IL MENDICANTE
ALLA CORTE DEL RE

Questa seconda fase descrive il ritorno dei viaggiatori sulla superficie della terra, che rappresenta lo spazio dominato dall’aria e quindi regno della conoscenza essoterica, accessibile a tutti, anche ai non iniziati. Durante questo secondo periodo di prove, il comportamento dei viaggiatori determina il loro destino, perché Kaydara ha donato l’oro ma non ancora la conoscenza: l’oro conquistato così faticosamente è ambiguo, può servire alla conquista della ricchezza, del potere o della saggezza. I due compagni di Hammadi, annebbiati dalla fortuna recente abbandonano ogni prudenza e la loro avidità li porta a violare i primi due consigli del vecchio storpio. Così perdono la vita e l’oro sarà la causa stessa della loro fine. Solo Hammadi saprà essere padrone di sé e ricordandosi che "l’oro non è altro che il piedestallo del sapere", lo utilizza per conquistare la saggezza e la salvezza. Grazie soprattutto al terzo consiglio"Non giudicherai su semplice sospetto", che gli consente di ritrovare la sua famiglia, egli diventa, senza averlo cercato, ricco e potente, il re stesso del suo paese.

Facile è il passaggio per coloro che possiedono il simbolo
Mylius, Philosophia reformata

Un giorno, uno dei tanti donati da Gueno, un mendicante che si trascinava di porta in porta, capitò davanti a quella di Hammadi. Era più morto che vivo e camminava per abitudine più che per vigore.
Lì, il piccolo vecchio coperto di stracci e di sudore esclamò: "Alla fine sono arrivato!"
"Dove sei arrivato ?" rispose uno dei guardiani.
"Da Hammadi, padre di Hammadi Hammadi, il generoso, benefattore del suo popolo".
"Cosa desideri ?" chiese il guardiano.
"Vorrei vedere il grande re Hammadi" rispose il mendicante.
Il capo guardiano gli fece l’elemosina e gli disse:" Puoi ritornare allora di pranzo. Sarai servito come tutti gli altri poveri. Tu hai più bisogno di cibo che di un colloquio col re."
Il vecchietto fece un gesto stizzito con la mano e picchiò il piede a terra: " Non voglio elemosina. Voglio vedere il re in persona. Devo cenare questa sera con lui, la sua mano e la mia nello stesso piatto. Voglio scambiare con lui pulci e pidocchi."
Il capo guardiano trovò la pretesa eccessiva; per intimidire il vecchio e fargli cambiare parere, gli disse: "Tu rischi di farti picchiare e di essere messo alla porta, povero vecchio, e la tua pancia ne soffrirà. Il re vuole ricevere solo colui che è in grado di rivelargli il segreto dei simboli del paese dei nani . Non credo proprio che tu nasconda questo segreto fra le pieghe dei tuoi stracci. Vattene, altrimenti ti darò un pugno tale che troverai difficile dire il tuo nome e cognome."
Il piccolo vecchio si mise a gridare tanto forte che Hammadi lo udì e venne di persona per vedere cosa succedeva. Trovò il vecchietto che si sgolava dalla rabbia.
Il re ordinò ai guardiani di tacere e di rispettare gli anni che avevano incurvato la schiena del vecchio. Si avvicinò al mendicante e gli chiese: "Cosa vuoi da me?"
"Io vorrei, Hammadi, pranzare e cenare con te".
Il primo cortigiano di Hammadi che stava arrivando, udendo le ultime parole del vecchio, disse: "Capo, non puoi accontentare questo piccolo vecchio. La sua richiesta oltrepassa ogni limite di fantasia. Ho l’impressione che sia un vagabondo mandato da qualcuno geloso che ti vuol male per avvelenarti."
Hammadi, senza rispondere, disse: "Vecchio, io non so quali siano le tue intenzioni, ma non è nelle mie abitudini rifiutare un favore, ogni volta che posso farlo." Così guardiani e cortigiani, confusi, si diedero da fare attorno al vecchio che un istante prima avevano disprezzato, dedicandogli tutte le attenzioni ed aiutandolo a varcare la soglia e a salire le scale.
Al momento di oltrepassare la soglia, il vecchio mise in avanti il piede destro e disse a voce alta: "Per le quattordici stelle boreali meno i miei sensi, O mie aperture fisiche."
I cortigiani e gli altri non diedero alcuna importanza a questa invocazione incantatoria.
Hammadi e il suo ospite salirono al primo piano dove si misero a proprio agio. Fu loro servito un pranzo di eccellenti portate. Mangiarono a sazietà. Venuta la sera salirono in terrazza dove gustarono una cena succulenta.
Il mendicante risciacquò le mani. Hammadi notò che le sfregava in modo strano, dorso contro dorso. Ruttò tre volte, ringraziò il cielo d’averlo saziato e Hammadi per la sua ospitalità.
Il mendicante ritornò alla sua stuoia. Vi si coricò sul dorso. Piegò il suo piede sinistro toccando col tallone le sue natiche. Mise poi quello destro in squadra sul sinistro. Piegò le braccia in croce sotto la nuca. In questa posizione, si mise a contemplare il cielo e a parlare sottovoce.
La notte aveva inghiottito tutti i fiocchi di nuvole bianche. La volta del firmamento era diventata di un blu limpido. Tutte le stelle scintillavano come per illuminare l’imminente colloquio fra Hammadi e il suo ospite.
Dopo un gran silenzio, il mendicante disse: " Ora che abbiamo finito di mangiare e che posso dire a tutti di aver diviso per ben due volte il cibo col grande re Hammadi, vorrei ritirarmi, perché ho una lunga strada da percorrere per arrivare a casa."
Hammadi rispose: "O venerabile vegliardo, vorrei parlarti di me, perché l’invocazione che tu hai fatto sulla soglia della mia casa e il modo con cui ti sei lavato le mani, lo impongono. Sono convinto che sei ben lontano dall’essere quel povero mendicante che dici. Di grazia, o eminente padre di scienza, o uomo onorevole per il numero di anni e di cose che hai visto e vissuto. O grande uomo d’antica stirpe, sappi che il povero ignorante che io sono, insegue da molti anni, notte e giorno, l’incontro con un uomo di scienza che possa spiegargli un gran numero di cose viste durante il lungo viaggio al misterioso paese dei simboli, al paese dei nani servitori di Kaydara, Kaydara il meraviglioso. Se la mia sete potesse essere soddisfatta alle acque chiare e limpide del tuo immenso fiume di sapere, io la considererei come la più grande fortuna che possa capitare a uno dei figli di Adamo su questo mondo che si muove sulla terra in trasformazione. Insegnami, tu che sei oro puro, avvolto in vecchi stracci e gettato nei rifiuti della strada, per meglio nascondere le tue qualità di gran maestro e le tue virtù di conoscenza. Sono pronto a darti metà della mia fortuna e a dividere con te il mio reame. Se questo non è sufficiente, io diventerò volentieri tuo schiavo per slacciare le stringhe dei tuoi sandali."
Il mendicante borbottò alcune parole, poi disse ad alta voce: "Non c’è alcun bisogno di rovinarti e tanto meno di donarmi la metà del tuo regno, né di diventare mio schiavo per slacciare i miei sandali. Ho molto viaggiato. Ho visto molte cose. Ho conversato con tante teste canute. Sono dunque un anziano per te e voglio ascoltare con piacere quello che mi dirai. Se potrò esserti di qualche aiuto, lo farò con gioia. Ho apprezzato la tua ospitalità e la tua umiltà che sono la prova di quanto la tua personalità nascosta sia più grande di quella visibile."