Corsari e Pirati

Abbiamo lasciato per ultimo l'argomento che in realtà rappresenta la maggior causa di incontri delle popolazioni delle due sponde del Mediterraneo: la corsa. Attiva ben prima dei secoli che ci interessano, per quasi un millennio essa oppone in nome delle difesa della propria fede i due grandi blocchi in cui si articola il Mediterraneo, quello del nord cristiano e quello del sud musulmano.

Corsa come attività economica

Ma se questo è la corsa all'inizio, molto presto essa diventa una vera e propria attività economica, che spesso costituisce la principale risorsa dei governi soprattutto delle Reggenze e questo spiega la loro ostilità a rispettare la politica della Porta e la loro scarsa propensione a firmare accordi e tregue, che li privano di una sicura fonte di guadagno, e a concederli eventualmente per brevi periodi e previo pagamento di forti cifre.
Questo fatto sarebbe confermato anche da quanto scrive nel 1732 l'ambasciatore genovese a Londra alla Giunta del Traffico, suggerendo di fare un trattato di pace con gli Algerini per lo sviluppo del commercio verso i quali essi sarebbero ben disposti: secondo quanto da lui riferito le autorità algerine avrebbero affermato che l'essere in guerra con Genova non dava loro il minimo profitto “sendo loro ben cognito che non s'imbarcano in codesto porto i Genova mercanzie di qualche valuta se non sopra vascelli francesi et inglesi; per conseguenza non avendo gli Algerini veruna speranza di utilitarsi con le catture, il loro interesse richiedeva di cercar l'avanzamento del commercio” (1).

Le strategie della Corsa

Il meccanismo della corsa è piuttosto semplice: navi di solito a vela per i lunghi trasferimenti, ma fornite di remi usati soprattutto per le manovre di arrembaggio, spesso fornite di un certo numero di soldati a bordo, che intervengono ad arrembaggio avvenuto, solcano il mediterraneo con due obiettivi:

* sbarcare a terra, cogliendo di sorpresa gli abitanti delle coste, distruggendo e soprattutto portando via quante più persone e cose possibile (ma questo diventa sempre più difficile nel tempo dati i sistemi di avvistamento e di difesa messi in atto nelle zone costiere)(2),
* oppure accostare le navi mercantili, talvolta le piccole imbarcazioni presso la costa, chiederne la resa e, se non accettano, procedere all'arrembaggio, alla conquista della nave che poi viene portata con tutto il suo carico di marina, passeggeri e merci, nei porti di provenienza della nave corsara.

La divisione del bottino

Le prede vengono registrate e poi divise in modi diversi: generalmente una parte, la maggiore, al Reggente (dey, bey, pascià che fosse), una parte al capitano della nave e al suo equipaggio, una parte all'armatore della nave, che non sempre è il capitano, se lo è la sua parte sarà doppia. Le merci vengono il più delle volte rivendute in questi porti agli stessi europei che vi giungono per commerciare. La nave se in buone condizioni può essere rivenduta, ma il più spesso usata per ricavarne pezzi di ricambio per la manutenzione delle proprie navi.

La sorte degli schiavi

Gli schiavi finiscono per essere la merce più interessante: anch'essi divisi, alcuni allo stato, altri a privati, poche volte vengono inseriti in attività produttive, in questi paesi non c'è alcuna carenza di mano d'opera, anzi. Alcuni, i più forti e i più riottosi, vengono inviati a remare sulle navi dei rais, ed è questa certamente la sorte peggiore; ad altri, previo pagamento di somme di danaro, viene concesso di svolgere attività in proprio e guadagnare il denaro per il proprio riscatto; altri ancora sono venduti a privati, vanno a vivere nelle loro case e impiegati secondo le loro esigenze; altri, tra cui tutti quelli non in grado di lavorare, tra cui spesso donne e bambini, vivevano nei “bagni”, specie di grosse prigioni con stanzoni dove vivevano senza alcun conforto, quindici o sedici di loro, da cui però potevano entrare e uscire e presso cui prestavano la loro attività vari religiosi, Cappuccini, Lazzaristi, Trinitari, ordine fondato proprio con il compito di tentare il riscatto di questi prigionieri.

Il riscatto dei prigionieri

E proprio dal riscatto di questi prigionieri, spesso nobili, o di ricche famiglie, i reggenti si accorgono di ottenere il massimo guadagno, e proprio a questo mirano. In fondo, pur soggetti all'arbitrio dei loro proprietari, gli schiavi sono comunque una ricchezza, di cui si cerca di garantire la sopravvivenza e sono piuttosto gli stenti o le pestilenze a provocare un alto numero di morti piuttosto che la volontà dei loro padroni.
Dalla parte cristiana ovviamente ci si difende con non minore aggressività: navi da guerra vengono inviate a proteggere veri e propri convogli dal Mediterraneo orientale, e navi da guerra pattugliano il Mediterraneo facendo la corsa alle navi barbaresche che in genere sono navi da corsa, pochissime vere navi mercantili.

I Cavalieri di Malta: la polizia del mare

In particolare impegnata in questa azione è la temibile flotta dei cavalieri di Malta. Ma anche Genova si impegna in queste operazioni, presto concedendo a capitani che ne facciano richiesta la patente per andare in corsa e fornendo loro qualche soldato da avere a bordo. I prigionieri vengono portati nei porti, spesso venduti dove più servono, di solito imbarcati ai remi delle grandi galere, che ne hanno fino a tre o quattrocento, di cui però solo un terzo è costituito da schiavi, un terzo da condannati per i reati più vari (a Genova venivano spesso inviati galeotti dalla Repubblica di Lucca), e un terzo da buonavoglia, uomini liberi che venivano arruolati e pagati per questo servizio. Il riscatto non viene facilmente richiesto o accettato in quanto vietato dalle autorità religiose, se non in casi particolari di personaggi importanti, più spesso i prigionieri vengono scambiati con genovesi prigionieri. E man mano che le navi si trasformano e la Repubblica ha un numero sempre minore di grosse navi proprie il bisogno di questi schiavi diminuisce: non potendo riscattarli, diventano un peso, specie quando sono vecchi e ormai privi di forze.

1) La relazione si trova nell'Archivio di Stato di Genova, sotto la collocazione Giunta di Marina 30.