La famiglia: dove si diventa uomo


Il quarto polo della vita africana è costituito dalle chiuse e fitte maglie della vita familiare. La famiglia nasce dall'incrocio per alleanza tra i vari clan e lignaggi. Per alleanza s'intende un certo numero di accordi, contratti, convenzioni, regole ed obblighi che s'impongono a tutte le parti contraenti, sotto la guardia ed il controllo della società. Realtà come il matrimonio, la poligamia, l'iniziazione, l'escissione, nozioni come la libertà, la responsabilità, la colpevolezza, la solidarietà, non possono essere comprese in modo adeguato se non si prende cura di penetrare nei dedali dell'istituzione familiare africana.

Il ruolo essenziale della famiglia
Nell'odierna società africana in pieno mutamento, in cui le strutture familiari tradizionali attraversano una grave crisi, non si deve scordare tuttavia che la famiglia resta il luogo privilegiato in cui l'individuo raggiunge il suo fine umano nell'esercizio della sessualità, nell'esperienza della fecondità, nella pratica della solidarietà, nella condivisione delle responsabilità. Il ruolo della famiglia è così essenziale nella vita e nella crescita armoniosa dell'individuo in Africa che niente, nella religione o nel governo delle società, può veramente giungere a compimento senza tener conto di questa dimensione. I problemi che incontrano quotidianamente i cristiani in seno alla famiglia africana sono complessi, e talvolta anche insolubili.

Autorità, prestigio e manipolazione
Una certa nozione dell'autorità riconosciuta tradizionalmente ai capi di famiglia o di villaggio interferisce nella maniera in cui i cristiani africani considerano i responsabili religiosi, principalmente i vescovi, i sacerdoti, e, al di sopra di tutti, il papa. Nella misura in cui costoro sono aureolati dal prestigio della consacrazione divina, si è pronti a destinare loro una sottomissione totale e una deferenza che, talvolta, sfiora il culto. Così come non si mette in causa l'autorità e le decisioni dei genitori, ugualmente non si ricuseranno facilmente le prescrizioni e i decreti dei capi della Chiesa.. I "pastori" conducono, generalmente, dei "greggi" docili, poco inclini alla contestazione e alle polemiche. Donde il rischio per gli uni d'una facile manipolazione delle coscienze e dei comportamenti, e per gli altri di un'attitudine passiva e servile.
Malgrado gli aspetti positivi di servizio, di dialogo e di partecipazione che contiene, la concezione africana dell'autorità rivela i suoi limiti di fronte alla definizione evangelica dell'autorità. Il rispetto dell'autorità, della gerarchia, degli anziani e delle tradizioni può, in effetti, condurre la massa dei cristiani ad un letargo o ad una paralisi della vita ecclesiale.

L'eredità della vita: un dovere sociale
La procreazione è considerata come un dovere sacro dell'essere umano: la vita ricevuta deve essere trasmessa. Donde il dramma che costituisce per numerose famiglie la sterilità d'uno dei due congiunti. Piuttosto di subire l'ignominia di un'unione sterile, parecchi uomini preferiscono, con l'assenso della loro congiunta, prendere una seconda moglie per assicurare la posterità. Ciò è conforme alla mentalità tradizionale secondo cui la discendenza non deve essere interrotta.

Celibato, sterilità, aborto
Il celibato perpetuo come scelta di vita non poteva essere accettato. La sterilità rappresenta per le famiglie cristiane una prova spesso insuperabile che sfocia sia nel divorzio, sia nella poligamia. Se è vero che nel passato alcuni dei nostri popoli praticavano l'aborto in circostanze ben determinate (casi d'incesto o d'adulterio) e tolleravano l'infanticidio (tra i mosi del Burkina Faso si sopprimeva talvolta uno dei gemelli o dei bimbi nati con delle gravi malformazioni), è ugualmente vero che si continua a considerare la procreazione come un dovere sociale, e la fecondità come una benedizione.

Celibato: tabù sessuale imposto?
La maggior parte dei cristiani hanno difficoltà a comprendere la severità della Chiesa nei casi di unioni sterili. D'altra parte, il celibato sacerdotale e religioso, comunemente percepito come un'esigenza inerente all'esercizio e alla manipolazione del "sacro" cristiano, appare anche come un interdetto ed un tabù sessuale imposto a persone votate alle Divinità. Si può dunque affermare che il celibato sacerdotale e religioso è accettato dalla massa dei cattolici come una particolarità del culto, ma non è valorizzato nel suo profondo significato.

Le esigenze del matrimonio
Il sacramento del matrimonio e certe esigenze della Chiesa sono ugualmente fonte di problemi. Secondo la mentalità ereditata dal passato, tuttora viva, il matrimonio tradizionale è considerato da molti come il vero matrimonio, che non si basa semplicemente su un "sì" pronunciato da due partners, ma sulle trattative, le prestazioni (la dote!) e le alleanze concluse tra famiglie, con la benedizione degli avi, e dopo la verifica della fecondità dell'unione matrimoniale.

Matrimonio cattolico e problemi
Ne consegue l'inadeguatezza della cerimonia cattolica del matrimonio che, per una rilevante percentuale di cristiani, si celebra dopo 5, 10 o 15 anni di coabitazione. Questo alto numero di cattolici, che nei confronti delle leggi della Chiesa vivono in concubinato e sono perciò esclusi dai sacramenti, si considerano, al contrario, legittimamente impegnati nelle tappe dell'istituzione del matrimonio così come lo concepisce la società africana, un'istituzione in cui il ruolo della famiglia e della comunità è preponderante. In caso di difficoltà o di crisi, è alla famiglia e alla comunità che gli sposi ricorrono per trovare le soluzioni che prevengono le rotture. D'altra parte i bambini che nascono non appartengono ai soli genitori: gli zii, le zie, i nonni sono altrettanti padri e madri che hanno voce in capitolo e dunque la loro parte di responsabilità, nell'educazione e la scelta di vita dei loro parenti.