Il rituale


La partenza del corteo verso la sorgente

Il momento della partenza è arrivato. Si andrà tutti insieme alla sorgente per accompagnare il sovrano. E' là che avrà luogo la prima parte delle cerimonie: purificazione della persona del sovrano, dei suoi feticci, del seggio degli antenati, del popolo (1).

L'ordine del corteo

L'ordine del corteo non segue regole precise. Ecco come si presentava nel 1973. Davanti tre ragazzi che suonano i tamburi. Subito dietro, tre ragazze con tre bacili vuoti, accompagnate da sette ragazzi portatori di koto(2), code di elefanti e di éhoto(3), sciabole ornamentali. Al centro, due ragazze con i semina e l'altra con il seggio degli antenati. Sono sotto un parasole e saranno guidate dal kala famian (4), il primo notabile. Dietro, le donne con i bacili di cui si è parlato precedentemente. Seguono nell'ordine, il gruppo dei guaritori con l'abbigliamento rituale bianco, le donne che hanno partorito dei gemelli, i gemelli e le gemelle vestiti di bianco.
Per ultimo, il sovrano seduto sulla monga, l'amaca regale, portata da otto ragazzi “dai muscoli d'acciaio”.
E' in questo modo che sarà condotto alla sorgente, protetto da un parasole. Attorno a lui, altri due capi villaggio lo scortano. Proprio davanti all'amaca, un ragazzino porta sulla testa la sedia dorata sulla quale il sovrano si sederà quando arriverà alla sorgente. Dietro e davanti al sovrano la folla.

La sorgente sacra: Boromiso

La sorgente si trova fuori dal villaggio, a circa un km. E' proprio di fianco alla strada che porta a Bondoukou .
Dalla strada principale si prende un sentiero lungo un centinaio di metri che conduce all'interno della boscaglia. All'inizio del sentiero, una radura, un po' più in basso, in mezzo a dei cespugli, la sorgente.
Per arrivarci bisogna avventurarsi in un piccolo e stretto sentiero ottenuto dopo aver estirpato un groviglio di cespugli. La sorgente si trova in fondo ad una specie di grande buco. L'acqua non è abbondante ma scaturisce naturalmente dalla terra: è fresca, pulita, chiara (5).

Le proprietà dell'acqua

La sua acqua ha delle qualità particolarmente benefiche. Per esempio è un potente rimedio contro la sterilità. Le donne vengono a lavare il viso dei loro bambini per preservarli da influenze malefiche, da disgrazie, da malattie.
Le donne gravide vengono a fare delle abluzioni per poter partorire senza difficoltà. Se il parto si presenta difficile, i mariti vengono ad implorare i geni della sorgente promettendo loro un montone, un capretto, o altre offerte perché la sposa possa portare a termine il parto.
La sorgente è protetta e attorniata da geni che hanno i loro divieti. C'è, per esempio, un giorno fisso della settimana in cui le donne non possono recarsi alla sorgente. Se lo facessero, i geni potrebbero apparire loro sotto forme diverse.
Esse potrebbero, per esempio, udire voci misteriose senza sapere da dove provengano, e senza vedere nessuno. Oppure, incontrare un pesce sotto forme bizzarre, o essere morse da un serpente.
Tutto ciò è solo un avvertimento dei geni che non vogliono essere disturbati in questo giorno vietato che ritorna periodicamente ogni sei e si chiama Ghinigo (koulango).

I pesci sacri

Nella sorgente vivono dei pesci che mai nessuno ha osato né uccidere né mangiare. A questo proposito c'è un racconto.
Ecco come è stato trasmesso, in “un francese africano”.
I pesci della sorgente sono sacri. Nessuno può toccarli. Una donna straniera arriva al villaggio. Viene avvertita che i pesci non si possono mangiare. Lei si sente coraggiosa, vuole prendere i pesci. Va a cercare i pesci alla sorgente. Ne prende due o tre. Tre giorni dopo si ammala, una specie di vaiolo. Tutto il suo corpo è coperto di bollicine. Poiché lei non aveva mangiato i pesci ma li aveva conservati perde tutto il suo coraggio. Prende i pesci e li mostra a tutti.: “Ecco, non li ho mangiati, li getterò nel fiume”. Li getta e il giorno dopo guarisce. Allora tutti dicono che i pesci sono veramente sacri e non devono assolutamente essere mangiati. Da quel giorno, mai nessuno ha più toccato questi pesci.

Tentativo di interpretazione

Messo da parte l'inverosimile (i pesci ancora vivi dopo tre giorni), questo racconto, questa storia è interessante per più motivi.
La descrizione è chiara ed è la struttura portante di buona parte dei racconti di questo genere. Gli elementi principali possono essere così raggruppati:

presentazione di un divieto
violazione di questo divieto
conseguenze
ripristino del divieto
scomparsa degli effetti
rafforzamento del divieto

L'infrazione di un divieto, cioè di una norma stabilita dagli antenati, procura delle gravi conseguenze a chi trasgredisce volontariamente questa interdizione, disprezzandola, ridicolizzandola o più semplicemente, non volendo sottomettervisi.
Se il disprezzo è grave o se la legge violata è importante, le conseguenze possono essere irreparabili e a volte ricadere su tutto il gruppo al quale appartiene il trasgressore. (6)

Ristabilire l'ordine primordiale

Non è il caso di questo racconto. Qui c'è una possibilità di “redenzione”, una possibilità di neutralizzare gli effetti negativi, di ristabilire l'ordine infranto, riconoscendo pubblicamente l'errore. Ristabilito l'ordine, scompaiono le conseguenze e il divieto acquisisce un supplemento di credibilità e di sacralità agli occhi di tutti. Ormai è inviolabile.
Dal punto di vista stilistico si può rimarcare la simmetria e il parallelismo della composizione del racconto.
Ad una prima lettura, si potrebbe parlare di una struttura circolare. L'introduzione mette in evidenza un divieto che ritorna alla fine del racconto.
Si parla di un divieto e si ritorna allo stesso divieto.

Un racconto a spirale

Ma se si osserva attentamente, ci si accorge che la struttura è piuttosto a spirale, e non circolare. Tra i due divieti c'è una differenza di qualità. All'inizio il divieto si presenta come assoluto, ma, infatti è vulnerabile. La donna può prendere i pesci.
Alla fine del racconto il divieto diviene più stretto che mai, quasi invulnerabile. Acquisisce una nuova sacralità.
Il timore si è instaurato: nessuno oserà più toccare i pesci.
Il racconto presenta un duplice movimento. Il primo dominato dalla donna, il secondo dai geni, invisibili, ma onnipresenti.
Nel primo movimento ascendente, la donna pensa di riuscire, prende i pesci credendosi più forte dei geni. Lancia loro una sfida.
Nel secondo movimento sono i geni che hanno successo, che ristabiliscono la verità e l'ordine delle cose. La sfida è stata ricevuta, il combattimento iniziato, il risultato ottenuto.

Non si può violare un divieto impunemente

Nei racconti di questo genere (7) l'insuccesso finale è già iscritto nella riuscita iniziale. Chi ascolta il racconto sa sin dall'inizio che l'avventura non potrà terminare che in un solo modo: non si può lottare impunemente contro le divinità.
La sconfitta è alla radice stessa del processo. I giochi si fanno sin dall'inizio. La violazione di un divieto non può che essere funesta.
Non si lotta contro le forze che fanno da mediazione tra l'uomo e la divinità. Questo genere di tour de force non potrà che condurre all'insuccesso.
L'uomo non può né deve sottrarsi all'ordine stabilito. Se si avventura in questo campo lo fa a suo rischio.

IL BOSCHETTO SACRO

Ad alcuni metri dalla sorgente si trova uno spiazzo pulito qualche giorno prima. E' una specie di radura circondata da alberi e cespugli.
Al centro un albero maestoso. Il basamento dell'albero può essere considerato un “altare permanente”. Si vedono resti di vecchi sacrifici, ossa, uova , banane, arachidi, frantumi di giare, ecc…
Questi boschetti sacri si trovano in parecchi villaggi. Le caratteristiche principali sono le seguenti:

un albero feticcio (8) all'interno del boschetto con il suo altare permanente;
pesci sacri che nessuno mai pesca; (9)
il luogo è dovuto al caso. Non è stato preparato artificialmente dall'uomo.
L'uomo si è accontentato di ritoccare un po' l'opera della natura, sistemando e pulendo il luogo per l'occasione.
Ma la crescita dei vegetali e la varietà della loro specie è un fatto naturale.

E' in fondo a questo boschetto che il sovrano si colloca al suo arrivo. Al suo fianco, seduto sotto un parsole, un ragazzo gli fa vento sul viso, con una coda di elefante. Attorno ci sono i suoi notabili.



1) In parecchi villaggi questa prima parte della cerimonia non si fa più. Le cerimonie della sorgente, oltre a Guiendé, si possono ancora vedere a Broukro (villaggio di cui abbiamo già visto i legami con Guiendé), Assindi (villaggio del gruppo dengaso), Ndakro (villaggio abradè).
In altri villaggi, per esempio Koun Abronso, Koun Fao e Koun Banoua (questi due villaggi sono assuadiè), non si conduce più il sovrano alla sorgente. Ma ciò è un fatto recente. In questi villaggi un'anziana abuluwaa purifica la Famian in un angolo del cortile prima di fare il sacrificio agli antenati. In seguito ella passa ad aspergere il popolo.
2) La funzione dei giovani portatori di koto e di èhoto dovrebbe essere quella di liberare simbolicamente il cammino al sovrano, di renderlo sicuro. Se egli, mentre si reca alla sorgente dovesse vedere l'igname, morirebbe. Lo stesso rituale è seguito quando il sovrano si sposta o si reca alle piantagioni. Alcuni giovani lo precedono sempre per “liberargli il cammino”. Se trovano dei nuovi tuberi sul sentiero, li nascondono prima che il sovrano li veda.
3) Queste sciabole sono oggetti ornamentali e fanno parte delle ragalie del potere. Hanno la lama traforata con motivi geometrici e il manico con due sfere ricoperte con una foglia d'oro. Sovente rappresentano dei proverbi.
4) Questo personaggio occupa un posto molto importante nello svolgimento delle cerimonie, sia alla sorgente, sia nel cortile. E' sempre a fianco del sovrano e ne ripete gli stessi gesti al suo seguito. Questo notabile è “l'anima del sovrano”, è il suo kala. Le funzioni importanti esercitate non possono, tuttavia, nascondere le sue origini servili.
5) Contrariamente ad altri luoghi dello stesso genere che si sono potuti visitare (per esempio Ngorato e Koun Fao durante la festa in onore di Tano), questo boschetto è di facile accesso.
6) Ecco, per esempio, ciò che è capitato ad una donna che ha voluto infrangere un divieto dello stesso genere. In Guinea, nella regione di Gogota, in un ruscello situato all'entrata del villaggio, ci sono dei pesci che hanno sul dorso delle macchie biancastre, che assomigliano a delle conchiglie. Questi pesci garantiscono la prosperità al villaggio. In questo ruscello si può attingere l'acqua, ma è severamente proibito pescare. Una donna ci ha provato ma le conseguenze sono state irreparabili. Ecco il racconto di Holas:
Era da sempre proibito agli abitanti del villaggio pescare nel corso d'acqua sacro. Ma una donna, testarda come una capra, non obbediva ai comandi che altri rispettavano, non ascoltava nessuno, e faceva solo ciò che secondo lei era bene. Un mattino, prende la sua rete, e con sua figlia, se ne va a pescare al ruscello sacro. Sua figlia la sconsiglia invano. Ma, la donna, testarda, entra in acqua cantando e inizia a pescare. Ad un tratto ella scorge un pesce graziosamente adornato, con una criniera, delle conchiglie sulla testa e un tessuto rosso che gli cinge il ventre. Subito lo insegue. Ma immediatamente l'acqua comincia a salire straripando. Spaventata, la figlia rimasta a riva , chiama la madre, ma questa occupata nella sua impresa, non intende ragione. “Devo prendere questo bel pesce, risponde” continuando a cantare. L'acqua continua a salire e la donna muore annegata.
In questo racconto è solo la persona che ha trasgredito il divieto che ne subisce le conseguenze. A volte queste ricadono su tutto il gruppo. In un racconto sul matrimonio, raccolto a Koun Fao, una ragazza non vuole sposare il ragazzo scelto dagli anziani del villaggio e la sua disubbidienza si ripercuote sull'intero villaggio sino alla sparizione totale. Ciò potrebbe essere legato al fatto che il matrimonio è una delle strutture portanti della società.
7) Questa precisazione è importante poiché in altri racconti, l'uomo può, con la sua intelligenza, uscire indenne o vincitore in questa lotta.
8) Questi alberi (che non devono essere confusi con gli alberi delle discussioni che abitualmente sono posti al centro del villaggio), si trovano in tutti i villaggi. Sono, generalmente, situati al margine del villaggio, nel punto di passaggio tra il villaggio e la boscaglia, sovente non lontano da un corso d'acqua. E' ai piedi di questo albero che l'asièsofwè (il sacerdote della terra) offre i sacrifici: un pollo, un capretto, una pecora.
Si è assistito a più riprese, nel villaggio di Koun Abronso, a dei sacrifici ai piedi di un grande albero situato sulla strada del vecchio cimitero, all'uscita nord del villaggio.
Ci si può chiedere per quale ragione l'Africano in generale, in tutte le regioni del continente, tenga in grande considerazione gli spiriti della boscaglia. Gli spiriti vegetali sono veramente oggetto di culto? Ecco l'opinione di D. Zahan:
Per la diversità delle loro qualità e virtù, gli alberi sono tutti adatti a raffigurare, soprattutto, gli attributi della divinità verso la quale orientano le loro cime. Così, l'uomo che fa dei suoi spiriti vegetali dei luoghi favoriti di culto, non si rivolge all'albero stesso, ma a ciò che rappresenta: alla potenza, alla ricchezza, alla rettitudine, all'eternità dell'invisibile. (D. Zahan, cit., 50).
Poiché, come le montagne e le colline, gli spiriti vegetali sono fisicamente “più vicini” al cielo che il resto della terra, era naturale associarli alla divinità.
Ma gli alberi non sono mai stati considerati, più delle montagne e delle colline, come divinità. Costituiscono unicamente una manifestazione del suo essere e della sua presenza, un supporto tangibile di un' entità trascendentale. Cf. J.MBITI, Religion et philosophie africaines, Yaoundé 1972, 65-66.
9) I pesci sacri e i loro divieti, con gli elementi connessi di acqua vivificante, del serpente come guardiano della sorgente, degli antenati presenti nell'acqua, si trovano presenti in diverse culture, in Africa e nel mondo intero. Cf. l'étude de B.HOLAS, Le culte de Zié: éléments de la religion kono (haute Guinée francaise), Dakar 1954, ch. XVII e XVIII.