Da sempre punto di contatto e compenetrazione di uomini e culture, crogiolo di idee di diversa
provenienza, Timbuctù (che deve il suo nome ad una schiava berbera, Buctù, incaricata di
sorvegliare una sorgente di vitale importanza sulla via delle carovane) è stata per secoli
il maggior centro di cultura arabo-berbera del Sudan occidentale.
"Laddove il cammello incontra la piroga", sorge la città che è stata per secoli un faro
culturale e religioso dell'Africa nera. Finita l'epoca delle carovane Timbuctù, la misteriosa
città dell'ansa del Niger lotta per salvaguardare il proprio patrimonio storico e artistico e
per uscire da un isolamento che rischia di condannarla all'oblio. Per sempre. Orgogliosa della
sua storia plurisecolare.
Timbuctù ha subito anche la calamità di piogge eccezionali che hanno provocato il crollo di
centinaia di case del centro storico. Questo disastro urbanistico e culturale imprevisto ha
trovato il governo del Mali privo di mezzi finanziari necessari per interventi di restauro o
di ricostruzione di una città che, per storia e arte, è patrimonio dell'umanità.
All'inizio del XVI secolo, secondo le cronache del tempo, Timbuctù aveva raggiunto il suo
massimo splendore, con una popolazione di 100 mila abitanti, campionario di diversi gruppi
etnici degli imperi sudanesi del tempo: berberi, arabi, mauri, haussa, fulani, songhai,
bambara, tuaregh. Si insediarono costruendo ognuno il proprio quartiere, attirati dalle
lucrose prospettive commerciali e anche dalla fama degli ambienti intellettuali.
L'università islamica di Timbuctù diventò celebre al punto che dall'Egitto, dalla Persia,
dalla Spagna e da tutto il Maghreb affluirono letterati e scienziati teologi e docenti.
Era un importante centro finanziario: vi si trattavano azioni e cambiali firmate a Fez, al
Cairo, a Venezia e a Genova. Barre di sale venivano usate come banconote; i cauri (una
specie di conchiglia) costituiva la moneta spicciola. C'erano sartorie e laboratori
artigianali. Le piste sahariane erano curate e sorvegliate.
In questa epoca di splendore, grande rilievo ebbe la celebre università di Sankoré, che
fece affluire a Timbuctù uomini di scienza e di lettere dall'Africa mediterranea e
dall'Africa nera. Grazie a questi eruditi (Ahmed Baba fu certamente il più grande) l'università
di Timbuctù poteva vantare fin dal Medioevo lo stesso livello d'insegnamento delle più
illustri università islamiche. Dalle testimonianze degli autori maghrebini sappiamo che
gli studiosi sudanesi erano eminenti teologi e che a Timbuctù, nel XVI secolo, prese avvio
una specie di età scolastica nera. Amhed Baba soleva dire che di tutti i suoi amici era
quello che possedeva meno libri. Eppure le truppe marocchine gli avevano confiscato 1.500
volumi!
Capitale culturale e religiosa del Mali, Timbuctù conserva ancora oggi un segreto:
le migliaia di manoscritti chiusi a chiavistello nelle stanze e negli scantinati delle case
borghesi, dove ancor oggi nessun straniero può entrare. Qui s'immagazzinavano le preziose
mercanzie e la polvere d'oro al tempo delle carovane.
La lingua usata in questi antichi manoscritti è quasi sempre l'arabo classico (tarikh).
Si tratta di annali e alberi genealogici di famiglie nobili o reali, biografie di uomini
politici, religiosi militari e letterati; opere di geografia, d'astronomia e di storiografia.
E poi diari di viaggio, corrispondenze commerciali, epistolari, scritti teologici e giuridici,
poemi, prontuari di farmacopea e di medicina. Si può dire che le biblioteche di Timbuctù
comprendevano quasi tu ta la produzione letteraria, filosofica e scientifica del mondo
islamico, soprattutto medioevale.
Ma oggi è tutta l'antica civiltà del deserto maliano che rischia di scomparire. Il che
fa temere anche per la sorte di Timbuctù. Il presidente dell'Assemblea regionale di Timbuctù,
Oumarou Ag Moliamed Ibrahimi, ha chiesto al governo italiano un intervento nell'ambito dei
fondi stanziati per gli aiuti al Sahel, volto soprattutto a salvare le corporazioni
artigianali (ricamatrici, orafi, argentieri, ebanisti, pellettieri, decoratori, muratori)
mediante la creazione di una istituzione che si occupi di valorizzare e promuovere queste
antiche professioni. "Se nessuno ci aiuta - ha affermato - la nostra civiltà si svuoterà per
sempre dei suoi figli migliori e delle sue menti più elette che la resero grande e ammirata
nei secoli".
C'è poi il grave problema delle vie di comunicazione... Ciò che manca a Timbuctù è una
strada che la colleghi a Bamako, la capitale, un ponte che la unisca alla riva meridionale del
Niger e un aeroporto più moderno (sull'attuale possono atterrare solo piccoli bimotori).
Questa segregazione dal mondo determina gravi difficoltà di approvvigionamento, specie per
i generi alimentari di prima necessità. Miglio, riso, zucchero e tè sono più cari dei tessuti
per l'abbigliamento e delle medicine. Una situazione che condanna la popolazione locale ad un
livello di vita da sottosviluppo.
Non è allora paradossale quanto affermano le antiche famiglie: a Timbuctù c'era più abbondanza
e benessere ai tempi delle carovane transaharìane che non oggi, all'epoca delle astronavi.
Bisogna pensare che queste migliaia e migliaia di manoscritti costituiscono la sola,
insostituibile memoria di una parte della storia universale.
Permangono dei problemi di base. Il reperimento dei documenti tuttora ignorati,
il reperimento dei finanziamenti pubblici e privati.
Un esperto italiano dei restauri dei manoscritti antichi, Marco Sassetti, in un brillane
intervento tecnico al congresso di Chinguetti sulle città storiche dei Sahara e del Sahel
da salvare, ha così sintetizzato il problema: "La tutela, la conservazione ed il restauro
del patrimonio di manoscritti antichi delle cosiddette biblioteche del deserto in via di
rinvenimento in Mauritania, in Mali, e in Niger costituiscono un momento di enorme interesse
per una miglior valutazione della cultura berbera ed islamica. Costituiscono anche un'occasione
unica per intraprendere uno studio di natura cronologica e bibliologica improntato sull'analisi
di dati emergenti da questa vera e propria miniera di informazioni non contaminate sulla
costruzione materiale del manoscritto inteso come oggetto archeologico".
Le particolari condizioni di isolamento in cui si è stabilizzato questo materiale librario
nel corso dei secoli costituisce oggi una vera e propria "isola codicologica" congelata dal
punto di vista della manifattura, nella situazione simile al medio librario in merito alle
procedure di formazione del libro, e cioè fino al momento del l'introduzione del libro a
stampa.
L'analisi dell'aspetto "archeologo" del manoscritto, unitamente allo studio paleografico e
filologico dei testi, costituisce un "unicum" per lo studio comparato della formazione e
diffusione del codice islamico antico.
Va notato come in epoca medioevale il flusso degli scambi culturali, mercantili e tecnologici
fosse molto aperto anche riguardo all'artigianato della costruzione del libro, per cui i
contatti tra occidente, area islamica e bizantina introdussero notevoli ibridazioni ed
acquisizioni di tecniche, materiali e procedure originarie di diverse culture.
In particolare, come è noto, la carta e la sua manifattura sono state introdotte dai paesi
arabi a loro volta debitori alla Cina, per la tecnica di fabbricazione, i pellami per le
legature spesso importati in Europa dall'arca maghrebina, la tecnica di legatura del cuoio
delle coperte, dei libri attraverso i contatti commerciali dei veneziani con gli arabi.
Le
tipiche legature a busta dei codici arabi sono state applicate in occidente ai grandi volumi
artistici, mentre molte tipologie di cucitura dei libri arabi sono ibridate con i metodi
bizantini, copti, armeni e dell'area cristiana confinante con i paesi islamici.
Nelle normali procedure di conservazione e restauro, quelle, cioè, applicabili a manoscritti
di consolidata permanenza in istituti, collezioni, biblioteche, si tende a procedere alla
rimozione ponderata di tutte quelle "sedimentazioni" materiali (specie se occasionali) per
riportare il codice oggetto nello stato più vicino all'originale, meglio se coevo
all'estensione del testo, ove questa possibilità sia resa operativa dalle condizioni del
reperto.
Questo perché si suppone giustamente che gli interventi occasionali, ad esempio
sulle legature, operati nel corso del tempo, non siano particolarmente significativi, ai fini
dello studio, in presenza di una consolidata ed operante capacità artigianale specifica nella
zona di origine e di permanenza del manoscritto.
Data la natura itinerante di queste "biblioteche del deserto" e l'evidente mancanza di una
sempre certa possibilità d'intervento manifatturiero professionale a carico della veste
esteriore del libro (copertina e cintura) è invece importante la classificazione e la
conservazione di tutti gli interventi succeduti nel tempo.