Il fattore Ulisse

Alcuni ricercatori statunitensi ed israeliani scoprirono che l'uso differenziato della dopamina (1) costringe alcuni di noi umani a dover partire, oltrepassare la linea dell'orizzonte e correre verso l'ignoto: questo rappresenta il senso dell'avventura e cioè il "fattore Ulisse".
Ambrogio Fogar (2), da cui prendiamo a prestito questa presentazione, afferma che Mauro Burzio appartiene a quella schiera di uomini che hanno un accentuato "fattore Ulisse".
Mauro Burzio ha lasciato la Cattedra di professore di Storia e Filosofia e di Lettere e, scrollandosi di dosso il nostro tipo di vivere, ha oltrepassato la linea di sicurezza che propone la società moderna, per assecondare il suo "fattore Ulisse".
L'Africa è diventata la sua compagna d'avventura. "Avventura" non più legata a scoperte geografiche, a mondi nuovi, all'ignoto esteriore, ma alla verifica, ricerca e riscoperta di "noi stessi": l'ignoto si è intrufolato nella nostra anima senza che ce ne rendiamo più conto.
Così Mauro ha trovato "la sua Africa", percorrendola in lungo ed in largo, eseguendo gli itinerari dei grandi esploratori del passato, facendo incontri spesso rischiosi, passando attraverso aggressioni, incidenti e malarie. Il tutto sempre filtrato dal suo obbiettivo, che ha portato nelle nostre case splendide immagini, raccolte in opere quali: Namibia, Zimbabwe, Sud Africa, Tanzania, Animali Africani, Uomini Africani, Vodoun: riti e misteri d'Africa, e Animali d'Africa.
Mauro è andato oltre la descrizione della inestricabile giungla equatoriale e della savana, casa dei felini più belli del mondo per entrare nel cuore e nella cultura dei suoi ospiti.
Egli ha raccolto le storie che i vecchi dei vari villaggi gli hanno raccontato, le storie interpretate da umani e animali che diventano maestri di vita, insegnandoci con il loro comportamento il confine tra il bene e il male che governano il mondo.
Presentiamo qui alcune di queste storie con una introduzione dell'autore. Questo testo ci pare particolarmente importante perché illustra, come diceva Fogar, la "sua Africa". Invitiamo il lettore a leggerlo con calma, ad assaporarlo. Mauro non ci presenta i soliti clichés miserabilisti o luoghi comuni: stragi, genocidi, rivolte, pestilenze, siccità, inondazioni, catastrofi, e neppure unicamente i suoi viaggi, ma il suo rapporto con la gente, le sue scoperte, il suo coinvolgimento, la sua "passione" per l'uomo, il suo "mal d'Africa": "Io ho il mal d'Africa, perché, quando ci vado, la vedo e la sento e la vivo e sto male".
Egli si è avvicinato alla gente con umiltà, rispetto, voglia di capire.
Nei suoi libri egli "partecipa" agli avvenimenti che descrive, coinvolge il lettore: trasmette non solo informazioni, ma anche emozioni, stati d'animo.
Ogni suo viaggio è una sorpresa perché se si ha tempo e pazienza per "scavare", insieme con "un pizzico di fiuto e molto amore per la gente si possono trovare facilmente pietre preziose e scoprire oggetti di una bellezza stupefacente perché l'Africa è splendida e splendente, piena di fascino e di mistero".
I suoi scritti fanno pensare a Veronese quando scrive:
Un giorno o l'altro bisognerà liberarsi di tanta correttezza politica, di tanto perbenismo intellettuale, e osare dire come uno la pensa veramente. No, gli uomini non sono tutti uguali; sì, le razze esistono, e si dividono in inferiori e superiori. E superiore a tutte è l'Africana. (3)

Silvano Galli

1) Una sostanza che portiamo tutti nel cervello.
2) Mauro Burzio, Animali Africani, Miti e Leggende, Velar 1997, 9.
3) Pietro Veronese, Africa reportages, Laterza, Bari, 1999, 173.