Accade forse nell'Ovest dell'Africa (in Sierra Leone per esempio), ma potrebbe anche essere in Africa centrale o nell'Est (Rwanda, Sudan, Somalia) : in un villaggio che sembra pacifico, i bambini giocano mentre le donne preparano il mais o il miglio, gli uomini si incontrano e parlano, qualche capra e alcune galline razzolano in libertà. Uno dei bambini tiene in mano il giocattolo che ha appena costruito : è un'elica fatta con un ramo e delle foglie, che il vento fa girare. Il bambino corre, spensierato, mentre altri lo seguono ridendo.
All'improvviso, gli uccelli si levano dal grande albero del villaggio. In una nuvola di polvere, numerosi veicoli fuoristrada arrivano rombando. Al loro apparire, gli abitanti del villaggio scappano, terrorizzati, in tutte le direzioni. Ma non abbastanza alla svelta, perché dalle jeep scendono soldati in tuta mimetica che, armati di kalachnikov e machete, inseguono tutti, adulti o bambini – feriscono o uccidono i primi, rapiscono gli altri. Il bambino che giocava con l'elica è catturato da un soldato, che sembra appena più anziano di lui. Il soldato lo prende e, con un colpo secco di machete, gli mozza un braccio. Poi, lasciando il bambino urlare di dolore e di spavento, continua il suo orrore su altre vittime sino a che, abbandonando il villaggio in fiamme e i pochi sopravvissuti, i soldati ripartono sui loro veicoli, portando via con loro un gruppo di prigionieri molto giovani.
Adesso, il bambino dal braccio mozzato si ritrova con altre reclute nel campo di addestramento di un misterioso esercito. Riescono a sopportare gli ordini rabbiosi di un ufficiale solo respirando i vapori delle droghe che gli somministrano altri bambini- soldato, appena un poco più induriti di loro.
Più tardi, in un villaggio, dei fuoristrada arrivano nuovamente in una nuvola di polvere.
I soldati ne scendono e inseguono gli abitanti impauriti. Un altro massacro inizia. Il
bambino dal braccio mozzato è adesso tra gli assalitori. Raggiunge e colpisce con
violenza una donna e si appresta ad ucciderla, un pugnale brandito nella mano, quando
di colpo il suo sguardo si ferma, stupefatto, sulla donna che pare anch'essa riconoscerlo,
incredula. Finora senza parole, i disegni fanno posto a queste parole: "Moussa è di
fronte a sua madre. Ritroverà la sua anima ?".
Questo non è il racconto di un brutto sogno. E' una storia a fumetti africana creata da due autori camerunesi. Moussa il bambino che gioca, il bambino dal braccio mozzato, il bambino-soldato, è un eroe molto speciale del fumetto africano. Più che un anti-eroe (come quelli di oggi nelle arti visive o letterarie) è un eroe in qualche modo impossibile, che rispecchia la difficoltà di questo continente a produrre un'immagine felice e "positiva" di sé stesso. Continente colpito più che ogni altro dall'AIDS, dalla grande povertà, da una urbanizzazione discriminante, da più di un decennio l'Africa è anche scossa dalla difficoltà di completare le trasformazioni democratiche.
L'Africa ha una identità continentale ricca di passato (quello dei regni, delle carovane,
delle diaspore) e, certo, una identità in divenire (come auspicherebbe la creazione nel
2001 dell'Unione Africana al posto dell'OUA), ma il suo presente in gran parte gli
sfugge.
Per incrinare e frammentare ancora più una immagine impossibile, l'Africa
conosce oggi i gravi effetti della destabilizzazione politica del dopo Guerra Fredda.
Si diffondono guerre e violenze delle quali si dice, per pigrizia intellettuale, che esprimono
conflitti etnici o religiosi creduti ancestrali.
Però, non sono gli "scarti differenziali" tra
lingue, culti o apparenze fisiche che provocano le guerre – ben al contrario, queste
differenze (infime rispetto all'unità della condizione umana) sono un dono degli Altri,
una varietà che permette di evitare la monotonia di ciò che è assolutamente omogeneo,
totalmente identico, e possono suscitare non l'odio ma "il sentimento di gratitudine e di
umiltà che ogni membro di una cultura può e deve provare per tutte le altre".
Ma le differenze sono schematizzate, trasformate in strumenti di conflitto o semplicemente
attizzate sottobanco da grandi potenze economiche e politiche del pianeta, nel tentativo
di controllare alcuni territori-chiave, o alla ricerca di monopoli su notevoli risorse in
petrolio, acqua, oro o diamanti, mentre le zone in guerra sono percorse senza ostacoli da
gruppi internazionali che cercano di sviluppare i mercati clandestini delle armi leggere e
della droga.
L'immagine dell'Africa è quindi confusa: l'esotismo nato nello sguardo dei primi esploratori e degli etnologi del XIX secolo oggi sfiorisce, perché gli Africani vogliono, quanto a loro, entrare nella modernità (della quale una moltitudine di vetrine e di schermi mostrano immagini allettanti) ma anche a causa di un rifiuto crescente, da parte del "primo mondo", delle regioni impoverite, in guerra ed economicamente deboli o "inutili". Dall'esotismo dei "selvaggi" di ieri al rifiuto degli indesiderabili di oggi, i giovani africani non possono avere la sensazione d'aver tratto benefici dal progresso.
E' questo che dicono – con tristezza, inquietudine ma spesso anche con umorismo – gli
autori del fumetto africano contemporaneo, alla ricerca di eroi impossibili tra i bambini
delle strade, i malati di AIDS, gli studenti senza futuro professionale e i naufraghi
dell'economia.
Qualche anno fa, lo stesso fumetto africano, certo meno abbondante di quello odierno, già dava un'idea di ciò che il Continente pensava di sé stesso, e offriva ben altre immagini del volto dell'Africa. Dai problemi legati allo sviluppo, all'urbanizzazione e alla povertà che tutti avevano allora in mente, nacquero due figure di un certo successo, Bingo e Goorgoorlou. Il primo, Bingo, apparso nel 1981 e il suo autore, Mongo Sisé (dell'ex-Zaïre, ora R.D.C.) hanno come riferimento Hergé (ci si ricorda di "Tintin au Congo"). Bingo è un giovane di un villaggio che tenta la sua fortuna nella grande città, dove incontra rapidamente una serie di disillusioni.
Descrivendo le condizioni di habitat precario delle famiglie rurali appena giunte in città,
la prima vicenda della serie mette all'indice i "mercanti di sonno" e denuncia il
mercato dell'impiego e le condizioni della sanità in città. In ultimo Bingo ritorna al
villaggio, dove la speranza di un impiego in una cooperativa agricola ben dà il tono,
ancora ottimista, degli anni '70. Bingo ci restituisce l'immagine della fascinazione e,
insieme, della critica dell'urbanizzazione che dominava questo periodo, e della fiducia
nello sviluppo rurale. Ce lo mostra anche un'altra delle sue vicende, del 1984, nel corso
della quale partecipa alla lotta contro la desertificazione condotta da una agenzia di
cooperazione internazionale. Complessivamente, è un eroe positivo, che concilia tutti
gli aspetti di un immaginario senza sorprese della vita africana contemporanea : è
rispettoso degli anziani e delle tradizioni del villaggio, è cosciente dei problemi del
Continente e vuole agire per risolverli !
Il personaggio che ricordo dal decennio successivo, a Dakar, è già molto diverso .
Goorgoorlou è un cittadino senegalese degli anni '90 che sembra essere sempre aver
vissuto in città, è pigro, brontolone, autoritario, approfittatore, ma soprattutto è un
"debrouillard", ossia uno "che si arrangia". Sebbene talvolta inganni la moglie
trattenendo i soldi destinati all'acquisto dei libri scolastici dei figli per concedersi un
buon pasto, è sempre alla ricerca di una soluzione per uscire dalla povertà - quantomeno
provvisoriamente. Soprattutto, è un contestatore, esplicitamente (per ciò che dice) e
implicitamente, per le situazioni che le sue brevi storie rivelano : la corruzione, la
politica, l'aiuto internazionale, niente gli sfugge, tutto è passato al vaglio del suo
sguardo ricco di umorismo e di ingenuità. In fondo, Goorgoorlou esprime un certo qual
senso civico, quello dei più poveri sempre alla ricerca di una più equa condivisione
delle ricchezze. E' certo figlio del proprio tempo, nella misura in cui l'Africa ha
conosciuto negli anni '90 uno slancio di democratizzazione e ha visto apparire numerosi
veicoli di libertà di espressione (molta stampa libera, moltitudine di piccoli partiti
politici), anche se l'alternanza politica (che è arrivata in Senegal nel 2000) è ben lontana
dall'essere la traduzione generale di questa mutazione in corso, oggi vissuta nel mezzo
di molteplici turbolenze.
Bingo, Goorgoorlou e Moussa sono tre successive espressioni della vita africana dagli
anni '70 ad oggi. In generale, e ben al di là di questi tre personaggi, il fumetto africano -
attraverso avventure tratte dalla quotidianità di un popolo coinvolto nella storia delle
città, dello sviluppo, della povertà e delle guerre - trasmette il messaggio del faticoso
emergere del soggetto, ossia di individui capaci di influire sul loro destino e su quello
del mondo che lo circonda. Da Bingo a Moussa, la prospettiva di questa libertà e di
questa azione verso la democrazia paiono anche allontanarsi. Perché Moussa il
bambino-soldato è la figura anche dell'Africa vittima, che dipende dall'aiuto esterno per
sopravvivere. A questa conclusione pessimista, si potrà forse opporre l'accresciuto
realismo del fumetto africano contemporaneo. Forse che la sua potenza evocatrice non
traduce un senso critico più forte che mai e una più elevata coscienza delle
responsabilità etiche e politiche degli artisti?
Michel Agier
École des Hautes Études (Parigi)