle case degli insegnanti o nei
convitti delle mederse. Potevano scegliere il ramo di studi che preferivano, anche se i corsi
terminavano sempre con gli studi giuridici, indispensabili per aspirare alla magistratura
(cadi) nei loro paesi d'origine.
Nel XV secolo, proveniente dal Marocco, arrivò ad Oualata un nuovo predicatore, Sid Ahmed
el-Kounti, soprannominato El-Bekkaï. Sid Ahmed e suo figlio furono i primi a dedicarsi
all'islamizzazione del Sahara e dell'Africa Nera. La loro attività religiosa, le scuole che
aprirono e l'autorità politica che riuscirono a raggiungere attirarono a Oualata numerosi
saggi e studiosi dal Maghreb, dall'Egitto e perfino da Baghdad.
Ma una rivale pericolosa, Timbuctù, convogliò a poco a poco queste menti erudite verso di sé,
soppiantando Oualata, nel corso del XVIII secolo. La conquista coloniale francese le diede il
colpo di grazia, scegliendo come capitale regionale il centro di Nema, agglomerato più moderno
che sorge più a sud.
Da allora Oualata ha conosciuto un inesorabile abbandono da parte dei
suoi abitanti e la rovina del suo patrimonio monumentale, nonostante l'accanimento dimostrato
dalla popolazione rimasta nella difesa degli interessi della città, nel tentativo di mantenerla
ancora attiva e prospera.
Oualata, intorno al Mille, era diventata la capitale sahariana del libro. I manoscritti arabi
giungevano con le carovane da tutto il Maghreb e dall'Egitto e avevano dato luogo ad un'intensa
attività culturale. Gli ulema si rivolgevano a dei copisti professionali per rispondere alla
richieste di intellettuali e commercianti facoltosi di che volevano acquistare per sé le opere
importate.
I copisti chiedevano per ogni libro trascritto il prezzo equivalente a quello di un
dromedario. Poi la copia del libro veniva affidata a degli artigiani che provvedevano alla
rilegatura.
Così si costituirono presso le famiglie di Oualata delle ricche biblioteche private
che col passare dei secoli assunsero un valore inestimabile e alcune delle quali sono giunte
quasi integralmente fino a noi.
Fino alla fine dell' XVI° secolo Oualata fu la principale rivale di Timbuctù come emporio
commerciale carovaniero e come centro culturale. Oltre alle biblioteche, dovette la sua fama
a livello continentale anche ai letterati, ai teologi e ai sapienti che affluirono dall'Egitto,
dalla Tunisia, dalla Libia, dal Marocco e dal Tuat (Sahara algerino) e che crearono un gran
numero di moschee e di mederse frequentate da centinaia di studenti sia negro-africani
(Soninkè) sia arabo-berberi.
Per tutto il medioevo Oualata rimase la città simbolo delle
civiltà del deserto. Ai dotti del pensiero si unirono artisti e architetti che diedero alle
costruzioni pubbliche e private un'originalità ornamentale rimasta unica per tutto un
millennio.
Sembravano essersi dati appuntamento gli stili di tutta l'Africa islamica, dai
severi motivi locali degli almoravidi alla profusione delle creatività andaluse, di Fez,
di Tlemcen e del Cairo.
La figura di maggior spicco fu il poeta e architetto granadino che
nel 1324 costruì per incarico del re del Mali una sala delle udienze quadrata, con una cupola,
adorna di stucchi e di arabeschi con brillanti colori.
Oualata conobbe un nuovo rinascimento culturale quando nel XV° secolo quasi tutta l'élite
intellettuale di Timbuctù fuggì per sottrarsi all'occupazione di Sunni Ali (1469). Gli esuli,
che tornarono alla loro città d'origine, diedero nuovo impulso agli studi filosofici e
all'insegnamento superiore della giurisprudenza, dell'arabo classico e delle scienze
religiose.
Oltre agli oriundi si insediarono a Oualata anche eminenti ulema della tribù
religiosa dei Kunta, provenienti dalla Seguiet-el-Hamra (Sahara marocchino), tra i quali
il famoso santone Sidi Ahmad al-Bakkai, fondatore delle confraternite kunta. Questo
personaggio lanciò una crociata di islamizzazione delle popolazioni negro-africane a sud
del Sahara e creò a Oualata degli atenei dove affluirono maestri e discepoli da tutto il mondo
islamico.
In pochi anni, i tremila abitanti oualatini si trovarono moltiplicati da oltre mille
universitari stranieri, tutti a carico delle autorità accademiche. I1 senso del patrimonio
letterario si invertì.
Il numero crescente di poeti, biografi, cronisti e scrittori locali
generò una produzione straordinaria di opere che superò di gran lunga l'entità dei manoscritti
fino allora importati e alimentò una corrente di autori verso le metropoli culturali islamiche
del nord. Va ricordato che un discendente della grande famiglia kunta dei Bekkai fu il primo
capo del governo del Marocco indipendente nel I956.
La generalizzazione della cultura a Oualata consentì ai cittadini di ogni classe sociale
l'accesso al mondo del sapere, al punto che nel XV1° secolo in ogni casa si trovava un erudito.
Di conseguenza i libri, la cui diffusione superava, come a Timbuctù e a Chinguetti, il valore
di qualsiasi altra mercanzia, entrarono in massa in tutte le famiglie, anche le più modeste.
L'industria editoriale rappresentava il reddito maggiore e più sicuro degli abitanti di Oualata
e si narra di uno studioso degli Awlad Dawd che fece ricopiare quattro volte la sua biblioteca
dai copisti che teneva in permanenza al suo servizio.
Tuttavia con il declino del commercio transahariano e lo spostamento delle strade e dei centri
economici sulla costa atlantica, la prosperità e le attività di Oualata decaddero e con esse
la vita intellettuale e i fermenti di pensiero.
Molti oualati lasciarono la città senza ritorno
e numerose biblioteche, nelle case abbandonate, si deteriorarono e furono saccheggiate o
disperse.
Fortunatamente le famiglie rimaste conservarono sempre con cura i libri tramandati
di generazione in generazione dai loro antenati ed è grazie a loro che oggi possiamo ammirare
ed esaminare un tale patrimonio storico-culturale.
Dopo l'indipendenza della Mauritania e la creazione dell'IMRS (Istituto Mauritano della
Ricerca Scientifica) si iniziò a sensibilizzare i detentori di manoscritti sulla necessita e
l'urgenza di classificarli, microfilmarli e restaurarli, pur rimanendo di loro proprietà.
L'interesse del governo mauritano per la salvaguardia dei beni culturali dell'antica
Oualata si concretizzò con la costruzione di una "biblioteca dei manoscritti di Oualata"
finanziata dall'Istituto Spagnolo per la Cooperazione con il Mondo Arabo.
Purtroppo soltanto quattro famiglie hanno accettato finora di mettere a disposizione della
biblioteca i loro fondi per essere catalogati e schedati. La maggior parte di essi risalgono
ai secoli d'oro della città e trattano di quasi tutte le materie che si studiavano nelle
mederse medievali.
Alcuni sono stati scritti in Oriente, altri in al-Andalus (Andalusia araba)
e in Marocco, altri ancora nei centri culturali mauritani di Chinguetti, Ouadane, Tichitt e a
Timbuctù.
Il più antico è del dodicesimo secolo. In totale sono consultabili, poiché in
discreto stato di conservazione, 2000 manoscritti calligrafati in arabo maghrebino e orientale
e di varie dimensioni. Una scaletta degli argomenti indica che i libri più numerosi sono
quelli dedicati al diritto musulmano, alla dottrina religiosa e al sufismo, alla poesia
medievale e alla linguistica araba.
Seguono le opere di giurisprudenza pratica, commenti
coranici, biografie del Profeta, medicina tradizionale, scienze occulte e astrologia,
epistolari.
Tuttavia la famiglia di al-Talib Bubakr, che ha consegnato parecchie centinaia di manoscritti
alla biblioteca, ne detiene ancora un migliaio. Una settantina di grandi volumi rimangono
l'eredità della famiglia del celebre saggio Sayyid Utman, fondatore della "assemblea
degli studi" considerata l'università islamica di Oualata orientata verso le discipline
scientifiche e che formò migliaia di grandi nomi della cultura arabo-berbera.
L'assemblea
ha sfidato i tempi e le vicende politico-militari del "Trab el-Beidane" riuscendo a
sopravvivere e ad essere attualmente presieduta dall'ulema al-Saduq Ab Muhammadi.