Le navi e il mare: traffici e commerci

Abbiamo presentato le strutture politiche che interagiscono tra loro, affacciate sul Mediterraneo occidentale. Vediamo in che cosa si concretizzano queste interazioni e come le vivano gli uomini, la gente che rappresenta queste strutture, che ci vive dentro, la maggior parte in posizione subalterna.
Gente che, senza aver per nulla pesato nelle decisioni e nelle scelte politiche, si trova a viverne la realtà e a subirne le conseguenze. Il mare è il veicolo attraverso cui avvengono questi scambi: un mare che nemmeno nell'antichità aveva costituito una barriera insormontabile, e che agli inizi del periodo che ci interessa presenta forti caratteristiche di omogeneità tra le culture delle popolazioni che vi si affacciano (1).

I commerci con le autorità ottomane

Il commercio è la molla che mantiene vivi i contatti tra Genova, l'Impero Ottomano e le coste della Barberia, anche nei momenti più difficili.
Nel Mediterraneo orientale sono spesso grandi navi come le galere, con portata fino ad alcune centinaia di tonnellate, spinte da centinaia di rematori, che si spingono nel Levante, di solito a Smirne, tornando cariche di seta e prodotti pregiati. Le spese notevolissime di queste spedizioni sono pagate da gruppi di mercanti, appartenenti alle grandi famiglie, che si associano a questo scopo dividendosi rischi e guadagni. Ognuno di questi viaggi viene preparato con accordi con le autorità ottomane, doni a personalità di cui è bene mantenere la benevolenza, informazioni sulla situazione del commercio in Oriente, sulle condizioni della corsa, tutto quello che sembra necessario per creare una certa sicurezza del viaggio.

I commerci con la Barberia

Con la Barberia il commercio viene esercitato normalmente da navi molto più piccole, tartane, feluche, pinchi, polacche, a vela, guidate da capitani che generalmente non ne sono i padroni. All'inizio per lo più genovesi con navi battenti bandiera genovese, più tardi, dalla metà del Settecento, da capitani stranieri con bandiere francesi, ragusee, e del nord Europa, Olanda. I commerci si svolgevano con continuità, tranne nei mesi invernali in cui la navigazione era sconsigliata e in cui la traversata del Mediterraneo era ritenuta più pericolosa e la si faceva più raramente. La navigazione invernale era, di fatto, più sicura sul piano della corsa, perché in genere, in questo periodo, i corsari ricoveravano le loro navi nei porti e provvedevano alla manutenzione.

I nomi delle navi: bisogno di protezione

I nomi di queste navi rivelano le paure e i rischi dei marinai, la loro fede e la speranza di una protezione dall'alto: per tutto il Seicento ed oltre queste navi hanno nomi di santi, San Francesco, Sant'Antonio, San Giovanni Battista, San Bonaventura, San Pietro e Paolo e così via. Oppure sono dedicate alla Madonna, la Nunziata per esempio, ma quasi tutte alla Madonna si rivolgono con Nostra Signora. Spesso dal nome come della nave si può capirne la provenienza: se molti veneziani hanno navi che si chiamano “Nostra Signora della Salute”o San Marco, tra le navi genovesi si trova più facilmente “Nostra Signora delle Vigne”, “Nostra Signora della guardia” o San Lorenzo. Le contemporanee navi inglesi o fiamminghe che arrivano in porto hanno altri nomi più laici: la Forza, il Leon rosso, il Sole dorato, Borea, Genua. Solo verso la fine del Settecento anche le nostre navi cominciano, in parte, a cambiare i loro nomi: La Pace, L'Aurora, la maggior parte portano nomi di donne, Sara, Elisabetta, Marta; una si chiama addirittura “La bella tunisina”.

Viaggi perigliosi

Le navi partono dai porti del Marocco, dell'Algeria, ma soprattutto della Tunisia, e, viaggiando senza scalo o seguendo rotte diverse che possono piegare verso la Spagna e la Corsica oppure verso la Sicilia e la Toscana, dove vengono di solito fatte tappe intermedie, arrivano nel porto di Genova.
La durata del viaggio può variare da una settimana fino uno o due mesi. Tante sono le variabili che influiscono su questi viaggi: prima di tutto i venti, una situazione di bonaccia prolungata può immobilizzare la nave per lunghi periodi, poi la quantità di scali in cui vanno scaricate le merci, gli incidenti più vari che possono capitare all'attrezzatura della nave, dalle vele agli alberi, o ai marinai, e gli imprevisti legati alla corsa che infesta il Mediterraneo.

1) Si veda l'ormai classico volume di F. BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II , Torino 1976.