Il popolo kuba

I Kuba portano il nome nazionale di Bushoong "uomini del coltello da getto", dal multipunte che era in passato la loro arma caratteristica. L'uso di quest'arma, i caratteri linguistici, le tradizioni, come pure il tipo dell'insediamento, che è il tipico villaggio di strada dei popoli nord-congolesi, confermano la loro origine settentrionale.

Habitat e vita sociale

Le abitazioni, rettangolari e con tetto a due spioventi, circondate spesso da basse palizzate, sono allineate rettilineamente in doppia fila; le porte si fronteggiano affacciandosi sulla strada che costituisce l'arteria dell'abitato. Nel centro di questa sorge una capannuccia in miniatura, alta poco più di mezzo metro, in cui si conserva il veleno per le ordalie, e poco discosto un'altra piccola costruzione alberga i feticci di caccia; vi si trovano anche capanne pubbliche, dove gli uomini si radunano per attendere ai lavori artigiani, discorrere o riposare.
I Bushoong sono pacifici agricoltori; il lavoro dei campi, ad eccezione del dissodamento e della raccolta del tabacco, grava sulle donne; i raccolti si conservano in granai cilindrici-conici. L'antica stoffa di corteccia battuta è ancora usata come indumento dalle donne in lutto, come dai dignitari in certi riti, benché i Kuba siano consumati tessitori; il loro conservatorismo li ha portati a sdegnare a lungo i tessuti europei, che fino a tempi recenti, come fra i loro vicini Lele (Bashilyeel), era considerato un crimine indossare. Caratteristiche sono le svariate acconciature dei capelli, le elaborate scarificazioni femminili che talora coprono quasi tutto il corpo, le forme dei berretti e dei caschi, conici od emisferici, ornati penne e di conterie policrome.

Organizzazione statale

Due sono, soprattutto, i lati salienti della cultura kuba: la tradizionale organizzazione statale, e l'alta perfezioni delle arti. Torday poté raccogliere, all'inizio di questo secolo, la completa genealogia dei sovrani - 121 in tutto fino al 1908 - e tentò di ricavarne una precisa cronologia della storia kuba. Attendibile o no che questa sia, rimane pur sempre del maggiore interesse ricordarne alcuni punti salienti, eloquentissimi per la comprensione della mentalità bantu. Parecchi dei re della lunghissima lista (di cui nove erano donne) sono ricordati individualmente per qualche loro impresa o benemerenza: e ciò a partire dal primo, nella persona dello stesso dio creatore Bumba, che trasse il mondo dalle tenebre del caos. Sotto il quarto re, Woto (intorno al 510 d.C), furono introdotti l'uso del ferro, la circoncisione, l'ordalia del veleno; sotto il sesto, Minga Bengela (525-575) fu scoperto il sale. Al regno del 27°, Muciu Mashanga, risale l'invenzione del fuoco ottenuto per frizione, e quella delle stoffe di scorza (780).

Un eroe nazionale

Un personaggio veramente storico fu il 93° sovrano, una delle personalità più geniali che l'Africa abbia prodotto: Shamba Bolongongo (1600-1620). Egli è considerato dai Bushoong eroe nazionale non - com'è il caso per quasi tutti i condottieri africani - per le sue conquiste militari, ma per la sua saggezza e clemenza, e per l'impulso da lui dato alle arti di pace. A lui si deve l'introduzione fra i Bushoong della tessitura della rafia e del ricamo, mutuati ai Pende ed ai Kele, tecniche che dovevano poi raggiungere fra i Kuba la più alta perfezione artistica; fu lui che fece conoscere l'uso del tabacco ed il giuoco del lela (mancala) destinato a sostituire i perniciosi giuochi d'azzardo. Shamba abolì tra l'altro le armi da getto - freccia, giavellotto, e la stessa arma nazionale, lo shongo o multipunte - perché "potevano ferire degli innocenti", ma al tempo stesso la sua ferma e saggia politica estese l'autorità del regno: tale era il suo prestigio personale, che il semplice dichiararsi suo suddito permetteva di viaggiare inermi e sicuri fra le più lontane tribù straniere. Prima di morire, Shamba si fece ritrarre in effigie: la statua lignea che si conserva di lui (al British Museum) è la prima della celebrata serie di sculture, eseguite in "stile regale". Di grande rilievo e durature furono le innovazioni introdotte nell'organizzazione statale in seguito ad un viaggio fatto in gioventù da Shamba nei più evoluti paesi ad occidente, durante il regno di Alvaro II del Congo (1574-1614). Comunque ciò sia, sta di fatto che i paralleli con la struttura di quest'ultimo regno sono rimarchevoli: alta posizione della regina madre, titolo di Nyim portato dal re, tipo degli emblemi dei dignitari, costituzione del consiglio nazionale, includente, come nel Congo, i rappresentanti dei singoli mestieri. Non si trovano altrove in Africa, se non forse appunto in quegli antichi regni bantu costieri, una così complicata gerarchia di funzionari (kolomo) giudiziari, militari e amministrativi, ed un sistema di rappresentanza così ampio. Questo include fra i Kuba, oltre ai rappresentanti delle grandi unità tribali e perfino dei pigmei BaTwa, anche quelli delle diverse industrie: in primo luogo degli scultori del legno, e poi dei musici, danzatori, fabbricanti di olio, di reti, di piroghe, di stuoie, di corde. A questi si aggiungono i kolomo di sesso femminile (le donne hanno una funzione importante nella politica oltre che nella famiglia) e i dignitari di corte; a tutte le cariche corrispondono nomi e gradi speciali, e spesse particolari insegne di rango. I Belgi, giunti nel paese nel 1884 sotto il regno di Bope Mobingi, il Malvagio, rispettarono - anche dopo il 1908, anno in cui si iniziò il loro regime di dominio diretto - questa complessa struttura burocratica indigena e l'autorità del Nyim.

La perfezione delle arti

Il lusso della corte regale spiega lo straordinario sviluppo dell'artigianato di prestigio. La statuaria tuttavia è molto rara, poiché è riservata principalmente alle statue del re, dando un modesto spazio alle statue di culto, generalmente poco curate.
Come d'obbligo l'arte regale è collocata al primo posto per l'abbondanza e la raffinatezza. Le maschere regali… sono riccamente realizzate in legno o con pelli e rafia coperti di perle e di cauri. I Bakuba sono grandi consumatori di cauri e di perle, che conferiscono ai loro vestiti uno sfarzo notevole. Il re possiede numerosi costumi, ma il più solenne è formato da parecchie decine di elementi tutti contrassegnati da un simbolismo legato al potere regale.
Non meno celebri, e contese oggi da musei e collezionisti, sono le stoffe ornamentali, i così detti "velluti del Kasai", tessuti dagli uomini su telai verticali, e ricamati poi dalle donne con rafia di diversi colori (paglierino, bruno, rosso scuro, violetto) a disegni geometrici od a motivi, estremamente stilizzati, di animali e di piante. Ciascuno di questi ha il suo nome tradizionale: "il fulmine", "l'occhio, "le cavallette", "le nuvole", "le zampe del camaleonte", "l'alluce", "la schiena del gatto selvaggio", per non citare che qualcuno dei più caratteristici.
Non si può non fare allusione all'architettura regale, quasi scomparsa al giorno d'oggi, che trasformava le antiche corti in meraviglie di ingegnosità e di bellezza. I palazzi, così come le case più umili, erano costruiti con elementi vegetali, pali in legno, nervature di palma, rafia e foglie, unite unicamente con delle liane; il costruttore non aveva altri strumenti che un machete e una specie di lesina scanalata per forare le pareti di foglie e inserirvi delle liane. Come per numerosi elementi della consuetudine, e principalmente i vestiti, una rigorosa gerarchia adattava le costruzioni alla nobiltà del suo proprietario; la dimensione e soprattutto l'ornamento esterno rifletteva agli occhi di tutti il rango del notabile mentre il palazzo regale superava tutte le altre architetture.

Bibliografia
Renato Biasutti, Le razze e i popoli della terra, vol. III, Africa, 1967, 521-523.