Uno dei tratti caratteristici degli "stregoni" o "mangiatori di anime", è quello di essere distruttori dei membri della propria famiglia. Il racconto ce ne fornisce una spiegazione. La sorella minore affida alla maggiore i suoi figli. Questa li uccide e li "mangia". Divora la fertilità della sorella minore, quasi per impossessarsene. La conseguenza di questo gesto è il rifiuto, la solitudine sociale e la degradazione del colpevole.

La divoratrice di bambini

Ascoltate tutti! Ascoltate questa storia che sto per narrarvi. Quando avrò terminato mi alzerò e le donne verranno \qui al mio posto a continuare.
Un tempo c'era una donna che aveva una sorella. Questa sorella maggiore, da quando era al mondo, non aveva mai avuto figli. Sua sorella minore, invece, ne aveva avuti tre.
In quel tempo la sorella maggiore, quella che non aveva figli, andò a stabilirsi in una fattoria in foresta.
Ora poiché la sorella maggiore, colei che non aveva mai avuto figli, era andata in foresta, la sorella minore restò sola al villaggio. Ella disse fra sé:
- Mia sorella mi fa veramente compassione. I tre figli che ho messo al mondo li invierò laggiù, in foresta, con mia sorella. Essi le terranno compagnia, ella avrà cura di loro e li educherà.
La sorella minore prese i suoi tre figli e li affidò alla sorella maggiore.
Il giorno dopo il loro arrivo i bambini andarono ai campi. Al loro ritorno, la donna e il marito, presero uno dei bambini, lo uccisero e lo mangiarono.
Passò un po' di tempo. Otto giorni dopo, quando i bambini ritornarono dai campi, ne uccisero un altro e lo mangiarono. Ecco che alla fine tutti i tre bambini sono morti. I due sposi continuarono a vivere nella loro fattoria in foresta.
Un giorno la sorella minore, colei che aveva messo al mondo i figli, disse:
- Ho affidato i miei bambini a mia sorella. Oggi voglio andare a vederli e a salutarli.
Si mise dunque in cammino: frè frè frè frè.... e arrivò nella fattoria della sorella.
Una volta arrivata, salutò sua sorella e il marito. Le venne offerta una sedia. Si sedette. Le chiesero lo scopo della visita. Rispose:
- Sono venuta per salutarvi.
- Bene, risposero, il giorno si è levato, anche noi siamo qui.
La donna chiese allora:
- E i miei bambini, dove sono?
- I tuoi bambini sono andati ai campi.
La donna rimase dunque là nella fattoria ad attendere i figli. Rimase là a lungo, ma non vedeva mai i suoi figli tornare. Si mise allora a cantare:

GNANGHENE GHANGHENE DOVE SEI ANDATO?
KENEKARA KARAMO DOVE SEI ANDATO?
KARAFIA KARAMO DOVE SEI ANDATO?

La sorella rispose:

GNANGHENE GNANGHENE E' ANDATO NEL BOSCO
KENEKARA KARAMO E' ANDATO NEL BOSCO
KARAFIA KARAMO E' ANDATO NEL BOSCO

La madre rimase nella fattoria. Attendeva sempre i suoi figli, li attendeva, li attendeva, guardando sulla strada, ma i suoi figli non arrivavano mai. Il figlio più piccolo si chiamava Gnanghene, l'altro Kenekara, il maggiore Karafia.
La donna era sempre nella fattoria, ma non vedeva mai i suoi figli. Cantava, li chiamava, ma i suoi figli non venivano mai. Questo durò a lungo. Adesso la donna era piena di timore e di trepidazione. Riprese il suo canto per l'ennesima volta:

GNANGHENE GHANGHENE DOVE SEI ANDATO?
KENEKARA KARAMO DOVE SEI ANDATO?
KARAFIA KARAMO DOVE SEI ANDATO?

Allora la sorella intonò questa canzone:

GNANGHENE GNANGHENE L'HO UCCISO
KARAFIA KARAMO L'HO UCCISO
KENEKARA L'HO UCCISO

Quando aveva ucciso i bambini, aveva tagliato loro la testa e l'aveva messa da parte. Tutte le tre teste erano là. Dopo aver terminato il suo canto, la sorella disse:
- Guarda:
di Gnanghene, ecco la testa!
di Karafia, ecco la testa!
di Kenekara, ecco la testa!
Allora la sorella minore disse:
- Come, sorella mia, hai fatto questo? Non sai che nella nostra vita è Dio che dà i figli? A te Dio non ha concesso figli. Mentre io, che sono più giovane di te, ho avuto tre bambini. Poiché avevo tre figli e tu eri sola qui in foresta con tuo marito, se i figli fossero rimasti con me, io sarei stata troppo in pena sapendoti sola qui in foresta, perché tu eri ancora più sfortunata di me. Allora ho detto: prendi i miei figli, prendili come se fossero i tuoi, come se fossi stato tu a metterli al mondo. Io metto al mondo tre figli, te li affido, perché tu vegli su di loro, e ora tu fai questo?
La donna raccolse le teste dei suoi bambini, li avvolse in un panno e se ne andò. Ritornò a casa. Giunse al villaggio, andò dal Re e gli spiegò l'accaduto.
Il re disse:
- Mi hai raccontato quello che è accaduto. Adesso come devo regolare la questione? Io sono il Re di questo paese, e se una persona agisce in questo modo devo catturarla e tagliarle la testa perché se ne esca da questo mondo. La donna rispose:
- Maestà, lascia perdere questo castigo. Noi non sappiamo ciò che potrà capitarci un giorno. Questo potrà servire come esempio per il futuro. Non ucciderla, lasciala in vita. Là dove andrà col suo rimorso solo Dio lo conoscerà. Se in seguito Dio vorrà che io metta ancora dei figli al mondo al posto di quelli che lei ha ucciso, allora li avrò di nuovo, e un giorno questi figli mi renderanno servizio. Io non ricomincerò più una cosa simile. Sarà magari lei che ricomincerà.
Ecco il senso del racconto che ho narrato.