L'arrivo del sovrano


I proverbi tamburinati

Il tamburo regale (kenian kpili) e gli altri tamburi dell'orchestra cominciano a risuonare per annunciare l'arrivo del sovrano nel cortile. Un tempo il suono di questo tamburo incuteva terrore.
Annunciava allusivamente che gli schiavi stavano per essere immolati (1).
Oggi, in quel preciso momento, il kenian kpili, con un linguaggio “tamburinato” riservato ad una piccola élite di iniziati (2), canta le lodi del capo. Il suono del tamburo trasmette dei proverbi dei proverbi. Eccone alcuni:

kongodua baladjo baladjo bo ke mofala: Kongudua (3) arriva per portar via i bambini.
Allusione alla potenza e al potere del capo: tutto gli appartiene, uomini e cose. Può disporre di tutto a suo piacere.
funundumu bu akuma : l'albero di caucciù spacca la scure.
Se si guarda la persona del capo questa sembra debole, senza reale potere.
Esternamente il capo è come tutti gli altri uomini, a volte può sembrare ancora più debole degli altri. Come l'albero di caucciù che è floscio. Tuttavia racchiude in sé una forza insospettata: ha la forza di rompere l'accetta, che è di ferro. E' lo stesso per il capo. La sua forza e il suo potere possono fare tutto, può abbattere e imporsi agli uomini che si considerano i più forti.
akokonan bètè betè uye abè: la larva divora la palma.
Akokonan è una larva della palma. E' bianca e lunga circa cinque centimetri. Il suo corpo è molto molle. Questo motto vuole contrapporre la debolezza e la piccolezza della larva e il lavoro che riesce a fare. Pur apparendo sprovvista di forza, riesce ad attaccare la palma e rovinarla.
Questo proverbio ha lo stesso significato del precedente. Il re sembra un uomo qualsiasi, ma ha il potere d'imporre la sua volontà a chiunque e farsi obbedire.

L'entrata del sovrano

Mentre queste massime sono tambureggiate, il sovrano entra nel cortile, accompagnato dai suoi notabili e dal suo seguito.
Egli indossa un abbigliamento riservato alle grandi circostanze. Avvolto in un kita (4), ha per l'occasione i suoi migliori ornamenti e tutte le insegne del potere. In testa una corona di stoffa cosparsa di stelle dorate. Alle dita due grossi anelli, un bracciale al polso destro e una lunga catena che termina con un vistoso gioiello che cade sul petto. Ha sandali dorati ai piedi. Gli informatori assicurano che tutti questi gioielli sono d'oro (5).
Il sovrano si siede sul trono. E' attorniato dai suoi notabili. Al suo fianco sono seduti due capi villaggio che dipendono dalla chefferie di Guiendé. Ognuno ha il suo kiame, il suo portaparola, che tiene un kpomaa, o scettro del potere. Uno di questi termina con un porcospino e un piccolo ceppo. I due simboli alludono a questo proverbio:
pènzè o te kpili bakaa wuruwaa i ti o: il porcospino può crescere grazie alla legna secca della foresta.
Il porcospino non può né vivere né diventare grande senza fare continuamente ricorso ai ceppi di legna secca. Ne ha bisogno per nascondersi, per proteggersi, per dormire. I due vivono strettamente in simbiosi. Tutto ciò si può applicare al capo che detiene lo scettro.
La grandezza di questo capo e tutto il suo potere derivano dal capo di Guiendé. E' forte è grande, in una parola può esistere, grazie alla sua unione con il capo di Guiendé. Senza di lui non potrebbe né esistere né esercitare i suoi poteri.

L'orchestra dei tamburi

L'entrata del capo nel cortile è annunciata e preceduta dal kenian kpili, il grande tamburo regale, che inizia a risuonare, accompagnato da tutta la sua orchestra.
Il kenian kpili non si suona mai da solo. E' sempre accompagnato da una serie di strumenti la maggior parte dei quali sono tamburi a membrana (6).

Composizione dei tamburi e il loro linguaggio

Questi tamburi sono composti da una cassa ovoidale che serve da risonatore, la cui base è aperta. La parte superiore è ricoperta da una membrana tesa. I bordi della pelle sono avvolti attorno ad un cerchio che è sottomesso ad una trazione per mezzo di pioli in legno conficcati a colpi di mazza. La tensione può essere regolata direttamente conficcando più o meno i pioli nella cassa.
I tamburi sono suonati sia a mano, con le palme, i pugni, le punte delle dita, sia con delle bacchette. Il linguaggio tamburinato è basato su una serie irregolare di percussioni che si distinguono tra loro a causa del contrasto delle altezze e dell'intensità dei toni, sia a causa delle diverse combinazioni ritmiche.

Gli strumenti dell'orchestra

Ecco un breve cenno degli strumenti che compongono questa orchestra (7).

il kenian kpili

il grande tamburo regale riservato ai capi superiori. Un semplice capo villaggio non ha diritto di possederlo. Può essere suonato solo in presenza del sovrano e in suo onore.
E' lungo circa un metro e mezzo e largo 60-70 centimetri. La sua cassa è intagliata in un tronco d'albero legnoso e flessibile chiamato ewunde. E' molto spesso decorato con motivi zoomorfi, antropomorfi, o geometrici. Questo tamburo è suonato sia con la mano, sia con dei tokorè, (forche di legno).
All'interno o all'esterno di questo tamburo possono essere appesi dei teschi o delle mascelle di re vinti in guerra. Si può vedere ciò, per esempio, sul tamburo regale della corte del re abron d'Hérebo.

I due atumgbalan

I due tamburi hanno registri diversi. Uno maschile con suono grave, l'altro femminile con suono più acuto. Ambedue sono suonati con bacchette biforcute chiamate tokorè. Questi tamburi sono anche utilizzati per chiamare la gente in foresta. Si inviano, a questo scopo, messaggi allusivi legati ai soprannomi delle persone.

Il tamburo kininzini

Come indica il suo nome ashanti, è un tamburo corto, al contrario del kenian kpili, che è un grande tamburo. Il kininzini si appende alla spalla e si batte con due forche di legno.

Il tamburo pantera: kekere kenian

Questo tamburo è utilizzato raramente. Viene usato soltanto nelle grandi occasioni, come, per esempio, la festa dell'igname. Gli informatori assicurano che questo tamburo è ricoperto con una pelle di pantera, mentre gli altri sono ricoperti con una pelle di cerva. Prima di suonarlo si spalma la pelle con una polvere d'osso (8). E' suonato, in seguito, con un piccolo tokorè arcuato che si batte sulla membrana.
Gli abitanti dei villaggi dicono che questo tamburo incute paura perché il suo suono assomiglia al ruggito della pantera. Questo tamburo non c'è presso gli Abron e i Bona. Lo si ritrova in diverse regioni africane, con il nome di tamburo leopardo.

Il tamburo a clessidra: dondo

Un tamburo a due membrane. E' composto da una cassa strettissima di mezza altezza, e ha l'aspetto di una clessidra. La cassa è generalmente intagliata in un tronco d'albero. Questo tamburo è sospeso alle spalle. Viene suonato con delle bacchette arcuate tenute sotto le ascelle e le braccia, facendo pressione sui legacci che collegano i due cerchi per modulare i toni.

Le campanelle: adaua

Una specie di campana di ferro appiattita e senza batacchio che si suona con un'asta di ferro o una bacchetta di legno.

Sembra che una volta questa orchestra fosse completata con un ulteriore strumento: un piccolo tamburo chiamato penendelin. Oggi non si usa più. Come sostiene Tano Brouh:
“Una volta quando gli uomini erano riuniti attorno a qualche anfora di vino di palma veniva usato per recitare i proverbi o scherzare. Veniva passato di mano in mano e ognuno si manifestava”. (9)



1) Cf, per esempio, il racconto di Bowdich che assicura che durante questa festa a Koumasi almeno un centinaio di persone sono sacrificate nei diversi quartieri della città. La sua testimonianza risale al 1817. Un centinaio di anni più tardi, Rattray, facendo riferimento ad una testimonianza di un ashanti che aveva assistito e preso parte personalmente alle cerimonie della festa (an ashanti eywitness and important actor in many such ceremonies), racconta dettagliatamente come cadevano le teste degli schiavi, in onore dei re defunti, il giorno della cerimonia d'Odwira. R. S. RATTRAY, Religion and Art in Ashanti, nuova edizione, Oxford, 1967, 125 e 127.
Cf anche: K. AKA e C.H. PERROT, la fete de l'igname à Arrah, Annales de l'université d'Abidjan, Histoire, Tome 1, série 1, 114.
2) Ben pochi conoscono al giorno d'oggi la lingua tambureggiata che utilizza sovente l'ashanti o l'anyi arcaico. Questa lingua, questa parola degli antenati pietrificata, è uno dei mezzi per trasmettere la tradizione orale. Si tratta molto spesso di simboli che rievocano il ricordo di un antenato celebre per le sue imprese, le sue parole. A volte, può anche ricordare avvenimenti accaduti nella storia del popolo, Cf. A. BROU TANOH, La tradition orale chez les Agni Ahali du Moronou, cit. 47.
3) Il termine kongodua ricorda un essere mitico ai quali i genitori ricorrono per spaventare i bambini. Il termine è composto da kongo (foresta, in diula) e dua, termine ashanti che significa legna. Dunque: legna dei campi, cioè maschera che viene dalla foresta. Infatti kongodua è anche il nome di una maschera che si metteva per camuffarsi in questo essere leggendario e spaventare i bambini. Ma abitualmente il metodo utilizzato era più semplice. Ci si nascondeva in qualche posto prendendo una grossa zucca rovesciata. Dopo aver spalmato di olio di palma mescolato a cenere, le dita della mano, si passavano sulla zucca. La zucca funzionava come cassa di risonanza e il rumore sembrava il ruggito della pantera. I bambini, udendo questi versi, pensavano che kongodua stesse arrivando. Poiché una volta c'erano delle bestie feroci che giravano attorno al villaggio, si utilizzava questo metodo per impedire ai bambini di allontanarsi dal villaggio.
4) Manto tradizionale tessuto a mano con bande multicolori.
5) A Koun Abronso e a Koun Banua, si è avuta l'occasione, dopo le cerimonie della festa, di vedere esposti questi gioielli. Gli anelli e i braccialetti erano veramente d'oro. Questi oggetti fanno parte del tesoro ereditato dagli antenati. Si possono trovare degli anelli incisi con il nome del re. Nel 1977 il capo dei Bona samo di Koun Abronso, ci ha offerto uno di questi anelli.
6) Sembra che, sia presso gli Abron, sia presso i Bona non si trovino tamburi fatti solo di legno, sprovvisti di pelle. Per una descrizione dettagliata dei diversi tipi di tamburi si può consultare le Dctionnaire des civilisations Africaines, Paris 1968, 398-401.
7) Per un inventario particolareggiato dei tamburi abron-koulango vedere B. KOUASSI KOUMAN, Le chant et la musique dans la culture et la vie sociale des Abron- Koulango, Paris 1983, 120 et ss.
8) Si bruciano ossa di animali, e in seguito si pestano fino a ridurli in polvere.
9) A.BROU TANOH, La tradition orale...,cit.1967, 2, 8.