Una reciproca attrazione

I disegnatori di fumetti sono stati spesso attratti dal calore del sole africano, sotto il quale le loro matite hanno immaginato un continente di misteri, magie e avventure. Bourgeon, Hogarth, Swarte, Desorgher e Desberg, Hergé... Un giro in Africa è d'obbligo: sono state segnalate le presenze di Spirou, Michel Tanguy, Tintin, Tim Tyler, Phantom e altri. Visitatori frettolosi che consegneranno ai lettori europei un'immagine stereotipata del continente.

Reciprocamente, anche i disegnatori africani sono attratti dal linguaggio del fumetto europeo, e lo hanno ripreso in tutte le declinazioni della ligne claire e del realismo minuzioso. E non sempre nell'ambito di una rispondenza tra “scuola” e area geografica, come verrebbe da pensare, perché in Safari ya anga za juu il kenyano Anthony Mwangi cita l'Hergé di On a marché sur la Lune e Gado, che è nato a Dar es Salaam, riprende il tratto di Uderzo in Abunawasi; alla Réunion, David Bello guarda ai manga giapponesi nel suo Dragon Ball Z e Grégoire, in Ipso Facto, fa pensare al Brant Parker di The Wizard of Id.

Quale immagine dell'Africa possono offrire, ai lettori europei, queste storie che non sono destinate a noi? Presentando il fumetto africano nel Tempo e nello Spazio, verrà tracciata la sua storia, presentate alcune esperienze attuali più significative, e delineato un approccio interpretativo del fenomeno, secondo le sue proprietà cosmopolite. Esse devono essere messe in relazione con la modernità e la globalizzazione dell'immaginario.