La regalità sacra

Il concetto di monarchia è di per sé collegato a quello di sacralità. La posizione unica del sovrano, la maestà della sua figura, la solennità delle sue prerogative, l'etichetta cerimoniale che circonda la sua persona, derivano da un'investitura divina; il re, se è veramente tale, lo è "per grazia di Dio". Tali concetti - presentati sotto il nome di regalità sacra - si ritrovano, con un'ampia gamma di variazioni e di sfumature, ancora oggi in vari regni dell’Africa.

Aspetti e istituzioni comuni

Ogni regno ha, o ha avuto, sue strutture particolari, variabili secondo i luoghi e delle epoche, della cultura dei rispettivi popoli, e anche della personalità di singoli sovrani. Tuttavia si ritrova un filo conduttore in una serie di aspetti e istituzioni, per questo si può parlare di un "complesso culturale" della regalità sacra in Africa, accentrato intorno all'idea di un legame mistico intercorrente fra il re e il suo popolo, tale che la salute e il successo del primo si identificano con la prosperità e le fortune del secondo. Di tale “complesso”, elenchiamo alcuni elementi ricorrenti e indicativi.

Riti di incoronazione

L'incoronazione del nuovo re è accompagnata da riti che rappresentano simbolicamente la sua morte (come individuo comune) e la sua rinascita (come sovrano), con la vestizione in nuovi indumenti, il suo cambiamento di nome e la proclamazione solenne del nuovo nome, la sua "unzione" ad opera di dignitari, e l'assunzione di insegne regali (scettro, lance e scudi speciali, tamburi sacri, braccialetti, corona, trono, ecc.). Il fuoco della reggia, e spesso i focolari dei sudditi attraverso il regno, spenti in occasione della morte del predecessore, sono ritualmente riaccesi dal re medesimo o in suo nome. Come auspicio di prosperità, il re sparge fra la folla dei sudditi, o in direzione dei quattro punti cardinali, granaglie, fagioli, chicchi di caffè o simili.

Una personalità sacra

L'esistenza e la persona del sovrano sono circondate da una serie di tabù. Tranne che in ricorrenze solenni, il re non deve mostrarsi in pubblico, ma deve essere velato o celato dietro tendaggi. A volte non può parlare direttamente ai sudditi, ma solo per bocca di un araldo. Chi per avventura alzi gli occhi sul re è punito con varie pene, dalla confisca dei beni alla decapitazione. Normalmente chi lo avvicina sta prono senza sollevare lo sguardo, o gli volge le spalle, ecc. Il re non può essere visto mentre mangia, neppure dai più stretti familiari; una moglie o un paggio gli prepara in segretezza i cibi, i cui resti sono, di solito, distrutti; si pensa così di proteggerlo da perniciosi influssi magici, e anche di occultare il fatto che il re si nutre come gli altri mortali. I piedi del re non devono toccare il suolo, o perché troppo sacri perché siano esposti al contatto profano, o perché il dinamismo magico del re è tale che il terreno e le messi ne sarebbero rovinati; perciò in privato egli deve camminare su apposite stuoie, e fuori della sua residenza è portato da servi in spalla o su lettighe.

In comunione con gli antenati

Il re è l’incarnazione vivente dei suoi antenati regali, dai cui spiriti dipendono la fertilità dei campi e la fecondità degli armenti; a loro egli offre sacrifici in nome dell'intero popolo. Egli è dunque il sommo sacerdote del regno, simbolo delle sue fortune ma anche di esse responsabile: a lui compete di tener lontani siccità, carestie, epidemie e altri flagelli. Il re sposa una principessa di sangue reale, spesso una sorella o sorellastra, la cui autorità come regina si estende su tutte le donne del regno, e cui competono incombenze rituali e anche politiche; ma questa posizione di alto privilegio spetta in vari casi alla regina madre, che ha la precedenza sulle mogli del sovrano regnante, comanda ad una propria corte con ministri e funzionari da lei dipendenti, ed è consultata per gli affari di stato. Regina madre può essere di diritto, anziché la madre del re, la moglie favorita del defunto predecessore del re, oppure altra matrona di sangue reale scelta dagli alti dignitari del regno.

Rituali funebri

In caso di sciagure nazionali, o di mancati raccolti, o dopo un numero predeterminato di anni, oppure quando il re mostri segni di senescenza, egli è ritualmente ucciso onde il suo potere prima di affievolirsi ulteriormente possa essere trasmesso a mani più vigorose. Le modalità dell'uccisione (per fame, veleno, strangolamento, ecc., ma senza spargimento di sangue reale, che sarebbe sacrilegio) sono tenute segrete; stretti tabù vietano che si parli della morte del re, se non in forma simbolica ("il fuoco si è spento", "il cielo è caduto", "un possente albero si è sradicato" e simili); mogli e schiavi del re sono sepolti vivi con lui o immolati sulla sua tomba; si crede che lo spirito del re trasmigri, attraverso un verme della sua salma, in un giovane leone (o leopardo, o aquila); alcune reliquie del sovrano defunto (in specie la sua mandibola e il cordone ombelicale) sono conservate nell'apposito tempio che gli è dedicato, e ove il suo successore si reca poi periodicamente per offrirgli sacrifici ed entrare in mistico contatto con lui.

Interregno e anarchia rituale

La successione del "re divino" è regolata secondo le norme di successione dei diversi stati (patrilineari o matrilineari), in favore di un figlio, o di un fratello del defunto, o del figlio di una sua sorella, o di altro personaggio di sangue reale eletto dai personaggi di corte (ministri, regina madre, ecc.); molto spesso il re nomina suo successore prima di morire o di lasciarsi uccidere. Un periodo d'interregno o d'anarchia precede normalmente l'incoronazione del nuovo sovrano, e spesso questa è preceduta o seguita da duelli (per lo più fittizi o simbolici) fra questo e altri pretendenti.
Il complesso della regalità sacra attraverso gran parte dell'Africa negra lascia intendere come le istituzioni politiche siano diffusamente determinate e rette da "idee-forza" vale a dire da concezioni astratte e simboliche assai più che dalle mutevoli contingenze e dal gioco degli interessi personali.

Bibliografia
Vinigi Grottanelli, La regalità sacra, in Ethnologica, l'uomo e la civiltà, 1965, 223-226