Il figlio saggio rispetta sempre suo padre e sua madre. I suoi genitori sono fieri di lui. Suo padre poco a poco gli insegna tutti i segreti delle vita e la via da seguire per diventare uomo. Questo figlio è circondato dalla stima della sua famiglia e degli anziani del villaggio. Quando suo padre sarà anziano, il figlio sarà ormai grande e si occuperà di lui. Costui gli trasmetterà così poco a poco tutta la sua saggezza. Quest'uomo nella sua vita sarà in grado di superare ogni difficoltà, perché è circondato dal rispetto di tutti. Alla morte del padre il figlio gli farà grandi funerali in segno di riconoscenza. Il piccolo feticcio di cui si parla nel racconto non è altro che il rispetto che il figlio ha verso suo padre. Se rispetti tuo padre, tua madre, la tua famiglia, non può capitarti alcun male. Nella tua famiglia può esserci qualcuno che ti vuole male: è l'elefante femmina che entra nella tua famiglia per ucciderti. Approfitta di un giorno in cui sei in foresta per ucciderti facendo credere che sei stato vittima di un animale selvatico. Ma lo spirito del padre veglia su di te e ti salva.


La morte del padre del Signore Dio

Prestate bene tutti molta attenzione. Ascoltate la storia che sto per raccontarvi. Così tutti comprenderete il significato e vedrete se ciò che racconto è vero o falso. Un tempo eravamo tutti là nel mondo. Anche il signor Ragno era con noi. In quel tempo si viveva insieme al Signore Dio. Eravamo dunque tutti là. Caro mio! Eravamo veramente molto numerosi. Le cose stavano dunque così, quando un giorno si annunciò che il padre del Signore Dio era gravemente ammalato. La malattia era talmente grave che stava per morire. Tutti andavano a trovarlo. Uno, arrivando, diceva:
- Signore Dio, quando tuo padre morirà offrirò un manto kende ().
Un altro ancora, arrivando, diceva:
- Signore dio, se tuo padre muore, metterò nella sua bara un manto kisan ().
Arrivò anche Ragno. Disse:
- Signore Dio, se tuo padre muore io offrirò la coda del più vecchio degli elefanti. Andrò a tagliargliela senza ucciderlo. Gliela taglierò mentre è ancora vivo. Allora tutti dissero:
- Applaudite!
Tutti si misero ad applaudire: kporo, kporo, kporo...
Tutti si coricarono. Il sole non era ancora del tutto levato che il padre del Signore Dio, pum! Cadde morto. Eh! Pazienza! Uno arrivava e portava il suo manto kisan. Quell'altro arrivava e portava il suo manto kende. Ognuno veniva con i doni promessi. - Signor Ragno, vieni! Il padre del Signore Dio è morto, porta la coda dell'elefante.
Come farà Ragno? Sa quello che deve fare.
Eccolo in strada. Si incamminò: frè frè frè... Lasciò la strada e si incamminò nella foresta. Camminò a lungo, a lungo. Arrivò ad un cascinale che era proprio nel mezzo di una foresta buia buia buia. Giunto sul posto trovò una donna. Ragno la salutò. La donna gli offrì da sedere. Ragno si sedette. La donna gli chiese cosa facesse in quei paraggi. Ragno gli raccontò ogni cosa. La donna rispose:
- Ecco io sono qui da sola perché mio marito è andato nella foresta, ma il momento del ritorno si avvicina, lo aspetteremo un po'. Erano là insieme da un certo tempo, quando cominciò a piovere. Ora i feticci del marito della donna, i feticci che il marito venerava, erano molto numerosi. Questi feticci erano stesi al sole. La donna disse a Ragno: - Eh! Signore, una donna non ha diritto di toccare i feticci di suo marito. poiché tu sei arrivato qui, e dato che la pioggia sta per cadere, ti prego, prendi tutti i feticci di mio marito e deponili qui al riparo. Mi renderai veramente un grande servizio. Ragno prese tutti i feticci e li depose sotto la veranda. La donna era là a fianco. Disse:
- Eh! Signore, il favore che mi hai fatto è veramente grande. Io so ciò che pensa mio marito, ciò che dirà al suo ritorno. Voglio ricompensarti del bene che mi hai fatto. Fra tutti i feticci, quali preferisci? Ragno scelse il più piccolo. Fu proprio il più piccolo che prese. Disse alla donna:
- E' questo che desidero.
- Scegli proprio quello, gli chiese la donna?
- Sì, rispose Ragno.
- E' proprio quello che desideri?
- Sì, disse ancora Ragno.
Allora la donna disse:
- Va bene, e aggiunse. sediamoci qui e aspettiamo mio marito.
Non ebbero neppure il tempo di sedersi che Ragno intese un gran rumore: kpurrr... kpurrr... kpurrr... era il marito della donna, il genio della foresta che tornava a casa. Era qualcosa di veramente straordinario che si annunciava. Si udivano le sue grida, le sue grida... ahi! Ecco che fa la sua entrata: ovunque sul suo corpo ha selvaggina sospesa. Si tolse di dosso la selvaggina e la gettò a terra.
Disse:
- Moglie mia, prima che ti dia la buona sera bisogna che tu mi dica chi è la persona che è arrivata qui.
- Marito mio, non c'è nessuno qui, rispose la donna.
- Qualcuno è giunto qui, riprese il marito.
- ti dico che non c'è nessuno, replicò la moglie.
- Una donna non può toccare i miei feticci. Ora come mai hanno raggiunto la veranda al cader della pioggia?.
La donna disse allora:
- E' vero, ciò che tu dici è vero. c'è infatti un forestiero, Vieni, disse a Ragno.
Ragno uscì dal suo nascondiglio. il genio gli strinse la mano, poi gli disse:
- Sono veramente contento e ti sono molto riconoscente per il bene che mi hai fatto. Infatti se la pioggia avesse bagnato i miei feticci per me sarebbe stata finita. Dunque poiché hai fatto tutto il tuo possibile per aiutarmi, non ho parole sufficienti per ringraziarti. Non è necessario che mi dica cosa alcuna. Ho visto tutto quello che hai fatto per me. Ecco i miei feticci, Scegli quello che vuoi. Ragno scelse il più piccolo di tutti i feticci, quello di cui si era parlato prima. Scelse proprio quello. Il genio gli disse:
E' proprio questo che desideri?
- Sì, rispose Ragno.
Il genio glielo strappò di mano e lo mescolò con tutti gli altri. Ragno scelse ancora lo stesso. Il genio glielo strappò di mano ancora una volta e lo mescolò di nuovo con gli altri. Ragno scelse ancora lo stesso. Così per tre volte. Alla fine il genio disse. - E' proprio questo, il più piccolo di tutti che desideri?
- Sì, rispose Ragno.
- Bene, riprese il genio, puoi prenderlo e andare. Non è necessario che tu aggiunga altre parole. Continua la tua strada e va dove devi andare.
Ragno chiese:
- Come si chiama il tuo feticcio?
- Non è necessario che te lo dica. Tu stesso scoprirai il suo nome strada facendo.
Caro mio! Ragno prese il feticcio, lo infilò in tasca e se ne andò: frè frè frè.... Non era ancora ben lontano che... ah! Inciampò: kpurein! Fece un balzo e rischiò di cader. Esclamò:
- Duae!
Ed eccolo ritto in piedi: kpirim!
Allora disse:
- Ah! Ecco, ora lo conosco, ora conosco il nome del mio feticcio.
Rimise il feticcio al suo posto e continuò la sua strada. Aveva appena ricominciato a camminare, non era neppure arrivato come di qui a laggiù, che incontrò un enorme branco di elefanti. Il loro capo era là davanti al branco.
Ragno chiese:
- Duae, dove si trova il più vecchio di tutti gli elefanti?
- Eccolo, rispose il feticcio, eccolo laggiù.
- Che cosa devo fare?, domandò Ragno.
- Sali sul dorso degli elefanti!
Salì sul dorso di tutti gli elefanti, andò fino all'ultimo del branco e ritornò indietro, là al punto di partenza. Chiese di nuovo al suo feticcio:
- Che devo fare ora?
- Afferra la coda del più vecchio di tutti gli elefanti e tagliala.
Ragno afferrò la coda e d'un colpo secco la tagliò via.
- Duae, che devo fare adesso?, chiese poi.
- Ritorniamo indietro, riprendiamo la strada per tornare a casa.
Tornarono a casa. Ragno portava la coda del più vecchio di tutti gli elefanti. Se ne andava a consegnarla al Signore Dio. Tu sai che tutto questo accadde di notte. il giorno si levò. Ora il più vecchio di tutti gli elefanti, quando il giorno si levava, con la coda batteva un grande bacile metallico che aveva sempre al suo fianco. Il bacile risuonava: sein sein sein sein... Allora tutti si svegliavano.
Quando dunque il giorno fu levato, il capo degli elefanti batté il bacile: po po po po... po po po po... po po po po... Ora il suo secondo, quello che per anzianità veniva dopo di lui, era al suo fianco. I suoi occhi cominciarono ad aprirsi. Bruscamente si alzò. Si alzò e guardò: eh! La coda del loro capo non si trovava più al suo posto. Allora prese la sua coda e, anche se non risuonava bene, si mise a battere il bacile. Si senti: sè sè sè sè sè sè... e così per tre volte di seguito. Tutti si alzarono. Quell'elefante disse allora:
- Signori, guardate la coda del nostro capo!
Tutti guardarono: la coda del loro capo non c'era più, ne restava soltanto un moncone.
Dissero:
- Eh! Bisogna inseguire e raggiungere il colpevole.
Eccoli all'inseguimento di Ragno: bi bi bi bi bi... Lo inseguirono a lungo, a lungo.
Nel momento in cui stavano per raggiungerlo, e pensavano già di averlo preso, Ragno gridò:
- Duae, che devo fare?
- Vedi quell'albero laggiù, sali sopra.
Eccolo in alto, lassù sull'albero.
Gli elefanti arrivarono ai piedi dell'albero. Annusarono a lungo. Guardarono in alto. Ragno era lassù e teneva in mano la coda del loro padre.
Gli elefanti dissero.
- Ahi! Sradichiamo l'albero: abrrrrrr....
- Duae, che devo fare?
- Batti sulla coscia.
Uscirono delle uova.
- Che cosa devo fare, chiese di nuovo Ragno.
- Schiacciale a terra, rispose il feticcio.
Kpain! Ecco un grande stagno pieno di melma.
Ragno era là davanti. Gli elefanti... più più più più più... Gli elefanti che rimasero nell'acqua furono numerosi, ma anche quelli che riuscirono ad attraversare furono numerosi. Coloro che riuscirono a passare continuarono l'inseguimento di Ragno. Ragno domandò ancora:
- Duae, che devo fare?
- Ti dico, batti sulla coscia.
Uscirono alcune uova.
Che devo fare?, chiese di nuovo Ragno.
- Schiacciale a terra, rispose il feticcio.
Kpain! Un immenso incendio divampò ovunque. Non si poteva vederne i limiti.
Ragno si trovava là davanti al fuoco. Gli elefanti cercarono di aprirsi una via.
Andavano di qui, non potevano passare, andavano di là, non potevano passare.
Ragno arrivò al villaggio. Disse:
- Voi tutti, anziani, riunitevi.
Tutti si radunarono. Ragno disse:
- Sono partito da molto, molto tempo, ed ecco che sono di ritorno.
- Fratello Ragno, sei arrivato, ti vediamo. Avevamo fretta perché il tempo di fare i funerali è ormai arrivato. Attendavamo te che eri partito.
Ragno disse:
- Ho con me ciò che avevo promesso di portare.
Mise la mano in tasca e tolse fuori la coda e la depose là davanti a tutti. Allora tutti si misero ad applaudire. Andarono tutti a seppellire il padre del Signore Dio.
Ora nel gruppo degli elefanti c'era un elefante femmina che disse:
- Signori, poiché il colpevole è riuscito a sfuggirci e noi non abbiamo potuto ucciderlo in quanto elefanti, bisogna giocare d'astuzia, dato che dobbiamo, ad ogni modo, ucciderlo.
Questa elefantessa si trasformò in una donna molto bella. La sua bellezza era straordinaria.
Una sera, mentre tutti erano riuniti, la donna fece la sua apparizione al villaggio.
Immagina un po' ciò che fa Ragno. Va verso la ragazza. Osservalo! Ci sa proprio fare eh!
- Fanciulla, ti amo, le disse.
- Anch'io ti amo, rispose la donna, ed è proprio questa la ragione per cui sono venuta qui. I due si sposarono. Un giorno la donna disse:
- Adesso va bene, me ne ritorno un po' a casa.
Il marito rispose:
- Attendi ancora un po'. Non sono neppure otto giorni che siamo sposati.
La donna disse fra sé:
- Adesso l'ho veramente in mano.
Nella casa di Ragno c'era un bambino ammalato, coperto di piaghe.
Un giorno Ragno disse:
- Me ne vado ai campi.
Sua moglie rispose;
- Bene, ho capito. Quale intingolo desideri che ti prepari e che ti porti?
- Oggi vorrei la salsa alle arachidi, rispose il marito.
Il bambino ammalato era là in casa. La donna preparò il cibo.
Terminò di cucinarlo in fretta e bene. Disse fra sé:
- Mamma, dammi un po' da mangiare, chiese il bambino.
- Non te ne do, rispose la donna, perché non mi hai avvertita prima quando stavo preparandolo?
Adesso che è pronto dici: dammi un po' di cibo da mangiare.
Cosa mi resta da portare a mio marito?
- Va bene, se non vuoi darmelo, mangialo tu il tuo cibo.
La donna depose il pasto in una bacinella, poi chiamò il bambino ammalato e gli chiese:
- Tu conosci la strada che conduce ai campi di tuo padre. Io, giovane sposa, non la conosco ancora. Insegnamela. Dove si trova dunque la strada per andare nei campi di tuo padre?
- Non te la mostro, rispose il bambino. Hai preparato il cibo, io sono qui, te ne chiedo un po' e tu non vuoi darmene. A te che non vuoi darmi un po' di cibo, non mostrerò la strada dei campi.
- Ah! rispose stizzita la donna. Se è così vieni e prendi.
La donna prese un po' di cibo e lo diede al bambino. Poi gli disse:
- Adesso indicami la strada.
- Non te la mostro, perché non mi hai dato della carne, rispose il bambino.
- Vieni a cercare la carne, prendine quanto vuoi e mangia.
Il bambino mangiò poi disse:
- Ecco la strada per il campo di mio padre, e si incamminò davanti alla donna.
Erano quasi arrivati. La donna disse allora:
- Ritorna a casa, un bambino ammalato non deve andare ai campi.
Il bambino rientrò a casa.
Ragno era là nei campi. Era chino a terra. Stava zappando. Improvvisamente ecco sua moglie. Bruscamente il suo feticcio, che teneva nei capelli, cominciò ad agitarsi: kangain... Ragno disse fra sé: - Mio figlio m'ha ucciso, ha indicato alla donna la strada del mio campo. Pazienza! Vedremo!
La donna portò dunque il cibo e lo depose là in un angolo. Augurò poi al marito buon lavoro. Il marito rispose al saluto. La moglie gli disse poi: - Ecco il tuo pasto!
L'uomo era là. Non desiderava che la donna venisse ai campi. Ma ormai cosa poteva fare? Si sedette e consumò il suo pasto. Quando ebbe finito di mangiare, la donna disse:
- Marito mio, poiché hai terminato di mangiare, voglio farti adokoro.
- Che cosa è adokoro?
E' qualcosa che si fa sul capo. Può capitare che una persona abbia dei pidocchi in testa. Allora, se la persona è d'accordo, si prende la sua testa, si cerca, si tolgono i pidocchi, la persona si gratta e si sente meglio. E' questo che viene chiamato adokoro.
- Se vuoi farmi adokoro attendi un momento che accenda questi mucchi di sterpi. Così quando avremo terminato, e tutto sarà bruciato, io continuerò il mio lavoro.
- Va bene, rispose la donna.
Ragno raccolse tutte le sterpaglie, ne fece un mucchio e vi appiccò il fuoco. Poi andò a sedersi. La donna aveva appena messo le mani nei capelli del marito che trovò il feticcio. D'un sol colpo lo tolse dalla testa e lo gettò nel fuoco. Poi disse:
- Eccomi! Adesso è certo, per te è finita. Non c'è nessuno, né in cielo, né in terra, che possa salvarti. Tu sei andato a tagliare la coda del nostro capo per deporla nella bara del padre del Signore Dio. Ora è certo, morirai.
La donna non aveva neppure terminato di parlare che... ahi! Eccola trasformata in elefante. Si diresse verso Ragno. Costui si alzò e cominciò a correre attorno al fuoco. L'elefante era alle sue calcagna. Ragno gridò:
- Duae, che devo fare?
- Continua a girare attorno al fuoco assieme a lui, continua a girare attorno.
Ragno chiese ancora:
- Duae, cosa devo fare?
- Continua a girare attorno e non ti capiterà nulla di male.
Ragno girò a lungo, a lungo. Alla fine era stanco. L'elefante l'aveva quasi raggiunto. Ragno gridò allora:
- Duae, che devo fare?
- Sono quasi tutto consumato, rispose il feticcio, resta ancora un pezzettino. Continua a girare attorno al fuoco.
Eccoli ancora che si rincorrono attorno al fuoco, e più in fretta di prima. Ragno urlò:
- Duae, che devo fare?
- Ora sono tutto consumato, gettati nel fuoco.
Allora Ragno si gettò nel fuoco: puuuuuu! Improvvisamente si trasformò in Sparviero.
Ecco la ragione per cui quando vai nei campi, se pulisci il tuo campo, raccogli un grosso mucchio di sterpaglie e le bruci, vedi che Sparviero ci vola sopra. Ebbene sappi che è Ragno che sta cercando il suo feticcio.
Ecco il significato della storia che vi ho narrato.