Il senso della vita

La vita è difficile e misteriosa, molto misteriosa, lo sapete anche voi, non è vero?
Lo stesso pensava la vecchia Cilla guardandosi le mani rinsecchite davanti al fuoco.
Leza (Dio) era stato davvero duro con lei.
Ancora bambina piccina piccina, Cilla aveva sepolto sua madre e suo padre, posando sulla loro tomba di terra rossa i fiori dei morti che crescono nella foresta.
Poi era cresciuta ed era diventata una bella ragazza dai seni lucidi e rotondi come noci di cocco, con cui avrebbe allattato almeno dieci figli. C'era stata la coda davanti alla sua capanna di giovani robusti e baldanzosi, che le chiedevano tutti di diventare la madre dei loro figli.
Cilla aveva scelto di diventare la sposa del falegname, quel ragazzo che faceva meraviglie con il legno, trasformando gli alberi in barche pesanti che tornavano alla sera piene di pesci.
E i figli vennero fuori dalla sua pancia come le api dall'alveare in cima a quell'albero. Cilla era felice e guardava contenta la sua numerosa famiglia riunita attorno alla polenta bianca su cui nuotavano i pesci grassi del fiume. Ma Leza le tolse dalle ginocchia ad uno ad uno i figli ancora in tenera età e poi, poco dopo, il marito che aveva sempre voglia di dormire con lei.
Allora Cilla, rimasta sola, chiese a Leza di morire perché il dolore era troppo e le chiudeva la gola, tanto che non riusciva più a mangiare. Ma Leza non la accontentò e i giorni si srotolarono interminabili dal gomitolo della sua vita che sembrava non finire mai. Addirittura sembrò che Cilla, che voleva morire, cominciasse a ringiovanire. E negli anni crescevano una dopo l'altra le giovani generazioni di ragazzi e fanciulle, che salutavano la vecchia Cilla con molto rispetto per le sue rughe e la sue pelle accartocciata.
Così Cilla, che non riusciva a morire, disse una mattina:
"Andrò da Leza, a chiedergli il segreto del dolore e della vita umana!".
E cominciò a costruire una torre di tronchi d'albero, che dopo molte molte lune forava le nuvole con cui si copre la luna quando il sole scompare. Ma le termiti mangiarono i tronchi.
La torre, con Cilla in cima che tentava di parlare con Leza, crollò a terra con grande fracasso ed un polverone che fece tossire perfino quel vecchio baobab laggiù vicino al fiume. E i pesci non mettevano la testa fuori dall'acqua, per non coprirla di polvere rossa.
Allora Cilla disse:
"Camminerò fino all fine del mondo, là dove cielo e terra si toccano, perché voglio parlare con Leza".
E Cilla camminò per molti anni e ad ogni villaggio chiedeva dove abitasse Leza, perché aveva delle domande da fargli.
Ma nessuno sapeva l'indirizzo di Dio.
Alla fine, con i piedi macinati dal cammino, Cilla arrivò ad un villaggio che sembrava occupare la fine del mondo. Anche qui Cilla chiese di interrogare Leza.
E i vecchi del villaggio alla fine del mondo le dissero:
"Che cosa cerchi, vecchia Cilla? Pretendi di sapere i segreti della vita umana, vuoi conoscere la volontà di Leza? Pensi davvero che noi non abbiamo avuto la nostra parte di lacrime, il nostro fardello di dolore, le nostre ferite profonde ed incurabili?
Leza con alcuni scherza, con altri gioca, altri accarezza con tenerezza, altri abbatte con cattiveria, altri ancora pone sul trono avvolti in pelle di leopardo, altri mette a spazzare le capanne altrui a testa bassa per tutta la vita.
Ci sono uomini che nascono per vincere, altri che hanno già perso prima di nascere, ci sono uomini che nascono felici e sereni, altri malinconici e avvolti nelle coperte del dolore.
Ma nessuno sa le ragioni della vita umana. L'uomo non può saperlo, se l'uomo possedesse il senso della vita, se conoscesse in anticipo il suo futuro a cosa servirebbe Leza? Ecco perché Leza siede perennemente sulle nostre spalle e custodisce gelosamente il nostro futuro".
Quando giunse il suo tempo, il vecchio cuore di Cilla si fermò e lei non seppe mai le ragioni delle sue sofferenze e quello che tutti vogliono sapere. E che neppure voi riuscirete a scoprire. Adesso andate, si è fatto buio ed è tempo che mi ritiri nella mia capanna.

Racconto dei BaiLa dello Zambia