Le merci che vengono imbarcate sulle coste africane sono soprattutto grani, lane, coperte, pelli e cuoi, olio, sale, datteri, di produzione locale, talvolta vi vengono imbarcate merci giunte in questi porti provenienti da oriente, dal nord Europa e talvolta dalle Americhe, come per esempio tabacco. Presente spesso il “cuscus”portato a Genova come cibo per i prigionieri barbareschi. Da un esame dei registri della Sanità per questi due secoli risulta che quasi tutte le navi caricano, in esclusiva o accanto ad altre merci, grano, ma a volte in quantità minime rispetto a quella che è la reale portata della nave: quantificare la quantità di grano che viene esportata dai porti nord-africani diventa impossibile, perché dai documenti genovesi non è possibile conoscere le quantità sbarcate prima di arrivare a Genova, in Sicilia, per esempio, o in Corsica, e soprattutto in Spagna dove molte famiglie genovesi risiedono e hanno forti interessi, e neppure è chiaro se quei grani sono tutti di produzione locale.
Il commercio dei grani assume a Genova un'importanza notevole, perché oltre ai vari commercianti privati esiste un Magistrato dell'Abbondanza, che probabilmente costituisce la più grossa impresa del settore, nei cui magazzini giacciono sempre grandi quantità di grani (vere e proprie scorte in caso di carestie, allora non infrequenti), che devono ovviamente essere continuamente rivendute e ripristinate: tuttavia secondo i registri tenuti da questa magistratura, la percentuale di grani provenienti dalla Barberia rispetto al totale è molto bassa, in alcuni anni non tocca neppure l'1%.
Questi continui scambi avvengono in realtà politiche perennemente perturbate, in cui le tregue sono piuttosto rare e brevi e non generalizzate, data l'autonomia delle Reggenze da Costantinopoli e tuttavia, pur tra periodi più critici, documentati dalle continue lamentele dei singoli alle autorità, proseguono senza soste. La loro organizzazione prevede rapporti tra le due sponde del Mediterraneo, rapporti, che in genere sono più facili a Tunisi piuttosto che ad Algeri, sono più facili in certi periodi piuttosto che in altri, ma che esistono quasi sempre e sono in genere continui: molti genovesi risiedono in questi porti, o vi hanno comunque rappresentanti, persone di fiducia, talvolta ebrei, spesso di nazionalità europee più ben viste: non dobbiamo dimenticare che sotto un'apparente neutralità Genova era fortemente legata alla Spagna e che la Spagna per molto tempo ha rappresentato il principale nemico del mondo islamico, la bandiera del mondo c ristiano, e che mentre la Francia ed altri paesi, per esempio l'Olanda o l'Inghilterra, avevano firmato Capitolazioni con i potentati ottomani, e pagavano tributi annui per non essere attaccate, questo non accade per la Spagna.
A Tunisi la
Repubblica avrà un suo console Gio. Angelo Bogo, per trentaquattro anni (1711-1745 ). A Mogador
in Marocco, verso la fine del Settecento, la rappresentano per breve tempo i due fratelli Chiappe, in primo
luogo però consoli di Venezia.
Da questi residenti arrivano la maggior parte delle informazioni necessarie al governo, ma anche ai singoli
mercanti e marinai, per non trovarsi di fronte a situazioni insostenibili. Altre informazioni giungono da altri
europei presenti costantemente in Barberia, cioè i religiosi, il più spesso cappuccini o appartenenti agli ordini
redentoristi, Mercenari e Trinitari (1), che più che a portare avanti un'opera di evangelizzazione quanto
mai improbabile, assistevano i Cristiani ivi residenti e soprattutto prestavano la loro opera nei “bagni” dove
vivevano le migliaia di prigionieri. Altre ancora sono portate proprio dai capitani delle navi mercantili che spesso
tornano in quei porti decine di volte, e vi hanno amici, conoscenti e sono in grado di fornire anche informazioni
sulla sicurezza delle rotte.
Tutti questi traffici avvengono ovviamente con l'approvazione e spesso l'appoggio dei vari dey o bey delle
reggenze, che da essi ottengono benefici economici proporzionali al loro volume e doni vari (2) e
quindi tendono a favorirli. I traffici sono estremamente complessi e toccano non solo Genova e i porti della
Barberia, ma anche molte altre nazioni, soprattutto la Francia, la Spagna, la Sicilia, la Corsica, dove vivono
e commerciano famiglie genovesi.
In qualche caso si verificano incidenti, per la malafede o l'imprevidenza di qualche mercante, con ripercussioni
anche politiche. E' questo il caso dello sfruttamento delle saline di Gergis, in Tunisia. Il genovese
Cavagnaro fonda una società con Ottone Baghelaar, console a Genova, la quale società firma nel 1716
un contratto con il Magistrato del sale impegnandosi a fornire per otto anni 12.500 mine annue di sale,
che avrebbero dovuto rifornire il Ducato di Milano; il contratto sarebbe stato poi nel 1720 prolungato
a sedici anni: a tutto il 1721 furono consegnate 36.501 mine da parte di Cavagnaro e altrettante da parte
di Baghelaar. A Tunisi la società ha come agente Pietro Berio che tratta con il mercante Gaspare Bourguet,
che svolge funzioni di rappresentante della Francia, il quale anzi, secondo quanto egli stesso afferma,
diventa socio per un terzo della società. E' lui che, facendo doni e sfruttando le sue conoscenze personali,
e pagando personalmente in attesa di essere rimborsato per due terzi dai suoi soci, tratta con il Casnadar
Mamud e con il Bey la questione, ottiene i necessari permessi e firma un contratto impegnandosi ad estrarre
il sale per un certo numero di anni.
Ad un certo punto però il sale che continua ad arrivare a Genova con navi genovesi e francesi non viene più accettato
dalle autorità, Cavagnaro e Baghelaar non pagano più le spese che sono state sostenute dal Bourguet e non comprano
più il sale di Gergis. Il Bourguet li denuncia, ma cosa più grave il Bey si infuria per l'interruzione di quel commercio e per
le lamentele del Bourguet. I rapporti con la Francia, in questo periodo, sono molto buoni e la rivalità tra Francia e Genova
si è già spesso manifestata e già da molto i Francesi cercano di sostituirsi ai Genovesi a Tabarca.
Le autorità genovesi,
informate dal loro console a Tunisi Bogo e da altri nazionali provenienti da Tunisi e investite della questione, non si rendono
conto della pericolosità della situazione, tirano per anni a discutere, a passare la pratica tra la Giunta di marina, il Banco
di San Giorgio, il Magistrato del sale, senza rimborsare il Borguet, che farà bloccare dal Bey a Tunisi il carico di lana di
un altro commerciante genovese a Tunisi, Grondona. In una memoria il Magistrato del sale dirà che il sale di Gergis gli
veniva rifiutato dagli acquirenti, ma tra i documenti fa capolino l'ipotesi che in realtà Cavagnaro e Baghelaar avessero
intenzione di spostare il loro commercio da Gergis a Zuara, in Tripolitania.
Il commercio non sarà più ripreso. Il bey
Hussein minaccia a più riprese Tabarca. Certo è un piccolo episodio, ma si inserisce in un clima poco favorevole a
Tabarca, presa di mira da Francia, Inghilterra Austria, e non aiuta certo a migliorarlo: pochi anni dopo Tabarca subirà
l'attacco del governo tunisino.
1) Così chiamati perché i loro ordini nascono proprio per la liberazione: redenzione dei cristiani prigionieri nelle Reggenze.
2) In una lettera inviata nel 1758 dal provicario apostolico di Algeri al console genovese a Livorno si citano i doni inviati da un messo imperiale al Reggente di Algeri: "due orologi d'oro a ripetizione, uno dei quali è tempestato di diamanti…un anello del valore di 800 zecchini, dei Caffettani d'oro e dei drappi dei più fini" . Lo stesso - dice la lettera - è stato fatto con gli altri maggiorenti, in proporzione alla loro importanza. Al bey di Tunisi impegnato in un commercio di sali un mercante regala una carrozza fatta costruire e venire dall'Italia.