L'architettura di Chinguetti, sia per quanto riguarda la moschea, sia per le abitazioni private,
è simile a quella che si trova in tutto l'Adrar, nel Tagant e a Tichitt.
La sagomatura accurata dei muri perfettamente lisci, le sfumature delle pietre da costruzione
in grès ocra e rosa, in armonia con il paesaggio di montagne e di dune che circonda la città,
gli angoli smussati delle strade fanno di Chinguetti, nonostante le numerose rovine,
un bell'esempio di architettura sahariana in pietra grezza.
Sulle facciate delle case, le decorazioni formate da nicchie triangolari e rettangolari
sono un motivo decorativo abituale delle casbe marocchine e dei castelli dello Yemen e
dell'Hadramaut.
I muri hanno perduto il rivestimento di "banco" e lasciano intravvedere un materiale
impastato con argilla locale. Le porte, in legno di talha, sono in genere a due battenti e si
aprono su una soglia molto alta, che ostacola l'entrata della sabbia dalla strada.
Nell'interno delle abitazioni, su uno o due piani, le camere sono disposte come a caso lungo
le scale. La loro altezza disuguale si evidenzia all'esterno in terrazze che danno l'idea di
una casa a più piani.
Le camere sono lunghe e strette, tinteggiate di bianco o di beige rosato. Sul soffitto, dei
tronchi di palma sostengono degli intrecci di foglie della stessa pianta.
La manifestazione e insieme lo strumento più compiuto dell'unità socio-culturale della
comunità di Chinguetti è costituita dalla musica: in passato essa aiutò l'introduzione
dell'Islam nel paese, oggi contribuisce all'educazione delle masse.
Come il Mali, la Mauritania possiede due tradizioni musicali, una araba e un'altra
negro-africana. Gli Oulad M'Bareck, una tribù particolarmente bellicosa, furono all'origine
della musica maura che servì per lungo tempo ad appoggiare la penetrazione dell'Islam in
Mauritania. L'introduzione della scerifferia nel paese, esercitata dai combattenti
dell'élite degli Oulad M'Bareck, ebbe una grande influenza sugli stregoni negro-africani che
erano, in qualche modo, i depositari e gli interpreti della tradizione musicale delle tribù.
Le imprese compiute dai guerrieri furono a lungo i temi preferiti delle loro creazioni
musicali: tra i loro compiti c'era infatti anche quello di inventare e interpretare canti e
musica in onore degli eroi.
I due tipi di musica, pur radicati nei valori di un passato ormai lontano, posseggono comunque
una ricchezza di motivi che vengono sviluppati ed utilizzati ancora oggi dai compositori
moderni. In questo modo tra la tradizione e la modernità non esistono iati, ma una continua
evoluzione che favorisce indubbiamente la rivalorizzazione del patrimonio musicale mauritano.
Con questi versi il poeta Issel Mon o Jidou cantò Chinguetti
Dimmi, Chinguetti, meraviglia del deserto che cosa hai sotterrato nelle tue dune infuocate? Il passato di un popolo e l'anima splendente di una nazione di cui l'universo si nobilita. Dall'alto dei tuoi minareti tesi verso i cieli la voce eterna e sacra di un muezzin chiama gli uomini al cammino che porta a Dio, alla felicità, alla fede e alla salvezza divina.
E' interessante notare come Chinguetti, dopo la sua fondazione, non venga citata nemmeno
una volta dagli autori arabi forestieri: non ne parlano né Ibn Battuta, né Ibn Khaldoun e
nemmeno Leone l'Africano, che descrive invece Tichitt e Ouadane.
Il primo a menzionarla fu infatti V. Fernandès (1506-1507), dopo che alcuni Portoghesi si
erano spinti fino all'Adrar alla fine del XV secolo; ma va notato che in quel periodo la
città più importante dell'Adrar era Ouadane e lo fu ancora fino alla prima metà del XVI secolo,
quando il suo ruolo nella regione venne occupato in pieno da Chinguetti.
Una spedizione marocchina, raccontata dall'inglese Thomas Pellow che vi partecipò durante la
sua prigionia in Barberia, raggiunse Chinguetti verso il 1730. La città era al suo apogeo.
Il periodo di maggiore splendore di Chinguetti si può infatti collocare tra il XVII e il XIX
secolo.
La sua prosperità si basava sul commercio del sale, che ne costituiva la più importante
attività economica; ma anche l'artigianato vi trovò per lungo tempo ottime condizioni di
sviluppo.
Numerose carovane partivano ogni anno per La Mecca da questa ricca città mercantile,
isolata dalle sue rivali, posta al crocevia di grandi piste carovaniere e frequentata,
perciò, da molti stranieri. Gli scribi vi ricopiavano il Corano ed altri libri di studio.
La casta dei maallemin contava numerosi armaioli e gioiellieri. Le donne fabbricavano
abilmente rilegature di libri, sandali e sacche da viaggio di cuoio preziosamente lavorato.
L'uso del cuoio era favorito dall'abbondanza, sull'altopiano, di acacie talha e tamat,
che producono un ottimo tannino.
L'elevato numero di carovane che transitavano per Chinguetti fece anche sviluppare l'industria
della selleria, per la fabbricazione di selle per cammelli, riccamente decorate e che erano
giustamente rinomate in tutto il Sahara.
Le tribù marabuttiche e le popolazioni commercianti tentarono invano di sopravvivere alle
vicissitudini delle ininterrotte guerre locali di cui fu teatro l'Adrar nel XIX secolo e che
finirono col compromettere irrimediabilmente la ricchezza della città, strettamente dipendente
dalle condizioni delle saline di Idjil e dal commercio delle lastre di sale verso le valli del
Senegal, ma soprattutto verso il delta interno del Niger.