Intervista a Ayui Kwaku François

L'intervista presentata è del 1977, e data del periodo in cui ero ospite degli Anyi-Bona a Koun Abronso (Sottoprettura di Koun Fao, zona centro orientale della Costa d'Avorio). Kwaku François vive ancora a Koun Fao, e ha una sessantina d'anni.

- Come si chiama tuo padre?
Mio padre si chiama Kien Yao.
- Di quale villaggio è originario?
E' originario di Koun Fao.
- A quale famiglia appartiene
Alla famiglia d'Aka Dabila.
- Come si chiama tua madre?
Si chiama Fofié
- A che famiglia appartiene?
Alla famiglia di Yoman.
- Come si chiama il padre di tuo papà?
Si chiama Koffi Fiéni.
- A quale famiglia appartiene?
Alla famiglia d'Aka Dabila.
- L' hai visto con i tuoi occhi?
No, non l' ho visto.
- Hai conosciuto la mamma di tuo papà?
Si l' ho vista con i miei occhi.
- A quale famiglia appartiene?
Anche lei appartiene alla famiglia d'Aka Dabila.
- Hai conosciuto la mamma di tua mamma?
Sì, si chiama Akoua Boa.
- A quale famiglia appartiene?
Alla famiglia di Yoman. Presso gli Assuadiè ci sono parecchie famiglie, ognuno appartiene alla sua famiglia (awulo).
- Hai conosciuto il papà di tua mamma?
No, non era qui quando sono nato. Si chiama Ayui Kwaku.
- A quale famiglia appartiene?
Non è di qui, è un abradè. Non conosco la sua famiglia d'origine.
- Quanti anni hai?
Ho circa 35 anni.
- Sei sposato?
Sì, sono sposato.
- Quante mogli hai?
Una sola.
- Da quale villaggio proviene?
E' abron, viene da Soleyman.
- Come si chiama la sua famiglia?
Si chiama Yao Bossombra.
- Quanti figli hai?
Ho 4 figli.
- Vanno a scuola?
Sì, i due più grandi vanno a scuola
- Che classe frequentano?
Il primo la CP1, il secondo la CP2.
- Quante lingue conosci?
Parlo il Bona, l'Abron (Ashanti), il Diula, un po' di francese e capisco il Kulango.
- Hai frequentato la scuola?
No, quand'ero piccolo non sono mai andato a scuola. Ora cerco di frequentare i corsi serali.
- Che lavoro fai?
Sono agricoltore.
- Che cosa coltivi?
Ho delle piantagioni di ignami e una piccola piantagione di caffè.
- Quando l'annata e buona e si produce molto caffè, quanti carichi fai? (Un carico equivale a 35 Kg.)
L'anno scorso il caffè ha reso bene, ho fatto sei carichi.
- Lavori anche in altre piantagioni?
Sì, nel campo di mio padre.
- Che cosa ricevi in cambio?
Metà del prodotto. Quando il cacao rende bene, nelle buone annate, si possono raccogliere circa 20 carichi.
- So che sei cristiano, anche la tua famiglia è cristiana?
La mia famiglia è cristiana, ma mia moglie non è cristiana. Due dei miei figli sono battezzati, gli altri due non ancora.
- I tuoi fratelli sono cristiani?
Si, sono tutti cristiani, solo mio zio Kwaku Kra non va ancora in Chiesa.
- Tutti sanno che conosci molti, molti racconti, da chi li hai imparati?
E' mio padre che mi ha insegnato tutto quello che so.
- Quale padre?
Kien Yao, anche lui era cristiano, ma è morto.
- Quando tuo padre ti narrava queste favole?
La sera, dopo aver mangiato, mi chiamava: io mi sedevo vicino a lui ed egli cominciava a parlare: in quel tempo ero molto piccolo.
- Eri solo o con altri?
Con me c'era mio fratello maggiore Albert. Mio padre parlava ed io conservavo tutto nel mio cuore.
Questo durò molto a lungo. Man mano che crescevo capivo sempre meglio ciò che diceva. Riflettevo e cercavo di ritenere tutto.
- Non hai mai chiesto a tuo padre dove ha imparato i suoi racconti?
No, non gliel'ho mai chiesto.
- Dunque tuo padre ti chiamava la sera nel cortile con i tuoi fratelli, quali fratelli?
Albert, Koffi, Fiéni.
- Con te e i tuoi fratelli c'erano altre persone che venivano ad ascoltare tuo padre?
Sì, con noi c'erano altre persone. Qualche volta raccontavano pure loro.
- Tuo padre ti chiamava tutte le sere o solo i giorni in cui non andavate nei campi?
Sai che il mondo di una volta non era come quello in cui viviamo oggi.
Allora non c'era né radio né televisione. Mio padre mi chiamava tutte le sere. Dopo cena le favole erano la nostra sola distrazione.
- Nelle altre case gli altri genitori facevano come tuo padre?
Sì, in quel tempo, tutti la sera raccontavano favole. Io comunque non andavo nelle altre case, restavo con mio padre.
- Ci sono dei racconti che hai narrato che si trovano nei libri? Dove li hai imparati?
Sono io stesso che li ho composti. Non sono mai stato a scuola.
- Ma come possono questi racconti trovarsi anche nei libri?
Mah, non lo so! E' con l'aiuto di Dio che ho trovato questi racconti.
- Tuo padre faceva dei viaggi?
Sì, mio padre viaggiava molto: andava a Bondoukou, Aboisso. Bouaké, Abidjan, Koumasi, Accra.
- Usciva anche dalla Costa d'Avorio? Per esempio verso l' Alto Volta, il Mali, La Guinea?
No, non ho mai sentito dire che sia andato in quei paesi.
- Con chi sei cresciuto?
Con i miei fratelli e i fratelli di mio padre che abitano a Aboisso. Venivano sovente a trovarci.
Quando ci trovavamo insieme eravamo molto numerosi.
- I fratelli di tuo padre partecipavano alle sedute narrative?
Caro mio! Conoscevano tante, tante favole, ma non abitavano qui.
- Le hai ascoltate qualche volta?
Sì, parecchie volte.
- Dove?
Qui a Koun Fao. Quando venivano a trovare mio padre, la sera, dopo cena, ci si riuniva: il papà raccontava, e loro si univano a lui. Era quella la nostra scuola. Ascoltavamo papà e i suoi fratelli.
- Tua moglie non ha mai raccontato delle favole davanti a te?
No, mai!
- Tuo padre ti spiegava il significato dei racconti?
Sì, mi spiegava il senso di ogni racconto. Dopo aver narrato una favola ci chiedeva se ne avevamo afferrato il significato. Noi rispondevamo di no. Allora ce la spiegava. Ad ogni favola faceva seguire la sua spiegazione.
- Hai mai udito favole lette nei libri dai bambini?
No, mai.
- Ci sono dei racconti che ho sentito qui a Koun Fao che si ritrovano anche in Alto Volta, Mali, Nigeria, Ciad, ecc. Come mai?
Il mondo è grande. Non è solo qui che si raccontano favole. Quando noi raccontiamo ci sono forestieri che ascoltano.
Una volta tornati nei loro paesi le raccontano laggiù. Così le favole viaggiano. Ci sono dei forestieri che vengono qui e rimangono, molti, molti anni.
Alla fine imparano bene la nostra lingua, come tu che sei straniero e parli la nostra lingua.
- E' vero che una volta si raccontavano molte più favole negli accampamenti in foresta che al villaggio?
E' proprio vero, ma mio padre ed io non ci siamo mai fermati a dormire assieme nel nostro accampamento.
Erano i suoi dipendenti che abitavano laggiù. Io andavo a trovarli, e la sera ritornavo a casa. Una volta, quando nell'accampamento si imparava una nuova danza o un nuovo racconto, li si introduceva poi al villaggio, altrimenti come si poteva dire che la danza era bella, il racconto piacevole?
- Quand'eri bambino, c'erano dei momenti in cui tutti, piccoli e grandi, si riunivano per raccontare favole?
Oh, sì! Sovente! Ci trovavamo tutti assieme. Gli anziani si riunivano, si raccontava a lungo: uomini, donne, e noi bambini là accoccolati ai loro piedi.
- In certi posti, i vecchi non accettano la presenza dei bambini perché dicono che la seduta e strettamente riservata agli anziani. Anche qui a Koun è cosi?
No, non mi è mai capitato di vedere ciò. I più piccoli non restavano svegli a lungo, i più grandi invece erano molto attenti e potevano ascoltare tutto.
- Quando i vecchi discutevano i loro problemi, i bambini potevano assistere alle loro riunioni?
Sicuro! Potevi dire a tuo figlio di venire a sedersi vicino a te in modo che ascoltasse bene tutto quello che si diceva.Molto sovente in queste riunioni si citavano proverbi, si narravano racconti. Per ogni questione c'erano dei proverbi appropriati. Ognuno ne citava qualcuno.
Così poco alla volta la saggezza degli anziani entrava nella testa dei bambini. Tu stesso non citi spesso questo proverbio: il bambino che sa lavarsi le mani si siederà a tavola con gli anziani?
- Un tempo non c'era la scuola come oggi: Come facevano i vecchi ad educare i bambini?
La sera il padre chiamava i figli, ma non tutti rispondevano al suo invito. Ma se non stavi con lui, come potevi ereditare la sua saggezza e diventare un uomo come lui? Mio padre mi insegnava come fare un campo, come coltivare gli ignami, come curare una piantagione di caffè e di cacao. Io conservavo tutto questo con molta cura nella memoria.
- Perché non si narrano mai favole durante la giornata?
Le cose sono sempre state così. Se raccontavi favole durante la giornata, quando poi andavi a lavorare nei campi ti perdevi nella foresta. Un tempo c'erano molti geni nella foresta attorno ai villaggi. Ora se ne sono andati lontano. Vedi, qui attorno a Koun Fao c'era una grande foresta folta e densa.
Era piena di geni che ascoltavano tutto quanto si raccontava al villaggio. Se si parlava di loro quando andavi in foresta ti catturavano. Nei tempi passati c'erano molte persone che scomparivano in questo modo.
Bisognava chiamare un sacerdote-indovino, consultarlo, farlo danzare a lungo, offrire dei sacrifici. Poi si andava assieme a cercare le persone scomparse, ma non sempre si ritrovavano.
- Quando raccontavate favole negli accampamenti in foresta non avevate paura?
No, perché l'accampamento é considerato come un villaggio. Prima di abitarvi si offre un agnello alla terra per propiziarla. Nell'accampamento si mettono al mondo dei figli.
E' come essere al villaggio. Se invece racconti in foresta i geni vengono a catturarti. Oggi tutto è cambiato, il mondo è corrotto.
Tutti i geni sono stati cacciati. Se oggi vuoi andare a raccontare delle favole in foresta avrai a che fare con i vecchi.
Tu dici: va bene, voglio vedere se veramente i geni verranno a catturarmi. Gli anziani utilizzeranno tutti i mezzi per dissuaderti.
Se vuoi andarci lo stesso, vedrai cosa ti capiterà: sarai catturato. Ecco l'unica ragione per la quale non si raccontano favole durante il giorno. Questo è ciò che ho sentito dire dagli anziani sin da quando ero piccolo.
- Oggi gli anziani si riuniscono ancora per raccontare favole come un tempo?
No, il mondo è cambiato, non è più come una volta.
- Perché non si fa più?
Al giorno d'oggi si trovano le favole nei libri. Ma non è questa la vera ragione. I bambini vanno a scuola, la sera devono studiare. Un tempo la sera non avevano nulla da fare.
- Molto sovente nei racconti ci sono dei canti che non sono in lingua bona, ma in Kulango, Abron, Diula, Ashanti, come mai?
La ragione è che la persona che per prima ha introdotto questo racconto non era Bona. Qualche volta lo si fa anche per mostrare che si conoscono altre lingue.
Per esempio, il vecchio che è venuto a salutarti poco fa, come ti ha chiamato?
- Adjoa.
Che lingua ha usato?
- Abron.
E tu come hai risposto?
- In Bona
Vedi, è la stessa cosa per i canti dei racconti.
- Un tempo nelle sedute usavate i tamburi?
Caro mio, avresti dovuto essere presente. Certamente ti sarebbero molto piaciute quelle sedute.
Si raccontava, si danzava, si battevano i tamburi.
C'era perfino quello che chiamavamo il re dei racconti. Era colui che dirigeva la danza. Ogni tanto ci fermavamo per riposarci un po' e bere del vino di palma, poi si continuava. C'erano delle persone che potevano raccontare favole per una notte intera. Ah un tempo era veramente bello! Ora tutto questo non si fa più.
- Se siete d'accordo, una domenica o un venerdì, mi chiamate, porterò una damigiana di vino di palma, e faremo una seduta come una volta.
Bene, siamo d'accordo, ma non basta una damigiana di 20 litri, ce ne vogliono due.
- D'accordo, ma bisogna fare le cose come si facevano una volta.
Vedrai!